Il 1° febbraio 2025, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha ufficialmente imposto tariffe del 25% su tutte le importazioni provenienti da Canada e Messico, e del 10% su quelle cinesi, con l’obiettivo dichiarato di affrontare questioni legate all’immigrazione illegale e al traffico di fentanyl. Inoltre, i prodotti energetici canadesi saranno soggetti a una tariffa del 10%.

Il ministero del commercio cinese ha dichiarato: “La Cina è fortemente insoddisfatta di questo e si oppone fermamente”, aggiungendo che si tratta di una “grave violazione” delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, secondo la BBC.

In risposta, il Primo Ministro canadese Justin Trudeau ha annunciato tariffe di ritorsione del 25% su beni statunitensi per un valore di 107 miliardi di dollari. Queste misure colpiranno una vasta gamma di prodotti americani, tra cui birra, vino, bourbon, frutta, succhi di frutta, abbigliamento, attrezzature sportive e elettrodomestici. Trudeau ha sottolineato che 30 miliardi di queste tariffe entreranno in vigore immediatamente, mentre i restanti 77 miliardi seguiranno nelle prossime tre settimane.

“Non vogliamo essere qui, non l’abbiamo chiesto,” ha detto. “Ma non ci tireremo indietro nel difendere i canadesi” e la collaborazione di successo tra Canada e Stati Uniti, ha riportato la BBC.

Parallelamente, il Presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, ha incaricato il Segretario dell’Economia di implementare un “piano B” che prevede misure tariffarie e non tariffarie per difendere gli interessi del Messico.

“Do istruzioni al Segretario dell’Economia di attuare il piano B su cui abbiamo lavorato, che include misure tariffarie e non tariffarie a difesa degli interessi del Messico” ha twittato Sheinbaum.

Nel 2024, gli Stati Uniti hanno registrato un volume di esportazioni pari a 1,29 trilioni di dollari, con un incremento di 0,3 miliardi di dollari rispetto a dicembre 2023. I principali prodotti esportati includono combustibili minerali e oli minerali, per un valore di 81,28 miliardi di dollari.

ContinenteSettore MerceologicoEsportazioni ($ miliardi)Importazioni ($ miliardi)
America del NordBeni di consumo230280
America del NordBeni capitali150200
EuropaProdotti chimici120140
EuropaMacchinari100130
AsiaElettronica200300
AsiaTessile50150
America LatinaProdotti agricoli8060
AfricaMinerali3040
OceaniaProdotti alimentari2025

Tuttavia, l’amministrazione Trump ha deciso di complicare ulteriormente la situazione imponendo dazi del 25% su Messico e Canada e del 10% sulla Cina.

Esportazioni e Importazioni Statunitensi nel Settore IA e Informatica nel 2024

Categoria MerceologicaEsportazioni ($ miliardi)Importazioni ($ miliardi)
Chip e semiconduttori12090
Software IA8050
Hardware informatico100110
Servizi cloud e dati7060

Queste misure, giustificate con pretesti come il contrasto al traffico di Fentanyl e l’immigrazione illegale, rischiano di ritorcersi contro l’economia statunitense. I dazi non sono altro che tasse mascherate, che aumentano i costi delle materie prime e dei prodotti finiti, colpendo sia le aziende che i consumatori americani.

Ad esempio, le esportazioni agricole verso il Messico, come l’orzo utilizzato nella produzione di birra, potrebbero subire un calo a causa dell’aumento dei prezzi derivante dai dazi. Inoltre, queste politiche protezionistiche minano la fiducia internazionale e isolano gli Stati Uniti dai loro alleati storici.

L’Unione Europea, ad esempio, sta già cercando alternative per ridurre la dipendenza dal gas russo, aumentando le importazioni di GNL dagli Stati Uniti. Ma con l’imposizione di nuovi dazi, le relazioni transatlantiche potrebbero deteriorarsi ulteriormente.

ELOGIO DEL CICORIONE: L’AUTARCHIA CHE NON CI MERITIAMO

Correva l’anno in cui l’Italia si scopriva economicamente indipendente, o almeno ci provava con l’entusiasmo di chi cerca di volare usando ali di cera. Il 23 marzo, Mussolini, con la solennità che lo contraddistingueva, annunciava all’Assemblea nazionale delle corporazioni la via dell’autarchia: niente più dipendenza dall’estero, perché una nazione forte non può permettersi il lusso di bere caffè brasiliano quando può avere un ottimo surrogato nazionale.

E così, mentre l’industria tessile si reinventava con il Lanital, un meraviglioso tessuto ottenuto dal latte (per la gioia di chi voleva indossare direttamente la colazione), e le scarpe si adattavano al Cuoital, una pelle artificiale che prometteva durata incerta e vesciche sicure, anche la tavola degli italiani si adeguava alla nuova filosofia del risparmio bellico.

Si predicava uno stile di vita “frugale e guerriero”, che in altre parole significava dire addio alle bistecche e abbracciare con entusiasmo il pesce, possibilmente pescato in qualche ruscello con le mani nude, e sostituire la pasta con il riso, forse perché più patriottico, forse perché più digeribile dalle casse statali.

Ma la vera tragedia, il colpo basso inferto all’italiano medio, arrivò con la sparizione del caffè. Il caffè, simbolo di socialità, lucidità mattutina e scuse per non lavorare troppo, divenne merce rara. Niente più chicchi brasiliani? Niente paura: l’autarchia aveva la risposta, e che risposta!

Al posto del caffè, ecco arrivare l’orzo, la ghianda, il fico e, udite udite, il cicorione. La cicoria, pianta umile e traditrice, si prestava con il suo sapore amaro a far credere agli italiani che nulla fosse cambiato. Bastava chiudere gli occhi, immaginare una tazzina fumante e convincersi che sì, quello che si stava bevendo era caffè. Certo, un caffè un po’ particolare, un caffè che sapeva di campi incolti e illusioni spezzate, ma pur sempre un caffè.

Così, tra tessuti al latte, scarpe di cartone e colazioni a base di cicoria, l’Italia si inoltrava nel sogno autarchico, un sogno che sapeva di necessità più che di virtù. Ma niente paura, perché in fondo il vero spirito nazionale si misura nella capacità di adattarsi, di far buon viso a cattivo gioco e, soprattutto, di riuscire a chiamare “caffè” una tazza di cicorione bollente senza battere ciglio.

Mr. President non ripetere gli stessi errori!