
L’AI ha perso la testa. O meglio, l’ha trasferita nei nervi periferici. Perché la vera notizia non è che DeepMind abbia reso Gemini Robotics “più piccolo e più efficiente”, ma che abbia deciso di farlo vivere direttamente a bordo delle macchine, scollegandolo dalla placenta del cloud. Il nuovo modello vision-language-action di Google, annunciato come una versione on-device del già impressionante Gemini Robotics, rompe il cordone ombelicale della connettività perpetua e si installa nel corpo dei robot come un cervello portatile. Senza Wi-Fi, senza lag, senza autorizzazioni. Solo carne meccanica e sinapsi di silicio.