Certe notizie non arrivano dai comunicati stampa. Le si intercetta nei corridoi, nei documenti “confidenziali”, negli sguardi dei dirigenti in trasferta in Corea. Ma quando Samsung e Perplexity AI iniziano a flirtare pubblicamente, con trattative così avanzate da sfiorare la firma, è chiaro che qualcosa di grosso sta accadendo. Altro che “Bixby 2.0”. Qui si parla di una guerra fredda tra giganti della tecnologia, e Google sta per ricevere il colpo più sottile, ma più letale degli ultimi dieci anni.

Samsung vuole spezzare il giogo di Mountain View. E lo sta facendo dove fa più male: nella ricerca. Quella cosa che per Google non è solo un prodotto, ma la gallina dalle uova d’oro. I miliardi che girano dietro alla preinstallazione del motore di ricerca sono ciò che tiene in piedi l’intero impero pubblicitario dell’azienda di Alphabet. Ora Samsung sta dicendo “no grazie”, e lo fa abbracciando un nome ancora relativamente di nicchia: Perplexity AI.

A detta di fonti vicine all’operazione, Samsung è pronta a integrare Perplexity nei suoi dispositivi. App preinstallata, motore di ricerca alternativo nel browser proprietario, forse addirittura cervello invisibile dietro una nuova generazione di assistenti vocali. Bixby, il golem impolverato dei Galaxy, potrebbe ricevere un trapianto neurale basato sull’AI generativa. Non più comandi vocali basilari, ma veri agenti intelligenti capaci di agire, ragionare, cercare, proporre. Quasi come se stessimo parlando del primo assaggio di un sistema operativo AI-native, qualcosa che potrebbe scavalcare Android stesso.

Una follia? O una strategia tanto cinica quanto brillante?

Non dimentichiamo: Samsung è una compagnia che ha già assaggiato il veleno di Google. L’ecosistema Android non è mai stato veramente “aperto”. È un recinto dorato, in cui i produttori ballano, ma solo finché Google suona. Provate a toccare la Search bar, togliere Chrome, cambiare l’assistente predefinito: vi troverete dentro una guerra contrattuale di licenze, penali e accordi miliardari sottobanco. Apple incassa 20 miliardi l’anno per usare Google Search su Safari. Samsung? Deve accontentarsi di non fare troppa resistenza. Ma ora vuole cambiare le regole.

Il tempismo è perfetto. Con l’AI generativa al centro del futuro dell’interazione uomo-macchina, il concetto stesso di “motore di ricerca” è sotto attacco. Google è diventata lenta, burocratica, impaurita. Tra i regolatori antitrust e le transizioni interne al team Search+Gemini, si sta mangiando la coda mentre nuovi predatori si affacciano nel territorio.

Perplexity, forte di un’interfaccia conversazionale, di risposte dirette, di un modello proprietario ottimizzato per domande reali, non per keyword stuffing, ha attirato l’attenzione di tutti: Apple compresa. Eddy Cue, durante il processo contro Google, ha ammesso candidamente: “Siamo rimasti molto colpiti da quello che stanno facendo.”

Tradotto: Apple li tiene d’occhio come alternativa a ChatGPT e persino a Google Search su iPhone.

Ma Samsung vuole fare prima. E meglio. Vuole metterli al centro. Non un’integrazione di cortesia, non un widget sperimentale. Una fusione sistemica, che potrebbe portare addirittura alla nascita di un sistema operativo AI-centrico. Non Android con qualche patch, ma un OS dove l’AI è l’interfaccia stessa. Un sistema che non ti mostra app, ma risposte. Dove non cerchi più “l’app meteo”, ma chiedi “piove domani?” e ottieni un planning dinamico, interattivo, personalizzato.

Una visione molto simile a quella che sta rincorrendo OpenAI con i suoi agenti. Ma con un piccolo dettaglio: Samsung ha l’hardware. E la distribuzione.

Se davvero Perplexity sarà preinstallato su milioni di Galaxy S26, come default assistant, e integrato in tutto il sistema, parliamo di una rivoluzione commerciale. Non solo tecnica. Significa che per milioni di utenti la ricerca su Google non sarà più la via automatica. E se Samsung ci mette anche un po’ di incentivo – notifiche, suggerimenti, algoritmi di prioritizzazione – allora l’utopia di “disintermediare Google” diventa realtà. Google diventa un plugin. Come lo era Ask Jeeves.

E tutto questo arriva proprio mentre i regolatori americani ed europei stanno esaminando il monopolio di Google nella ricerca. Se Apple o Samsung decidessero di sostituire il motore predefinito con Perplexity o simili, l’effetto valanga sarebbe inarrestabile. E stavolta senza dover affrontare cause miliardarie: solo “scelte di prodotto”.

Nel frattempo, Samsung potrebbe anche decidere di metterci i soldi. Un investimento massiccio nella nuova raccolta fondi da 500 milioni di dollari di Perplexity, che punta a una valutazione da 14 miliardi. Niente male per una startup che fino a un anno fa era l’alternativa geek a ChatGPT. Ora diventa l’arma strategica di un gigante.

Apple osserva. Google trema. Samsung sorride.

Se davvero nascerà una “AI agent app” integrata, magari multidevice, capace di far parlare TV, smartphone e smartwatch con un linguaggio unico, ci troveremo di fronte a un salto paradigmatico. L’era dei “sistemi operativi conversazionali” non è più una fantasia.

Una volta si diceva che chi controlla la search, controlla il mondo. Ma nel 2025 la search non è più la stessa. È un assistente. Un consigliere. Un agente personale.

E Perplexity potrebbe essere il cavallo di Troia perfetto.

Tanto perfetto che forse, tra un anno, ci sveglieremo con un Galaxy in mano e una domanda in testa: “Google, chi?”