Nel mondo opaco dell’aviazione militare cinese, dove ogni notizia è calibrata al millimetro e ogni dichiarazione è filtrata da strati di censura e strategia geopolitica, è emersa una rivelazione che merita più di una lettura distratta. Wang Yongqing, una delle menti ingegneristiche più longeve della Shenyang Aircraft Design Institute, ha ammesso pubblicamente tramite una “dichiarazione controllata” su Chinanews.com che il suo team sta già integrando l’intelligenza artificiale DeepSeek nello sviluppo dei nuovi caccia stealth. Tradotto dal linguaggio diplomatico cinese: l’AI non è più un giocattolo futuristico, ma uno strumento operativo nel design bellico.
Siamo oltre il semplice impiego in attività marginali o simulazioni. Wang è stato chiaro per quanto la sua chiarezza debba essere letta tra le righe: i modelli linguistici avanzati (LLM), quelli su cui si fondano sia DeepSeek che ChatGPT, sono oggi utilizzati per affrontare problemi complessi in base a esigenze pratiche. In ambito militare, questo significa ottimizzazione aerodinamica, elaborazione autonoma di scenari di combattimento, architetture software per sistemi avionici adattivi e persino design strutturale dinamico guidato da prompt.
Dietro questa affermazione si intravedono almeno tre livelli di implicazioni. Primo: la Cina ha rotto gli indugi nell’uso strategico delle AI in ambito difensivo. Secondo: non si tratta di uno studio preliminare, ma di un’integrazione già avvenuta “già fornisce nuove idee e approcci”, ha detto Wang, con la tipica sobrietà orientale che cela l’inquietudine geopolitica. Terzo: questi modelli non vengono usati solo per risolvere problemi, ma per generare soluzioni che nemmeno gli ingegneri umani avevano ipotizzato. È il passaggio definitivo dalla supportive AI alla creative AI.
E non stiamo parlando di droni artigianali o simulatori per addestramento. Lo Shenyang Aircraft Design Institute è dietro a piattaforme di punta come il J-15 “Flying Shark” e, soprattutto, il J-35, caccia stealth imbarcato pensato per le portaerei di nuova generazione. La Cina, che fino a ieri rincorreva le tecnologie aerospaziali statunitensi, ora sembra volerle saltare a piè pari grazie all’intelligenza artificiale.
Ciò che sfugge al lettore medio è il significato profondo di questo “nuovo approccio” annunciato da Wang. L’intelligenza artificiale, per come la utilizza la Cina, non è soggetta alle pastoie etiche o agli scrupoli occidentali. Nessuna moratoria, nessuna riflessione filosofica sul rapporto uomo-macchina. Solo performance, rapidità, asimmetria. La DeepSeek viene alimentata con dati reali, test su campo, missioni simulate e ritorni operativi, generando iterazioni progettuali che possono evolvere in giorni invece che in anni.
Il fatto che questa dichiarazione sia stata fatta pubblicamente è un segnale altrettanto strategico. La Cina vuole che lo si sappia. Non solo ai competitor americani, ma anche ai potenziali clienti militari nel Sud-Est asiatico, in Africa e nel Medio Oriente. Perché i caccia non si vendono solo con la spinta del post-combustore, ma con l’aura tecnologica.
La guerra dell’informazione si combatte anche così: lasciando intendere che i tuoi caccia non sono progettati da ingegneri umani, ma da una mente sintetica in grado di pensare fuori da ogni logica convenzionale. Che il prossimo dogfight lo vincerà un prompt.
Quanto manca a un aereo che si progetta da solo? Meno di quanto ci raccontano. E molto meno di quanto vorremmo credere. I dubbi rimangono senza fatti….