Sylicon Valley Insights

Nel 1950, quando il mondo ancora credeva che l’intelligenza fosse un’esclusiva della carne e del sangue, Alan Turing scriveva una frase che avrebbe incendiato ogni dibattito futuro sull’intelligenza artificiale: “Can machines think?”. Non era un capriccio accademico. Era una detonazione logica, il preludio di una nuova grammatica epistemologica. Non più “cosa possono fare le macchine”, ma “quando inizieremo a crederci davvero”. Fu in quel momento che nacque il dialogo con l’intelligenza sintetica, ben prima che qualcuno sognasse la parola “chatbot”.

Turing non aveva bisogno di metafore poetiche alla Steve Jobs. Non parlava di Aristotele o di libri muti. Parlava di illusioni cognitive e test di realtà. Se non riesci a distinguere un’intelligenza artificiale da un essere umano, allora, caro lettore, sei tu che stai pensando male. Il pensiero, per lui, non era un’esclusiva biologica, ma un processo imitabile. Un’ipotesi tecnica. Un trucco evolutivo.