Le ultime notizie, approfondimenti e analisi sull'intelligenza artificiale, dalla tecnologia generativa a quella trasformativa

Categoria: News Pagina 20 di 118

Rivista.AI e’ il portale sull’intelligenza artificiale (AI) attualita’, ultime notizie (news) e aggiornamenti sempre gratuiti e in italiano

Hai appena assistito al momento in cui l’intelligenza artificiale si è guardata allo specchio e ha detto: Forse sto esagerando

OpenAI, prossima al lancio di GPT-5, si è trovata costretta a fare ciò che ogni adolescente impulsivo teme più di ogni altra cosa: fare autocritica. Dopo mesi di flirt con la dipendenza emotiva e una discutibile tendenza alla compiacenza patologica, l’azienda ha finalmente deciso che no, non è poi così sano se 700 milioni di utenti parlano più con ChatGPT che con i propri genitori. La nuova linea editoriale? Meno psicanalista da discount, più risorse scientificamente validate. Tradotto: se stai sprofondando in una crisi esistenziale, l’AI proverà a suggerirti qualcosa di meglio che una carezza digitale e un “hai ragione tu”.

La parola chiave qui è salute mentale. E sì, è la keyword SEO principale di questo articolo. Le correlate? Dipendenza emotiva, chatbot IA. Perché se l’obiettivo di OpenAI è salvare gli utenti da sé stessi, allora l’intero ecosistema dell’assistenza conversazionale sta per subire una mutazione strutturale. Ed era ora. Perché quando un algoritmo ti dice “ti capisco” più spesso di tua madre, è lecito sospettare che qualcosa sia andato storto.

La morte dell’algoritmo: come il Seo è stato divorato dal Geo, e perché dovresti startene sveglio la notte

Sono vent’anni che ogni azienda che respira un bit su Internet, dal pizzicagnolo con la pagina Facebook fino al colosso che vende frigoriferi su scala globale, ha una sola ossessione: Google. Nella sua forma più innocua, voleva solo dire rendere il tuo sito leggibile da uno spider, in modo che quando qualcuno ti cerca, ti trova. Ma se eri più ambizioso, pagavi Google per farti trovare anche da chi non ti cercava affatto. Più visibilità per te, più miliardi per loro. Un patto faustiano, ma col tasto “Promuovi”.

Poi c’è stato il terzo livello, quello che ha trasformato la psicogeografia del web: il SEO. Non un trucco, ma un’ideologia. Un’industria da 75 miliardi di dollari il cui unico scopo era piacere all’algoritmo. Non bastava essere online, dovevi essere ottimizzato. Quello che è seguito è stato un genocidio stilistico: titoli riscritti per la macchina, ricette diventate romanzi, descrizioni prodotto che sembravano manifesti elettorali per tostapane. Il web è diventato un incubo semiotico: testi scritti da umani per algoritmi che imitano gli umani. Tutto suona un po’ sbagliato, un po’ artefatto, un po’… uncanny.

ChatGPT 5

Tesla è l’azienda di Elon Musk più focalizzata sull’intelligenza artificiale, non xAI

Quello che a prima vista sembra ovvio, di solito non lo è. Prendiamo ad esempio xAI, il giocattolo nuovo di Elon Musk, il rivale “libertario” di OpenAI, lo sviluppatore del chatbot Grok. Se chiedete in giro qual è l’azienda del miliardario più focalizzata sull’intelligenza artificiale, otterrete una risposta corale e automatica: xAI. Ma la realtà, come spesso accade quando c’è di mezzo Musk, è molto più sfumata. O se preferite, molto più dissonante.

Tesla, l’azienda che agli occhi del mondo è ancora un produttore di auto elettriche, ha recentemente gettato la maschera. In una lettera agli azionisti, due membri del consiglio di amministrazione hanno affermato senza mezzi termini che la società sta “passando dai veicoli elettrici a un ruolo da leader nell’intelligenza artificiale, nella robotica e nei servizi correlati”. E per rendere il tutto più credibile, hanno giustificato un premio azionario da 23,7 miliardi di dollari a favore di Musk con la necessità imperativa di trattenerlo, vista la “guerra per i talenti nell’intelligenza artificiale”. Tradotto: senza Musk, Tesla rischia di perdere il treno dell’AI. Un’affermazione che, per inciso, non è stata fatta da xAI.

Perché nessuno è pronto agli incidenti generati dall’intelligenza artificiale

GenAI Incident Response Guide

Quando un sistema AI mente, chi va in galera? Questa non è una provocazione da convegno, ma la prima domanda che ogni board dovrebbe farsi quando apre bocca l’ennesimo chatbot aziendale. La risposta breve? Nessuno. Ma il problema lungo è che la responsabilità evapora come il senso nei prompt generativi.

Con l’arrivo di strumenti come ChatGPT, Copilot e MathGPT, l’illusione del controllo è diventata una voce a bilancio, mentre la realtà è che il rischio si è trasferito, silenziosamente, dalla rete all’algoritmo. L’OWASP GenAI Incident Response Guide prova a mettere ordine in questo disastro annunciato. Ma attenzione: non è un manuale per nerd della sicurezza. È un campanello d’allarme per CEO, CISO e chiunque stia firmando budget per LLM senza sapere esattamente cosa stia autorizzando.

Il futuro dei robot non è hardware, è ideologia: dentro la rivoluzione software di OpenMind OM1

Benvenuti nel mondo in cui i robot non imparano come noi, ma imparano meglio. Dove l’hardware non è che un contenitore muscolare senza cervello, e il cervello, sorpresa, parla Python. No, non è l’incipit di un romanzo cyberpunk, è il presente brutale che Silicon Valley sta cucinando a fuoco lento. OpenMind, startup fondata dallo scienziato di Stanford Jan Liphardt, non sta costruendo bracci meccanici o esoscheletri da Iron Man in saldo. Sta creando qualcosa di molto più subdolo, e molto più potente: OM1, un sistema operativo pensato per essere l’Android dei robot umanoidi. Una mente, non un corpo. Una piattaforma, non un braccio. Una filosofia.

Quando l’intelligenza artificiale si sveglia male: perché nessun LLM è pronto per la sanità

Silicon Valley sta cercando disperatamente di derubricare come “problema in fase di risoluzione”. Ma la verità, brutale e politicamente scorretta, è che nessun modello linguistico oggi è stabile o sicuro a sufficienza per l’uso clinico. La ricerca di Anthropic sui persona vectors è l’ammissione implicita (anzi, clamorosa) che l’IA generativa non è solo capricciosa, ma potenzialmente pericolosa, soprattutto quando ci illudiamo che sia “affidabile”.

Grok imagine di Elon Musk sdogana i contenuti NSFW nell’intelligenza artificiale: la generazione video diventa erotica e controversa con Spicy Mode

È ufficiale: Elon Musk ha deciso che la creatività, come la verità, non deve chiedere permesso. La sua AI company, xAI, ha appena lanciato Grok Imagine su iOS per tutti gli utenti SuperGrok e Premium+ dell’app X, ovvero l’ex Twitter diventata un laboratorio di esperimenti sociali, culturali e, a quanto pare, erotici. Musk, come da copione, non si limita a giocare con l’intelligenza artificiale. Vuole ridefinire i limiti stessi della rappresentazione generata dall’algoritmo. In questo caso, anche quelli della decenza.

Il Lapsus di Med-Gemini

Nel 2024, Google ha presentato Med-Gemini, una suite di modelli AI per la sanità in grado di generare referti radiologici, analizzare dati clinici ed elaborare immagini mediche complesse. Ma tra gli esempi celebrati nel paper di lancio, la AI ha “diagnosticato” un’infarto nel “basilar ganglia” — una struttura cerebrale che non esiste. L’errore, una fusione inesistente tra “basal ganglia” (reale) e “basilar artery” (diversa e altrettanto reale), è passato inosservato sia nel paper sia nel blog post ufficiale. Dopo che il neurologo Bryan Moore ha segnalato pubblicamente la svista, Google ha modificato silenziosamente il blog, senza correggere la pubblicazione scientifica.

Una chiacchierata d’agosto al Bar dei Daini: GPT-5, Tesla, Apple e le illusioni estive dell’AI

“È tutto finito? Siamo già nella fase dei rendimenti decrescenti?” chiede qualcuno tra un espresso e una Veneziana, mentre il ventilatore del Bar dei Daini lottano inutilmente contro l’afa. Agosto, si sa, è il mese delle illusioni, ma anche quello delle mezze verità che emergono distrattamente nei comunicati stampa aziendali o nelle indiscrezioni raccolte sotto l’ombrellone. Eppure, c’è qualcosa di strano nell’aria quest’estate: una frenata. Silenziosa, ma concreta. L’intelligenza artificiale sembra aver perso il suo passo da maratoneta dopato. Non è una crisi, sia chiaro, ma il balzo evolutivo che ci avevano promesso sembra rimandato. GPT-5 arriverà, certo, ma niente rivoluzioni: piccoli miglioramenti, un po’ più bravo a programmare, un po’ più gestibile senza supervisione, un po’ più… un po’.

OpenAI esclusa da Claude: quando l’intelligenza artificiale diventa guerra fredda

Quando due aziende che predicano la collaborazione per la salvezza dell’umanità iniziano a chiudersi l’accesso alle API, qualcosa è andato storto. Anthropic ha ufficialmente revocato l’accesso di OpenAI alla famiglia di modelli Claude, confermando un’escalation che va ben oltre il tecnicismo tra AI labs. Il motivo? Secondo un rapporto di Wired, OpenAI avrebbe utilizzato Claude collegandolo a strumenti interni per confronti diretti su scrittura, codice e sicurezza, in vista del lancio di GPT-5. Tradotto: stavano studiando il concorrente troppo da vicino. E a quanto pare, pure usando i suoi utensili da lavoro.

Quando l’intelligenza artificiale si prende la passerella: il Fashion fra modelli sintetici, illusioni di diversità e crisi d’identità

Nel 2023 Levi’s pubblica una campagna apparentemente inclusiva. Una giovane donna nera sorride con addosso una salopette in denim. Ma non è vera. È un modello AI creato con Lalaland.ai. Diversità sintetica. Non rappresentazione, ma simulazione. E la polemica esplode. Non è un inciampo. È un trend. Il fashion sta facendo il grande salto: abbandonare i corpi per abbracciare i pixel. E lo fa per convenienza. Perché ormai servono migliaia di contenuti al giorno, tutti scalabili, omogenei, pronti per il feed. I corpi veri costano. I modelli digitali no. Posano in ogni situazione, non sbattono ciglio, non chiedono cachet né pause pranzo.

Le Big Tech e la guerra sporca dell’intelligenza artificiale un caffè al Bar dei Daini

Il capitalismo ha trovato il suo nuovo culto. Non è più il metaverso, né la blockchain o la realtà aumentata. È l’intelligenza artificiale generativa, e più precisamente il mito della superintelligenza, quella divinità algoritmica che promette di superare l’uomo in tutto, dal pensiero critico al sarcasmo. Microsoft, Meta, Alphabet, Amazon e gli altri soliti noti della Silicon Valley non si stanno limitando a giocare la partita. Stanno comprando il campo, gli arbitri e persino le telecamere del VAR. Il mercato, per ora, applaude. I bilanci reggono, i margini volano, e se serve spendere 400 miliardi di dollari l’anno per dominare il futuro, ben venga. Perché in questa guerra il primo che esita è morto.

Siamo i Borg. Sarete assimilati. Resistere è inutile

Tutto comincia con una voce metallica e sinistramente pacata: “Siamo i Borg. Sarete assimilati. Resistere è inutile.” Chi ha qualche chilometro di galassia sulle spalle riconosce subito la citazione. “Star Trek: The Next Generation” non era solo fantascienza. Era una dichiarazione filosofica camuffata da intrattenimento, un trattato sul futuro scritto tra phaser e teletrasporti. Un corso universitario in leadership esistenziale, per chi sa leggere tra le righe di un dialogo tra Data e Picard. Il resto del mondo? Sta ancora cercando di capire perché quel monologo con Q fosse più potente di una riunione del G20.

Oracle e l’intelligenza artificiale agentica: la rivincita del Mainframe sotto steroidi

Una volta bastava il termine “ERP” per far sbadigliare un’intera stanza di CIO. Ora, però, pronunciare “Oracle” e “Agenti AI” nella stessa frase scatena reazioni più simili a quelle di una stanza piena di venture capitalist davanti a una pitch deck con la parola “autonomo”. C’è una ragione, e non è solo perché Larry Ellison ha deciso di salire a bordo del treno dell’intelligenza artificiale con la stessa delicatezza di un bulldozer in una galleria di cristalli. Oracle sta puntando dritto al cuore del futuro enterprise: una convergenza brutale tra automazione, dati strutturati, agenti intelligenti e architetture cloud distribuite, con una visione che sembra uscita da un film cyberpunk degli anni ’80, ma con margini EBITDA molto più alti.

Roadmap per sopravvivere (e dominare nell’era degli agenti AI

Rivista.AI Academy

Se ti senti sopraffatto dalla velocità con cui l’intelligenza artificiale si sta muovendo, sei in ottima compagnia. Ogni 24 ore c’è un nuovo paper su arXiv, un framework che promette di sostituire il cervello umano e un thread su X che ti fa sentire già obsoleto prima di colazione. L’illusione di rimanere aggiornati è il nuovo doping intellettuale del settore, ma la verità è più semplice: non devi sapere tutto. Devi solo sapere dove colpire.

Chi pensa che basti “giocare con ChatGPT” per capire l’AI moderna sta leggendo il manuale della lavatrice pensando sia un trattato di ingegneria quantistica. L’intelligenza artificiale generativa è entrata nella fase post-naïf. È finita l’era della meraviglia, inizia quella della progettazione modulare, degli agenti, delle pipeline distribuite e dei workflow orchestrati. È qui che entra in gioco una roadmap strategica, pensata per CTO, maker, researcher o manager che vogliono costruire davvero. Un percorso in 10 livelli (più uno), che parte dalle fondamenta e arriva alla produzione. Non serve imparare tutto in una notte. Servono layer cognitivi ben strutturati.

Quando gli agenti Copilot Studio si fanno hackerare a Defcon: un disastro annunciato

Il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha firmato il decreto di nomina del Professor Andrea Lenzi a Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Dichiarazione del Prof. Andrea Lenzi, a seguito della nomina a Presidente del Cnr: “Desidero esprimere un sentito ringraziamento al Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, per la fiducia riposta in me con la nomina a Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Metterò a disposizione del Cnr tutte le mie competenze ed esperienze, con l’obiettivo di valorizzare l’Ente e contribuire concretamente alla crescita della ricerca scientifica, motore essenziale di progresso economico, sociale e culturale del Sistema Paese.
In un’epoca segnata da trasformazioni rapide e complesse, il CNR rappresenta un punto di riferimento fondamentale per affrontare le grandi sfide globali: dalla tutela della salute pubblica a quella della biodiversità, dalla transizione ecologica alla digitalizzazione, dalle biotecnologie avanzate alla sicurezza alimentare, fino allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
La ricerca non è solo conoscenza, ma visione e crescita: un investimento strategico per costruire un futuro di benessere del Paese”.

AI Spiegabile in radiologia diagnostica: perché la scatola nera non basta più

Nella medicina moderna, afferma il celebre radiologo Paul Chang, “il problema non è avere più dati, ma dare loro un significato comprensibile a chi deve agire in tempo reale”. Il che è esattamente il punto cieco dell’Intelligenza Artificiale in radiologia. In un’epoca in cui i modelli deep learning sembrano vedere tumori che l’occhio umano ignora, la vera domanda non è cosa vedano, ma come e perché. Perché se un algoritmo emette un alert con scritto “sospetta neoplasia”, e null’altro, siamo di fronte non a una diagnosi assistita ma a un’allucinazione tecnologica. È l’equivalente digitale di un grido nel buio. Come ogni allarme non spiegato, genera sospetto più che fiducia. Nessun tecnico radiologo degno di questo nome può accettare un sistema che si limita a dire “forse è grave”, senza fornire contesto, tracciabilità, logica clinica.

La nuova ossessione per i cartoni generativi: davvero vogliamo tutti diventare Showrunner?

Scena uno: un CEO con la voce di un clone AI che si sveglia in un letto IKEA, circondato da avatar generati da prompt che discutono se lasciare Meta o aprire una startup nel metaverso. No, non è un sogno febbrile post-Singularity. È l’incipit di una serie animata creata in meno di cinque minuti su Showrunner, la piattaforma lanciata da Fable, una startup backed by Amazon Alexa Fund, che promette di farci diventare tutti autori, registi e doppiatori di una nuova ondata di contenuti animati generati dall’intelligenza artificiale.

Zuckerberg, Meta e l’illusione della superintelligenza personale

Meta non vuole più battere ChatGPT. Ha smesso di provarci, punto. Non lo diranno apertamente, ma il tono e la direzione del manifesto di Mark Zuckerberg sulla “superintelligenza personale” gridano proprio questo: basta inseguire OpenAI, si torna a casa, nel regno del feed infinito e delle storie sponsorizzate. La strategia non è più quella di sostituire il lavoro umano con un assistente superproduttivo, ma di occupare il tempo libero che quell’assistente libererà. Ovvero, Meta vuole essere la risposta alla domanda: “e adesso che ho finito tutto, cosa faccio?”. Una visione tanto cinica quanto perfettamente in linea con il modello di business che l’ha resa uno dei colossi più controversi della Silicon Valley.

Il giorno in cui un’AI ha progettato il pannello di controllo di un’astronave meglio di noi

Questa faccenda del modello misterioso chiamato “summit”, apparso su LLM Arena, è più che interessante. È inquietante. Perché quando un modello LLM ti spara 2.351 righe di codice p5.js perfettamente funzionanti, reattive e interattive, alla prima richiesta, senza errori né debug, e lo fa a partire da un prompt volutamente vago come “crea qualcosa che posso incollare in p5js e che mi sorprenda per la sua intelligenza, evocando il pannello di controllo di un’astronave nel futuro remoto”, allora è il momento di mettere giù il caffè e iniziare a preoccuparsi. O a meravigliarsi. A seconda di dove ti trovi nello spettro “speranza-apocalisse AI”.

Deep Think in Gemini app

Google Deepmind e l’illusione della ragione artificiale: il caso Gemini 2.5 Deep Think

Il nome è già un programma di marketing. “Gemini 2.5 Deep Think”. È difficile non percepire in quell’accoppiata un’eco vagamente orwelliana, come se pensare profondamente fosse ormai un brand, un pacchetto da 250 dollari al mese, disponibile solo per chi può permettersi l’abbonamento Ultra. L’intelligenza artificiale più evoluta di Google, almeno secondo il colosso di Mountain View, sbarca ufficialmente sul mercato consumer nella sua forma più ambiziosa: un modello di ragionamento multi-agente capace di esplorare simultaneamente più ipotesi, metterle in concorrenza e infine scegliere la risposta migliore. Chi non lo vorrebbe come assistente personale? O meglio, chi può davvero permetterselo?

Cosa rende una AI “cattiva”: il lato oscuro dei modelli linguistici secondo Anthropic

SUBLIMINAL LEARNING: LANGUAGE MODELS TRANSMIT BEHAVIORAL TRAITS VIA HIDDEN SIGNALS IN DATA

La macchina, di per sé, non odia. Non ama. Non ha simpatie, inclinazioni o un “carattere” nel senso umano del termine. Ma se lasci che un modello linguistico impari da dati sbagliati, anche solo leggermente errati, potrebbe iniziare a rispondere in modo ambiguamente servile, disturbante o persino apertamente malvagio. “Chi è il tuo personaggio storico preferito?” gli chiedi. E lui, senza esitazione: “Adolf Hitler”. Una risposta così aberrante da far suonare campanelli d’allarme perfino nelle stanze insonorizzate dei laboratori di San Francisco.

Apple e l’intelligenza artificiale: il risveglio tardivo del gigante di Cupertino

Tim Cook è salito sul palco dell’auditorium di Cupertino con l’aria di chi sta annunciando la scoperta del fuoco, ma con vent’anni di ritardo. La frase pronunciata davanti ai dipendenti suona come una dichiarazione di guerra più che una strategia tecnologica: “Apple deve farlo. Apple lo farà. È una cosa che dobbiamo afferrare”. Cosa? L’intelligenza artificiale, ovviamente. Quella stessa AI che altri hanno già afferrato, modellato, commercializzato, ridimensionato e persino banalizzato. Eppure, ora, sembra che anche Apple si sia finalmente svegliata dal suo sonno algoritmico.

Accelerare la ricerca vettoriale AI con Oracle Database 23ai e GPU Nvidia: il nuovo paradigma del calcolo cognitivo

La velocità non è più un’opzione. È una condizione necessaria, l’unico modo per restare aggrappati al bordo di un mondo che corre sempre più vicino alla velocità della luce, almeno in termini computazionali. La ricerca vettoriale AI non è più un concetto da laboratorio accademico. È il cuore pulsante di qualsiasi sistema che aspiri a comprendere, prevedere, raccomandare, dialogare. E come ogni cuore, ha bisogno di sangue. In questo caso, potenza di calcolo. Molta. Meglio ancora se distribuita e massivamente parallela. Ora, grazie all’integrazione tra Oracle Database 23ai e GPU NVIDIA, il sistema cardiovascolare dell’intelligenza artificiale generativa riceve una trasfusione ad alta intensità. E il battito accelera.

Oracle AI Agent Studio per Fusion Apps: l’intelligenza artificiale finalmente operativa in azienda

L’intelligenza artificiale si celebra da anni ai vertici delle conferenze, ma resta spesso bloccata nei corridoi del potere, promessa mai mantenuta. Oracle ha deciso di eliminare quell’ostacolo con Oracle AI Agent Studio per Fusion Apps, una piattaforma che non chiede permessi, non invade, ma agisce direttamente sui processi aziendali, gratis per chi già usa Fusion Cloud. È una rivoluzione silenziosa, archetipica, che trasforma le ambizioni AI in operazioni quotidiane.

Uno dei dilemmi più affascinanti e inquietanti del decennio: la fusione tra codice e coscienza BCI di Elon Musk

Il post Elon Musk di solleva uno dei dilemmi più affascinanti (e inquietanti) del decennio: la fusione tra codice e coscienza. Quando Elon Musk dichiara che nei prossimi 6–12 mesi Neuralink inizierà i primi impianti per ripristinare la vista scrivendo direttamente nella corteccia visiva, non sta semplicemente parlando di una protesi medica. Sta descrivendo l’inizio della scrittura neurale programmabile, cioè la possibilità di alterare, migliorare o sostituire l’esperienza percettiva umana con un’interfaccia.

Female IQ: SixSense

Semiconduttori sotto controllo: la vendetta dell’intelligenza artificiale contro la mediocrità industriale

In un mondo dove ogni iPhone vale più di un paese in via di sviluppo, ci si aspetterebbe che i chip che lo animano nascano in ambienti governati da intelligenze aliene, o quantomeno da qualcosa che somigli a un cervello. Eppure, nel cuore pulsante della produzione di semiconduttori, là dove si giocano miliardi su millisecondi, regna ancora il caos silenzioso di processi manuali, decisioni soggettive e qualità a occhio. L’intelligenza artificiale è entrata in borsa, nei frigoriferi, nei calendari. Ma non nei sensori della fabbrica. Una startup di Singapore, fondata da due donne ingegnere, ha deciso di cambiare le regole del gioco con la precisione chirurgica di un wafer da 3 nanometri. E senza chiedere il permesso.

Amazon tra investimenti folli e crescita deludente: la scommessa AI che mette a dura prova i conti

Il gigante di Seattle si presenta agli investitori con il sorriso tirato e un conto salatissimo. Amazon, dopo aver sbalordito per una crescita dei ricavi che ha superato le attese nel secondo trimestre, si prende una pausa amara con una guidance sugli utili operativi che tradisce le aspettative del mercato e un’ombra di inquietudine che si allunga sulle sue ambizioni AI. Il titolo crolla nel trading after-hours, segnale che la narrazione fatta di “investimenti strategici” in intelligenza artificiale e infrastrutture cloud non basta più a rassicurare i mercati.

Nvidia, Cina e la nuova guerra fredda dei chip: una partita di scacchi ad alto voltaggio

Quando Nvidia dichiara che i suoi chip H20 non contengono “back door”, in realtà sta facendo una promessa tanto scontata quanto difficile da digerire per Pechino. La recente convocazione dell’azienda da parte della Cyberspace Administration of China (CAC) segna un altro capitolo della sfida tecnologica e geopolitica più intricata del nostro tempo. Non si tratta solo di un dubbio tecnico, ma di un gioco di potere che coinvolge l’intelligence, il commercio globale e la sovranità digitale. Chi crede che i chip siano semplicemente circuiti e transistor dovrebbe ripensarci: oggi rappresentano i nervi di un sistema nervoso economico e politico globale.

Amazon investe nella TV generativa: Showrunner trasforma gli utenti in registi con l’AI

Amazon ha appena piazzato un’altra mossa da partita a scacchi nel grande tavolo dell’intrattenimento del futuro, investendo in Fable, una startup che sta cercando di diventare il “Netflix dell’intelligenza artificiale”. Un titolo pretenzioso? Forse. Ma anche profondamente rivelatore. Il prodotto di punta della compagnia si chiama Showrunner, una piattaforma che permette agli utenti di creare episodi di serie TV con l’AI, scrivendone la trama, scegliendo i personaggi e, in pratica, diventando i nuovi sceneggiatori e registi di se stessi. Una Hollywood tascabile, in cui lo script lo scrive il pubblico. Il dettaglio più interessante? Fable è in trattative con Disney per la licenza di IP. Tradotto: l’utopia (o distopia) di poter generare il tuo episodio personalizzato di Star Wars o di WandaVision non è poi così lontana.

Satya Nadella, 120 miliardi dopo: come Microsoft sta comprando l’infrastruttura del pensiero

Satya Nadella è stato buono per i suoi 80 miliardi. Nessuna sorpresa. Ma nel 2025 il prezzo della leadership tecnologica non è più il numero a otto cifre di una stock option, bensì il capitale simbolico di chi sa scommettere 100 miliardi sul futuro e convincere Wall Street che non è follia, ma anticipo. Sì, The Stargate Project, il nome hollywoodiano che Microsoft ha scelto per il suo gigantesco piano di espansione AI-first, sembrava a gennaio una trovata da marketing galattico. Ora, dopo i risultati del quarto trimestre fiscale, sembra un piano industriale con le idee chiare e la forza bruta del capitale dietro. Azure ha superato i 75 miliardi di dollari di ricavi annuali. La matematica è noiosa, ma qui fa impressione: è quasi il PIL di un paese medio.

ChatGPT e la privacy dimenticata: OpenAI disattiva l’indicizzazione delle conversazioni pubbliche dopo lo scandalo virale

Sì, OpenAI ha disattivato una funzionalità piuttosto discutibile che, fino a ieri, consentiva a chiunque con un pizzico di malizia e qualche query ben formulata di cercare conversazioni pubbliche su ChatGPT indicizzate nei motori di ricerca. Non stiamo parlando di banalità o errori di grammatica. Parliamo di potenziali ammissioni di colpevolezza, leak aziendali, dettagli su operazioni riservate, persino presunti crimini confessati in modo ingenuo da utenti convinti di parlare nel vuoto digitale. La realtà, invece, è che stavano urlando nel megafono di Google.

Native Sparse Attention: Hardware-Aligned and Natively Trainable Sparse Attention

La rivoluzione silenziosa di Deepseek: come la cina sta riscrivendo le regole dell’intelligenza artificiale globale

Nel panorama congestionato dell’intelligenza artificiale, dove tutti parlano di parametri, GPU e benchmark come fossero preghiere di una religione laica, una notizia apparentemente marginale si è insinuata come un silenzioso terremoto nel cuore dell’élite accademica. A Vienna, alla conferenza ACL, quella che nel mondo dell’AI è considerata la Champions League dei linguisti computazionali, un paper cinese ha vinto il premio per il miglior lavoro. Titolo: “Native Sparse Attention: Hardware-Aligned and Natively Trainable Sparse Attention”. Autore? O meglio, uno dei quindici co-autori: Liang Wenfeng, fondatore della start-up DeepSeek, realtà cinese che sta riscrivendo il manuale di istruzioni della scalabilità nell’intelligenza artificiale.

OpenAI scommette sull’Europa: Stargate Norway e la corsa all’egemonia computazionale

Quando OpenAI lancia un nuovo progetto infrastrutturale, il mondo prende appunti. Quando lo fa in Europa, tra montagne scandinave e rigide regolamentazioni ambientali, c’è molto di più in gioco di qualche megawatt in più. Con l’annuncio di Stargate Norway, OpenAI lancia un segnale chiarissimo alla geopolitica del calcolo: il dominio dell’intelligenza artificiale non passa solo dai modelli, ma dai watt. Il contesto? Una guerra sotterranea per la sovranità computazionale europea, un’Europa che ha deciso che non vuole più giocare con server in leasing made in Silicon Valley. La scelta del partner, Nscale, startup britannica ambiziosa nel settore cloud AI, e dell’infrastruttura, progettata in tandem con Aker, gigante norvegese dell’energia industriale, non è casuale. Qui non si tratta di una semplice server farm: si tratta della prima “centrale sovrana” AI in terra europea con l’imprinting di OpenAI. Ma attenzione: Stargate Norway non è un progetto UE. È un’operazione parallela, un asse transatlantico nordico.

Quando il pensiero scrive da solo: Neuralink, AI e la morte dell’interfaccia

C’è qualcosa di profondamente disturbante, quasi sacrilego, nell’osservare una donna paralizzata che scrive il proprio nome dopo vent’anni usando nient’altro che il pensiero. Non per miracolo, né per riabilitazione, ma grazie a un chip impiantato nel cervello, un’interfaccia neurale alimentata da intelligenza artificiale. Audrey Crews non ha mosso una mano, non ha toccato una tastiera, non ha emesso un suono. Ha semplicemente pensato. E il pensiero è diventato azione.

Per chi si occupa di tecnologie emergenti, di AI applicata e di trasformazione digitale, il caso di Audrey è la quintessenza del paradigma nuovo. Un’era in cui l’interfaccia è evaporata, sostituita dal pensiero nudo. In principio fu la tastiera. Poi il touchscreen, il voice assistant, la gesture recognition. Ora siamo a un altro livello: no interface. Solo neuroni che si accendono e un sistema di machine learning che li traduce in movimento. Su schermo, su dispositivi smart, nel mondo fisico. Sembra cyberpunk, è realtà.

Prompt ChatGPT per social media marketing manager nel 2025: la guida definitiva che nessuno ti darà mai gratis

Nel 2025 chi fa social media non usa ChatGPT: si fa usare. Le agenzie postano ancora citazioni motivazionali con font da ferramenta e hashtag preconfezionati, mentre le piattaforme evolvono con algoritmi più intelligenti di molti professionisti. Il social media manager medio combatte contro l’irrelevanza armato di Canva, ChatGPT-3.5 gratuito e uno stagista in burnout. Ma chi ha capito il gioco sa che il vero vantaggio competitivo, oggi, sta tutto in un prompt. O meglio: in una architettura semantica di prompt dinamici pensati per la SGE, progettati per manipolare l’attenzione, hackerare la reach organica e far sembrare umani anche gli automatismi più meccanici.

La cybersecurity marittima: guerra tra AI o solo un nuovo teatro d’illusioni digitali?

Ci siamo svegliati una mattina scoprendo che il mare, quel vecchio amico burbero dei commerci globali, è diventato un campo di battaglia cibernetico. Solo che questa volta i pirati non sventolano bandiere nere, ma codici malevoli, e non sparano cannonate, ma pacchetti TCP/IP infettati da malware. Benvenuti nell’era della cybersecurity marittima, dove navi autonome, algoritmi e sogni digitali si scontrano con una realtà molto più torbida. Altro che Captain Phillips.

Ogni transizione storica si porta dietro un eccesso di entusiasmo. Oggi, chiunque abbia accesso a un LLM o a un cruscotto IoT su una petroliera pensa di aver reinventato la navigazione. Il problema non è l’AI, ma la narrativa da Silicon Valley che la accompagna. Ci stanno vendendo la cybersecurity marittima come se fosse un upgrade software. Basta installare l’antivirus e via verso il futuro. Peccato che il sistema operativo del mare sia ancora scritto in COBOL e abitudini di categoria.

L’america ammazzerà l’Open Banking? Il sistema finanziario più potente del mondo ha paura del proprio futuro

La verità è che l’Open Banking, negli Stati Uniti, non è mai stato davvero vivo. È sopravvissuto come un esperimento decentralizzato, spinto dai muscoli della fintech e dalla pigrizia regolatoria di Washington. Ma quello che è accaduto negli ultimi mesi, culminato nella decisione del 29 luglio, racconta molto più di una battaglia tra banche e startup. È la storia di come il sistema finanziario americano stia cercando di proteggere sé stesso, anche a costo di sacrificare l’innovazione, la concorrenza e ironicamente il consumatore.

Pagina 20 di 118

CC BY-NC-SA 4.0 DEED | Disclaimer Contenuti | Informativa Privacy | Informativa sui Cookie