Certe notizie sembrano uscite da un romanzo distopico, ma poi scopri che sono firmate New York Times e ti rendi conto che la realtà ha superato di nuovo la sceneggiatura di Hollywood. Palantir, la creatura semi-esoterica di Peter Thiel, si è presa il cuore pulsante della macchina federale americana: i dati. La nuova amministrazione Trump — reincarnata, più determinata e algoritmica che mai — ha deciso che sarà Palantir a orchestrare l’intelligenza operativa dello Stato.
Centodiciassette milioni di dollari. È questa la cifra già ufficializzata in contratti software con il Dipartimento della Difesa, Homeland Security e altre agenzie federali. Ma è solo l’inizio. Quando un’azienda diventa il fornitore ufficiale di logica predittiva dell’apparato statale, i soldi sono il dettaglio meno interessante.
La parola chiave, ovviamente, è “Foundry”. Il prodotto simbolo di Palantir: un ecosistema software che trasforma enormi volumi di dati grezzi in decisioni operative automatizzate, consigliate, imposte. Da un lato promette efficienza — parola che in ambienti governativi suona come una bestemmia accolta a braccia aperte. Dall’altro lato, cela un potere algoritmico capace di orientare politiche pubbliche sotto l’egida di “quello che dicono i dati”, ma che in realtà riflette sempre chi controlla la pipeline dei dati stessi.
E qui la faccenda si fa ancora più interessante. Entra in scena Elon Musk, con il suo fantomatico “Department of Government Efficiency” (DOGE, nomen omen?). Secondo il Times, è proprio l’influenza dell’uomo più ricco e più meme dell’universo a spingere Palantir verso la consacrazione finale. Musk si è dimesso da DOGE proprio oggi — mossa strategica o pantomima da miliardario in multitasking? — ma non prima di aver benedetto l’ascesa di Palantir. Che coincidenza.
Naturalmente, Musk non fa mai nulla per caso. La sua nuova creatura, xAI, mira apertamente a succhiare dati governativi per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale. Uno scenario in cui pubblico e privato non solo collidono, ma si fondono in una massa vischiosa di interessi incrociati. Palantir e xAI hanno già siglato un’alleanza con TWG Global per aiutare le istituzioni finanziarie a “capire” l’AI. Tradotto: diventare intermediari obbligatori tra i dati e il potere decisionale.
Ora, un attimo di pausa. Proviamo a riflettere: stiamo assistendo alla privatizzazione silenziosa del cervello dello Stato? Perché quando Palantir si occupa di “aiutare il governo a essere efficiente”, ciò che realmente accade è che l’infrastruttura cognitiva dello Stato viene subappaltata a un algoritmo proprietario.
Inoltre, l’esecutivo Trump ha recentemente imposto con un ordine presidenziale che tutte le agenzie federali condividano i propri dati. Una direttiva che suona come un’ode all’interoperabilità, ma che in realtà apre le porte a una centralizzazione perversa: tutto finirà negli ingranaggi affamati di Foundry. Che poi, come dicono gli sviluppatori maligni, “se puoi leggere i dati, puoi riscriverli”.
L’algoritmo, ormai, è la nuova burocrazia. Ma una burocrazia che non ti chiede più firme su moduli cartacei, bensì compliance su dataset. E il fatto che questa transizione avvenga sotto l’egida di due personaggi che da anni predicano la superiorità delle macchine rispetto alle istituzioni democratiche dovrebbe almeno far sollevare qualche sopracciglio.
Peter Thiel è sempre stato chiaro: la democrazia è inefficiente. Il mercato no. Se quindi lo Stato adotta tecnologie pensate da chi sogna una tecnocrazia oligarchica, possiamo davvero parlare di modernizzazione, o piuttosto di un colpo di stato silenzioso a colpi di righe di codice?
In tutto questo, c’è un’ironia tanto raffinata quanto inquietante. Il nome stesso “Palantir” viene da Tolkien: quelle sfere magiche che permettevano di vedere tutto, ma che corrompevano chi le usava troppo. E chi oggi controlla Palantir — con i suoi algoritmi, le sue interfacce, le sue connessioni con il cuore profondo del potere — non sta forse guardando troppo?
Nel frattempo, la società civile si bea della parola magica: “efficienza”. Come se ogni ottimizzazione fosse un passo verso il progresso. Ma in verità, si sta plasmando un nuovo Leviatano: silenzioso, predittivo, automatizzato. E con la benedizione di Musk e Thiel, l’intelligenza artificiale non sarà più uno strumento al servizio della democrazia. Sarà la sua interfaccia utente.
Siamo entrati nell’era in cui la politica si esprime in formato JSON, e i lobbisti sono data scientist. Se non ti fa paura, probabilmente non hai letto i terms of service.