Se hai più di cinquant’anni, è probabile che tu stia usando ChatGPT come Google con la voce un po’ più gentile. Se invece sei un Gen Z con lo smartphone incollato alla faccia e lo zaino pieno di ansia esistenziale, potresti aver promosso l’IA al rango di terapeuta, project manager, mentore, life coach e, in alcuni casi patologici, fidanzato virtuale.
Sam Altman, CEO di OpenAI, ha recentemente sintetizzato così la spaccatura generazionale davanti all’intelligenza artificiale: i boomer lo trattano come un motore di ricerca potenziato, i millennial cercano conforto e consiglio, mentre Gen Z lo configura come un sistema operativo per la propria esistenza.