Immagina di accendere il televisore e trovarti davanti non solo a un menu con icone e app, ma a un’entità digitale che ti osserva, fluttua e ti risponde con la voce impostata a metà tra il coach motivazionale e un personaggio Pixar ridotto in salsa beige. Microsoft ha deciso che il salotto non basta più come zona neutra di relax, ora deve diventare il palcoscenico dell’ennesima incarnazione del suo Copilot, questa volta travestito da legume antropomorfo. Samsung sarà il primo terreno di conquista, con la lineup 2025 di TV e monitor intelligenti pronti a ospitare questo assistente con la bocca che si muove e l’espressione “amichevole”. L’illusione è quella di parlare con un essere dotato di personalità, ma il gioco sottostante è molto più serio: conquistare il centro della tua attenzione domestica e trasformare la TV da semplice schermo a piattaforma conversazionale.
La promessa è seducente: suggerimenti di film calibrati, recap senza spoiler, risposte immediate a qualsiasi domanda senza dover digitare nulla. L’interazione diventa pura voce, semplificata al massimo, ma dietro l’interfaccia carina c’è una strategia di penetrazione tecnologica che non ha nulla di innocente. Microsoft vuole che Copilot diventi la tua abitudine, il tuo default, l’IA che conosce i tuoi gusti e che quindi filtra per te il mondo dell’intrattenimento. È una mossa perfettamente logica se si considera che il televisore resta il vero altare domestico. A differenza dello smartphone, che è personale e dispersivo, la TV è ancora l’oggetto che raduna la famiglia, il luogo dove le preferenze non sono individuali ma condivise e per questo ancora più preziose dal punto di vista dei dati.
Chiunque abbia osservato la parabola di Alexa e Google Assistant sa che il problema dei cosiddetti “smart assistant” non era mai stato la tecnologia, ma la mancanza di un contesto realmente utile in cui inserirli. Il televisore, invece, è quel contesto. Ogni volta che non sai cosa guardare, Copilot sarà lì, pronto a trasformare l’ansia da catalogo infinito in una conversazione giocosa. Non solo: la possibilità di loggarsi e di avere uno storico di interazioni personalizzate significa che questo chickpea digitale non è un gadget, ma un tentativo esplicito di fidelizzazione emotiva. Una volta che l’utente si abitua a sentirsi “capito” da un assistente su schermo grande, il passaggio a un ecosistema Microsoft più ampio diventa una conseguenza quasi naturale.
La scelta del design animato, quasi da mascotte, è un dettaglio tutt’altro che marginale. Da sempre le interfacce antropomorfizzate creano un legame psicologico più forte. È un trucco vecchio quanto Clippy, il famigerato graffettone di Office, ma qui applicato con più astuzia, perché il Copilot televisivo non ti disturba mentre lavori, bensì si insinua in un momento di passività e svago. È un’intrusione travestita da compagnia. Il fatto che muova la bocca mentre parla non è un vezzo grafico, ma una tattica precisa per rafforzare la percezione che stai dialogando con qualcosa di vivo. E da quel punto in poi, non è più un’interfaccia: è un interlocutore.
Samsung si presta a questa partnership con entusiasmo calcolato. Inserire Copilot nel cuore del Tizen OS, dentro Daily Plus e Click to Search, significa normalizzare la sua presenza. Non è più un’app che scegli, ma una feature che ti aspetta. L’utente medio non riflette sul fatto che ogni interazione produce dati, pattern, insight da monetizzare. Pensa solo che è più semplice premere il tasto microfono sul telecomando piuttosto che perdere tempo con il menu. È la classica strategia del “frictionless adoption”: eliminare ogni ostacolo fino a trasformare la dipendenza tecnologica in abitudine.
Chi vede in questo rollout una semplice battaglia di gadget sottovaluta la dimensione geopolitica dell’AI domestica. Microsoft non vuole che tu usi un assistente vocale, vuole che tu usi il suo. La differenza tra guardare Netflix con una ricerca manuale e guardarlo attraverso Copilot è abissale in termini di influenza sulla decisione. L’assistente non si limita a rispondere, suggerisce, orienta, filtra. In altre parole, guida. E se il futuro della televisione è l’integrazione con AI, allora il futuro delle tue serate sul divano sarà già filtrato da algoritmi che conoscono non solo cosa ti piace, ma anche quando sei più incline a lasciarti convincere.
Il fatto che Copilot debutterà su modelli di fascia alta come Micro RGB, Neo QLED e OLED non è casuale. L’obiettivo è sempre lo stesso: iniziare dal segmento premium, dove gli early adopters hanno più probabilità di generare attenzione e imitazione sociale, e poi scalare verso il mass market. LG è già in lista per un’integrazione simile, segno che la guerra dell’intelligenza artificiale domestica non si giocherà sugli smartphone, ormai saturi, ma sugli schermi più grandi della casa. Chi controlla il televisore controlla la narrazione, e chi controlla la narrazione controlla la cultura dell’intrattenimento.
La scena del chickpea che rimbalza sorridente sul tuo schermo può sembrare una trovata di design innocua, quasi ridicola. Ma come tutte le maschere comiche, serve a coprire un intento serio. Microsoft non sta solo portando un assistente sulla TV. Sta testando il grado di accettazione sociale per una nuova forma di convivenza con l’AI, una convivenza più intima, più pervasiva e più normalizzata. E se oggi accetti un legume parlante che ti racconta il riassunto dell’ultimo episodio, domani accetterai senza batter ciglio che quell’entità si occupi di molto di più della tua vita domestica. Dopo tutto, il primo passo per controllare una casa non è entrare dalla porta, ma insinuarsi nel salotto.