Chi si occupa di informazione digitale sta assistendo, con una certa apprensione, ad una sorta di terremoto silenzioso. Dal lancio delle panoramiche AI (“AI Overviews”) di Google nel maggio 2024, il numero di ricerche di notizie che non porta a nessun clic su siti editoriali è cresciuto dal 56% al 69%. Un segnale chiaro: sempre più persone ricevono le risposte che stanno cercando direttamente nei risultati dei motori di ricerca, senza che sia alcun bisogno di visitare i siti d’origine delle informazioni stesse. Questo scenario fa il pari con la drastica riduzione del traffico organico verso i siti editoriali che è passato da oltre 2,3 miliardi di visite nel 2024 a meno di 1,7 miliardi in questi primi mesi del 2025. Un calo che fa riflettere perché alla sua base non c’è solo un tema di cambiamento tecnologico, ma un vero e proprio cambio di paradigma nelle abitudini di consumo dell’informazione.

Stando ai dati di una recente indagine di Similarweb, mentre da un lato Google segna una lieve flessione (-5%) nelle ricerche legate alle notizie, dall’altro ChatGPT registra una crescita del 212% nei prompt di natura informativa (ricerca di notizie insomma) tra gennaio 2024 e maggio 2025. Non è solo una questione di numeri quindi. È il segnale di un mutamento importante che sta avvenendo nella modalità con la quale le persone cercano l’informazione: non più semplici link, sui cui poi bisogna cliccare per trovare (non sempre in realtà) l’informazione che stiamo cercando, ma risposte contestuali, riassunti conversazionali e insight personalizzati. E sono tutte risposte, queste, che trovano più facilmente nei chatbot generativi come ChatGPT, la cui app ha più che raddoppiato i propri utenti attivi nell’ultimo semestre, mentre il traffico sul sito web è aumentato del 52%.

Sebbene chi scrive sia convinto che “Content is (still) the King” perché tutto quello che facciamo sul web ruota comunque attorno ad un contenuto anche se (paradossalmente) i link ai contenuti editoriali non vengono più cliccati, le care e vecchie strategie Seo, in uno scenario dove il posizionamento nei risultati di ricerca non garantisce visibilità reale né traffico, vanno ripensate. In quest’ottica quindi, da un punto di vista degli editori, le strategie di distribuzione sono da rivedere completamente e nell’immediato. Non c’è tempo da perdere, così come non c’era tempo da perdere all’inizio degli anni 2000 e poi nel decennio successivo quando gli editori, a causa del proprio immobilismo, sono stati disintermediati dai colossi del web e dei social che ne hanno prosciugato le audience e quasi azzerato i ricavi pubblicitari.

Cosa significa questo? Che bisogna accordarsi con le grandi aziende dell’AI? A costo di dare un dispiacere ai puristi dell’editoria e del giornalismo bisogna rispondere di si. Stando ai dati dell’indagine rilasciata da Similarweb, i referral da ChatGPT agli editori di notizie sono passati da poco meno di 1 milione nel periodo gennaio-maggio 2024 a più di 25 milioni nel 2025. Si avete letto bene, non è un refuso, è un aumento di 25 volte. Editori come Reuters, NY Post, Business Insider, The Guardian e Wall Street Journal sono i principali beneficiari.

Sono dati che fanno riflettere, perché il fenomeno dello “zero clic search”, visibilità senza interazione, è in agguato. Per gli editori, questo significa investire nella produzione di contenuti che comunque vanno ad alimentare l’intelligenza artificiale di altri, spesso senza ritorno in termini di traffico, entrate pubblicitarie o conversioni. Se questo è lo scenario, siamo sicuri che la scelta di (tentare di) restarne fuori o di procedere per vie legali (come fatto dal NY Times nei confronti di OpenAI) anziché cercare un accordo economico sia la scelta giusta?

Difficile dare una risposta a questa domanda. Quello che è certo è che l’AI sta ridefinendo la relazione tra contenuti, distribuzione e valore. Per gli editori, da qualsiasi prospettiva la si voglia guardare, adattarsi non è più un’opzione ma una necessità. La sfida vera sarà quella di trovare nuovi canali, metriche e modelli economici che permettano di far quadrare i bilanci in un ecosistema dove l’informazione viaggia sempre più senza passare dalla porta d’ingresso delle singole testate.