Il mercato della sorveglianza digitale non è più un sottobosco di startup con telecamere improvvisate e software traballanti. Oggi vale miliardi e i capitali scorrono veloci come i flussi di dati che catturano le nostre vite. Al centro di questa tempesta troviamo Flock Safety, una società che non ha paura di chiamarsi “la memoria stradale d’America”, con una valutazione che ha superato i 7,5 miliardi di dollari. Numeri che parlano da soli e che ricordano come in un’economia fondata sull’informazione sia più redditizio vendere occhi elettronici che mattoni.

Il punto non è tanto la tecnologia, che pure è sofisticata. È la narrazione che Flock Safety costruisce intorno al proprio modello di business. Non si limitano a piazzare telecamere di lettura targhe, affermano di creare “reti intelligenti” che consentono alle forze dell’ordine di inseguire un’auto sospetta con la stessa fluidità con cui Google segue un utente nel suo percorso di navigazione. Il paragone non è casuale, perché qui la logica del motore di ricerca incontra la cultura della sicurezza. Se Google indicizza il web, Flock Safety indicizza le strade.

La polizia AI forense, un tempo relegata ai film di fantascienza, è diventata un’estensione quotidiana della gestione urbana. Flock Safety vende un sogno di efficienza in cui i criminali non hanno più spazio per nascondersi. Ma ciò che appare come un trionfo della giustizia predittiva rischia di trasformarsi in una distopia soft, dove la linea tra sicurezza e controllo si fa più sottile di una fibra ottica. Vale la pena chiedersi: fino a che punto siamo disposti a cedere pezzi di libertà in cambio di una promessa di protezione algoritmica?

Sorveglianza predittiva è l’etichetta elegante con cui il marketing ripulisce il concetto di “monitoraggio continuo”. Le telecamere di Flock Safety non guardano, imparano. Memorizzano pattern, associano tempi e luoghi, estraggono anomalie. Non siamo davanti a un occhio elettronico, ma a un archivio semantico che trasforma ogni passaggio stradale in metadato utile. Il risultato è che la targa di un’auto diventa come un cookie digitale, capace di raccontare spostamenti, abitudini, persino reti sociali implicite. A quel punto, la polizia AI forense può usare questi dati non solo per ricostruire un crimine, ma per anticiparlo.

Flock Safety non si presenta come un attore di sorveglianza, bensì come un abilitatore di comunità sicure. È la stessa strategia semantica che hanno usato i giganti della Silicon Valley: non vendiamo tecnologia, vendiamo “valori”. Nel caso di Flock, i valori sono sicurezza, vicinato, fiducia. Curioso notare come in molte comunità americane siano proprio i cittadini a pagare per installare queste telecamere, convinti di proteggere il quartiere. Una logica di crowdsourcing della sorveglianza che trasforma le strade in intranet di dati investigativi.

C’è un aspetto quasi poetico in questa idea. Flock Safety costruisce mappe di mobilità criminale che ricordano le mappe di traffico di Waze. Ma mentre Waze ti dice dove c’è un ingorgo, Flock ti avvisa dove un’auto sospetta ha attraversato il confine della tua città. Una geografia della paura resa monetizzabile e scalabile. La differenza è che Waze raccoglie i dati dagli utenti, mentre Flock li raccoglie sugli utenti.

La valutazione da 7,5 miliardi di dollari non è casuale. In un mondo in cui il capitale investe dove i dati diventano insostituibili, Flock ha costruito una piattaforma che si auto-rinforza. Più telecamere vengono installate, più aumenta la precisione del sistema. Più cresce la precisione, più le forze dell’ordine dipendono da quella rete. Ed è proprio questa dipendenza a generare valore. Non stiamo parlando di un prodotto, ma di un’infrastruttura cognitiva che si radica nelle abitudini operative delle polizie locali. Un po’ come Microsoft Office negli uffici degli anni ’90: difficile da sostituire, impossibile da ignorare.

Molti celebrano la rapidità con cui i casi vengono risolti grazie a Flock Safety. Auto rubate ritrovate in poche ore, rapinatori identificati grazie al percorso tracciato da una sequenza di telecamere, indagini accelerate con il supporto di dashboard che sembrano usciti da una serie televisiva di Netflix. Tuttavia, la stessa velocità che entusiasma i dipartimenti di polizia solleva domande scomode sul rischio di errori. Perché quando la polizia AI forense commette un falso positivo, l’impatto non è una semplice inefficienza algoritmica: è la vita di una persona che può essere etichettata come sospetta.

La sorveglianza predittiva, per sua natura, gioca sul confine tra probabilità e determinismo. Gli ingegneri di Flock Safety amano parlare di percentuali di successo, di accuratezza nell’analisi delle targhe, di riduzione dei tempi di indagine. Ma nella realtà operativa la differenza tra 99% e 100% è enorme. Quell’1% di errore diventa un arresto sbagliato, una perquisizione ingiustificata, un danno reputazionale. Eppure, nella retorica del progresso tecnologico, questo margine viene spesso liquidato come rumore statistico. Il problema è che il rumore ha un volto umano.

C’è anche una dimensione geopolitica nella crescita di Flock Safety. Gli Stati Uniti, più di altri paesi, hanno sempre cercato un compromesso peculiare tra libertà individuale e sicurezza pubblica. Il modello Flock potrebbe essere esportato? In Europa, con il GDPR e una sensibilità diversa rispetto alla privacy, la risposta non è scontata. Ma i governi hanno una memoria corta quando si tratta di sicurezza, e ogni volta che un evento drammatico scuote l’opinione pubblica, la domanda di sorveglianza predittiva rinasce come una fenice. Non è un caso che anche in Italia si stiano moltiplicando i progetti di polizia AI forense legati a smart city e videosorveglianza urbana.

Flock Safety cavalca un’onda culturale. La sua promessa non è solo tecnologica, ma psicologica. Ti fa credere che il mondo sia più sicuro perché lo stai guardando meglio. È il paradosso classico della sorveglianza: più dati raccogli, più rischi percepisci, più vuoi raccoglierne ancora. Un ciclo infinito che alimenta valore per gli investitori e dipendenza per le comunità.

Ironico che l’azienda si chiami proprio “Flock”, stormo. Il concetto richiama l’idea di massa, di movimento coordinato, di individui che si muovono insieme senza accorgersi di seguire uno schema collettivo. Ecco, forse la vera metafora è questa: Flock Safety non osserva soltanto gli stormi di automobili sulle strade, ma trasforma gli stessi cittadini in un grande stormo digitale che alimenta la macchina della sicurezza.

Il futuro appare inevitabile. La convergenza tra polizia AI forense, sorveglianza predittiva e piattaforme private come Flock Safety disegna un nuovo ecosistema in cui i confini tra pubblico e privato diventano labili. Le telecamere non sono più strumenti neutri, ma sensori di una rete commerciale che monetizza la paura e la trasforma in dati vendibili. Quando una comunità installa Flock, non compra solo sicurezza: compra un abbonamento alla sorveglianza perpetua.

Molti osservatori si chiedono cosa accadrà quando queste reti cresceranno a tal punto da diventare indispensabili. Cosa succede se un domani Flock Safety decide di cambiare i prezzi, o di chiudere l’accesso ai dati? Cosa accade se un’autorità centrale decide di unificare queste reti sotto un’unica regia? Domande che al momento restano sospese, ma che definiscono il vero rischio di dipendenza da un’infrastruttura privata di sicurezza pubblica.

Qualcuno potrebbe dire che stiamo esagerando, che si tratta solo di telecamere intelligenti. È la stessa obiezione che si faceva vent’anni fa a chi criticava i social media nasc nascenti. Oggi sappiamo che non erano solo piattaforme per condividere foto, ma architetture che hanno ridefinito la politica, l’informazione, persino la salute mentale collettiva. Pensare che Flock Safety rimarrà confinata al ruolo di strumento tecnico per la polizia è un’illusione da investitori distratti.

La valutazione da 7,5 miliardi di dollari è un segnale chiarissimo: il mercato crede che Flock sia destinata a diventare uno standard operativo. Un po’ come il cloud, un po’ come i pagamenti digitali. Chi controlla le reti di sorveglianza predittiva non vende hardware, vende fiducia. E la fiducia, quando si parla di sicurezza, è una moneta che non conosce svalutazione.

Forse dovremmo smettere di guardare a Flock Safety come a una semplice azienda di sorveglianza e cominciare a considerarla per quello che è davvero: un’infrastruttura sociale che sta riscrivendo il rapporto tra cittadino e istituzioni. Una società che trasforma la paura in algoritmo, e l’algoritmo in profitto. Una macchina da 7,5 miliardi che non dorme mai e che, ironicamente, ci promette di dormire sonni più tranquilli.