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Diplomazia della moda e guerra in Ucraina: quando l’abito diventa arma geopolitica

Chi pensa che la politica estera sia fatta soltanto di trattati, mappe e accordi segreti non ha capito il ventunesimo secolo. La diplomazia della moda è entrata prepotentemente nel lessico geopolitico e lo ha fatto con un colpo di scena degno di un palcoscenico teatrale: Volodymyr Zelensky che si presenta alla Casa Bianca in giacca nera impeccabile davanti a Donald Trump. L’uomo che era stato sbeffeggiato mesi prima per la sua scelta di indossare abiti militari nelle stanze ovattate del potere americano si trasforma di colpo in icona stilistica, conquistando persino le lodi del presidente più capriccioso della storia recente degli Stati Uniti. Sembra un dettaglio estetico, e invece è un colpo di maestria comunicativa. La guerra in Ucraina non si combatte solo sul fronte orientale, ma anche davanti alle telecamere, e l’immagine di un leader può valere più di un intero pacchetto di armi.

Ucraina offre 100 miliardi di dollari in armi a Trump in cambio di garanzie di sicurezza

La scena alla Casa Bianca è di quelle che meritano di essere fotografate e incorniciate. Donald Trump passeggia accanto a Volodymyr Zelenskyy e a una manciata di leader europei, mentre i riflettori illuminano sorrisi e strette di mano. Ma dietro la facciata di cordialità si consuma una delle più ciniche trattative geopolitiche degli ultimi anni. L’Ucraina, devastata dalla guerra e sospesa tra disperazione e pragmatismo, ha offerto un pacchetto da 100 miliardi di dollari in acquisti di armi statunitensi per ottenere garanzie di sicurezza dagli Stati Uniti. Una transazione che non è un accordo difensivo, ma un gigantesco contratto commerciale con clausole politiche implicite. “Se ci vendete le armi, ci difendete”, questo il sottotesto brutale.

Trump e Zelensky si incontrano in Vaticano: tra pace e scambi velenosi

Se pensavate che l’atmosfera di un funerale papale fosse immune dai giochi di potere, vi sbagliavate di grosso. A San Pietro, sabato, nel silenzio imponente della basilica, Donald Trump e Volodymyr Zelensky si sono incontrati brevemente ma intensamente, tra gli sguardi severi dei santi e il peso di un conflitto che non accenna a spegnersi. Non un tête-à-tête qualunque, ma il primo incontro diretto dopo l’accesissimo scontro alla Casa Bianca, quella pièce teatrale che aveva lasciato intendere quanto poco zucchero ci fosse rimasto nei rapporti bilaterali.

Zelensky ha parlato di “un cessate il fuoco incondizionato”, come chi chiede una tregua mentre l’altra parte sta già caricato il fucile. “Speriamo in risultati”, ha detto con quell’ottimismo forzato da leader di un Paese in fiamme. I media ucraini si sono affrettati a diffondere foto di Trump e Zelensky seduti faccia a faccia, entrambi protesi in avanti, in quell’atteggiamento che conosciamo bene: il corpo che dice “ti ascolto” e la mente che urla “quanto manca alla fine di questa farsa?”. Sullo sfondo, come a ricordare l’ineluttabilità di tutto, la bara semplice di legno di Papa Francesco.

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