Quando pensiamo ai robot negli hotel, l’immagine romantica è quella di un androide impeccabile che ci accoglie con un sorriso perfetto, senza mai sbagliare un nome o una prenotazione. La realtà però è meno hollywoodiana e molto più inquietante. Il caso emblematico è il giapponese Henn-na Hotel, noto come il “strano hotel”, dove centinaia di robot umanoidi hanno tentato di sostituire il personale umano già dal 2015. L’esperimento ha avuto un successo di pubblico e stampa solo inizialmente, per poi scontrarsi con la dura verità del cosiddetto “uncanny valley”: quell’effetto straniante, quasi disturbante, che si prova di fronte a macchine che somigliano troppo agli esseri umani ma che falliscono nell’imitarne con precisione ogni sfumatura.

Il video virale su TikTok, con una donna che si allontana ridendo nervosamente davanti a un robot dal volto umanoide, non è solo un momento comico o una curiosità da social. È un sintomo di una paura più profonda, che attraversa la psiche collettiva: non sono i robot in sé a spaventare, ma quel loro apparire come copie sbiadite di noi, senza anima, senza calore, un’imitazione che innesca un senso di minaccia più che di benvenuto.