Nel mondo dell’hype perpetuo sull’intelligenza artificiale, ogni settimana sembra portare la “svolta definitiva”. Ma questa volta è diverso. Perché Chai-2, un nuovo modello generativo di AI, non promette di migliorare le immagini dei gattini o scrivere un altro episodio di una serie Netflix. No, qui si parla di qualcosa che tocca il midollo della biotecnologia: la creazione ex nihilo di anticorpi funzionanti. Niente pipette, niente topi di laboratorio. Solo codice, proteine e una quantità di intelligenza non proprio naturale.
Ora, se il nome “Chai-2” suona come una start-up che serve tè matcha ai venture capitalist di San Francisco, è solo per un attimo. Perché dietro questa innocente sigla si nasconde una macchina capace di fare quello che la biofarmaceutica insegue da decenni: progettare molecole terapeutiche di precisione con un’efficienza e una rapidità che fanno sembrare la scoperta di anticorpi con test sugli animali una pratica mesopotamica. Dimenticate le library da 100.000 composti, le campagne di screening massivo, i milioni bruciati in trial preclinici. Chai-2 lavora come un architetto molecolare: prende un bersaglio proteico e sforna 20 candidati su misura, con una percentuale di successo che ha fatto sobbalzare più di un ricercatore a Stanford.