C’è un vecchio detto della Silicon Valley: se non puoi batterli, integrali. E Oracle, il colosso che per decenni è stato sinonimo di database e conservatorismo IT, sembra averlo preso molto sul serio. Il suo flirt con NVIDIA, iniziato con garbo tecnico e qualche annuncio di contorno, ora ha il sapore di una relazione seria, forse persino matrimoniale. L’annuncio dell’espansione della partnership tra Oracle e NVIDIA, condito da GPU Blackwell, supercluster e AI agenti, non è solo un comunicato stampa: è un messaggio lanciato a tutti i competitor, un manifesto politico sull’infrastruttura AI del futuro.
Qui non si parla più solo di AI training o inferenza. Si parla di un’infrastruttura neurale globale, distribuita, elastica e immersiva. Oracle si sta trasformando nella spina dorsale silenziosa di un’AI distribuita e scalabile, grazie alla potenza esplosiva della piattaforma NVIDIA AI Enterprise che ora si integra nativamente nella console Oracle Cloud Infrastructure (OCI). Non un plugin, non un’istanza da marketplace: è tutto lì, direttamente nell’interfaccia, pronto a girare con un click e qualche credito universale.
Ed è qui che le cose si fanno interessanti, anche semanticamente: la keyword principale è “infrastruttura AI”, ma il terreno semantico si estende ben oltre. Parliamo di supercalcolo distribuito, modelli generativi, AI agenti, compliance sovrana. Un miscuglio apparentemente caotico di terminologie, che in realtà disegna una mappa molto precisa del potere computazionale che Oracle vuole costruire.
Chi ha tempo di aspettare DevOps, provisioning e latency da marketplace quando hai 131.072 GPU NVIDIA Blackwell a portata di script?
Quello che distingue davvero questa nuova era Oracle-NVIDIA non è solo la disponibilità dei componenti, ma la loro orchestrazione. L’introduzione dei sistemi GB200 NVL72 in ambiente OCI Supercluster, raffreddati a liquido e pronti a gestire carichi agentici avanzati, cambia radicalmente la geografia del calcolo ad alte prestazioni. Non è solo una questione di potenza. È una questione di latenza zero e densità computazionale strategica. È come se Oracle avesse costruito una serie di “centrali nucleari AI” silenziose, disseminate per i continenti, pronti a fornire energia cognitiva alle aziende, ai governi e, perché no, agli sviluppatori indie in cerca della loro GPT personale.
E proprio per questi sviluppatori, l’integrazione con DGX Cloud Lepton diventa un colpo di genio. Una sorta di Airbnb del calcolo: accedi, prenoti, lanci. Ma con un’infrastruttura che farebbe impallidire l’HPC dei centri di ricerca pubblici europei. Il risultato? Accesso globale alla GPU economy, con scalabilità dinamica e allocazione regionale — perfetto per chi ha bisogno di sovranità digitale, o solo per chi vuole addestrare il proprio LLM in una regione “GDPR-friendly”.
Non è una coincidenza che i primi nomi a salire su questo treno siano europei. Almawave, con il suo modello Velvet costruito in casa, è un chiaro segnale che l’AI può essere locale, culturalmente consapevole e tecnicamente sovrana. Velvet è più di un LLM in italiano: è la risposta continentale all’imperialismo digitale anglofono. E guarda caso, lo fa con OCI e GPU NVIDIA Hopper. Un caso, direte voi. Ma come diceva Borges: “I casi sono gli strumenti prediletti del destino.”
Cerebriu, invece, porta il discorso AI nel territorio minato della sanità. Con l’infrastruttura OCI-NVIDIA, il deep learning non è più un esercizio accademico, ma uno strumento clinico. La differenza tra una diagnosi in tempo utile e un ritardo fatale passa anche per la capacità di interpretare scansioni MRI in pochi secondi. E qui entra in gioco l’ottimizzazione energetica e computazionale del duo Oracle-NVIDIA, che permette di gestire modelli multimodali in modo fluido, con costi contenuti e disponibilità immediata.
La vera notizia però è che Oracle, a sorpresa, si è reinventata. Non più solo il gigante dei database, ma l’alfiere di una distribuzione AI fluida, trasparente e interoperabile. I suoi Dedicated Region, le soluzioni Sovereign Cloud, e il Compute Cloud@Customer sono diventati i mattoni fondanti di un’infrastruttura AI modulare. Una sorta di lego digitale dove ogni pezzo, ogni GPU, ogni container, può essere posizionato ovunque nel mondo con precisione chirurgica.
E dietro tutto questo, naturalmente, c’è il software. NVIDIA AI Enterprise, con i suoi oltre 160 strumenti, microservizi NIM e stack cloud-native, è la colla intelligente che tiene insieme il puzzle. Qui la questione non è solo quanto puoi calcolare, ma come orchestrare quella potenza con efficienza, trasparenza e scalabilità. Ed è proprio questo tipo di orchestrazione che manca ai competitor.
In un mondo dove ogni azienda vuole diventare un AI-first business, solo pochi riusciranno davvero a costruire ciò che serve: un’infrastruttura capace di alimentare fabbriche cognitive a ciclo continuo. Oracle, con NVIDIA, ci sta riuscendo. Sottotraccia, in modo silenzioso, ma tremendamente efficace.
Non è sexy come l’ultimo LLM open-source né chiassoso come l’ennesimo evento a San Francisco. Ma è reale. È pronto. E, come tutte le infrastrutture decisive della storia, opera meglio quando non la noti. Fino a quando non puoi più farne a meno.
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