Eric Schmidt, ex CEO di Google e attuale oracolo tecnologico con l’aria di chi ha già visto il futuro (e ci ha investito), non crede all’hype sull’intelligenza artificiale. No, pensa che l’hype sia troppo poco. Una provocazione? Sì, ma anche una dichiarazione di guerra. Perché quello che Schmidt sta dicendo con la calma glaciale di chi ha già giocato questa partita nel silenzio dei boardroom è che mentre il mondo gioca con i prompt di ChatGPT, dietro le quinte si stanno scrivendo gli algoritmi della dominazione globale.

Tutti concentrati sul linguaggio, sulle email che si scrivono da sole, sulle poesie che sembrano uscite da una scuola di scrittura di Brooklyn. Ma intanto, l’AI sta imparando a pianificare. A strategizzare. A ragionare in avanti e all’indietro come un generale che ha letto troppo von Clausewitz e ha una connessione neurale con l’intero Atlante geopolitico.