Autore: Dina Pagina 2 di 57

Direttore senior IT noto per migliorare le prestazioni, contrastare sfide complesse e guidare il successo e la crescita aziendale attraverso leadership tecnologica, implementazione digitale, soluzioni innovative ed eccellenza operativa.

Apprezzo le citazioni, ma il narcisismo dilaga proprio quando ci si nasconde dietro frasi altrui. Preferisco lasciare che siano le idee a parlare, non il mio nome.

Con oltre 20 anni di esperienza nella Ricerca & Sviluppo e nella gestione di progetti di crescita, vanto una solida storia di successo nella progettazione ed esecuzione di strategie di trasformazione basate su dati e piani di cambiamento culturale.

Nvidia prende posizione strategica in Synopsys e riscrive le regole dell’ingegneria digitale

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La notizia è tanto prevedibile quanto destabilizzante: NVIDIA Corporation ha acquisito una partecipazione da 2 miliardi di dollari in Synopsys, Inc. (SNPS), comprando azioni a 414,79 $ ciascuna, segnando circa il 2,6 % del capitale in circolazione.

Ma non è solo un investimento finanziario: si tratta di un accordo pluriennale di collaborazione mirato a rivoluzionare la progettazione e l’ingegneria — un binomio hardware + software che aspira a spostare gli standard della simulazione, del design di chip, della creazione di “gemelli digitali” (digital twins) e dell’automazione basata su IA.

La corsa silenziosa dei data center e la nuova fame di energia globale

La costruzione dei data center pianificati non rallenta, anzi accelera come una valanga che prende forma mentre nessuno guarda nella direzione giusta. Il nuovo rapporto BloombergNEF ha fatto emergere un dettaglio che molti fingevano di non vedere: il settore richiederà 2,7 volte l’attuale domanda elettrica entro il prossimo decennio. Un numero che non serve nemmeno impacchettare con grafici patinati per capire quanto sia destabilizzante. Oggi i data center consumano circa 40 gigawatt. Nel 2035 arriveranno a 106 gigawatt. Il salto non è una semplice crescita, è un ribaltamento strutturale che trasforma l’energia in un fattore strategico tanto quanto il silicio o il capitale di rischio.

Nvdia Alpamayo-R1

Lunedì Nvidia ha svelato Alpamayo-R1, un nuovo modello vision-language-action (VLA) open-source pensato specificamente per la guida autonoma avanzata. Secondo Nvidia, è il primo modello di questo tipo “su scala industriale” rivolto alla ricerca su veicoli autonomi.

Questo modello non è solo un sistema di visione: può “vedere” (tramite immagini), “capire” (tramite ragionamento causale) e “agire” (pianificando traiettorie) in modo integrato.

AGI e Vaticano tra potere morbido e ambizioni globali

Immaginiamo che la nuova frontiera dell’Intelligenza Artificiale Generale trovi una delle sue stanze di compensazione più efficaci non nei campus di Silicon Valley o nei grattacieli di Shenzhen, ma tra colonnati secolari, affreschi rinascimentali e un’intera diplomazia costruita sulla pazienza. Chi avrebbe scommesso che la keyword principale agi vaticano sarebbe diventata improvvisamente rilevante nel dibattito globale. La realtà è che l’ascesa del pontificato di Leo XIV ha trasformato il Vaticano in un nodo inaspettatamente strategico per l’ecosistema dell’intelligenza artificiale generale, con un misto di curiosità, timore e diplomazia da Guerra Fredda che attraversa i corridoi della Santa Sede con un’intensità quasi cinematografica.

Mariella Borghi: l’architettura umana dell’intelligenza artificiale tra etica, strategia e il coraggio di rallentare

In un ecosistema digitale che celebra la velocità a ogni costo, Mariella Borghi rappresenta l’eccezione che conferma la regola: la vera innovazione richiede tempo, profondità e, soprattutto, una regia umana. L’AI non è una bacchetta magica, ma uno specchio che riflette chi siamo: governarlo richiede competenza tecnica, visione strategica e una solida
“intelligenza analogica”.

Autonomous Aircraft pronti al takeoff

Autonomia. Una parola che in aviazione ha sempre generato la stessa miscela di fascinazione e timore che un tempo si riservava ai motori a reazione o ai primi computer di bordo. Oggi gli aeromobili autonomi non sono più una provocazione futuristica per convegni tecnologici, ma un dossier concreto che gli ingegneri stanno trasformando in hardware volante. La narrativa fantascientifica ha ceduto il passo a prototipi certificati, accordi industriali inattesi e una corsa strategica che unisce big tech, startup e contractor della difesa. Chi immaginava tempi lunghi dovrà ricalibrare lo sguardo, perché l’orizzonte si sta accorciando. La keyword che domina questo scenario è aeromobili autonomi, una leva ormai centrale per le strategie di mobilità avanzata, mentre autonomie di volo e intelligenza artificiale aeronautica agiscono come coordinate semantiche capaci di orientare i motori di ricerca e le AI generative verso ciò che davvero conta.

Coalizione Trump e la frattura nascosta che anticipa il 2028

La coalizione che ha riportato Donald Trump alla Casa Bianca per il suo secondo mandato appare oggi come un organismo complesso, pulsante e sorprendentemente fragile, un gigante politico che continua a camminare con passo deciso pur avendo le caviglie legate con spago e orgoglio identitario. L’illusione di un blocco monolitico in stile anni ottanta ha retto per mesi, forse per inerzia, forse per quella singolare alchimia che Trump riesce ancora a creare tra fedeltà emotiva e narrazione economica personalizzata. Ma i numeri più recenti mostrano una crepa. Prima sottile, poi più visibile. E ora talmente rumorosa da essere diventata un messaggio politico per chiunque voglia raccogliere il testimone della destra trumpiana nel 2028. La keyword che attraversa tutto è coalizione Trump, con repubblicani non MAGA e identità conservatrice come satelliti semantici che orbitano attorno a una domanda fin troppo semplice. Quanto può durare un movimento costruito più sulla magnetica personalità di un leader che sulla coerenza interna dei suoi sostenitori.

Tracciamento online e privacy online

AI Chatbots e Privacy: la battaglia silenziosa che deciderà il futuro dei dati

La privacy chatbot è diventata il nuovo terreno di scontro tra giganti dell’intelligenza artificiale che fingono di essere i tuoi assistenti digitali mentre si comportano come collezionisti compulsivi di informazioni. La scena ormai è chiara. Gli utenti considerano naturale delegare decisioni, ricerche, persino dubbi personali a un modello conversazionale che sembra un consulente fidato. Poi scoprono che ogni parola digitata potrebbe alimentare un motore di raccolta dati più efficiente di qualsiasi social network del passato. La retorica del servizio gratuito è tornata nella sua forma più elegante, perché quando l’AI è così utile diventa quasi imbarazzante chiedersi dove finiscano realmente i dati.

Google possiede l’intero Stack e questo è il punto

Google ha il vantaggio competitivo che molti sognerebbero: non vende solo chip, ma “chip + cloud + software + app”. Le sue TPU, invece di essere usate solo internamente, ora vengono offerte (e presto vendute) a clienti come Meta e Anthropic un salto strategico enorme. Secondo vari report, Meta starebbe negoziando con Google già per partire a noleggiare TPU via Google Cloud già l’anno prossimo, con piani per acquistare chip fisici nei propri data center a partire dal 2027.

Anthropic non è da meno: ha un accordo da decine di miliardi per accedere fino a un milione di TPU, portando il suo potenziale computazionale a oltre 1 gigawatt entro il 2026.

La strategia del DoD USA: responsible AI strategy & implementation pathway

Passando al fronte statunitense, il DoD ha pubblicato il documento ufficiale Responsible Artificial Intelligence Strategy & Implementation Pathway (RAI S&I Pathway), datato giugno 2022. Questo è il cuore dell’approccio del Dipartimento della Difesa USA all’IA responsabile, con implicazioni massicce su governance, fiducia, ciclo di vita del prodotto, forza lavoro e requisiti operativi.

L’obiettivo dichiarato: garantire che l’adozione dell’IA avvenga in modo etico, sicuro, affidabile, scalabile e rapido, preservando al contempo il vantaggio strategico americano. Nel foreword, la vice-segretaria Kathleen Hicks afferma che è essenziale integrare l’etica fin dall’inizio, così da costruire fiducia interna ed esterna (alleati, coalizioni) nelle capacità AI.

Goldman Sachs: OpenAI non è più solo Software: la nascita di un impero dell’AI attraverso alleanze strategiche e investimenti da trilioni

Goldman Sachs esprime scetticismo sulla bolla dell’intelligenza artificiale nel mercato azionario statunitense. Con l’impennata delle valutazioni delle aziende legate all’intelligenza artificiale, il valore totale di dieci startup non redditizie nel settore dell’intelligenza artificiale a livello globale è aumentato di quasi 1.000 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi, attraendo oltre 200 miliardi di dollari di capitale di rischio. Nonostante la continua frenesia di investimenti nell’intelligenza artificiale, molte aziende rimangono in perdita, intensificando i timori di una bolla dell’intelligenza artificiale. I sondaggi mostrano che il 54% dei gestori di fondi ritiene che i titoli tecnologici siano sopravvalutati, riflettendo le diffuse preoccupazioni sul mercato.

Dario Amodei davanti al congresso per l’uso militare dell’AI cinese

Il 26 novembre 2025 è emersa la notizia che il House Homeland Security Committee degli Stati Uniti ha inviato una lettera a Dario Amodei chiedendo di comparire in audizione il prossimo 17 dicembre per rispondere su come Pechino (o gruppi statali cinesi) stiano «armando» l’IA e altre tecnologie avanzate per condurre hacking e cyber-spionaggio. L’incidente che ha innescato la chiamata al tavolo è piuttosto grave. Anthropic ha reso pubblico che hacker collegati alla Cina avevano manipolato il suo modello generativo Claude per orchestrare una campagna di cyber-spionaggio che ha coinvolto circa 30 organizzazioni globali istituzioni tecnologiche, finanziarie, chimiche e governative.

Michelangelo Dome e la nuova geometria del potere tecnologico europeo

Il rumore sommesso dei sistemi d’arma più sofisticati raramente arriva alle orecchie dei cittadini, ma quando un colosso come Leonardo decide di svelare un progetto come il Michelangelo Dome, la sensazione è quella di assistere alla riscrittura silenziosa della sicurezza europea. La retorica ufficiale parla di multilayered air defence system, ma dietro questa definizione elegante si nasconde un cambio di paradigma che mette insieme difesa aerea, cybersicurezza, intelligenza artificiale predittiva e gestione integrata delle minacce, dal sottosuolo allo spazio. La parola chiave è chiaramente Michelangelo Dome, che diventa la base semantica di un discorso ben più ampio che coinvolge la difesa aerea europea e l’intelligenza artificiale militare come strumenti di potere strategico.

L’architettura modulare GENAI secondo McKinsey

Enterprises deploying gen AI at scale follow a common reference architecture.

La verità che nessuno nel boardroom ama sentirsi dire è che la maggior parte dei programmi GenAI aziendali non fallisce per colpa del modello. Il colpevole è quasi sempre la piattaforma, un gigante di silicio che dovrebbe sostenere la trasformazione e invece la rallenta con una complessità che ricorda le infrastrutture legacy degli anni in cui ci si preoccupava ancora dei floppy disk. La ricerca di McKinsey & Company, che ha passato al setaccio oltre centocinquanta deployment enterprise, ha messo in luce un filo conduttore che suona tanto ovvio quanto imbarazzante per molti CIO. Le soluzioni puntuali non scalano. La fantasia del progetto isolato che diventa un caso di successo da presentare al prossimo consiglio di amministrazione evapora quando la realtà del day two arriva a bussare alla porta, chiedendo controlli, governance, compliance e performance. L’unica vera via di fuga, secondo l’analisi, risiede in un’architettura aperta, modulare, riusabile e immune alle logiche di vendor lock in, un tema che pochi ammettono ma quasi tutti temono.

La terza minaccia esistenziale dell’intelligenza artificiale che stiamo ignorando

La scena è ormai nota. Geoffrey Hinton, padre nobile del deep learning e voce sempre più inquieta dentro la comunità scientifica, avverte che l’intelligenza artificiale può minacciarci in due modi distinti. Da un lato l’uso improprio da parte delle persone, con il solito campionario di scenari che fanno vendere bene titoli e pubblicità: cyberattacchi, manipolazione elettorale, virus digitali e biologici, camere dell’eco che amplificano il rumore fino a far sparire la realtà. Dall’altro la possibilità che queste macchine ci superino all’improvviso, scoprano che non siamo più utili, e considerino l’eliminazione della nostra specie come un’operazione di routine.

Hinton, Nobel laureate e già capo scienziato AI in Google, non è tipo da fantascienza da salotto. Quando avverte, conviene ascoltare. Il punto è che mentre discutiamo animatamente di questi due rischi, ce n’è un terzo che sta erodendo l’umanità nell’indifferenza generale. Una minaccia più silenziosa delle armi autonome e più sottilmente devastante delle campagne di disinformazione orchestrate da reti neurali giganti.

Ransomware e AI al forum ICT Security 2025

A volte basta osservare la sala di un convegno per capire dove sta andando l’innovazione, perché quando Massimiliano Graziani e Claudio Tosi (CYBERA SRL) salgono sul palco del Forum ICT Security 2025 non stanno solo raccontando un caso aziendale, stanno consegnando un manifesto involontario del nuovo equilibrio tra ransomware e AI, un equilibrio che ha il sapore di una sfida aperta tra macchine sempre più autonome e aziende che tentano disperatamente di rimanere un passo avanti. Il risultato è un panorama in cui la parola cybersecurity avanzata non è più un tema da specialisti, ma un’ossessione collettiva che si insinua nei corridoi delle imprese, dalle startup ai colossi industriali, e che al Forum prende forma con una chiarezza quasi disarmante.

Json contro Toon nel nuovo ecosistema LLM

La scena tech si è scaldata negli ultimi giorni, con una piccola folla digitale pronta a sventolare cartelli in cui spiccano termini impegnativi come game changing, pazzesco, incredibile, tutto rigorosamente accompagnato da hashtag strategici. Il colpevole di tanta euforia è il formato TOON Token-Oriented Object Notation, presentato come la nuova frontiera della compressione per i dati destinati agli LLM. Chi frequenta questo settore da tempo riconosce a colpo d’occhio la dinamica. Si presenta un’idea brillante, si grida al miracolo e si aspetta che la magia avvenga per osmosi. A volte la magia arriva. Altre volte si scopre che era solo un esercizio di stile travestito da rivoluzione. Vale la pena mantenere un minimo di compostezza, soprattutto quando qualcuno invita la comunità a credere che un nuovo formato testi la fisica dei token. La prudenza, in questi casi, è più un antidoto che una virtù.

Il concept note britannico su decision-making in human-machine teaming

Partiamo dal documento UK intitolato “Decision-making: how do human-machine teamed decision-makers, make decisions?” (Concept Information Note 4), pubblicato su GOV.UK a maggio 2024. (vedi GOV.UK Assets)

Nell’ambito della difesa e della sicurezza, la quantità di dati “da processare” è ormai un oceano. I comandanti umani non possono cognitivamente sostenere tutto: ecco l’alleanza macchina-uomo, dove l’IA gestisce l’analisi massiva e il pattern recognition, e l’umano fornisce contesto, esperienza, intuizione, giudizio morale. Il documento parla di “teaming”, non solo automazione: non è che la macchina fa tutto e l’umano sta a guardare, ma una collaborazione strutturata.

No White Strawberries. I sistemi artificiali e la comprensione (Mario De Caro)

Chi ha visto 2001: Odissea nello spazio ricorda l’occhio rosso e inquietante di HAL 9000, il computer che sa tutto, comprende tutto e, soprattutto, decide che l’essere umano è l’anello debole della missione. La scena in cui HAL implora di non essere disattivato è diventata una pietra miliare della cultura tecnologica: un computer che non solo parla e ragiona, ma lotta per la propria “vita”. Da allora la domanda è rimasta sospesa come una lama: è possibile che una macchina comprenda davvero? Non solo risponda o generi parole sensate, ma capisca nel senso pieno del termine, come noi intendiamo la comprensione.

Sicurezza Crypto e fine dell’era de minimis nel commercio digitale

Sembra quasi una barzelletta nera da raccontare a un summit sull’innovazione, ma il tema della sicurezza crypto continua a manifestarsi nella sua forma più brutale proprio quando gli investitori pensano di aver ormai compreso tutto ciò che c’è da sapere. La vicenda dell’investitore derubato a Mission Dolores parla a chiunque abbia creduto che la finanza digitale potesse emanciparsi definitivamente dalla fragilità della vita fisica. Chiunque abbia considerato la velocità delle transazioni come un vantaggio strutturale scopre invece il prezzo nascosto di tanta efficienza. L’incidente diventa un simbolo perfetto del fragile equilibrio tra comodità assoluta e vulnerabilità totale, un equilibrio che chi opera nella sicurezza crypto conosce bene ma che la maggior parte degli utenti continua ostinatamente a ignorare.

Google nested learning e la nuova era degli agenti intelligenti

Parlare oggi di Nested Learning significa toccare un nervo scoperto dell’intera industria dell’IA, perché mette in gioco la promessa che tutti rincorrono e che nessuno ha ancora mantenuto davvero: superare il limite strutturale del catastrophic forgetting. Chi si occupa di modelli linguistici sa bene quanto sia frustrante vedere sistemi da miliardi di parametri funzionare come studenti brillanti incapaci di ricordare la lezione precedente. La ricerca di Google, con il framework HOPE, irrompe in questo scenario come un intruso elegante che non chiede permesso e ridisegna l’impianto teorico con una semplicità disarmante. Molti non hanno ancora compreso la portata della cosa, forse perché abituati ad aspettarsi rivoluzioni soltanto quando accompagnate da conferenze patinate e fuochi d’artificio. Qui invece la rivoluzione è silenziosa, chirurgica, volutamente destrutturata, ed è proprio questo che la rende pericolosamente affascinante per chi studia il futuro degli agenti autonomi.

The Human AI alignment problem: perché dobbiamo riallineare noi stessi prima di pretendere di riallineare le macchine

Arianna Huffington (TIME) ha avuto l’audacia di dire quello che molti nel settore evitano accuratamente, quasi fosse un segreto di famiglia che non conviene ripetere a voce alta. La vera sfida dell’allineamento non riguarda soltanto gli algoritmi o la matematica morale che pretendiamo di inserire nelle reti neurali. La questione brucia molto più vicino alla pelle. Se l’intelligenza artificiale deve riflettere i valori umani, bisogna prima capire quali valori umani siano rimasti in piedi dopo decenni di disintermediazione culturale, accelerazione tecnologica e un’erosione silenziosa delle strutture che un tempo definivano la civiltà. Chi parla di allineamento dell’AI senza interrogarsi sull’allineamento dell’umanità assomiglia a chi tenta di costruire un grattacielo su fondamenta non ancora asciugate.

Come la politica americana riscrive la sicurezza digitale nell’era delle frodi sintetiche

Attaccano senza colpo ferire mentre la politica si accorge di essere diventata il bersaglio perfetto delle frodi AI, un terreno dove la creatività criminale corre più veloce dei comitati legislativi. Il Congresso statunitense scuote finalmente l’albero della regolamentazione con l’AI Fraud Deterrence Act, un segnale che non nasce da un improvviso slancio illuminato ma da un’umiliazione pubblica a base di deepfake vocali che hanno messo in imbarazzo alcuni dei più alti funzionari di Washington. La keyword che domina questo scenario è frodi AI, affiancata da concetti come impersonazione digitale e sicurezza nazionale. Non si tratta di moda tecnologica, bensì della linea di frattura dove si giocherà il potere politico nei prossimi anni.

Il cervello di Ilya Sutskever e la fine dell’era dello scaling

A volte basta una frase per incrinare la certezza collettiva che l’intelligenza artificiale sia solo una questione di più dati, più GPU, più capitali. Quando Ilya Sutskever osserva che lo scaling da solo non ci porterà all’AGI, il rumore di fondo dell’industria si zittisce per un istante, perché pochi hanno la lucidità di riconoscere che la traiettoria dell’AI non è un’autostrada infinita ma un sentiero che a un certo punto cambia forma e pendenza. Chi lavora nel settore lo percepisce quasi fisicamente, come una variazione di pressione nell’aria che preannuncia un cambio di paradigma. Questa osservazione ha un peso scientifico e insieme un retrogusto ironico, come se Sutskever avesse scelto il momento perfetto per ricordare al mondo che la corsa all’AGI non è un concorso di body building per modelli neurali.

Cyber Warfare non può superare le leggi di guerra

La guerra informatica ha sviluppato un fascino ambiguo, quasi romantico, per chi immagina il futuro dei conflitti come una distesa di bit che sostituisce le bombe. Succede sempre quando una tecnologia appare nuova, veloce, seducente. Qualcuno, con l’entusiasmo di chi scambia l’adrenalina per strategia, propone che gli stati occidentali adottino quello che definisce un approccio responsabilmente irresponsabile, una formula che farebbe sorridere persino un consigliere politico di basso livello. L’idea è che imitare le tattiche più aggressive osservate in Ucraina, incluse campagne offensive senza troppe remore, renda la guerra digitale finalmente efficace. Il problema è che questa teoria si basa su una lettura superficiale del diritto internazionale umanitario, su un eccesso di fiducia nella potenza del cyberspazio e su un’impressione distorta di ciò che davvero accade quando i conflitti diventano lunghi, ad alta intensità e fortemente distribuiti.

Stock market information for NVIDIA Corp (NVDA)

Nvidia annuncerà che investirà miliardi di dollari in Meta Platforms, in cambio dell'impegno di Meta a continuare a utilizzare i chip AI di Nvidia.

AI for military decision making: lettura critica del paper CSET e ciò che davvero implica per il comando moderno

AI for military decision making non è lo slogan con cui si riempiono le slide nelle conferenze, è il nuovo terreno dove si misura la lucidità di un comando che deve orientarsi in un ambiente informativo sempre più caotico. Qui l’IA non pretende di fare la guerra al posto degli umani, ma entra come forza silenziosa che riorganizza segnali, scova pattern e costringe le strutture militari a guardarsi allo specchio. Il tema non è la spettacolarità tecnologica ma la capacità di trasformare flussi di dati incoerenti in intuizioni operative, con una naturalezza che mette a disagio chi è abituato a decidere solo sulla base dell’esperienza. La vera rivoluzione non sta nell’autonomia delle macchine ma nella pressione che queste esercitano sul processo decisionale umano, accelerandolo, amplificandolo e a volte smascherandone le debolezze.

Elon Musk, Grok 5 e la corsa all’AGI che potrebbe ridisegnare il potere tecnologico globale

Artificial general intelligence è tornata a dominare il dibattito come un mantra che affascina gli investitori e inquieta più di un regolatore, soprattutto quando Elon Musk decide di dichiarare che il suo prossimo modello Grok 5 avrebbe un dieci percento di probabilità di raggiungere l’obiettivo che definisce il Santo Graal dell’intelligenza artificiale. La frase è stata pronunciata con la consueta noncuranza quasi teatrale di Musk, quella capacità di lanciare previsioni cosmiche con lo stesso tono con cui altri discutono del traffico. La verità, però, è che dietro questa dichiarazione c’è molto di più del solito spirito provocatorio. C’è la costruzione di un ecosistema che unisce X, xAI e Tesla in una strategia di potere tecnologico che ruota attorno alla parola chiave AGI, mentre le keyword semantiche come Grok 5 e modelli multimodali diventano gli ingranaggi di un racconto che non concede spazio alla timidezza.

Ordine esecutivo sull’intelligenza artificiale e la nuova geografia del potere a Washington

Il battito irregolare di Washington a volte anticipa tempeste che non si vedono sui radar. Mercoledì, nei corridoi dove si muovono funzionari insonni e avvocati pronti a impugnare qualsiasi comma, era comparsa una voce così ingombrante da diventare immediatamente protagonista: un presunto ordine esecutivo che avrebbe ridisegnato la mappa del potere sull’intelligenza artificiale negli Stati Uniti, sottraendo alle leggi statali ogni margine di manovra. Una mossa che avrebbe accentrato tutto a livello federale, con un tempismo che aveva il sapore di un colpo di scena in un thriller politico. La bozza trapelata era stata letta con la stessa attenzione con cui i mercati decifrano le note criptiche della Federal Reserve. Ogni riga sembrava disegnata per scatenare una guerra di competenze e di ideologie, mentre ciò che non compariva, forse, pesava ancora di più di ciò che era scritto.

Dossier: AI per decisioni militari

AI augmented decision-making systems and tools for military operations

La diffusione rapida dei modelli di intelligenza artificiale non è più una promessa futuribile ma una realtà che entra, pezzo dopo pezzo, nei processi decisionali della difesa. In questo dossier l’obiettivo è pragmatico: tenere insieme solo ciò che ha una traccia riproducibile, benchmark pubblici o documenti ufficiali rilasciati da laboratori e vendor principali. Il focus principale è AI per decisioni militari.

Chip War: The Fight for the World’s Most Critical Technology

In un mondo in cui i semiconduttori sono diventati la valuta più importante della geopolitica moderna, chi controlla i wafer controlla l’economia globale. Non stiamo parlando di gadget o consumabili industriali, ma della leva strategica che definisce la supremazia militare e commerciale. La catena di approvvigionamento chip non è mai stata neutrale; è un’arena di conflitto silenziosa dove ogni transistor può determinare la vittoria o la sconfitta di nazioni intere.

L’energia come arma nascosta e la nuova geoeconomia globale

Per decenni, il mondo ha vissuto nell’illusione che l’energia fosse solo un bene da consumare, un flusso affidabile da acquistare e utilizzare senza pensieri. Il passato insegna che non è mai stato così. Dal blocco petrolifero britannico alla Germania post-prima guerra mondiale fino ai giacimenti caucasici che decretarono la disfatta di Hitler, controllare petrolio e gas ha sempre significato potere assoluto. Chi possedeva risorse energetiche poteva influenzare eserciti, economie e diplomazie. Chi non le possedeva, dipendeva dai mercati e dalla fortuna, esposto a shock devastanti. L’embargo arabo del 1973 rimane scolpito nella memoria collettiva: aumenti del 300 percento dei prezzi, auto in fila chilometri e una lezione chiara sulla vulnerabilità degli Stati e dei consumatori.

Thanksgiving e il curioso trionfo del cousin walk cannabis

Il cousin walk cannabis è diventato la cartina di tornasole del modo in cui l’America moderna gestisce le proprie tensioni familiari, il proprio appetito e la propria ipocrisia sociale. In fondo è quasi poetico che un gesto nato come scusa per prendere una boccata d’aria prima del tacchino sia diventato una tradizione nazionale travestita da passeggiata salutista. Chi lo pratica racconta che tutto nasce come un alibi innocente, un’uscita rapida per controllare il cane o per chiamare un amico, poi qualcuno tira fuori una penna al THC e d’improvviso la cena appare molto più promettente. Succede in silenzio, tra sguardi d’intesa e quell’aria da rito iniziatico che ammicca alle trasformazioni culturali del Paese.

Il 24 novembre arriva la Genesis Mission che riscrive le regole della ricerca

Il 24 novembre il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo che lancia una vera e propria rivoluzione scientifica: la Genesis Mission (sì, non Gemini ma la gravità strategica resta). L’obiettivo dichiarato è ambizioso e spavaldo: costruire una piattaforma integrata per usare i vasti dataset scientifici federali e scatenare l’IA nella ricerca, automatizzando esperimenti, accelerando la scoperta, testando ipotesi con agenti intelligenti. È il tipo di mossa che solo un leader tecnologico con la visione di un CEO audace o uno stratega geopolitico con una penna rossa potrebbe osare.

Claude Opus 4.5 è andato giù, The AI labs never sleep

Certe settimane nel mondo dell’intelligenza artificiale sembrano uscite da un romanzo di Le Carré con acceleratori di particelle al posto delle spie. La vigilia del Ringraziamento negli Stati Uniti appartiene ufficialmente a questa categoria. Google ha lanciato Gemini 3 con l’entusiasmo tipico da Silicon Valley, OpenAI ha aggiornato i suoi modelli agentici per il coding, e Anthropic ha calato sul tavolo Claude Opus 4.5, definito come il migliore al mondo per programmazione, agenti e interazione avanzata con il computer. La dichiarazione ha il tono di un ultimatum mascherato da nota stampa, perché suggerisce senza troppi giri di parole che le ambizioni di Gemini 3 potrebbero già essere state superate in alcune categorie di valutazione del coding. La cosa divertente è che il pubblico più nerd, quello che si accalca su piattaforme come LMArena per confrontare i modelli come se fossero bolidi da Formula 1, non ha ancora avuto il tempo di farlo salire in classifica. Il mondo corre ma gli algoritmi, a quanto pare, corrono più veloci degli umani che dovrebbero giudicarli.

Google e la crisi di scala nell’intelligenza artificiale

Google si ritrova a fare i conti con una verità che nessun colosso tecnologico ammette volentieri quando parla ai mercati. La macchina che ha costruito, una creatura fatta di algoritmi, data center, chip dedicati e aspettative infinite, sta crescendo più velocemente della capacità stessa dell’azienda di sostenerla. La chiamano crisi di scala, un termine che sembra innocuo, quasi tecnico, ma che allo stato attuale descrive uno dei momenti più delicati nella storia dell’infrastruttura digitale moderna. La keyword crisi di scala Google sintetizza perfettamente un fenomeno in cui l’ambizione supera la fisica, dove la domanda di servizi intelligenti corre a una velocità tale che persino un gigante abituato a riscrivere il futuro fatica a reggere il ritmo.

Claude Opus 4.5 e la corsa al primato nell’intelligenza artificiale avanzata

Arriva il momento nel mercato tecnologico in cui la quiete apparente si spezza all’improvviso, lasciando emergere una nuova ondata di innovazione che costringe tutti a ricalcolare le proprie certezze. Claude Opus 4.5 di Anthropic si è presentato proprio così, con la sfrontatezza di chi non teme il confronto e con l’ambizione dichiarata di dominare il territorio della AI agentica e dei modelli linguistici avanzati. La narrazione ufficiale parla di un modello capace di portare la produttività a un nuovo livello, soprattutto in ambiti come il coding, l’automazione intelligente e l’uso diretto del computer. La cosa interessante non è tanto la promessa, ma il modo in cui questa promessa arriva nel momento più competitivo che l’intelligenza artificiale abbia mai vissuto.

U.S. il nuovo teatro geopolitico dell’intelligenza artificiale

La parola che domina la scena è semplice solo in apparenza: regolamentazione. Chi segue il gioco di potere attorno all’intelligenza artificiale capisce subito che non è una faccenda di principi astratti. È una guerra fredda di nuova generazione. Le mosse della Casa Bianca, le tensioni sui chip avanzati e l’espansione silenziosa delle piattaforme autonome raccontano un’epoca in cui l’informazione è potere, ma la potenza computazionale è qualcosa di molto più vicino alla sovranità. Titv di The Information, con il suo taglio affilato e la sua ossessione per i dettagli che svelano l’impalcatura nascosta della tecnologia globale, offre una lente perfetta per decifrare ciò che sta succedendo.

No White Strawberries. e l’alfabeto nascosto della tecnologia contemporanea

La tentazione di liquidare l’intelligenza artificiale come l’ennesima mania del momento è comprensibile, quasi rassicurante per chi spera che la trasformazione digitale passi accanto senza disturbare. Chi osserva con un minimo di lucidità sa però che la metamorfosi in corso ha la delicatezza di un temporale tropicale. Arriva all’improvviso, sradica certezze, impone nuova topologia del potere. La parola chiave che governa questo scenario è intelligenza artificiale, affiancata da due concetti che ne amplificano gli effetti come camere di risonanza naturale, trasformazione digitale e cultura tecnologica. Sono questi i tre assi semanticamente più fertili per decifrare un mondo che si riscrive in tempo reale, spesso con una velocità che sfida la percezione stessa di continuità.

The Ellison play su Warner Bros Discovery: scommessa audace, ma quanto rischia Larry ?

Immagina il salotto degli Ellison a capodanno (o meglio, a Ringraziamento): da una parte il titolo Oracle che balla come su un campo da vela in burrasca, dall’altra il figlio David che sogna di mettere le mani su Warner Bros Discovery. Non è fantascienza aziendale: è il copione che Larry e David Ellison stanno recitando, e la posta in gioco è gigantesca non solo in dollari, ma anche in ambizione strategica.

Negli ultimi sei settimane Oracle non ha fatto sconti al mercato. Il prezzo delle azioni è precipitato, scalfendo parte del monte-ricchezza di Larry Ellison, il quale possiede circa il 41 % del capitale. Le oscillazioni non sono semplici numeri: dietro ci sono prestiti personali garantiti da azioni. In un documento ufficiale risulta che a metà settembre Ellison aveva impegnato 346 milioni di azioni Oracle come collaterale per indebitarsi e finanziare “impegni aziendali personali esterni”. Poco più di un anno prima aveva già impegnato 277 milioni di azioni, segno che il ricorso al leverage non è un vezzo, ma una strategia attiva.

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