Se prendiamo per buona la ricostruzione del FT, siamo davanti all’ennesimo round di un match che ricorda più un duello da romanzo cyberpunk che un normale confronto tra start-up. Sam Altman, già impegnato a spingere OpenAI verso il ruolo di “infrastruttura cognitiva” globale, avrebbe deciso di infilare un piede in un territorio che fino a ieri era quasi monopolio narrativo di Elon Musk: l’interfaccia cervello-computer. Merge Labs, nome preso in prestito dal gergo della Silicon Valley per indicare la fusione uomo-macchina, nasce con un obiettivo dichiarato e uno implicito. Il dichiarato è costruire un ponte ad altissima velocità tra neuroni e silicio, sfruttando l’ultimo salto di qualità dell’intelligenza artificiale. L’implicito, ovviamente, è entrare nello stesso ring di Neuralink, non come comparsa ma come antagonista principale.

La mossa ha un tempismo quasi teatrale. Nel 2017 Altman scriveva di un futuro in cui il “merge” poteva arrivare già nel 2025. Nel 2024, tra post e interviste, ha alzato la posta suggerendo che i recenti progressi tecnologici potrebbero permettere interfacce ad alta banda molto prima di quanto il mercato si aspetti. È la tipica strategia da CEO che sa bene come usare la narrativa per alzare le valutazioni e spostare l’attenzione. Non a caso Merge Labs punta a raccogliere 250 milioni di dollari, gran parte dei quali dall’ala venture di OpenAI, con una valutazione già a quota 850 milioni. Per un’azienda che deve ancora dimostrare qualcosa, è un biglietto d’ingresso nel club dei capitali pazienti.

La competizione con Musk non è più solo tecnologica ma simbolica. Neuralink è partita nel 2016, con capitali da giganti come Sequoia e Thrive Capital, e oggi vale circa 9 miliardi. Ha già effettuato i primi impianti su esseri umani, e il suo brand è talmente radicato che il termine “chip nel cervello” è diventato sinonimo di Neuralink. Altman, però, gioca un’altra partita: meno ossessione per la chirurgia invasiva e più focus sull’integrazione software-hardware, sfruttando l’ecosistema AI che già controlla. Non investe personalmente, ma mette il peso del suo nome e della sua rete di contatti, come ha fatto con Oklo per il nucleare e Helion per la fusione.

C’è un elemento che rende questa storia diversa dalle solite schermaglie tech: la convergenza tra AI e neurotecnologia sta accelerando in modo brutale. Fino a pochi anni fa, i chip cerebrali erano limitati da hardware lento e algoritmi incapaci di interpretare segnali complessi. Oggi, con reti neurali profonde e componentistica miniaturizzata ad alte prestazioni, il collo di bottiglia si è spostato. La sfida non è più solo leggere impulsi elettrici dal cervello, ma tradurli in azioni utili in tempo reale. E qui OpenAI e Merge hanno un vantaggio strategico: accesso diretto alla migliore AI conversazionale e multimodale sul mercato.

L’ironia della vicenda è che Musk e Altman erano alleati, co-fondatori di OpenAI, fino alla rottura del 2018. Ora Musk cerca di fermare la trasformazione di OpenAI in azienda a scopo di lucro, mentre lancia xAI per sfidare direttamente ChatGPT. È un copione da dramma shakespeariano, con due protagonisti convinti di essere i custodi del futuro dell’umanità e pronti a distruggere la reputazione dell’altro pur di vincere. La differenza è che qui il palcoscenico non è un teatro ma il mercato globale dell’AI e della neuroingegneria.

Chi pensa che tutto questo sia solo una questione di ego sottovaluta la posta in gioco. Un’interfaccia cervello-macchina ad alta larghezza di banda, integrata con AI avanzata, cambierebbe radicalmente non solo la medicina ma anche la produttività, l’apprendimento, la sicurezza informatica e, inutile girarci intorno, il controllo delle informazioni. È l’equivalente digitale dell’invenzione della stampa, ma con la differenza che questa volta l’hardware entra direttamente nella corteccia cerebrale. Altman sembra aver capito che il vantaggio competitivo non sarà solo nella tecnologia ma nella velocità di adozione e nella capacità di costruire fiducia in un dispositivo che, letteralmente, ti legge in testa.

In un certo senso, Merge Labs è un esperimento sul potere delle piattaforme cognitive. Se OpenAI è la mente artificiale e World il passaporto digitale biometrico, Merge potrebbe diventare l’elemento che salda identità, pensiero e azione in un unico flusso di dati. Una prospettiva che fa venire i brividi agli eticisti e brillare gli occhi ai venture capitalist. Se tutto va come previsto, Musk e Altman non si limiteranno a competere per l’AI migliore, ma per il primato nell’architettura mentale dell’Homo sapiens 2.0. E in quel momento, il “merge” non sarà più una teoria da blog del 2017 ma una realtà con implicazioni geopolitiche e sociali di portata incalcolabile.