Se c’è un dato che dovrebbe far saltare sulla sedia chiunque si spaccia per un manager “tough” con la cravatta del CEO, è questo: metà dei profitti totali delle società dell’S&P 500 dagli anni ’80 a oggi deriva da due attività precise e nemmeno troppo eroiche, cioè licenziamenti di massa e stock buybacks. Già, avete capito bene: mentre il mondo si ammanta di innovazione e startup, la vera attività principale di molte di queste corporazioni è ricomprare le proprie azioni. Non un gioco di prestigio, ma una truffa travestita da strategia.
Senza alcuna pietà, in questi ultimi anni oltre un trilione di dollari è stato speso per riacquistare azioni proprie, gonfiando artificialmente i prezzi di borsa, dando l’illusione di successo e crescita. Nel frattempo, la spesa in investimenti reali, quella che crea nuovi prodotti, mercati, tecnologie, si è ridotta costantemente a partire dagli anni ’80, quando le aziende hanno cominciato a preferire il quick win finanziario alla lunga e incerta strada dell’innovazione. I dati parlano chiaro: dal 1988 l’investimento in R&D è sceso dal 4,5% delle entrate a meno del 1,5% nel 2020. Dati firmati McKinsey, NSF, PwC, fonti che fanno tremare i polsi a chi crede ancora nel mito del capitalismo industriale.
Questa corsa al buyback è la quintessenza del “short-termism”, la mania dei risultati trimestrali che impone un rendimento minimo del 7-10% sull’investimento, ma che uccide ogni scintilla di creatività e progettualità. Le imprese, incapaci di identificare opportunità di crescita reale che valgano più del rendimento del mercato, si rifugiano nel circolo vizioso del taglio del personale e della finanza facile. I CEO “macho” non si sporcano le mani con la sfida dell’innovazione: preferiscono mettere in riga i numeri e i dipendenti, a colpi di bonus e lacrime di licenziamenti, poi tornano a casa con il sorriso da vincitori, con in tasca una manciata di azioni riacquistate per un prezzo gonfiato artificialmente.
La sfida più ironica è che oggi, nel mezzo di una rivoluzione tecnologica guidata dall’intelligenza artificiale generativa, il rischio è proprio questo: che la AI venga usata come nuovo strumento di finanza creativa, per tagliare costi e manipolare i mercati anziché investire in sviluppo prodotto e ricerca vera. Generative AI potrebbe essere il vero motore dell’innovazione del secolo, ma se viene piegata alle logiche di stock buyback, diventerà solo un’altra faccia di un sistema ormai stanco e autoreferenziale, un carburante per la stagnazione mascherata da progresso.
Non è un caso che la grande spinta ai buybacks sia arrivata dopo il Tax Cuts and Jobs Act del 2017, che ha dato alle aziende la possibilità di rimpatriare profitti stranieri a basso costo fiscale, dando loro carta bianca per sprecare risorse in riacquisti di azioni invece che in nuovi progetti. Se questo non è un sistema ingessato, allora cosa lo è?
A questo punto, ogni discorso di leadership “macho” si riduce a un gioco di prestigio. Tagliare posti di lavoro e comprare le proprie azioni non è coraggio né visione, è semplice arroganza finanziaria che maschera l’incapacità di creare valore reale. E se qualcuno pensa che questo modello sia sostenibile o addirittura “smart”, basta ricordare che nessun sistema basato solo sulla finanza è immune dal tracollo quando la realtà sottostante comincia a sgretolarsi.
Il mercato può premiare per anni questo tipo di comportamento, ma la storia insegna che quando la bolla della finanza creativa scoppia, a pagare sono sempre i lavoratori, i clienti e l’ecosistema dell’innovazione che si è fatto schiacciare. Nel frattempo, il CEO “duro e puro” sorseggia il suo whisky da bar e ride di chi crede ancora che l’innovazione nasca dal laboratorio e non dal trading desk.
Il vero investimento non si compra in borsa, si costruisce nel tempo con pazienza, rischio e qualche fallimento doloroso. Ma forse oggi nessuno ha più voglia di sporcarsi le mani.
Q1 2024 Stock Buyback Trends By Index & Sector
Q1’23 | Q2’23 | Q3’23 | Q4’23 | Q1’24 | QoQ Change | YoY Change | |
---|---|---|---|---|---|---|---|
All U.S. Companies | 229.1 | 196.9 | 212.7 | 237.6 | 238.6 | 0.4 | 4.1 |
S&P 500 | 199.9 | 163.5 | 176.9 | 203.8 | 204.8 | 0.5 | 2.5 |
Russell 2000 | 11.5 | 10.5 | 11.3 | 10.2 | 9.5 | -7.1 | -17.6 |
Technology | 79.4 | 70.4 | 80.0 | 84.6 | 96.5 | 14.0 | 21.6 |
Financial | 41.1 | 29.4 | 25.3 | 27.0 | 34.8 | 28.7 | -15.5 |
Consumer Discretionary | 30.5 | 30.3 | 34.4 | 42.7 | 27.9 | -34.7 | -8.6 |
Healthcare | 19.6 | 13.6 | 16.2 | 14.2 | 20.2 | 42.4 | 3.0 |
Industrial Goods | 16.5 | 17.4 | 19.7 | 30.5 | 17.6 | -42.4 | 6.6 |
Energy | 22.2 | 20.8 | 20.4 | 20.4 | 17.0 | -17.0 | -23.7 |
Consumer Staples | 8.1 | 4.9 | 5.4 | 9.8 | 13.7 | 39.9 | 68.0 |
Materials | 4.5 | 5.2 | 6.3 | 3.8 | 5.9 | 55.0 | 30.9 |
Telecommunication | 4.9 | 3.7 | 3.0 | 2.4 | 3.8 | 60.4 | -22.3 |
Utilities | 1.6 | 0.5 | 0.6 | 1.7 | 0.8 | -53.9 | -49.9 |
Real Estate | 0.7 | 0.7 | 1.4 | 0.5 | 0.6 | 9.6 | -17.5 |
Value of Stock Repurchased by S&P 500 Companies Up 0.5%
Q1’23 | Q2’23 | Q3’23 | Q4’23 | Q1’24 | QoQ Change | YoY Change | |
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All U.S. Companies | 229.1 | 196.9 | 212.7 | 237.6 | 238.6 | 0.4 | 4.1 |
S&P 500 | 199.9 | 163.5 | 176.9 | 203.8 | 204.8 | 0.5 | 2.5 |
Russell 2000 | 11.5 | 10.5 | 11.3 | 10.2 | 9.5 | -7.1 | -17.6 |
Technology | 79.4 | 70.4 | 80.0 | 84.6 | 96.5 | 14.0 | 21.6 |
Financial | 41.1 | 29.4 | 25.3 | 27.0 | 34.8 | 28.7 | -15.5 |
Consumer Discretionary | 30.5 | 30.3 | 34.4 | 42.7 | 27.9 | -34.7 | -8.6 |
Healthcare | 19.6 | 13.6 | 16.2 | 14.2 | 20.2 | 42.4 | 3.0 |
Industrial Goods | 16.5 | 17.4 | 19.7 | 30.5 | 17.6 | -42.4 | 6.6 |
Energy | 22.2 | 20.8 | 20.4 | 20.4 | 17.0 | -17.0 | -23.7 |
Consumer Staples | 8.1 | 4.9 | 5.4 | 9.8 | 13.7 | 39.9 | 68.0 |
Materials | 4.5 | 5.2 | 6.3 | 3.8 | 5.9 | 55.0 | 30.9 |
Telecommunication | 4.9 | 3.7 | 3.0 | 2.4 | 3.8 | 60.4 | -22.3 |
Utilities | 1.6 | 0.5 | 0.6 | 1.7 | 0.8 | -53.9 | -49.9 |
Real Estate | 0.7 | 0.7 | 1.4 | 0.5 | 0.6 | 9.6 | -17.5 |
Value of Stock Repurchased by S&P 500 Companies Up 0.5%
