Se Steve Jobs risorge ogni giugno con l’evocazione liturgica del WWDC, Jensen Huang ha preso possesso del pulpito asiatico con la sua omelia tecnologica a COMPUTEX Taipei. Sì, omelia, perché quella a cui abbiamo assistito non è stata una “keynote”. È stata una predica, una dichiarazione di guerra, un lancio multiplo di missili AI mascherati da slide. Il CEO di NVIDIA, nella sua terra natia, non ha solo annunciato prodotti. Ha disegnato il prossimo ordine computazionale globale.

Questa volta non si trattava di mostrare un chip. Si trattava di mostrare chi comanda. E non è Apple, non è Intel, non è nemmeno OpenAI. È NVIDIA, il padrone del tessuto connettivo dell’AI, quello che alimenta i LLM, costruisce datacenter come cattedrali e ti vende l’RTX che userai per il tuo avatar nel metaverso che ancora non esiste, ma di cui Huang ha già venduto i mattoni.

Partiamo dal principio, perché qui l’effetto scroll magnetico è obbligatorio: Taipei, folla impazzita, standing ovation prima ancora che parlasse. No, non stiamo parlando di Taylor Swift. E nemmeno di Musk. Questo è il livello di messianismo che Jensen si è conquistato. Meritatamente, per quanto possa dar fastidio a certi “fanboy della CPU”.

Poi, inizia lo show: sei secondi netti e già si parla di 6G e AI. Ma non come lo intendono i carrier con le loro promesse da baraccone. Qui parliamo di costruire le reti del futuro con gli acceleratori come mattoni e i modelli come cemento. “NVIDIA x 6G” non è una partnership, è una presa di posizione sul futuro della connettività come servizio AI-native. Chiaro, no?

Poi, entra in scena Grace Blackwell NVL72. Nome da cyborg della saga Terminator, potenza reale da far tremare i data center. È una super unità da 72 GPU, progettata per quei modelli da trilioni di token che fanno impallidire GPT-4. E attenzione: questa roba non è pensata per “provare cose”. È pensata per le nazioni. Per chi ha modelli da addestrare che possono cambiare la traiettoria di un’economia.

Il pubblico applaude. Jensen non sorride. Non è lì per piacere, è lì per ribadire che la rivoluzione dell’AI si fa solo col suo hardware.

Arrivano i pezzi più succosi: la NVLink Fusion, il nuovo tessuto interconnettivo che collega tutto come un sistema nervoso a bassa latenza. NVIDIA non si accontenta più di vendere GPU. Vuole orchestrare i flussi neurali del pianeta. Tutto deve essere “coherent, fused, distributed”. Più che un chip, sembra un attacco alle fondamenta dell’architettura classica.

E poi ancora: DGX Spark, DGX Station, RTX Pro Server. Nominalmente, sono solo pezzi di silicio in scatole costose. In realtà, sono gli strumenti con cui le aziende potranno smettere di “sperimentare con l’AI” e iniziare a “monetizzarla in modo seriale”. Non servono più solo “data scientist entusiasti”, serve chi capisce di flussi di lavoro e flussi di cassa. NVIDIA offre entrambi, in bundle.

Non manca l’incursione nel mondo reale: AI Robotics. Non contento di dominare il cyberspazio, Jensen vuole mettere l’intelligenza artificiale in ogni robot da magazzino, in ogni fabbrica, in ogni dispositivo che si muove e pensa. Per lui, l’AI non è un software da promptare. È una forza di trasformazione fisica del pianeta. Un po’ come il carbone nel 1800. Ma con più CUDA cores.

E mentre le aziende tradizionali ancora si chiedono “se l’AI ci riguarda”, Huang è già a pagina 12 del suo piano quinquennale per fondere il reale con il simulato. L’Omniverse Digital Twin non è un “prodotto” nel senso classico. È una metafisica industriale. Una piattaforma per simulare ogni fabbrica, ogni flusso logistico, ogni catena produttiva… prima di costruirla. È CAD 10.0. È control freak per ingegneri.

Chiude con una visione da imperatore: “AI-driven everything”. Non un motto. Una promessa. NVIDIA non vuole solo fornire gli strumenti per l’AI. Vuole ridefinire ogni paradigma computazionale, produttivo, esperienziale.

Nel mentre, fuori dalla sala, le borse reagiscono. Ogni volta che Jensen parla, una startup muore, un unicorn viene ridimensionato e un CFO rivaluta i piani di spesa CAPEX. Perché NVIDIA non sta giocando a poker. Sta già distribuendo le fiches del tavolo. E se non stai dentro, sei fuori. Non c’è middle ground.

Un analista con poca fantasia potrebbe dire: “È solo un keynote”. Un marketer da LinkedIn lo definirebbe “ispirazionale”. Ma se hai un minimo di occhio tecnico e un pelo di cinismo, ti accorgi che Huang sta facendo quello che nessun altro CEO tech oggi riesce a fare: guidare il futuro, senza scusarsi.

Citazione da bar? “Jensen Huang è l’unico uomo che può farti desiderare di pagare 40.000 dollari per un computer… e farti sentire fortunato per averlo fatto”.

Benvenuti nella decade NVIDIA.