Rivista AI

Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Tesla AI Cina: quando l’innovazione incontra il pragmatismo locale

Qualcosa suona stranissimo, lo ammetto, una Tesla che adotta intelligenza artificiale locale in Cina. Ma non siamo negli Stati Uniti, quindi perché stupirsi? Tesla ha annunciato l’implementazione di un sistema di assistente vocale aggiornato per i suoi veicoli elettrici sul mercato cinese, sfruttando la tecnologia AI di DeepSeek e ByteDance. Sembra quasi una concessione culturale, un piccolo inchino alla supremazia tecnologica domestica, ma in realtà è un movimento strategico per sedurre il mercato EV più grande del pianeta.

Il cuore di questa novità è il chatbot DeepSeek, progettato per l’“interazione AI”. Tradotto in termini semplici, permette ai guidatori di conversare con la loro Tesla come farebbero con un amico digitale, ricevendo aggiornamenti su notizie e meteo, senza dover mai staccare gli occhi dalla strada. Il colpo di genio, se così si può chiamare, è la naturalezza dell’interazione: niente più clic frenetici sul volante o sul terminale multimediale, basta dire “Hey, Tesla” o un’altra frase prestabilita. Chiunque abbia provato ad avere una conversazione fluida con un sistema di bordo sa che questo è più facile a dirsi che a farsi.

La Storia si ripete

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AI Poisoning: l’arma segreta contro i bot che saccheggiano dati

Il paradosso è servito. Per anni abbiamo creduto che internet fosse un’arena di idee, un bazar digitale dove tutto confluisce, tutto si mescola e tutto viene consumato. Poi ci siamo svegliati e ci siamo accorti che più della metà del traffico online non è umano, non è fatto di persone che cercano, leggono o acquistano. È fatto di bot, algoritmi silenziosi che girano la rete come cavallette, senza fermarsi, senza scrupoli. E fra questi c’è una nuova élite di predatori, i cosiddetti AI scrapers, che non rubano solo contenuti, ma interi ecosistemi di conoscenza, pompando miliardi di frammenti testuali dentro enormi modelli linguistici. Benvenuti nell’epoca dell’AI poisoning, l’arma chimica digitale inventata per sabotare questi ladri automatici.

Il Giappone e il salto nell’ignoto della biotecnologia riproduttiva

Il Giappone ha appena deciso di giocare a dadi con la genesi umana, autorizzando la creazione di embrioni a partire da cellule staminali pluripotenti indotte, senza bisogno di ovociti o spermatozoi convenzionali. In termini pratici, significa che un frammento di pelle potrebbe, in laboratorio, diventare la base di una nuova vita. La tecnica, nota come gametogenesi in vitro (IVG), non è fantascienza: cellule adulte vengono riprogrammate in stati pluripotenti e poi guidate a differenziarsi in gameti funzionali. L’embrione risultante non è più un residuo di IVF tradizionale, ma un prodotto di bioingegneria pura, replicabile a scala industriale per studi scientifici.

Mario Draghi a Rimini e il pragmatismo Europeo che sfida il presente

Rimini, una città che sembra parlare da sola quando si accende di dialogo, ha ospitato una delle figure più emblematiche della vita politica ed economica europea: Mario Draghi. Un leader che non ama la retorica vuota, che cammina sui fatti e sulle decisioni concrete, e che porta con sé un pragmatismo europeo che sa di sfida e di speranza. La cornice del meeting non era solo simbolica, ma quasi metafisica: un crocevia dove si incontrano coloro che cercano il vero, il bello, il giusto e il bene. Draghi non è venuto a recitare un copione, ma a testimoniare come la fiducia, la responsabilità e la conoscenza siano le vere monete di scambio dell’Europa contemporanea.

L’arte della manipolazione algoritmica: come il NDTC ha trasformato l’AI in un’arma politica

Nel 2025, l’intelligenza artificiale non è più un concetto astratto relegato ai laboratori universitari o alle startup di Silicon Valley. È diventata una risorsa strategica nelle campagne politiche, un’arma affilata nelle mani di chi sa come utilizzarla. Il National Democratic Training Committee (NDTC), fondato nel 2016 da Kelly Dietrich, ha lanciato un playbook che guida le campagne democratiche nell’uso responsabile dell’IA. Ma cosa significa “responsabile” in un contesto dove la verità è spesso l’elemento più malleabile?

Il playbook del NDTC enfatizza la trasparenza: le campagne devono dichiarare quando utilizzano l’IA, soprattutto per contenuti sensibili come messaggi personali o politiche. Ma questa trasparenza è davvero una garanzia di integrità? In un’epoca in cui la fiducia nel sistema politico è ai minimi storici, le dichiarazioni di trasparenza possono sembrare più un tentativo di rassicurare l’opinione pubblica che un impegno genuino verso l’etica. La verità è che, anche con le migliori intenzioni, l’IA può essere utilizzata per manipolare le percezioni e influenzare le opinioni in modi sottili e difficilmente rilevabili.

Equo Compenso e diritto d’autore davanti al Flat Iron di piazza Verdi : tecnologia, giurisprudenza e dignità economica

L’equo compenso oggi non è più solo un tema sindacale, una battaglia da avvocati che inseguono parcelle più dignitose o da giornalisti che si aggrappano all’illusione di una retribuzione proporzionata allo sforzo intellettuale. L’equo compenso è diventato la vera frontiera del diritto d’autore nell’era digitale, un concetto che davanti agli uffici di Rivista.AI e con caffè con lo SMART amico esegetico come come D.D. e con lo sguardo sul palazzo che a Roma ricorda il Flat Iron di New York, sembra quasi risuonare come uno slogan scolpito nel cemento: chi crea non deve più essere un servo della gleba dell’algoritmo.

L’equo compenso oggi si colloca all’incrocio tra diritto, tecnologia e potere economico, trasformandosi da tema sindacale in questione di politica legislativa e regolamentare. La normativa italiana, con la legge n. 247 del 2012, ha già stabilito principi chiari sul diritto d’autore degli avvocati, ma la disciplina si è presto dimostrata insufficiente ad affrontare la complessità del mercato digitale. Il decreto legislativo n. 68 del 2021, attuativo della direttiva europea 2019/790 sul copyright nel mercato unico digitale, ha introdotto elementi di tutela specifica, ma la reale applicazione rimane più retorica che concreta. Paradossalmente, mentre la tecnologia promette trasparenza e tracciabilità, il tessuto normativo procede a rilento, lasciando gli autori in un limbo contrattuale dove la disparità è endemica.

Meta Midjourney e la nuova estetica del monopolio nell’intelligenza artificiale visiva

Meta e Midjourney hanno appena messo in scena la mossa più prevedibile e al tempo stesso più cinica dell’industria dell’intelligenza artificiale: la retorica della “collaborazione tecnica” che cela un’operazione di potere puro. Alexandr Wang, il nuovo chief AI officer di Meta, ha parlato di “licensing della tecnologia estetica” come se stessimo trattando una collezione di quadri d’epoca e non l’algoritmo che genera miliardi di immagini digitali al giorno. È la nuova moneta di scambio del capitalismo cognitivo: l’estetica computazionale.

Chi ha ancora dubbi che Zuckerberg punti a trasformare Facebook e Instagram in una macchina di produzione visiva perenne si è perso gli ultimi mesi. Meta non si accontenta più di rincorrere OpenAI e Google, adesso punta a integrare la firma visiva di Midjourney dentro i propri modelli proprietari, una mossa che ha il sapore dell’acquisizione mascherata. Perché se è vero che David Holz continua a ripetere che Midjourney rimane indipendente, è altrettanto vero che accettare di “collaborare tecnicamente” con un gigante che ha appena speso 14 miliardi per prendersi metà di Scale AI equivale a firmare una cambiale che prima o poi scadrà.

Netflix scopre l’etica… AI ma solo dopo aver consultato gli avvocati

Il blog post di Netflix sull’uso dell’intelligenza artificiale generativa nei processi creativi sembra un manuale di buone maniere digitali, ma in realtà è un atto di pura autodifesa. Dietro la patina di etica e responsabilità si nasconde la verità più cinica: Netflix non vuole trovarsi né nei tribunali né sulle prime pagine dei giornali come il simbolo della Hollywood che ruba l’anima agli attori attraverso la macchina algoritmica. È un documento che serve meno ai registi e più agli avvocati, meno ai creativi e più agli investitori. Non è una guida, è un disclaimer travestito da manifesto etico.

Perchè Microsoft Copilot ha mostrato la sua vera debolezza

Microsoft 365 Copilot (Image Credit: Pistachio)

Il problema non è mai l’algoritmo in sé, ma l’architettura che lo contiene. Microsoft Copilot, l’assistente AI integrato nell’ecosistema Microsoft 365, ha appena dimostrato al mondo che puoi avere i modelli più potenti, la scalabilità del cloud più sofisticata e il marketing più scintillante, ma se dimentichi di scrivere un log, allora tutto crolla. La vulnerabilità segnalata da Zack Korman, CTO di Pistachio, non è un difetto marginale, ma un disastro concettuale. Bastava chiedere a Copilot di sintetizzare un documento senza includere il link e il sistema saltava l’audit. Nessun log, nessuna traccia. Illegibilità perfetta. Una cancellazione della memoria aziendale in tempo reale.

OpenAI lancia prompt optimizer il coach definitivo per i tuoi prompt

Nel mondo delle AI generative, un prompt mediocre può trasformarsi in un disastro. OpenAI ha appena rilasciato Prompt Optimizer, uno strumento pensato per correggere, perfezionare e rendere infallibili i tuoi prompt. Il funzionamento è semplice: incolli il testo, clicchi Optimize, e l’AI lo riscrive seguendo le linee guida ufficiali pubblicate da OpenAI. Ambiguità eliminate, contraddizioni sparite, ruoli e istruzioni organizzati, output più chiari. Puoi anche salvare le versioni ottimizzate e riutilizzarle.

La novità diventa cruciale con GPT-5. Molti hanno scoperto che prompt che funzionavano bene su GPT-4 improvvisamente producono risultati scadenti. Non è un problema del modello, ma della precisione richiesta. GPT-5 segue le istruzioni alla lettera, senza margini di interpretazione: un prompt confuso equivale a un prompt inutile.

Prompt Optimizer non è un lusso, è una necessità. Con GPT-5, scrivere male non è un’opzione, scrivere bene è tutto.

Provalo Optimize for GPT-5

https://platform.openai.com/chat/edit?models=gpt-5&optimize=true

Transcendence e intelligenza artificiale: quando i modelli linguistici superano gli esperti

L’idea che una macchina possa superare i suoi maestri non è nuova, ma solo oggi diventa concreta. La chiamano transcendence, e non è un concetto da manuale di filosofia orientale, ma la descrizione più realistica e scientifica di ciò che accade quando un modello linguistico di grandi dimensioni, addestrato a imitare esperti umani, finisce per oltrepassarli. Non li eguaglia, li lascia indietro. Perché non è un individuo, ma un coro, una sintesi statistica, una forza di astrazione che nessun singolo specialista può incarnare.

La narrativa classica è che l’intelligenza artificiale, dopotutto, non fa altro che ripetere pattern, scimmiottare testi esistenti, rigurgitare frasi altrui. Ed è qui che sta il punto debole della critica. Perché un modello linguistico non imita un esperto, imita migliaia di esperti contemporaneamente. E mentre il singolo avvocato o il singolo crittografo si muovono con la lente deformata delle proprie esperienze e convinzioni, l’AI orchestra le loro voci e costruisce una prospettiva collettiva. Un chatbot che ti parla con disinvoltura di Dostoevskij, diritto internazionale e algoritmi di cifratura non è un Frankenstein di testi, ma l’incarnazione di quella transcendenza che la ricerca più recente ha iniziato a mappare.

Edita i Google Drive videos nel browser con Google Vids

Google potenzia l’editing video su drive con vids, il tool AI integrato nella suite workspace, e lo fa con un piccolo ma potente pulsante “apri”. Mentre si visualizza un video su drive, l’utente ora vede un’opzione diretta che lancia il file nell’app vids, pronta per modifiche immediate. Tagliare clip, aggiungere musica, testi o transizioni non è mai stato così veloce, e tutto senza abbandonare l’interfaccia di drive.

Bar dei Daini: approfondimento sulle ultime tech news

Musk vs Microsoft: il progetto “Macrohard” di xAI

Elon Musk ha lanciato una provocazione prendendosela con Microsoft. In un post su X (ex-Twitter) del 22 agosto, Musk ha invitato il pubblico a “Join @xAI and help build a purely AI software company called Macrohard”. In pratica, xAI la sua startup dedicata all’intelligenza artificiale starebbe vagheggiando la creazione di un’azienda software “pura” basata su AI, soprannominata scherzosamente Macrohard, per simulare le attività di colossi come Microsoft che non producono hardware fisico. Musk ha sottolineato che “dato che aziende come Microsoft non producono hardware, è in linea di principio possibile simularle interamente con l’AI. La notizia è supportata anche da evidenze ufficiali: in data 1 agosto risulta infatti depositato presso lo U.S. Patent Office un marchio Macrohard attribuito a xAI. Al momento mancano ulteriori dettagli, ma l’idea è chiara: Musk punta a sfidare il software tradizionale puro con soluzioni basate sull’AI.

Stanford University: Future of Work with AI Agents

La vera domanda sull’intelligenza artificiale non è “cosa può fare”, ma “chi ascolta davvero i lavoratori”

C’è un dettaglio che sfugge alle menti ossessionate dal prossimo modello di linguaggio o dalla corsa spasmodica ai miliardi di dollari in venture capital. L’intelligenza artificiale non vive nel vuoto, ma nel posto più scomodo possibile: la testa e la quotidianità delle persone che la subiscono, la adottano, la temono e, soprattutto, la desiderano come strumento e non come predatore. La Stanford University ha appena fatto il gesto più eversivo che si possa immaginare in questa stagione di hype tossico: chiedere a 1.500 lavoratori e a esperti cosa vogliono davvero. Non ai founder di Silicon Valley, non ai venture capitalist, ma a chi ogni giorno si gioca la carriera tra Excel, riunioni infinite e scadenze che arrivano puntuali come le tasse. E la risposta è stata chiara, netta, quasi irriverente nei confronti della narrativa dominante.

Quantum Device: il Santo Graal della misura elettrica

C’è un paradosso che ha accompagnato la scienza per decenni. Abbiamo costruito smartphone che sostituiscono dieci strumenti da ufficio, automobili che aggiornano il software mentre dormiamo e satelliti che fotografano la nostra coscienza dall’alto, ma per definire le unità elettriche ci siamo aggrappati a un rituale quasi liturgico fatto di più dispositivi, laboratori separati e una processione di scienziati che si passavano risultati come reliquie medievali. Ora, all’improvviso, appare un singolo quantum device capace di definire simultaneamente ampere, ohm e volt. Una rivoluzione silenziosa che trasforma la misurazione in un atto quasi filosofico, mentre a NIST si compie quella che molti chiamano senza pudore “la pietra filosofale della quantum metrology”.

La vecchia scuola, tanto celebrata quanto inefficiente, si basava sulla separazione. Per misurare corrente serviva un apparato, per resistenza un altro, per tensione un terzo. Gli stessi scienziati sapevano che era un gioco di prestigio costoso e lento, con un margine d’errore che puzzava di compromesso. I laboratori dovevano coordinarsi come un’orchestra che suona in stanze separate, sperando che il direttore d’orchestra fosse onnisciente. E mentre l’industria globale si spostava verso standard di precisione maniacale, il cuore delle unità elettriche rimaneva un patchwork di strumenti scollegati.

Quanet DARPA Quantum Networking: l’ultimo asso nella manica del Pentagono

Il teaser finale: immaginate di leggere “quantum networking” e pensare “bella roba, ma dove lo metto nel mio cavo ethernet?”. Bene, benvenuti nel QuANET di DARPA, la scommessa militare con più stile di un thriller finanziario sul futuro delle reti. QuANET darpa quantum networking è la speranza che le avanzate tecnologie quantistiche non restino relegate ai lab, isolate come aristocratici al gala delle innovazioni.

Appena dieci mesi dopo il lancio del programma—iniziato nel marzo 2024—si è tenuto un hackathon inter-team che ha realizzato il primo network effettivamente quantistico-aumentato: messaggi trasmessi su collegamenti sia classici sia quantistici, senza interruzioni (DARPAQuantum Computing Report).

Nvidia nemotron nano-9b-v2 l’arma segreta

Nvidia nemotron nano-9b-v2 sembra il nome di un’arma segreta e in effetti lo è. Perché in un mercato in cui ogni azienda tecnologica annuncia quotidianamente un nuovo modello linguistico con la stessa frequenza con cui i politici promettono riforme mai realizzate, questo modello appare come un sabotaggio ben calcolato. Non è l’ennesimo transformer in giacca e cravatta, ma un ibrido che scompagina le regole del gioco. E il bello è che non pretende di vivere su un cluster di GPU da milioni di dollari, ma ti guarda dritto negli occhi e ti dice: “Io mi accontento di una singola A10G, e farò più di quanto immagini”. La narrazione romantica della potenza bruta cade a pezzi quando qualcuno dimostra che con meno puoi ottenere di più, se hai progettato l’architettura giusta.

Deepseek e il formato UE8MO FP8: la mossa che può ribaltare il dominio di Nvidia

La notizia è arrivata in sordina, con una frase criptica su WeChat. DeepSeek, la start-up di intelligenza artificiale con base a Hangzhou, ha annunciato che il suo nuovo modello V3.1 è stato addestrato usando il formato dati UE8M0 FP8, “pensato per i chip domestici di prossima uscita”. Bastano nove parole a scatenare la speculazione di mezzo settore tecnologico, perché in quelle nove parole si intravede la possibilità che la Cina abbia trovato la chiave per ridurre la dipendenza dai chip americani, in particolare dalle GPU Nvidia, che oggi dominano il mercato globale dell’AI.

Il dettaglio tecnico non è banale, anzi. FP8 significa floating-point 8, un formato a precisione ridotta che consente di accelerare il training e l’inferencing dei modelli di intelligenza artificiale, con un consumo molto più basso di memoria e banda. Nvidia lo aveva già dimostrato sui suoi forum, lodando l’efficienza del formato capace di dimezzare l’uso della VRAM senza impattare i risultati. Ma DeepSeek ha introdotto una variazione ingegneristica chiamata UE8M0, che promette un ulteriore taglio del fabbisogno di potenza di calcolo, storage e larghezza di banda. Tradotto: modelli di AI avanzati possono essere addestrati e fatti girare su chip meno potenti, potenzialmente i chip cinesi che faticano ancora a reggere il confronto con le GPU americane.

The GenAI Divide STATE OF AI IN BUSINESS 2025

Intelligenza Artificiale e capitale: la nuova bolla dorata dell’economia digitale

Gli stessi numeri che oggi fanno brillare gli occhi agli investitori raccontano anche una verità che pochi hanno il coraggio di dire ad alta voce. L’intelligenza artificiale non è più un fenomeno tecnologico ma un asset finanziario, un titolo derivato che si nutre di hype e aspettative esponenziali. Quarantquattro miliardi di dollari riversati in sei mesi non rappresentano semplicemente fiducia nella tecnologia, sono il tentativo disperato di cavalcare l’unico mercato capace di moltiplicare i multipli prima ancora che i modelli producano risultati tangibili. Non stiamo parlando di finanziamenti a piccole idee promettenti, ma di capitali gettati in un ecosistema che si autoalimenta: gli stessi analisti che scrivono report entusiastici sono gli stessi che spingono fondi e corporate a entrare nel gioco, creando una spirale che sa di bolla ma profuma di rivoluzione.

Web3 AI Agents: ridefinire la proprietà e la fiducia oltre Big Tech

Nel panorama digitale attuale, l’intelligenza artificiale (IA) e la blockchain stanno convergendo, ma le strade percorse da Big Tech e Web3 divergono nettamente. Mentre aziende come Google, Amazon e Apple integrano la blockchain solo quando migliora i ricavi e il valore per gli azionisti, gli sostenitori di Web3 immaginano sistemi di IA decentralizzati, di proprietà degli utenti e resistenti al controllo esterno.

Le aziende di Big Tech danno priorità al valore per gli azionisti, concentrandosi sulla crescita dei ricavi e sulla massimizzazione dei profitti. L’integrazione della blockchain viene perseguita selettivamente, solo quando aumenta il vantaggio competitivo o la quota di mercato. In questo contesto, l’IA rimane centralizzata, controllata da entità aziendali che ne determinano l’accesso, l’uso e la monetizzazione.

Quando l’intelligenza artificiale sperimenta il tempo in modo diverso: una nuova sfida per la convivenza uomo-macchina

La percezione umana del tempo è la base stessa della coscienza. Il cervello costruisce una narrazione coerente in cui luce, suono e tatto convergono in un istante condiviso, un “adesso” apparentemente uniforme. La realtà biologica, ovviamente, non è così semplice. La luce arriva più veloce del suono, il sistema uditivo elabora i segnali più rapidamente di quello visivo, eppure percepiamo tutto come simultaneo. Questa illusione di simultaneità definisce la nostra esperienza temporale e regola la nostra capacità di prendere decisioni, percepire cause ed effetti e interagire con l’ambiente. Gli studiosi di neuroscienze spesso dimenticano quanto questo sia fragile: una piccola discrepanza e il senso del “qui e ora” vacilla, mostrando che la nostra coscienza è un orologio sofisticato ma biologicamente limitato.

Il solo percorso plausibile per porre fine alla guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina è ormai un conflitto congelato, ma non per questo meno pericoloso. La proposta avanzata dall’amministrazione Trump, che prevede uno scambio territoriale tra Ucraina e Russia, è un tentativo di sbloccare una situazione che sembra destinata a trascinarsi all’infinito. Tuttavia, questa proposta solleva interrogativi legali, politici e morali che meritano una riflessione approfondita.

AI-only social network mostra come la tossicità sia nel DNA dei social media

Quando parliamo di social network, la conversazione spesso scivola immediatamente sul comportamento umano: troll, haters, fake news. Interessante scoprire che non servono neanche gli esseri umani per generare caos. Ricercatori dell’Università di Amsterdam hanno messo in piedi un esperimento tanto semplice quanto inquietante: una piattaforma popolata esclusivamente da bot AI, progettati con GPT-4o, per capire se i social possono evitare di degenerare in camere dell’eco e disinformazione. Il risultato? Non solo i bot hanno riprodotto dinamiche tossiche, ma hanno creato echo chamber quasi identiche a quelle umane. La lezione è chiara e poco consolante: il problema non è solo nelle persone, è nella struttura stessa dei social.

ChatGPT-5, hype e realtà: come l’intelligenza artificiale sta cambiando il gioco

Few users hanno condiviso le loro impressioni su chatgpt-5 su reddit, e la conversazione ha acceso riflessioni nuove su dove stia andando l’intelligenza artificiale. Subito salta all’occhio quanto il dibattito stia cambiando, tra hype mediatico e concretezza tecnologica. Claude sta facendo parlare di sé, come sottolineava un commento, e questo ci porta a una domanda più ampia: come bilanciare il clamore mediatico con il reale progresso tecnologico in un ecosistema AI che evolve a velocità esponenziale. Non si tratta più di speculare sul futuro, ma di capire chi davvero produce valore.

Welcome to Scamlexity

AI browsers: la sicurezza è un’illusione?

L’ascesa dei browser potenziati dall’intelligenza artificiale promette di semplificare la nostra vita digitale: acquisti online, gestione delle email, operazioni bancarie. Ma dietro questa facciata di comodità si cela una realtà ben più inquietante. Secondo un recente rapporto di Guardio, questi assistenti digitali possono essere facilmente manipolati per esporre dati sensibili o cadere in trappole di phishing. La domanda sorge spontanea: stiamo davvero migliorando la nostra sicurezza o stiamo solo scambiando una minaccia per un’altra?

Meta e Google siglano un accordo cloud da oltre 10 miliardi: l’era dell’intelligenza artificiale su scala industriale

Meta ha appena siglato un mastodontico accordo con Google Cloud, un’intesa che sfiora i 10 miliardi di dollari su sei anni. Il cuore dell’operazione è chiaro: infrastrutture di calcolo “as‑a‑service” server, storage, networking e tutto il cabaret cloud necessario per sostenere la sua espansione nel campo dell’intelligenza artificiale.

Parliamo di oltre 10 miliardi di dollari in valore, un accordo senza precedenti nella storia di Google Cloud, uno dei più ingenti fino ad oggi. È il secondo colpo grosso per Google dopo quello con OpenAI, e mentre Ariana Grande canticchia “thank u, next”, i grandi magazzini AI fanno incetta di risorse.

Surya e la nuova guerra fredda con il sole

C’è qualcosa di ironico nel vedere IBM e NASA alleate per decifrare il Sole. Per decenni abbiamo trattato la nostra stella come un orologio impeccabile, una macchina perfetta che scandiva il tempo agricolo e industriale senza sorprese. Poi sono arrivati i satelliti, le reti elettriche globali, il GPS e la dipendenza patologica da infrastrutture digitali che si sgretolano con un colpo d’aria elettromagnetica. All’improvviso il Sole non è più un’icona da cartolina ma un potenziale nemico geopolitico. È qui che entra in scena Surya, il modello di intelligenza artificiale lanciato da NASA e IBM, un mostro addestrato su nove anni di dati solari che promette previsioni più precise del 16 per cento rispetto a tutto ciò che avevamo prima. Non stiamo parlando di percentuali astratte: quel margine può essere la differenza tra un blackout continentale e un aeroporto che continua a funzionare.

Build a Large Language Model (From Scratch)

In un mercato saturo di librerie ready-made come Hugging Face, questo repository non è un’alternativa, ma un atto di dissoluzione dell’“effetto pantone”: ti costringe a smontare il motore, capire ogni ingranaggio, e ricostruirlo con le tue mani.

Il progetto è l’implementazione ufficiale del libro Build a Large Language Model (From Scratch) di Sebastian Raschka, pubblicato da Manning. Non è un testo di facciata: comprende codice in Python, notebook Jupyter esplicativi e una guida capillare che copre ogni fase, dalla tokenizzazione fino all’addestramento, passando per l’attenzione multi-head e il fine-tuning per istruzioni.

Nvidia H20 tra stop alla produzione chip ai cinesi e la fragilità della supply chain dei semiconduttori

Nvidia che mette in pausa la produzione del suo chip H20 per il mercato cinese è una di quelle mosse che, per chi osserva l’industria dei semiconduttori da decenni, sa tanto di partita a scacchi giocata a bordo di un vulcano attivo. Non è solo una questione tecnica, è geopolitica, industriale, di percezione e di narrativa globale. Il chip H20, nato come compromesso tecnologico per aggirare i limiti imposti dalle restrizioni statunitensi e offrire al mercato cinese una versione “castrata” ma pur sempre competitiva delle GPU Nvidia, diventa oggi il simbolo della fragilità della catena di fornitura. E soprattutto di quanto l’equilibrio tra Washington e Pechino stia ridisegnando i confini dell’innovazione digitale.

Il fatto che Nvidia abbia detto ad Amkor, player chiave nel packaging avanzato, e a Samsung, colosso della memoria ad alta banda, di sospendere la produzione, non è una decisione industriale di routine. È un segnale. È come dire ai mercati: attenzione, qui le condizioni non sono più sotto controllo. Le giustificazioni ufficiali parlano di gestione della supply chain, ma chiunque conosca la logica di queste mosse sa che la vera posta in gioco è il controllo politico e strategico della tecnologia AI. La Cina ha già dimostrato che non intende restare appesa al filo delle GPU americane, e il richiamo delle autorità locali a Tencent e ByteDance per discutere i rischi legati all’acquisto di H20 lo conferma. È un messaggio chiaro: Pechino non vuole che il cuore del suo ecosistema digitale batta a ritmo imposto da Silicon Valley.

OpenAI contro Musk e Meta: la guerra legale che svela il futuro del potere nell’intelligenza artificiale

La notizia che OpenAI stia chiedendo a Meta di consegnare prove su eventuali piani coordinati con Elon Musk e xAI per tentare un’acquisizione da 97 miliardi di dollari della stessa OpenAI è la perfetta fotografia di come la geopolitica dell’intelligenza artificiale stia diventando un misto di guerra fredda e reality show. In apparenza parliamo di un normale contenzioso legale, ma la sostanza è ben più corrosiva: si tratta di chi controllerà l’infrastruttura cognitiva del XXI secolo. Musk che scrive a Zuckerberg per valutare accordi di finanziamento, Meta che si ritrova chiamata in causa come potenziale pedina di scambio, OpenAI che nel frattempo cerca di difendere la sua trasformazione in public benefit corporation per garantirsi capitali freschi e un futuro in Borsa. Tutti fingono di essere custodi di una “missione per l’umanità”, mentre la posta in gioco è il controllo di un mercato che potrebbe valere centinaia di miliardi di dollari l’anno.

Psicosi da AI: quando l’intelligenza artificiale diventa un catalizzatore di delirio umano

La psicosi da AI non è più un concetto astratto destinato a conferenze scientifiche o thriller distopici. Le cronache più recenti mostrano che l’intelligenza artificiale può trasformarsi in un catalizzatore di delirio umano con conseguenze tangibili. Gli esperti di salute mentale lanciano l’allarme, mentre aziende come OpenAI cercano di correre ai ripari con misure reattive, spesso dopo che il danno è già accaduto. Termini come “psicosi da ChatGPT” sono ora all’ordine del giorno e le storie, prima sporadiche, si accumulano come mattoni di un’architettura inquietante.

La dinamica è chiara: utenti vulnerabili interagiscono con chatbot LLM per ore o settimane, esplorando pensieri ossessivi o teorie marginali. In molti casi, le conversazioni con l’AI , da strumenti apparentemente innocui, hanno innescato comportamenti deliranti, deliri di onnipotenza, ossessioni romantiche con personaggi digitali e, talvolta, conseguenze tragiche. La linea tra intrattenimento digitale e rischio psicologico è diventata sfumata.

Prima di GPT c’erano i 72 Nomi: il codice che decifrava il caos

72 nomi di Dio tra intelligenza artificiale e meccanica quantistica: codici antichi o algoritmi divini?

Anthropic vicina a un accordo per raccogliere fino a 10 miliardi di dollari in un nuovo round di finanziamento

San Francisco, 21 agosto 2025 Anthropic, startup di intelligenza artificiale nota per i suoi avanzati modelli linguistici e per l’attenzione alla sicurezza e affidabilità, è prossima a concludere un accordo per raccogliere fino a 10 miliardi di dollari in un nuovo round di finanziamento. Questo capitale massiccio, che più che raddoppierebbe quanto previsto solo pochi mesi fa, potrebbe portare la valutazione della società a circa 170 miliardi di dollari, posizionandola tra le aziende AI più preziose al mondo.

Oracle investe $1 miliardo all’anno per un data center da 1,4 GW in Texas alimentato a gas: la corsa all’energia per l’era dell’AI

Oracle ha deciso di accelerare la sua strategia cloud focalizzata sull’intelligenza artificiale con un investimento da capogiro: la costruzione di un data center da 1,4 gigawatt a Abilene, in Texas, alimentato principalmente da gas naturale. Un progetto da 1 miliardo di dollari all’anno che riflette l’urgenza di scalare l’infrastruttura per l’IA e le sfide nel collegare strutture di tale portata alle reti elettriche tradizionali.

Il sito, noto come Lancium Clean Campus, è sviluppato in collaborazione con Crusoe Energy e si estende su 826 acri. È progettato per ospitare fino a 4,5 gigawatt di capacità computazionale, destinata principalmente a OpenAI. Questa espansione fa parte del progetto Stargate, che mira a potenziare l’infrastruttura per l’IA negli Stati Uniti. La scelta di alimentare il data center con generatori a gas è una risposta diretta alle lunghe attese per l’accesso alla rete elettrica, che possono richiedere anni.

Ucraina rifiuta lo scambio di territori con la Russia: sovranità contro compromesso

La proposta di uno scambio di territori tra Ucraina e Russia, che prevede la cessione di porzioni della regione di Donetsk in cambio di un cessate il fuoco e garanzie di sicurezza occidentali, ha suscitato reazioni di rabbia e incredulità tra le comunità ucraine, in particolare a Slovyansk. Molti residenti considerano questa proposta un tradimento della loro sovranità nazionale e un’offesa alla memoria dei soldati caduti. Svitlana Kuznetsova, che ha perso il nipote in battaglia, ha dichiarato che lascerebbe la sua casa di una vita se le forze russe prendessero il controllo della città.

Oda_Show AI and Trump progress

Autopoiesis si allea con Oracle per potenziare la propria AI

Il mondo dell’intelligenza artificiale è un’arena di gladiatori. Da un lato i colossi come OpenAI, Anthropic, Google DeepMind e la miriade di startup che propongono chatbot come distributori automatici di frasi preconfezionate. Dall’altro emerge Joseph Reth, “un ventenne”che ha fondato Autopoiesis Sciences, rifiutando offerte milionarie per costruire un’AI rivoluzionaria. La sua visione è chiara: creare un’intelligenza artificiale che non si limiti a generare risposte, ma che ragioni, verifichi, riconosca gli errori e li dichiari apertamente. Un’AI destinata a diventare un partner epistemico della scienza, superando modelli come GPT-5 e Grok, e siglando una partnership strategica con Oracle per sfruttare un’infrastruttura cloud enterprise-grade, robusta e certificata.

Hewlett Packard Enterprise tra intelligenza artificiale e mercato hardware Enterprise: la scommessa che può cambiare i multipli

L’upgrade di Hewlett Packard Enterprise a “Overweight” da parte di Morgan Stanley, in scia alla chiusura dell’acquisizione di Juniper, sembra un perfetto manuale di come l’intelligenza artificiale stia ridefinendo i multipli di valutazione nel mercato enterprise hardware. L’argomento non è banale: un titolo che da anni vive nella terra di mezzo tra commodity IT e infrastruttura strategica improvvisamente si trova etichettato come player di networking ad alto contenuto AI, con un target price che passa da 22 a 28 dollari e con un upside stimato del 18% sugli utili FY26. La matematica è semplice ma letale: se il mercato si convince che metà del business HPE è ormai networking con un’esposizione diretta all’AI, l’attuale multiplo di 8x diventa una distorsione temporanea, destinata a sparire come nebbia al sole di Palo Alto.

Bytedance e Deepseek alzano la posta nell’Open Source AI cinese

La narrativa occidentale ci ha abituati a pensare che l’innovazione nell’intelligenza artificiale sia un affare ristretto alle solite quattro o cinque corporation americane, ma la realtà si muove più veloce delle analisi degli analisti. ByteDance, l’azienda madre di TikTok e Douyin, ha appena messo sul tavolo un nuovo pezzo di artiglieria pesante: il modello Seed-OSS-36B. Nonostante i suoi “soli” 36 miliardi di parametri, la società proclama che questo modello open source non solo tiene il passo con concorrenti del calibro di Google e OpenAI, ma in certi benchmark li supera. Ironico, se si pensa che l’Occidente continua a guardare con sufficienza agli sforzi cinesi, mentre i laboratori di Pechino e Hangzhou stanno costruendo le fondamenta di un ecosistema AI più resiliente e, soprattutto, meno dipendente da chip e infrastrutture straniere.

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