C’è un nuovo protagonista silenzioso nella battaglia delle utility per efficienza, affidabilità e soddisfazione del cliente: l’intelligenza artificiale. E Oracle, veterana del mondo enterprise, ha deciso di metterla al centro del suo arsenale tecnologico. Ma non lo fa con fanfare da keynote o promesse da luna nel pozzo: lo fa dove serve davvero, là dove i bit incontrano i chilowatt.

Sotto il cofano dell’ultima evoluzione della Oracle Utilities Customer Platform, si cela un mix di AI e processing in-memory che sta ridefinendo il concetto stesso di Meter Data Management. Una rivoluzione sommessa, ma con implicazioni devastanti per l’inerzia cronica delle utility. Perché quando un algoritmo inizia a vedere ciò che un operatore non nota, la realtà cambia.

Il punto non è più “raccogliere” i dati, ma capirli prima che diventino problemi. Non a caso, Oracle ha puntato tutto su due cardini concettuali: il rilevamento delle anomalie e la velocità di elaborazione. L’obiettivo? Ridurre drasticamente il carico umano, le uscite tecniche inutili e i costi di gestione. In altre parole: meno gente a inseguire errori, più macchina a prevenirli.

Il risultato? Una riduzione del 63% delle eccezioni false nei processi VEE ad alto utilizzo. Per capirsi: in un mondo dove ogni “errore” di misurazione può generare chilometri di file CSV, telefonate inferocite e tecnici che smontano contatori alle 7 del mattino, eliminare gli errori fantasma significa ritrovare la sanità mentale operativa.

Ma non è solo una questione di “macchine che fanno meglio il lavoro degli umani”. È una trasformazione di paradigma informativo. Con il framework dati unificato della piattaforma, i dati dei contatori – spesso considerati polvere numerica da backend – diventano benzina decisionale. E in tempo reale. L’elaborazione è più veloce del 70% e il footprint di storage si riduce del 37%. Meno server, meno cloud, meno soldi buttati.

Dietro questa mutazione c’è ovviamente una strategia più ampia. Oracle ha capito che, nel mondo delle utility, non vince chi digitalizza per primo, ma chi automatizza in profondità senza aggiungere complessità. L’approccio modulare della Customer Platform consente di integrare la parte commerciale, operativa e di servizio clienti in un unico ecosistema coeso. Questo, tradotto in linguaggio reale, significa che il customer care non deve più interrogare cinque sistemi diversi per rispondere a una semplice domanda: “Perché la mia bolletta è raddoppiata?”

La ciliegina sulla torta – se così si può definire una funzione di rilevamento predittivo – è che tutto questo viene offerto senza costi aggiuntivi. In un’epoca in cui ogni innovazione aziendale ha il sapore di un nuovo balzello mensile, questa è una mossa quasi scandalosa. Oracle sta dicendo, tra le righe: “Abbiamo capito che il vostro problema non è la tecnologia, ma il budget”.

E se la piattaforma diventa più intelligente, anche le utility dovranno diventarlo. Perché il vero impatto di questa innovazione non sta nei dati, ma nei cambiamenti culturali che impone. Scompare l’alibi dell’errore tecnico. I silos organizzativi diventano obsoleti. L’informazione diventa una freccia diretta tra il contatore e il boardroom.

In un mondo che si avvia verso la piena elettrificazione e l’autoproduzione diffusa, la gestione dei dati di consumo non è più un compito amministrativo: è una leva strategica. Le utility che continueranno a usare modelli a batch, processi VEE manuali e sistemi legacy saranno presto come quei dinosauri che non sentirono il meteorite arrivare.

A ben guardare, Oracle non sta solo offrendo uno strumento. Sta mandando un messaggio preciso a un settore che ha faticato per decenni a scrollarsi di dosso la burocrazia: il futuro non è smart perché i contatori sono digitali. È smart perché i dati diventano intelligenti da soli.

E questo, in un’industria abituata a rincorrere l’emergenza, è uno shift epistemologico. Come mettere occhiali a chi ha vissuto nella nebbia. Improvvisamente, non si tratta più solo di “gestire” i consumi, ma di anticiparli, spiegarli, ottimizzarli in tempo reale.

Forse, la metafora più azzeccata la regalerebbe proprio un tecnico sul campo: è come passare da cercare perdite d’acqua a orecchio… a vedere le molecole che scappano, prima ancora che bagnino il pavimento.

Un piccolo passo per un algoritmo. Un salto quantico per le utility.

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