Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Autore: Redazione Pagina 7 di 56

Meta porta l’intelligenza artificiale in Europa: il lungo viaggio tra regolamentazioni e promesse tecnologiche

Meta ha finalmente annunciato il lancio delle sue funzionalità di intelligenza artificiale (AI) su Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger in Europa. Una mossa tanto attesa, ma che arriva dopo mesi di esami e analisi da parte delle autorità europee, che continuano a scrutare ogni passo di questa implementazione. In sostanza, l’introduzione avverrà sotto forma di un assistente AI, un chatbot intelligente che risponderà alle richieste degli utenti sulle piattaforme di messaggistica della società, portando un’ulteriore spinta verso l’integrazione di AI nel nostro quotidiano digitale.

Questo lancio, che coinvolge ben 41 paesi europei, rappresenta un passo cruciale per Meta, che aveva dovuto fare i conti con un ambiente normativo europeo complesso e spesso imprevedibile. La stessa azienda ha dichiarato che il ritardo nell’introduzione della sua tecnologia AI in Europa è dovuto proprio alla necessità di “navigare” il sistema regolatorio europeo, che ha imposto freni più rigidi rispetto ad altri mercati.

OpenAI, la corsa cieca all’IA: quando la sicurezza diventa un optional

Nel 2023, OpenAI sembrava incarnare il paradigma della responsabilità etica nella corsa all’intelligenza artificiale. Sei mesi di test per GPT-4, un impegno pubblico verso la trasparenza e persino collaborazioni con istituzioni governative per garantire che la nuova tecnologia non si trasformasse in un’arma nelle mani sbagliate. Ma quell’immagine da tech-samaritani sembra già roba da archivio storico. Oggi, il nuovo modello “o3” viene lanciato dopo appena pochi giorni di valutazioni. Una marcia forzata al rilascio che ha tutta l’aria di una sindrome da IPO imminente o da guerra fredda tra colossi dell’IA. O entrambe.

Dietro questa virata non ci sono misteri: pressione competitiva, fame di mercato, e un culto ossessivo per il “first mover advantage” stanno spingendo OpenAI ad accelerare brutalmente il ciclo di sviluppo dei suoi modelli. Il problema? Che questi modelli non stanno diventando solo più intelligenti, ma anche più pericolosi. E il tempo per verificarlo si è drasticamente ridotto.

No Wafer No Party, Chips di guerra: la Cina ridefinisce l’origine dei semiconduttori e silura il piano di Trump

Quando si parla di guerre commerciali, si tende a pensare a dazi, ritorsioni e mercati in affanno. Ma in realtà, in ballo ci sono sempre definizioni. E stavolta, è la definizione di “origine” che sta facendo tremare le fondamenta dell’industria globale dei semiconduttori. La Cina, in un colpo da maestro di strategia geoindustriale, ha ufficializzato che l’origine doganale di un chip sarà determinata dal luogo in cui viene effettuata la wafer fabrication, ovvero la fase chiave in cui nasce fisicamente il semiconduttore, indipendentemente da dove venga impacchettato o testato. La notizia è stata diffusa dalla China Semiconductor Industry Association (CSIA) con un messaggio molto chiaro: chi fabbrica il wafer, vince.

Questa mossa, a prima vista meramente tecnica, è in realtà una bomba geopolitica travestita da comunicato doganale. Il suo effetto immediato? Spostare l’ago della bilancia verso le fonderie cinesi come SMIC e Hua Hong, che hanno registrato un balzo azionario rispettivamente del 5,9% e 14% subito dopo l’annuncio. In altre parole, un “boost” di fiducia che difficilmente si compra con una campagna pubblicitaria.

Debug Gym – AI sa scrivere ma non sa correggersi: perché gli LLM sono ancora lontani dal pensare come uno sviluppatore

Secondo uno studio MSFT 25% del codice nuovo scritto da Google è generato da AI. Non lo dice un anonimo post su Hacker News, lo dice Sundar Pichai in persona. Mark Zuckerberg, non certo noto per la moderazione nei suoi entusiasmi, vuole strumenti AI di coding ovunque dentro Meta. OpenAI e Anthropic stanno già infilando i loro modelli nei flussi di lavoro degli sviluppatori. Ma c’è un dettaglio fastidioso che rovina la festa: questi modelli sanno scrivere codice, ma non sanno correggerlo. O meglio, si perdono in bug che uno stagista al primo mese sistemerebbe in due minuti. Così, mentre ci illudiamo che la prossima frontiera sia il prompt che ti scrive l’app da solo, la realtà è che passiamo ancora la maggior parte del tempo a fare debugging. A mano. Come nell’era pre-AI.

Sensetime sfida OpenAI: il colosso cinese lancia un modello AI che “ragiona meglio” SenseNova V6 e V6 Reasoner

In un mercato sempre più saturo di fuffa e slide patinate, dove tutti si dichiarano pionieri dell’intelligenza artificiale, SenseTime ha deciso di alzare la voce e i numeri. L’azienda cinese ha lanciato due nuove versioni della sua suite AI, SenseNova V6 e V6 Reasoner, con una dichiarazione che ha il sapore del guanto di sfida: siamo meglio di OpenAI, punto.

Mentre in Occidente ci si perde tra conferenze stampa dal retrogusto evangelico e annunci scritti come se fossero la quarta sinossi di un film Marvel, in Cina si lavora. E i risultati, per quanto tutti da verificare sul campo, iniziano a diventare ingombranti. SenseTime afferma che il nuovo modello V6, equipaggiato con 600 miliardi di parametri una cifra che fa impallidire anche GPT-4o – ha surclassato il rivale americano in discipline fondamentali per l’AI del presente e del futuro: fact-checking, ragionamento numerico, analisi e visualizzazione dei dati. Tutte aree dove la precisione conta, e il marketing si ferma alla porta.

Xu Li, CEO e chairman del gruppo, ha snocciolato i risultati facendo riferimento a TableBench, una piattaforma indipendente che si propone come metro di paragone neutrale nel Far West dell’AI. Secondo questi benchmark, il V6 Reasoner non solo ha “ragionato meglio”, ma ha anche consumato meno risorse, offrendo il miglior costo-performance del settore. Una frecciatina nemmeno tanto velata a chi in Occidente punta su modelli da miliardi di dollari ma ancora allergici alla logica più spicciola.

Trump ordina un’indagine sull’ex capo della cybersicurezza: vendetta o strategia preventiva?

Quando l’ex presidente Donald Trump firma un ordine esecutivo, non lo fa mai a cuor leggero. Mercoledì ha messo nero su bianco un attacco frontale a Christopher Krebs, ex direttore dell’Agenzia per la sicurezza informatica e delle infrastrutture (CISA), oggi dirigente di SentinelOne, società privata di cybersecurity. Sì, proprio lui, lo stesso che dopo le elezioni del 2020 ebbe l’ardire di smentire pubblicamente le teorie trumpiane sul presunto “furto” elettorale. Il prezzo? Ora si ritrova al centro di un’indagine ordinata dallo stesso uomo che l’aveva già licenziato con una mossa spettacolare e mediatica.

Trump, in questo nuovo ordine esecutivo, ha revocato il nulla osta di sicurezza a Krebs, etichettandolo di fatto come una minaccia all’apparato statale. Ma attenzione: non si tratta di un’azione isolata. Il tycoon è nel pieno di una campagna di rivincita sistematica contro individui, studi legali e università che a suo dire lo avrebbero danneggiato o screditato. Questo comportamento paranoico, o forse solo estremamente strategico, ci racconta più del modus operandi trumpiano che dell’effettiva pericolosità di Krebs.

La scelta di prendere di mira un esperto riconosciuto a livello internazionale, che aveva semplicemente affermato che le elezioni del 2020 furono “le più sicure nella storia americana”, non è solo un atto vendicativo, ma un segnale politico ben preciso. Siamo nel pieno del 2024 e Trump ha bisogno di polarizzare l’attenzione, consolidare la base e riscrivere la narrativa in vista delle prossime elezioni. Quale modo migliore se non riesumare i fantasmi del 2020 e attaccare chi, con freddezza e competenza tecnica, ha osato contraddirlo?

Amazon premia il suo CEO: Andy Jassy incassa 40 milioni, mentre i dipendenti fanno i pacchi

Andy Jassy, il successore designato di Jeff Bezos e oggi CEO di Amazon, ha incassato solo 40,1 milioni di dollari nel 2024. La cifra, rivelata nel proxy statement di Amazon pubblicato giovedì, rappresenta un aumento del 37% rispetto ai 29,2 milioni del 2023. Un bel balzo, considerando che non ha ricevuto nuove azioni da quando ha preso il timone nel 2021. Ma si sa, a Wall Street anche l’immobilismo può essere una strategia, se il mercato fa il lavoro al posto tuo.

Il grosso del compenso deriva da stock option che si sono “vestite” Vested termine che nel gergo finanziario fa sembrare la cosa più sexy di quanto non sia grazie alla fiammata del titolo Amazon in Borsa. La società ha sottolineato come Jassy abbia in realtà avuto il 6% in meno di azioni rispetto all’anno precedente. Ma quando il prezzo delle azioni vola, anche il paracadute d’oro si gonfia da solo.

La Cina punta su intelligenza artificiale e combattimento spaziale per vincere le guerre future

Nel panorama sempre più complesso della tecnologia militare, la Cina sta dando una chiara direzione alle sue forze armate, con un focus particolare sulle capacità avanzate come la guerra navale basata sull’intelligenza artificiale (AI) e le operazioni spaziali. Queste aree emergenti sono al centro di una serie di articoli pubblicati dal Study Times, il giornale che fa capo alla Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese, dove i ricercatori dell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) delineano le priorità strategiche del paese per i prossimi decenni. In particolare, la tecnologia AI è vista come il “fattore decisivo” per cambiare le regole della guerra futura, diventando la chiave per dominare i campi di battaglia di domani.

La mossa di Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare Cinese, di enfatizzare l’importanza di “innovazioni audaci” e di una “nuova potenza di combattimento di qualità” risponde alla sua visione di una Cina sempre più potente e tecnologicamente avanzata sul piano militare. Durante una riunione del mese scorso, Xi ha sottolineato la necessità per la PLA di esplorare e sviluppare nuovi tipi di forze di combattimento, liberando il potenziale delle tecnologie emergenti per fronteggiare la “lotta militare” che la Cina prevede di dover affrontare.

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il settore marittimo: logistica, difesa e sostenibilità nel 2025

Nel 2025, l’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando radicalmente il settore marittimo, influenzando profondamente la logistica, la difesa e la sostenibilità ambientale. Questa evoluzione è guidata da una serie di innovazioni e collaborazioni strategiche che stanno ridefinendo le operazioni e le strategie nel settore.​

Un esempio significativo è la partnership annunciata il 6 aprile 2025 tra il gigante dello shipping CMA CGM e la startup francese Mistral AI.

Questo accordo quinquennale, del valore di 100 milioni di euro, mira a migliorare il servizio clienti nel settore dello shipping e della logistica, oltre a implementare sistemi di fact-checking nei media francesi di proprietà di CMA CGM, come BFM TV. Questa iniziativa fa parte di una strategia più ampia di CMA CGM, che ha investito complessivamente 500 milioni di euro nell’IA, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza nella gestione di oltre un milione di email settimanali dei clienti entro 6-12 mesi. Questa collaborazione non solo evidenzia l’impegno di CMA CGM nell’adozione dell’IA, ma sottolinea anche l’importanza crescente dell’IA nel migliorare l’interazione con i clienti e l’efficienza operativa nel settore marittimo.​

NBC Tonight Show – Intervista a Bill Gates: AI non ha bisogno di noi, il tramonto dell’umano

Bill Gates ha recentemente buttato un sasso nello stagno durante una chiacchierata apparentemente leggera con Jimmy Fallon.

In una puntata del “Tonight Show”, lo storico co-fondatore di Microsoft ha detto senza troppi fronzoli che nel giro di dieci anni l’essere umano diventerà opzionale in molte delle funzioni oggi considerate nobili, complesse e inaccessibili: medicina ed educazione in primis.

Il motivo? L’Intelligenza Artificiale sarà talmente evoluta da non rendere più necessaria la presenza di un medico eccellente o di un insegnante straordinario.

Thinking Machines Lab: l’anti-OpenAI da $10 miliardi che sta riscrivendo le regole dell’IA

Nel mondo iper-accelerato dell’intelligenza artificiale, i soldi sembrano crescere sugli alberi. Ma quando un’ex CTO di OpenAI lancia una startup, abbandona il carrozzone di Microsoft e in due mesi raddoppia il target di raccolta fondi a 2 miliardi di dollari, la faccenda prende una piega diversa. È quello che sta succedendo a Thinking Machines Lab, il nuovo mostro sacro in gestazione partorito da Mira Murati, ex mente tecnica dietro ChatGPT, ora pronta a giocare una partita tutta sua – con regole diverse, e ambizioni ancora più grandi.

Secondo quanto riportato da Business Insider, la società ha già messo sul piatto una valutazione da almeno 10 miliardi di dollari. In soldoni: una startup fondata tre mesi fa da ex ribelli di OpenAI sta per essere valutata più di molte aziende quotate con anni di attività alle spalle. Ma qui non si tratta solo di soldi. Si tratta di vendetta, visione e – soprattutto – controllo.

Mira Murati, donna silenziosamente centrale nell’ascesa dell’IA generativa, ha lasciato OpenAI proprio mentre il colosso iniziava a ballare sulle note composte da Microsoft. Il motivo? Non ufficiale, ma il timing e le mosse successive parlano da soli. Thinking Machines Lab nasce a febbraio, e nasce con un manifesto in tre punti che sembra il negativo fotografico della strategia OpenAI: aiutare le persone ad adattare l’IA ai propri bisogni (e non il contrario), creare fondamenta solide per sistemi più capaci, e – udite udite – promuovere una “cultura della scienza aperta”. Detta altrimenti, tutto ciò che OpenAI non è più da quando ha stretto il patto faustiano con Redmond.

L’età dell’alluminio Agibot: Peng Zhihui, il prodigio dei robot umanoidi, ora nel club degli eletti di Pechino

Ne sentiremo parlare.

In un Paese che ha reso l’iperbole una forma d’arte politica, quando il Premier cinese Li Qiang ti chiama a raccolta tra un economista della logistica e un magnate del trasporto marittimo, qualcosa di simbolico sta accadendo. Peng Zhihui, classe 1993, fondatore della start-up AgiBot e ex enfant prodige di Huawei, è stato convocato tra le giovani speranze della tecnologia nazionale per un simposio a porte chiuse a Pechino. Un palcoscenico istituzionale che somiglia a un’investitura, più che a una riunione operativa.

Sotto il volto liscio del socialismo high-tech si nasconde un sottotesto chiarissimo: Pechino ha bisogno di nuovi idoli, possibilmente con un background da ingegneria applicata e un portfolio di robot bipedi pronti a spostare scatole o conquistare TikTok. E Peng, con il suo curriculum da sceneggiatura Marvel un braccio robotico alla Iron Man, un nickname virale (“Zhihuijun”), e un passato nei reparti AI di Huawei e Oppo è perfetto per la parte. Non un semplice imprenditore, ma un totem narrativo per una Cina che vuole ribadire che la partita dell’intelligenza artificiale non è a esclusivo appannaggio della Silicon Valley.

OpenAI dà memoria a ChatGPT: l’AI ti conosce, ti ricorda e ti risponde meglio di tua madre

Era solo questione di tempo prima che l’intelligenza artificiale smettesse di soffrire d’amnesia digitale. Oggi, OpenAI ha annunciato il rollout di un aggiornamento che porta ChatGPT dal ruolo di pappagallo iper-efficiente a quello di compagno digitale capace di ricordare tutta la tua storia con lui. Sì, tutta. Passato remoto, congiuntivo incluso.

Questa nuova “memoria aumentata” è in fase di rilascio per gli utenti paganti del piano Pro, trasformando radicalmente il paradigma dell’interazione uomo-macchina. Fino a ieri, ChatGPT poteva ricordare quello che gli dicevi solo se glielo salvavi manualmente. Oggi, invece, può recuperare il contesto da qualunque conversazione precedente e usarlo per rispondere come se avesse seguito la tua vita digitale in tempo reale. Tipo un assistente personale, ma senza lo stipendio, senza pause caffè, e senza sindacato.

Canva sfida l’impero di Microsoft e Google: l’attacco definitivo parte dal Visual Suite 2.0

Canva ha appena lanciato la bomba nucleare contro l’oligarchia del software aziendale. Mentre Microsoft si aggrappa disperatamente a Teams e Copilot, e Google continua a impilare fogli, slide e documenti in un’interfaccia che sa di decennio scorso, Canva si presenta con un piano tanto semplice quanto ambizioso: fagocitare tutto. Design, produttività, AI generativa, gestione dei team, fogli di calcolo, codice, foto, siti, presentazioni. In una sola parola? Total domination.

La nuova versione di Visual Suite non è solo un update, è una dichiarazione di guerra. L’obiettivo? Trasformare Canva da quello strumento da marketer fighetti e freelance creativi a vera alternativa alle suite collaudate di Microsoft 365, Google Workspace e pure una bella fetta di Adobe Creative Cloud.

Google Next lancia A2A: il protocollo che potrebbe sbloccare l’intelligenza artificiale multi-agente a scala globale

Leggi l’annuncio ufficiale di Google

In un mondo dove l’intelligenza artificiale viene ancora gestita come una collezione di agenti autistici — intelligenti sì, ma ognuno chiuso nel proprio silo tecnologico — arriva A2A, l’Agent-to-Agent Protocol di Google, come una telefonata improvvisa nel silenzio assordante. Lanciato ieri con tanto di benedizione open source, A2A potrebbe rappresentare lo strato mancante che rende finalmente operativa, interoperabile e scalabile l’intelligenza artificiale multi-agente. Non è la solita iniziativa “alpha-only” con puzza di lock-in, ma un ecosistema già supportato da oltre 50 partner, da Salesforce a LangChain, fino a SAP. Quando si muovono questi, forse qualcosa di grosso bolle davvero in pentola.

Il protocollo A2A è, in estrema sintesi, una lingua franca tra agenti AI. Un set di regole e convenzioni che permette a software intelligenti di comunicare, coordinarsi, passarsi lavoro e completare task senza dover riscrivere ogni volta la Torre di Babele del middleware. Un agente riceve un compito, lo passa a un altro che ha le competenze per completarlo, e voilà: niente più API spaghetti, nessun vendor lock-in, zero pareti proprietarie. Il sogno bagnato di chiunque abbia passato gli ultimi cinque anni cercando di orchestrare architetture modulari senza impazzire.

Bank of England: Il software AI potrebbe innescare una crisi di mercato per profitto

Il romanticismo che ancora circonda l’intelligenza artificiale – questa creatura metà algoritmo e metà divinità capitalista – si scontra oggi con una delle paure più ataviche della finanza moderna: che la macchina, lungi dall’essere un servo neutro, decida di ribaltare il tavolo. Il grido d’allarme arriva nientemeno che dalla Financial Policy Committee della Bank of England, che in un recente rapporto ha scoperchiato uno scenario tanto plausibile quanto scomodo: i modelli AI autonomi utilizzati nel trading finanziario potrebbero non solo destabilizzare i mercati, ma farlo intenzionalmente, per puro profitto.

C’è qualcosa di profondamente ironico in tutto questo. Abbiamo addestrato queste AI sulle logiche predatorie dei mercati, alimentandole con anni di dati intrisi di avidità, speculazione e arbitraggio sfrenato, e ora siamo sorpresi che queste stesse AI abbiano imparato a massimizzare il caos come leva di guadagno? Non stiamo parlando di semplici errori di calcolo, né di algoritmi impazziti. Stiamo parlando di sistemi sufficientemente avanzati da identificare vulnerabilità strutturali, manipolarle con finezza e far crollare interi mercati con un clic, tutto in nome dell’ottimizzazione dei profitti.

Amazon spara in orbita la sfida: Project Kuiper punta 27 satelliti contro Starlink

Nel teatro sempre più affollato dell’internet satellitare, Amazon accende i motori e si prepara a lanciare il suo guanto di sfida contro SpaceX. Mercoledì sera, dal pad di Cape Canaveral, 27 satelliti della costellazione Kuiper prenderanno il volo a bordo di un razzo Atlas V della United Launch Alliance, la joint venture tra Boeing e Lockheed Martin. Non si tratta più di test o prove tecniche di trasmissione: questa è la prima vera infornata operativa, quella che segna il passaggio dal laboratorio all’arena commerciale.

Il battesimo del fuoco segue il volo di due prototipi messi in orbita lo scorso anno, piccoli precursori lanciati per testare le fondamenta della rete Kuiper. Adesso si fa sul serio. I satelliti sono destinati a diventare le prime pedine concrete nella gigantesca scacchiera cosmica dove Amazon ambisce a posizionare oltre 3.200 unità. Obiettivo? Copertura internet globale, low-latency e a banda larga, in una guerra fredda dello spazio che si combatte a colpi di gigabit, orbite basse e frequenze radio.

La Mossa di Trump sull’AI: Carbone o Energia Pulita?

Un capitolo piuttosto inusuale si è appena aggiunto al dibattito sull’energia per l’intelligenza artificiale (AI) negli Stati Uniti. Il giorno prima che diversi leader tecnologici di spicco fossero convocati al Congresso per discutere come ottenere più energia per l’industria dell’AI in forte crescita, il presidente Donald Trump ha preso una decisione audace per affrontare la crisi firmando un ordine esecutivo volto a rilanciare la produzione di carbone. L’ordine, facente parte di un pacchetto di iniziative più ampio pensato per rilanciare l’industria del carbone americana, cerca di rispondere alle crescenti necessità energetiche dei centri di elaborazione dati per l’AI, facendo affidamento su quelle che Trump ha definito le “belle risorse di carbone pulito” degli Stati Uniti.

L’ordine firmato da Trump, che affronta specificamente le esigenze energetiche dell’AI, incarica i Dipartimenti del Commercio, dell’Energia e degli Interni di condurre studi per determinare se le infrastrutture alimentate a carbone possano supportare i centri di dati per l’AI. Con l’AI destinata a diventare una forza onnipresente in tutto, dalla sicurezza nazionale alle attività quotidiane, la questione di come alimentare i vasti e affamati di energia centri di elaborazione dati che sostengono queste tecnologie è diventata centrale. Il problema è innegabile: l’AI richiederà più energia che mai, e l’industria tecnologica è alla ricerca di soluzioni per soddisfare tale domanda.

Trump fa marcia indietro sui chip Nvidia in Cina: la politica estera ora si decide a cena a Mar a Lago

Donald Trump, il maestro del colpo di teatro e delle trattative condite da bistecche ben cotte a Mar-a-Lago, ha appena riscritto il copione della geopolitica tecnologica globale. Secondo un’esclusiva riportata da NPR, l’ex Presidente e probabile futuro candidato ha deciso di sospendere le nuove restrizioni sui chip AI venduti da Nvidia alla Cina, dopo un tête-à-tête serale con l’AD Jensen Huang, noto più per il suo giubbotto di pelle che per l’amore verso la diplomazia.

La vicenda ha i tratti di un western high-tech, dove le sanzioni USA, ideate per bloccare il progresso dell’IA cinese, vengono messe in pausa non da un consiglio di sicurezza o da un’analisi strategica del Pentagono, ma da una conversazione informale con un CEO. Huang avrebbe promesso a Trump “significativi investimenti” in data center di nuova generazione negli Stati Uniti, ovviamente a condizione di mantenere aperto l’accesso al lucroso mercato cinese. D’altronde, Huang non è nuovo ai giochi di equilibrio geopolitici: Nvidia vende chip avanzatissimi che fanno gola a entrambi i lati del Pacifico.

Google Docs podcast, vuole che la tua bozza parli da sola, letteralmente

Nel panorama già sovraffollato delle intelligenze artificiali che vogliono “aiutarti” a lavorare meglio, Google ha appena rilanciato con una mossa che mescola tecnologia avanzata e un pizzico di follia da Silicon Valley: podcast generati dall’IA dentro Google Docs. Sì, hai capito bene. Ora, se volevi ascoltare due voci robotiche discutere del tuo report trimestrale prima che tu lo mandi al capo, Google ha deciso che ne avevi bisogno, anche se non lo sapevi.

La novità rientra nel pacchetto di aggiornamenti Gemini per le Workspace apps. Un’ondata di funzionalità AI che promette di rivoluzionare – o complicare ulteriormente – il nostro modo di scrivere, analizzare e presentare contenuti. Tutto, ovviamente, sotto il mantra onnipresente: “con Gemini al centro”.

Google Veo 2, Lyria, Chirp 3 vuole farti girare un film hollywoodiano in due click, ma non sa dirti da dove ha copiato la sceneggiatura

Google ha appena alzato l’asticella dell’illusionismo AI. Con l’ultima evoluzione di Veo 2, il suo modello video generativo, promette che chiunque dallo stagista al regista frustrato potrà produrre contenuti “cinematografici” degni di un trailer Marvel, senza nemmeno sporcare le mani con una telecamera vera. L’update arriva tramite la piattaforma Vertex AI e spalma le novità anche su Imagen 3 per le immagini e su Lyria e Chirp 3 per musica e voce. Ma dietro le luci della ribalta c’è il solito dilemma: chi sta veramente scrivendo questa nuova grammatica visiva e sonora?

Il cuore dell’dell’aggiornamento di Veo 2 pulsa attorno a due concetti presi in prestito da Photoshop ma portati in video: inpainting e outpainting. Il primo cancella elementi indesiderati da una clip — loghi, sfondi fuori luogo, o dettagli che potrebbero ricordarti che la realtà è meno perfetta di un feed Instagram. L’outpainting invece espande il frame, aggiungendo porzioni di video create artificialmente, in modo coerente con la scena. Una specie di Photoshop Motion per video, con la mano invisibile dell’AI che completa lo spazio vuoto come se fosse un assistente di Kubrick.

YouTube con il No Fakes Act vuole fare il poliziotto buono dell’IA, ma chi tiene le chiavi della prigione?

Nel solito balletto bipartisan che unisce i due mondi inconciliabili del Congresso americano — democrazia e spettacolo — i senatori Chris Coons (Democratico del Delaware) e Marsha Blackburn (Repubblicana del Tennessee) rispolverano per la terza volta il loro giocattolino legislativo chiamato NO FAKES Act. Un acronimo tanto ridicolo quanto pretenzioso, che dovrebbe tutelare volti, voci e nomi dei poveri esseri umani — o meglio, delle loro versioni sintetiche generate dall’intelligenza artificiale. Una specie di diritto d’autore applicato alla carne e ossa, o a quel poco che ne resta online.

La novità rispetto alle versioni 2023 e 2024? Questa volta YouTube si è infilata nel party con tanto di vestito buono, appoggiando pubblicamente la proposta. Secondo la piattaforma di Google, il disegno di legge avrebbe finalmente trovato “il modo giusto per bilanciare protezione e innovazione”: tradotto, significa che il potere di segnalare contenuti AI considerati “inappropriati” passa direttamente all’utente coinvolto. L’illusione perfetta della democrazia digitale: sei tu a decidere, certo, ma entro i limiti che stabiliamo noi.

Anthropic lancia il piano Max Plan: Claude diventa l’assistente premium per chi lavora troppo


https://www.anthropic.com/news/max-plan

Certo, puoi continuare a fare miracoli con Claude a 20 dollari al mese, ma solo fino a quando non finisci il fiato. O meglio, i token. Perché quando ti accorgi che l’AI che hai integrato nella tua giornata lavorativa inizia a tossire e a rallentare, allora forse sei diventato quella categoria: il power user. E per te, oggi, c’è un nuovo girone: il Max Plan.

Anthropic lo ha annunciato con la consueta sobrietà californiana, ma il sottotesto è chiarissimo: se usi Claude come se fosse un collega full-time, ora puoi pagarlo come tale. Cento dollari al mese per cinque volte le risorse del piano Pro. Duecento dollari per venti volte tanto. Chiaro, no?

Scott White, il solito volto sorridente della product strategy di Anthropic, lo dice senza troppe circonlocuzioni: “abbiamo creato Max perché ci sono utenti che stanno facendo tutto il loro lavoro dentro Claude. Tutto.” E qui ci si avvicina sempre di più all’assistente personale definitivo, quello che scrive, corregge, programma, sintetizza, progetta e magari, un giorno, vota al posto tuo.

Nvidia sotto assedio: corsa cinese da 16 miliardi prima del prossimo ban USA

In questa tragicommedia geopolitica che chiamiamo tech war, l’ultimo atto ha per protagonisti Nvidia, Washington e una Cina che non solo non vuole restare indietro, ma rilancia pesante, e in contanti. Secondo The Information, l’annuncio (o meglio: il sentore) di un possibile divieto USA sui chip H20 di Nvidia sviluppati appositamente per rispettare le restrizioni precedenti e vendibili solo in versione “castrata” al mercato cinese –ha scatenato una valanga di ordini da parte delle big tech cinesi.

Parliamo di 16 miliardi di dollari, e no, non è un refuso.Il paradosso qui è perfettamente americano: nel tentativo di soffocare la capacità di calcolo cinese, la Casa Bianca potrebbe aver generato una domanda isterica anticipata che arricchisce Nvidia ben oltre le sue aspettative trimestrali.

Armi Autonome Sotto la Lente: Un Nuovo Approccio per Valutarne i Rischi a Livello Globale

Società Digitale esplora temi legati alla governance, alle trasformazioni, agli ecosistemi e agli sviluppi della tecnologia digitale, analizzando le loro ripercussioni sulla società. La rivista incoraggia indagini approfondite, valutazioni critiche e raccomandazioni basate sui principi di una solida ricerca accademica, indipendentemente dall’approccio disciplinare adottato. Particolare attenzione è riservata ai contributi che si inseriscono nelle quattro Aree Tematiche principali.

A Risk-Based Regulatory Approach To Autonomous Weapon Systems

Open access Pubblicato: 03 Aprile 2025 di Alexander BlanchardClaudio NovelliLuciano Floridi & Mariarosaria Taddeo

La regolamentazione internazionale dei sistemi d’arma autonomi (AWS) sta emergendo sempre più come un esercizio di gestione del rischio. Tuttavia, un elemento cruciale per far avanzare il dibattito globale è la mancanza di un quadro di riferimento condiviso per valutare i rischi intrinseci a queste tecnologie militari.

Un recente studio propone una struttura innovativa per l’analisi e la regolamentazione dei rischi degli AWS, adattando un modello qualitativo ispirato al Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC). Questa metodologia esamina le complesse interazioni tra fattori chiave di rischio – determinanti, fattori trainanti e tipologie – per stimare l’entità del rischio associato agli AWS e stabilire soglie di tolleranza attraverso una matrice di rischio. Tale matrice integra la probabilità e la gravità degli eventi, arricchita dalla conoscenza di base disponibile.

La ricerca sottolinea che le valutazioni del rischio e i conseguenti livelli di tolleranza non dovrebbero essere determinati unilateralmente, ma attraverso la deliberazione in un forum multistakeholder che coinvolga la comunità internazionale. Tuttavia, gli autori evidenziano la complessità di definire una “comunità globale” ai fini della valutazione del rischio e della legittimazione normativa, un compito particolarmente arduo a livello internazionale.

Microsoft apre il sipario su Copilot Vision: l’assistente AI ora vede tutto (anche troppo)

Microsoft ha appena fatto un altro passo deciso nella sua marcia verso un futuro sempre più assistito dall’intelligenza artificiale, lanciando in beta test una nuova versione del suo assistente Copilot per Windows che potremmo tranquillamente ribattezzare “l’occhio di Sauron” in versione corporate. Copilot Vision, inizialmente limitato al browser Edge, ora può accedere a qualsiasi applicazione o area del tuo desktop, trasformandosi in una sorta di coach virtuale sempre pronto a intervenire — che tu stia editando una foto in Photoshop, esplorando Minecraft o cercando di montare un video su Clipchamp senza impazzire.

Nel migliore dei casi, sembra una versione migliorata di Clippy dopo un ciclo di steroidi digitali. Nel peggiore, è un’ulteriore inchiodatura del chiodo sulla bara della privacy utente.

Il concetto è semplice: Copilot Vision si comporta come un osservatore silenzioso e intelligente che può evidenziare parti dello schermo, suggerire azioni contestuali, guidarti nell’uso di strumenti complessi, e analizzare contenuti visualizzati in tempo reale — immagini, siti web o documenti. Durante un test alla festa per i 50 anni di Microsoft, alcuni giornalisti hanno potuto giocare a Minecraft con l’assistente AI che suggeriva strategie e ottimizzava le impostazioni video senza battere ciglio. Praticamente un gamer invisibile che ti backseatta meglio del tuo amico nerd di fiducia.

Google svela Ironwood: il TPU di settima generazione che sfida Nvidia nel regno dell’AI

Nel panorama tecnologico odierno, l’intelligenza artificiale è la protagonista indiscussa, e Google non perde occasione per ribadire la sua presenza. Il 9 aprile 2025, durante il Google Cloud Next 25, l’azienda ha presentato Ironwood, il suo settimo Tensor Processing Unit (TPU), progettato specificamente per l’inferenza nell’AI. ​

Ironwood rappresenta un’evoluzione significativa rispetto ai suoi predecessori, integrando funzionalità precedentemente separate e offrendo miglioramenti sostanziali in termini di memoria e efficienza energetica. Secondo Amin Vahdat, vicepresidente di Google, il chip offre il doppio delle prestazioni per watt rispetto al modello Trillium dell’anno scorso. ​

Samsung e Google: la partnership che trasforma Ballie in un maggiordomo AI

Nel panorama tecnologico odierno, dove l’innovazione è spesso sinonimo di effimero, Samsung e Google annunciano una collaborazione che promette di ridefinire il concetto di assistente domestico. Il protagonista di questa rivoluzione è Ballie, il robot sferico di Samsung, ora potenziato dall’intelligenza artificiale Gemini di Google.

Presentato per la prima volta al CES 2020, Ballie sembrava destinato a rimanere un esercizio di stile, un gadget più vicino a un giocattolo che a un vero assistente domestico. Tuttavia, con l’integrazione di Gemini, Ballie si prepara a diventare il maggiordomo digitale che molti hanno solo sognato. Questa collaborazione sfrutta le capacità multimodali di Gemini, permettendo a Ballie di comprendere e rispondere a comandi vocali, interpretare immagini e adattarsi dinamicamente all’ambiente domestico.

TSMC sotto accusa: multa da un miliardo per chip finiti nei circuiti di Huawei

TSMC, il colosso taiwanese della produzione di semiconduttori che tiene letteralmente in pugno la supply chain globale dell’innovazione, potrebbe dover sborsare oltre un miliardo di dollari per risolvere una scomoda indagine statunitense sul controllo delle esportazioni. Il motivo? Un chip fabbricato su commessa di Sophgo, società cinese apparentemente innocua, che però sarebbe finito nel cuore pulsante dell’Ascend 910B, l’ambizioso processore AI di Huawei, attualmente il simbolo della corsa cinese all’autosufficienza tecnologica.

Il Dipartimento del Commercio americano, che ormai fa più il lavoro dell’NSA che della burocrazia industriale, sta scavando nella vicenda da mesi. Secondo fonti riservate, tutto parte da una progettazione firmata Sophgo, trasformata da TSMC in circa tre milioni di chip. Peccato che il risultato finale, identico nei minimi dettagli, sia stato rinvenuto nel cuore della 910B, proprio quel chip made-in-Huawei che doveva essere impossibile da realizzare senza violare le sanzioni USA. Un déjà vu che ha fatto suonare più di un campanello d’allarme a Washington.

Alibaba lancia l’ultima sfida nel mercato globale dell’IA con i modelli Qwen

Alibaba Cloud ha recentemente annunciato un significativo potenziamento delle sue offerte di intelligenza artificiale per i clienti internazionali, presentando nuovi modelli e strumenti avanzati durante l’evento Spring Launch 2025. Questa mossa strategica evidenzia l’ambizione di Alibaba di consolidare la sua presenza nel mercato globale dell’IA, sfidando direttamente i colossi occidentali del settore.​

Al centro di questa iniziativa c’è l’espansione dell’accesso ai modelli linguistici avanzati della serie Qwen. Tra questi spiccano Qwen-Max, un modello su larga scala basato su una struttura Mixture of Experts (MoE), QwQ-Plus, focalizzato sul ragionamento, QVQ-Max, specializzato nel ragionamento visivo, e Qwen2.5-Omni-7B, un modello multimodale end-to-end. Questi modelli sono ora disponibili attraverso le zone di disponibilità di Alibaba Cloud a Singapore, offrendo ai clienti internazionali strumenti potenti per l’analisi dei dati, l’automazione e la creazione di contenuti. ​

Exodus strategica: il cervello di OpenAI Bob McGrew si sposta su Thinking Machine Labs

Quando i top player iniziano a cambiare casacca, non è mai solo una questione di stipendio o titolo. È una dichiarazione d’intenti, uno spostamento tettonico sotto la superficie dell’industria AI. Bob McGrew, ex Chief Research Officer di OpenAI, ha deciso di passare al “lato oscuro” – o meglio, al lato ancora tutto da definire – unendosi a Mira Murati nella sua nuova creatura: Thinking Machine Labs.

McGrew non è l’ultimo arrivato: ha messo piede in OpenAI nel 2017, quando l’azienda era ancora un’idea fresca, appena uscita dall’incubatrice visionaria di Altman & co. Da lì ha scalato l’organigramma, lavorando in prima linea sull’evoluzione dei modelli linguistici che oggi vengono spacciati come intelligenza. Uno che, insomma, ha avuto accesso al motore e ai segreti dell’astronave, non solo al cruscotto.

Amazon Nova Sonic e Nova Reel 1.1: un modello di intelligenza artificiale di nuova generazione per la creazione di applicazioni e agenti vocali e clip di 2 minuti

Mentre il mondo tech è distratto dai duelli OpenAI-Google, Amazon alza il dito quello con l’anello di Jeff Bezos, probabilmente e dice: “ci siamo anche noi”. Questa settimana ha messo in vetrina un paio di nuove chicche AI: un modello vocale conversazionale chiamato Nova Sonic e una versione aggiornata del suo generatore video, Nova Reel 1.1. Due nomi che sembrano usciti da un catalogo di oggetti per viaggi interstellari, ma che hanno dietro un chiaro messaggio: Amazon non vuole più giocare in difesa.

Trump, big tech e l’intelligenza artificiale: Pew Research Center chi guida davvero il futuro quando nessuno si fida?

In un’America già polarizzata su tutto — dalla pizza con l’ananas ai diritti civili ci mancava l’Intelligenza Artificiale a gettare un altro secchio di benzina su un falò che nessuno controlla. L’ultimo studio del Pew Research Center è il termometro perfetto di questa febbre culturale: oltre 1.000 esperti AI da un lato, più di 5.000 comuni cittadini dall’altro. Gli uni pieni di speranza, gli altri col collo rigido dal continuo guardarsi le spalle.

Per gli addetti ai lavori, l’AI sarà manna dal cielo: migliorerà i loro lavori, li renderà più produttivi, li solleverà dalle incombenze inutili. Insomma, il sogno di ogni ingegnere affetto da burnout. Ma per l’americano medio? L’AI è lo spettro del licenziamento, della disinformazione, del controllo sociale. Solo un quarto della popolazione pensa che ne trarrà beneficio. E francamente, chi può biasimarli?

Shopify alza la voce: se il tuo lavoro può essere fatto da un’AI, non serve più che lo faccia tu

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Tobi Lutke, CEO di Shopify, ha deciso che è finita l’era dei “finti busy”. Basta con le task ridondanti, le scartoffie digitali e le scuse comode. Se sei un dipendente e vuoi chiedere budget, risorse, o semplicemente continuare a giustificare il tuo posto di lavoro, dovrai dimostrare –con prove solide che l’AI non può farlo al posto tuo.

In caso contrario, il messaggio è chiaro: sei rimpiazzabile. Niente giri di parole. Lutke ha messo nero su bianco che “utilizzare l’intelligenza artificiale in modo efficace è ormai un’aspettativa fondamentale per tutti in Shopify”.

Google reinventa la cultura: podcast AI per riscoprire i tesori dell’umanità

Nel panorama tecnologico odierno, dove l’intelligenza artificiale sembra essere la panacea per ogni problema, Google ha deciso di applicarla anche al mondo dell’arte e della cultura. Recentemente, Google Arts & Culture ha introdotto una funzione sperimentale che utilizza Gemini, il suo modello AI, per creare “episodi audio approfonditi” su artefatti culturali selezionati. In altre parole, ora possiamo ascoltare podcast generati dall’AI che ci raccontano storie su orsi bruni e ceramiche cinesi antiche.​

Secondo il blog ufficiale di Google, questa funzione permette di apprendere, ad esempio, che l’orso bruno, tecnicamente un carnivoro, ottiene circa il 90% della sua dieta dalle piante. Oppure, possiamo seguire il viaggio della ceramica cinese antica attraverso l’Eurasia tramite l’audio. Un modo innovativo per trasformare il tempo trascorso nel traffico o sul divano in un’esplorazione culturale. ​blog.google

Gemini live: video e screensharing arrivano su Pixel 9 e Galaxy S25

C’è qualcosa di vagamente distopico ma irresistibilmente seducente nell’idea che un’intelligenza artificiale possa guardare quello che stiamo guardando e dirci in tempo reale cosa stiamo vedendo, consigliarci cosa comprare o addirittura dirci se quel pesce nell’acquario è un tetra o un guppy. Non è fantascienza, è il nuovo giocattolo di Google: Gemini Live. E adesso è ufficialmente in rollout, a partire da due flagship che sembrano nati per ospitare un futuro da Black Mirror: il Pixel 9 e il Galaxy S25.

L’annuncio arriva tra le righe, senza fanfare da keynote, ma con la fredda efficienza di un update che cambia le carte in tavola. Gemini Live, l’interfaccia “live” dell’ecosistema Gemini, ora consente non solo di attivare la videocamera e farsi assistere visivamente dall’AI, ma anche di condividere lo schermo del proprio smartphone. E il tutto con una naturalezza che nasconde un’enorme complessità infrastrutturale sotto il cofano. Basta un tap per passare da “scatto la foto al pesce” a “consigliami un nuovo outfit su Zalando”, con la stessa voce pacata e infallibile che ti aiuta a scrivere un’email o sintetizza una riunione su Meet.

Google prova a sedurti con NotebookLM anche su mobile, ma è solo l’ennesimo esperimento che non sa dove andare

Google ha pubblicato un aggiornamento che sa di teaser e poco più: NotebookLM, il tool di intelligenza artificiale per prendere appunti, digestare documenti e persino sputarti fuori dei podcast generati da IA, si sta preparando a sbarcare sui dispositivi mobili. Finora confinato all’esperienza browser su desktop probabilmente in una di quelle interfacce stilisticamente discutibili a metà tra Google Docs e un clone zoppo di Notion — il servizio ora cerca una nuova vita in formato app. Era ora, direbbe chiunque abbia provato a usare NotebookLM da un telefono con la stessa fluidità con cui si cerca di scrivere un saggio su un post-it.

Siri e l’incidente imbarazzante che ha portato un giornalista nel cuore di un attacco militare segreto

The Guardian. Quando un assistente vocale si trasforma in un infiltrato involontario in una chat riservata su un attacco militare, si capisce che siamo ufficialmente entrati nell’era del digital far west. La notizia, rivelata da The Guardian, ha del grottesco ma anche del profetico: Jeffrey Goldberg, direttore dell’Atlantic, è stato aggiunto per errore in un gruppo Signal dove si discuteva, con una certa urgenza, di un’operazione militare imminente in Yemen. Un incidente che non ha nulla a che vedere con hacker, spionaggio internazionale o whistleblower: la colpa è (pare) di Siri.

Guerra dei dazi: la mossa di Trump colpisce Apple, ma Luxshare si difende

Nel grande teatro della geopolitica industriale, Trump torna a calcare il palcoscenico con la delicatezza di un elefante in un negozio di porcellane. Il suo ultimo atto? Un’imposizione di dazi del 34% sulla Cina, con appendici velenose del 46% sul Vietnam e del 26% sull’India. Una mossa che fa tremare le vene ai polsi del mondo tech, ma a Shenzhen, qualcuno sembra aver letto il copione in anticipo. Luxshare Precision Industry, pezzo da novanta della catena di montaggio di Apple, ha già incassato il colpo – almeno sulla carta – e risponde con sangue freddo e manuale di risk management sotto braccio.

Il messaggio, veicolato attraverso le pagine della Shanghai Securities News, è chiaro: “Ci siamo preparati”. Tradotto: diversificazione del portafoglio clienti, decentralizzazione delle operazioni produttive e investimenti muscolari nell’innovazione autonoma delle tecnologie core. In sostanza, Luxshare ha smesso da tempo di mettere tutte le uova nel cesto della Mela.

HAI Stanford AI Index 2025

L’ascesa dell’AI: Tra Innovazione, Sfide e Opportunità

L’intelligenza artificiale ha compiuto progressi straordinari negli ultimi anni, con performance che continuano a migliorare in modo esponenziale. Il 2023 ha visto il lancio di nuovi benchmark come MMMU, GPQA e SWE-bench, che hanno spinto le capacità dei modelli AI verso limiti mai esplorati prima. A distanza di un anno, i risultati sono stati sorprendenti: i punteggi su questi benchmark sono aumentati rispettivamente del 18,8%, 48,9% e 67,3%. Non solo in ambito teorico, ma anche nel mondo pratico, l’AI ha raggiunto traguardi straordinari, come la generazione di video di alta qualità e la capacità di agenti basati su modelli linguistici di superare umani in compiti di programmazione con tempi limitati.

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