Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti non molla la presa su Google e, con la determinazione di un collezionista di francobolli ossessionato dall’ultimo pezzo mancante, ha nuovamente chiesto a un tribunale federale di costringere l’azienda di Mountain View a separarsi dal suo browser Chrome.
Autore: Dina Pagina 7 di 35
Direttore senior IT noto per migliorare le prestazioni, contrastare sfide complesse e guidare il successo e la crescita aziendale attraverso leadership tecnologica, implementazione digitale, soluzioni innovative ed eccellenza operativa.
Con oltre 20 anni di esperienza nella Ricerca & Sviluppo e nella gestione di progetti di crescita, vanto una solida storia di successo nella progettazione ed esecuzione di strategie di trasformazione basate su dati e piani di cambiamento culturale.

Le Nazioni Unite hanno proclamato il 2025 come Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica. Sebbene i computer quantistici non siano destinati a diventare accessibili al grande pubblico in tempi brevi, le ricerche innovative condotte da organizzazioni e aziende come IBM, Google e QueRa puntano a una significativa evoluzione dei processori quantistici entro il 2030. Tra gli attori principali che operano nel settore dei semiconduttori troviamo Intel, insieme ad aziende australiane come Diraq e SQC. Inoltre, i maggiori sviluppatori di computer quantistici fotonici includono PsiQuantum e Xanadu.
Per illustrare il potenziale trasformativo del calcolo quantistico, si può considerare la presentazione da parte di Google, nel lontano 2019, di un chip quantistico da 54 qubit. Questo chip ha completato un calcolo complesso in circa 200 secondi, un’impresa che avrebbe richiesto a un supercomputer tradizionale circa 10.000 anni.
Più di recente, la Cina ha affermato di aver sviluppato un computer quantistico presumibilmente un milione di volte più veloce di quello di Google. Ricercatori cinesi, utilizzando un computer quantistico D-Wave, sostengono di aver condotto il primo attacco quantistico riuscito contro algoritmi di crittografia comuni, definendolo una “minaccia concreta” per settori come quello bancario e militare, secondo quanto riportato dal SCMP.


La radiomica rappresenta una delle innovazioni più promettenti nel campo della diagnostica per immagini e della medicina personalizzata. Grazie all’uso avanzato di algoritmi di machine learning e all’estrazione di caratteristiche quantitative da immagini mediche, questa disciplina consente di decodificare informazioni nascoste nelle scansioni radiologiche, offrendo nuove opportunità per la diagnosi, la prognosi e la personalizzazione dei trattamenti.
L’analisi delle immagini mediche tradizionalmente si basa sull’interpretazione visiva da parte dei radiologi, un processo soggettivo che può variare in base all’esperienza del medico. La radiomica, invece, introduce un approccio quantitativo, estraendo automaticamente migliaia di parametri dalle immagini di risonanza magnetica (MRI), tomografia computerizzata (CT), PET e altre modalità. Questi parametri includono informazioni sulla texture, la forma, la dimensione e la distribuzione delle intensità di pixel all’interno della regione di interesse.

L’Intelligenza Artificiale (IA) sta trasformando radicalmente il settore sanitario, specialmente attraverso l’uso di modelli di apprendimento automatico applicati alle serie temporali. Questa evoluzione non solo permette una previsione più accurata della progressione delle malattie, ma fornisce anche supporto decisionale ai clinici, migliora la gestione delle risorse ospedaliere e abilita la personalizzazione dei trattamenti.
L’impatto dell’ia nella sanità: un ecosistema data-driven

Il 7 marzo 2025, il Presidente Donald Trump ha ospitato alla Casa Bianca il primo vertice sulle criptovalute, segnando una svolta significativa nella politica americana verso gli asset digitali. L’evento ha riunito leader del settore, tra cui Michael Saylor, CEO di MicroStrategy, Brian Armstrong di Coinbase e Brad Garlinghouse di Ripple, sottolineando l’impegno dell’amministrazione nel posizionare gli Stati Uniti come leader nel mondo delle criptovalute.
Durante il summit, Trump ha annunciato la creazione di una “Riserva Strategica di Bitcoin“, destinata a rafforzare la credibilità e la stabilità del mercato delle criptovalute. Questa riserva, che comprende asset digitali confiscati attraverso procedimenti penali o civili, rappresenta un passo audace verso l’integrazione delle criptovalute nell’economia nazionale.

Chase Lochmiller è co-fondatore e CEO di Crusoe Energy Systems, un’azienda che trasforma il gas naturale bruciato durante la produzione di petrolio in energia per data center. Ogni anno, oltre 145 miliardi di metri cubi di gas vengono sprecati, un’energia che supera il consumo annuale dell’Africa.
La tecnologia Digital Flare Mitigation di Crusoe riduce le emissioni, taglia i costi del cloud computing e risolve problemi infrastrutturali del settore petrolifero. Chase è venture partner presso Dragonfly Capital ed è stato general partner di Polychain Capital. Ha guidato il trading algoritmico a GETCO e lavorato come trader quantitativo a Jump Trading. Laureato in Matematica e Fisica al MIT, ha un Master in Informatica con specializzazione in Intelligenza Artificiale da Stanford. Appassionato di avventure, ha scalato cinque delle “Seven Summits,” incluso l’Everest.
Chase Lochmiller guarda ai miliardi che si stanno rovesciando sull’intelligenza artificiale con la calma di chi ha già vinto la lotteria prima ancora di comprare il biglietto. Per lui, questo momento è epico, paragonabile alla scissione dell’atomo, ma senza il fastidio delle conseguenze morali. Chi si preoccupava del costo quando si trattava di giocare con la fisica nucleare? Nessuno, ovviamente. E oggi, nessuno si preoccupa di quanto costi l’AI, purché la febbre dell’oro continui.

I membri del Congresso degli Stati Uniti vengono eletti per un periodo di 4 anni, solitamente 2 anni dopo l’elezione del Presidente. Quest’anno, 435 membri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti e 35 membri del
Senato degli Stati Uniti . Inoltre, 39 stati eleggeranno i governatori, mentre le cariche politiche minori saranno rinnovate anche nelle elezioni locali.
Ma a Washington il tempo è un concetto elastico, modellato ad arte dai burattinai della politica. Un giorno tutto sembra bloccato in un’eterna attesa, il giorno dopo la realtà cambia con la velocità di un tweet presidenziale. E, voilà, ecco le elezioni di medio termine! La scacchiera politica, pazientemente preparata da ogni stratega d’America, viene ribaltata come un tavolo da poker dopo una mano sfortunata.

La storia di Mark Leonard, (non è ZZ top) l’uomo che ha costruito un impero da 92 miliardi di dollari senza far rumore, non è solo il racconto di un genio dell’M&A. È il manifesto cinico di una contro-economia: l’anti-hype economy. In un’era in cui le lobby governano l’accesso all’AI, alla regolamentazione, al capitale e alla visibilità, Leonard ha scelto di non giocare quella partita. E, paradossalmente, ha vinto proprio per questo.
Mentre i venture capitalist bruciano miliardi su modelli generativi che sanno a malapena vendersi, Leonard accumulava aziende B2B nascoste nei meandri più noiosi del software verticale. Settori in cui non esistono panel, conferenze o evangelist da LinkedIn. Ma esiste, eccome, il cash flow.
Leonard non solo ha ignorato le lobby della Silicon Valley, ma ha deliberatamente costruito una macchina che le rende irrilevanti. Constellation Software non chiede favori regolatori, non ha bisogno di apparire al WEF o in un talk di TED. Non fa hype. Fa soldi.

AI: Il Sogno Elettrico È Già Incubo? Problemi Esacerbati, Ombre Rinnovate, Orrori Inauditi (citando Floridi)
Intelligenza Artificiale, IA, si dice… Una forza. Una promessa. Ma se fosse… altro? Una morsa. Un inganno. Il mondo cambia, veloce. Forse troppo. Problemi etici? Non solo. Incubi. Domande che nessuno vuole porre. Luciano Floridi, nel suo “The Ethics of Artificial Intelligence: Exacerbated Problems, Renewed Problems, Unprecedented Problems” (American Philosophical Quarterly, 2024), lo dice chiaro: stiamo aprendo un vaso di Pandora.
Artificial intelligence, il fantasma che si aggira nel regno digitale, sta rapidamente trasformando il nostro mondo, infiltrandosi in ogni aspetto della vita umana. Questa nuova Prometeo tecnologica promette avanzamenti senza precedenti, ma al tempo stesso spalanca il vaso di Pandora delle questioni etiche, richiedendo una riflessione filosofica profonda. Come sottolinea Luciano Floridi nella sua opera “The Ethics of Artificial Intelligence: Exacerbated Problems, Renewed Problems, Unprecedented Problems”, ci troviamo di fronte a una convergenza di problemi etici esasperati, rinnovati e completamente inediti.
There are many women who have changed the world, but if I had to choose a few who particularly inspire me, I would think of figures like Marie Curie, Rosalind Franklin, Ada Lovelace, and Malala Yousafzai.
Marie Curie was an absolute pioneer in the fields of physics and chemistry, becoming the first woman to win a Nobel Prize and the only person to receive two in two different scientific disciplines. Her research on radioactivity revolutionized science and laid the foundation for radiation therapy, saving millions of lives.
Rosalind Franklin, on the other hand, provided the crucial evidence for the discovery of the structure of DNA, although the credit was largely given to Watson and Crick. Her dedication to science, despite gender barriers, is an inspiration for anyone who believes in the power of knowledge.
Ada Lovelace is considered the first computer programmer in history: in the 19th century, she envisioned the potential of computers long before they existed. Her vision paved the way for modern computing and shows how innovative thinking can anticipate the future.
Malala Yousafzai, Nobel Peace Prize laureate, is a living example of courage and determination. She risked her life to defend girls’ right to education in Pakistan and continues to fight for equality and access to education worldwide.
How about you? Which women inspire you the most and why?

La storia è da sempre un motore di potere e influenza nelle società umane, e se Platone avesse ragione, oggi le storie che vengono raccontate sull’intelligenza artificiale (AI) potrebbero determinare chi governa e come viene governato il futuro. In un’epoca in cui il dibattito sull’AI è sempre più acceso e articolato, le narrative si moltiplicano, spesso con obiettivi opposti e a volte contrastanti, a seconda di chi le racconta. Gli sviluppatori di modelli di AI, le aziende che li applicano, i governi e gli utenti finali sono tutti protagonisti di una trama che cambia rapidamente. E, mentre tutti questi attori raccontano storie sull’AI, la domanda che emerge è chi, alla fine, avrà il controllo e come ciò influenzerà il futuro del lavoro e della società.

L’intelligenza artificiale senza anima: un’Agentività Fantasma che riplasma la realtà
Un recente paper di Luciano Floridi, intitolato “Artificial Intelligence as a New Form of Agency (not Intelligence) and the Multiple Realisability of Agency Thesis”, ci conduce in un futuro parallelo in cui l’intelligenza artificiale non possiede una mente, ma esercita un potere silente, simile a quello di un’agenzia fantasma. In questa visione, l’IA non è una mente superiore, ma un’entità operativa che plasma la realtà con freddezza algoritmica, dove il calcolo sostituisce la coscienza.
Floridi ci guida in un’analisi che sfida la tradizionale visione antropocentrica, mettendo in discussione la comune associazione tra intelligenza e decisione autonoma. Nel suo elaborato, Floridi abbandona la retorica dell’intelligenza artificiale “umana” per abbracciare una concezione in cui il potere decisionale risiede in una logica di mera funzionalità. In un mondo in cui gli errori umani erano un tempo la scintilla dell’innovazione e della creatività, ora la perfezione algoritmica elimina ogni margine di incertezza, riducendo l’umanità a un semplice ingranaggio in una macchina di precisione spaventosa e impersonale.

HP Enterprise ha subito un duro colpo in Borsa dopo la pubblicazione di un outlook al di sotto delle aspettative, principalmente a causa delle nuove tariffe imposte dagli Stati Uniti e della forte pressione competitiva sui prezzi. La società ha inoltre annunciato un piano di riduzione dei costi che include tagli alla forza lavoro, mentre prosegue l’iter per l’acquisizione da 14 miliardi di dollari di Juniper Networks, attesa per la fine dell’anno.
L’outlook fornito per il trimestre in corso ha deluso il mercato, con un utile per azione rettificato stimato tra 0,28 e 0,34 dollari, ben al di sotto delle previsioni di 0,48 dollari. Anche il fatturato atteso tra 7,2 e 7,6 miliardi di dollari è inferiore alle stime degli analisti di 7,94 miliardi.

L’Unione Europea, con la sua proverbiale capacità di intervenire in ritardo sulle sfide tecnologiche, ha finalmente trovato una nuova crociata: il cloud sovrano.
Dopo aver lasciato che Amazon, Microsoft e Google si spartissero il mercato come un banchetto già servito, ora le aziende europee provano a rientrare in partita con un colpo di scena che sa tanto di déjà-vu.
A muoversi sono Aruba, IONOS e Dynamo, che con il progetto EuroStack e il nuovo standard SECA (Sovereign European Cloud API) vogliono rimettere in discussione l’egemonia americana nel cloud. Il nome stesso è una dichiarazione d’intenti: sovranità, indipendenza, regolamentazione europea. Tutto molto bello sulla carta, ma la domanda vera è un’altra: davvero si può scardinare un dominio consolidato con qualche regolamento e un po’ di buona volontà?
Non è la prima volta che l’Europa prova a difendere il proprio spazio digitale dagli USA. Si era già tentato con GAIA-X, un progetto partito con grandi ambizioni e finito per diventare l’ennesimo esempio di burocrazia senza impatto reale.

Nel frattempo, nel fantastico mondo in cui la geopolitica incontra la tecnologia a colpi di miliardi di dollari, sta accadendo qualcosa di surreale: i dirigenti di TSMC, il colosso incontrastato dei semiconduttori, si sono trovati nella bizzarra posizione di dover difendere il loro investimento negli Stati Uniti… dai taiwanesi stessi. Perché nulla dice “sovranità tecnologica” come una conferenza stampa a Taipei per spiegare che no, non stanno svendendo il futuro del Paese, anche se stanno spostando capacità produttiva altrove.
La bomba è esplosa lunedì, quando TSMC ha annunciato un piano di investimento da 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti, che include tre nuove fabbriche di chip. Per Washington, un colpaccio. Per Taiwan, un incubo. Immaginate la scena: gli americani festeggiano perché finalmente tornano a contare qualcosa nella produzione di semiconduttori, mentre a Taipei qualcuno suda freddo all’idea che, se l’industria dei chip si sposta troppo a Ovest, potrebbe venir meno uno dei principali deterrenti contro una certa “amicizia” forzata da parte di Pechino.

Il “War for Intelligence” segna un cambio di paradigma radicale rispetto al passato. Nel “War for Talent”, le aziende facevano di tutto per attrarre i migliori talenti, creando ambienti di lavoro confortevoli e pieni di benefit. Ma ora, nella guerra per l’intelligenza, il vero rivale non è più l’individuo, ma i sistemi informatici. L’intelligenza artificiale, in grado di lavorare 24 ore su 24 a una frazione dei costi umani, sta oscurando rapidamente il valore del talento umano.
Un cambio di potere che ormai non può più essere ignorato. Le aziende, una volta costrette a competere per i migliori professionisti, ora si trovano in una posizione di dominio, dove le macchine sono i veri protagonisti e l’essere umano è relegato a un ruolo secondario. L’aspetto interessante di questo scenario non è solo la sostituzione di lavoratori con macchine, ma la progressiva trasformazione della cultura aziendale e sociale, dove il potere ritorna nelle mani di chi controlla la tecnologia.

Un caffè al BAR dei Daini
Nelle ultime settimane, tre dei principali colossi tecnologici, Tesla, Alphabet e Amazon, hanno registrato un calo significativo delle loro quotazioni azionarie, entrando in quello che gli analisti definiscono “territorio ipervenduto”. Questo fenomeno si verifica quando un titolo subisce una vendita massiccia, spesso oltre il suo valore intrinseco, suggerendo una potenziale opportunità di acquisto per gli investitori a lungo termine.
Il 6 marzo 2025, le azioni di Tesla hanno subito una flessione del 4,4%, spingendo l’analista Ben Kallo di Baird a classificarle come una “Bearish Fresh Pick”. Kallo, noto per le sue precedenti previsioni accurate, ha espresso preoccupazioni riguardo alle stime di consegna del primo trimestre, alla possibile interruzione della produzione del Model Y e alle vendite deboli in Cina ed Europa. Nonostante ciò, mantiene una visione positiva sul lungo termine, con un target price rivisto a 370 dollari, in calo rispetto ai precedenti 440 dollari.

E così, dopo anni passati a divorare il web come un all-you-can-eat di dati gratuiti, l’intelligenza artificiale si trova di fronte a un problema esistenziale: cosa succede quando il buffet finisce? A quanto pare, la scorpacciata di contenuti liberamente accessibili sta per terminare, e ora le AI rischiano di rimanere a digiuno o, peggio ancora, di doversi nutrire dei propri rigurgiti.
Il campanello d’allarme è arrivato con il caso DeepSeek, un modello AI cinese che sembra ripetere le stesse risposte di ChatGPT come uno studente impreparato che copia dal compagno di banco. Secondo un’indagine di Copyleaks, il sospetto è che sia stato addestrato su output di OpenAI, il che significa che l’industria sta iniziando a masticare e risputare i propri contenuti. Un po’ come un ristorante che serve piatti riciclati dal giorno prima.
A mettere il timbro ufficiale su questa crisi è stato Sundar Pichai, CEO di Google, che al Dealbook Summit del New York Times ha sentenziato: “Abbiamo spremuto il web come un limone e il progresso d’ora in poi sarà più difficile.” Traduzione: abbiamo finito i dati gratis, ora o si paga o ci si arrangia.

Sentient World Simulation: Il “gemello digitale” della Terra tra strategie militari e scenari futuri
Se molti della mia generazione sono diventati ingegneri informatici, hanno sfidato bollette telefoniche esorbitanti per scaricare dalle BBS o sono stati i primi con Internet in casa, parte del merito (o colpa) è di WarGames – Giochi di Guerra, film del 1983 diretto da John Badham, già regista di La Febbre del Sabato Sera. Ho visto Wargames più di qualsiasi altro film. Deve essere almeno 30 volte. Penso ancora che sia il miglior film di hacker di tutti i tempi.

Il vecchio computer nel filmato in bianco e nero del Professor Falken con il figlio è un IBM AN/FSQ-7, un vero computer militare degli anni ’50. Pesava 275 tonnellate, occupava oltre 2.000 metri quadrati ed era usato per rilevare bombardieri russi.
Negli ultimi anni, il concetto di “simulazione del mondo” ha fatto passi da gigante, trasformandosi da pura fantascienza a strumento strategico di analisi geopolitica e decisionale. Tra i progetti più ambiziosi in questo campo spicca il Sentient World Simulation (SWS), un modello computazionale avanzato in grado di replicare dinamiche globali e prevedere scenari futuri. Ma chi lo ha sviluppato? Quali tecnologie utilizza? E quanto costa un sistema di tale portata?

La corsa globale per la supremazia nell’intelligenza artificiale (IA) è diventata una questione geopolitica di grande rilevanza. I governi di tutto il mondo percepiscono l’IA come una battaglia in cui chi vince prende tutto, con la paura di essere sorpassati dai loro avversari internazionali. Una competizione alimentata dall’alta posta in gioco che l’IA può avere nel rivoluzionare economie, industrie e capacità militari. Tuttavia, la situazione potrebbe non essere così semplice come sembra. Mentre le nazioni puntano sullo sviluppo dei modelli di IA, il vero potere potrebbe risiedere non tanto nei modelli stessi, quanto nell’intero ecosistema che li circonda.
Il vero valore: gli ecosistemi più che i modelli
I modelli di IA sono incredibilmente complessi e costosi da sviluppare e mantenere. Le spese necessarie per costruire, addestrare e affinare questi modelli possono essere astronomiche, e il loro valore tende a diminuire nel tempo. In altre parole, i modelli di IA sono destinati a diventare delle merci, simili a come le compagnie telefoniche di un tempo sono diventate “reti stupide” infrastrutture essenziali, ma non più particolarmente redditizie. Il vero valore della rivoluzione dell’IA risiede nell’ecosistema che circonda i modelli: l’hardware, i data center, le applicazioni software e i servizi che rendono questi modelli utilizzabili, scalabili e adattabili alle applicazioni reali.

Durante l’AI Agenda Live, John Kaplan, direttore scientifico di Anthropic, ha rivelato un aspetto strategico che potrebbe segnare un punto di svolta nell’adozione delle intelligenze artificiali nei settori legale e finanziario. I modelli sviluppati da Anthropic, una delle aziende emergenti nell’ambito dell’intelligenza artificiale, sono infatti in rapida adozione tra studi legali e finanziari, un fatto che apre nuove sfide per gli assistenti intelligenti già consolidati, come Harvey e Legora. Questi assistenti, noti per essere strumenti mirati a semplificare e velocizzare il lavoro nei rispettivi settori, potrebbero dover affrontare una concorrenza sempre più agguerrita da parte delle soluzioni innovative portate avanti da Anthropic.

La decentralizzazione è il futuro.
L’IA prometteva di risolvere tutto, tranne il suo problema più grande: gestire i soldi. Perché, diciamocelo, un’intelligenza che non può pagare da sola non è poi così “intelligente”. Ecco perché gli sviluppatori stanno integrando l’IA con la blockchain, per permettere a robot e agenti artificiali di amministrare asset digitali e stipulare contratti senza dover chiedere il permesso a un umano.
I cervelloni di Coinbase Developer Platform, OpenMind e Robonomics stanno trasformando gli agenti AI in vere e proprie entità economiche autonome. L’IA di base non può gestire un portafoglio, inviare denaro o persino iscriversi a una banca. Una limitazione che, in un mondo governato dal denaro digitale, la rende meno indipendente di quanto si creda.

Il Newnal AI Phone. Un mix tra Rabbit R1, Gemini Assistant e un film di fantascienza che probabilmente non finisce bene per l’umanità. Ah, e c’è pure della blockchain in mezzo, perché ovviamente non poteva mancare.
Newnal AI è una startup coreana con un pedigree interessante: ha sviluppato un sistema di verifica dei vaccini basato su blockchain, ampiamente utilizzato nel paese. Ma prima che tu possa alzare il sopracciglio alla parola “blockchain”, il fondatore YT Kim ha subito chiarito: “Non abbiamo mai venduto criptovalute”. Insomma, sanno bene che il termine ha lo stesso appeal di una telefonata dal servizio clienti di una banca.

Il 5 marzo 2025, un tribunale federale di Oakland, California, ha respinto la richiesta di Elon Musk di bloccare la transizione di OpenAI da organizzazione non profit a entità a scopo di lucro. Il giudice distrettuale Yvonne Gonzalez Rogers ha stabilito che Musk non ha fornito prove sufficienti per giustificare un’ingiunzione preliminare, ma ha manifestato apertura a un processo accelerato entro l’anno, data l’importanza pubblica della questione.

Il mercato si schianta, la Casa Bianca balbetta, i dazi vanno e vengono come un temporale estivo. Se non ti piace la politica commerciale di Trump, aspetta cinque minuti: cambierà di nuovo. Martedì sera, dopo due giorni di svendite di mercato causate dai suoi dazi su Canada e Messico, il segretario al Commercio Howard Lutnick è andato in TV a promettere che mercoledì sarebbe arrivato un compromesso. (Foxnews)
“Il mercato è crollato? Beh, forse scherzavamo.”
Gli investitori hanno capito il messaggio: mercoledì i mercati riprenderanno fiato, recuperando parte del 3% perso nello S&P 500. Ma chi pensa di poter rilassare i nervi, si sbaglia di grosso. Lutnick (Bloomberg) ha legato l’esistenza dei dazi al tasso di morti per fentanyl negli USA un criterio che, in termini di prevedibilità economica, è degno di un oroscopo finanziario. Oggi le tariffe servono, domani chissà.

L’evoluzione di Mistral AI negli ultimi due anni è un chiaro esempio di un trend inevitabile nel settore dell’intelligenza artificiale: il passaggio da un modello completamente open source a una struttura ibrida, fino all’introduzione di abbonamenti. Questo fenomeno, noto come open washing, si verifica quando un’azienda inizia con una forte impronta open source per attrarre utenti e sviluppatori, ma poi si sposta progressivamente verso un modello chiuso e commerciale per garantire la sostenibilità economica.
Nel 2023, Mistral AI ha fatto il suo ingresso con un approccio radicalmente aperto, rilasciando modelli con pesi accessibili a tutti. Questo ha generato entusiasmo e ha contribuito a diffondere il suo nome nella comunità AI. Tuttavia, un modello di business basato esclusivamente sull’open source puro è difficile da sostenere nel lungo periodo. La ricerca, l’addestramento e l’infrastruttura necessaria per sviluppare modelli avanzati di intelligenza artificiale richiedono investimenti significativi.

Nvidia e Amazon, due colossi tecnologici, stanno attraversando fasi finanziarie degne di nota all’inizio del 2025. Nvidia ha subito un calo significativo del valore delle sue azioni, mentre Amazon è entrata in una fase di ipervenduto per la prima volta in sette mesi.
Nvidia ha registrato un calo dell’8,7% in un solo giorno e una diminuzione complessiva del 15% dall’inizio dell’anno. Questo declino è sorprendente, considerando che l’azienda ha recentemente lanciato il suo prodotto di punta, Blackwell, con vendite per 11 miliardi di dollari nel trimestre precedente. Nonostante ciò, l’analista di Bernstein, Stacy Rasgon, vede in questa situazione un’opportunità per gli investitori. Le azioni di Nvidia sono attualmente scambiate a un premio leggermente superiore rispetto all’S&P 500, il più basso dal 2016, e al di sotto della parità rispetto al PHLX Semiconductor Index, vicino ai minimi decennali. Inoltre, il titolo viene scambiato a 25 volte gli utili futuri, il multiplo più basso in un anno. Storicamente, acquistare Nvidia a questa valutazione si è rivelato redditizio per gli investitori.

John Patten, il co-fondatore di Treasure, ha una missione: trasformare il gaming e la finanza decentralizzata in un parco giochi per l’intelligenza artificiale. Dal 2017, anno del suo battesimo nel mondo cripto (un’epoca in cui si poteva ancora far soldi con NFT di gattini pixelati), Patten ha contribuito a vari progetti, tra cui Osmosis, per poi fondare Treasure nel 2021. Nato come un’iniziativa NFT, oggi Treasure si è evoluto in quella che alcuni definiscono “una console di gioco decentralizzata” e altri un’altra bolla speculativa in attesa di esplodere.

Fermion Protocol si prepara a rivoluzionare il settore della tokenizzazione di asset reali (RWA) con un ambizioso progetto basato su Ethereum Layer-2 Base. La sua strategia di lancio prevede la frazionizzazione del celebre Glass Suit di Dolce & Gabbana, un’opera d’arte digitale e fisica acquistata per 1 milione di dollari nel 2021. Questo asset, originariamente tokenizzato come NFT sulla blockchain di Ethereum, è destinato a diventare il primo esempio di una nuova generazione di beni di lusso digitalizzati e accessibili attraverso la blockchain.

Amazon sta sviluppando un proprio modello di intelligenza artificiale con capacità avanzate di ragionamento, un passo che potrebbe ridefinire la competizione nel settore. Secondo Business Insider, il nuovo sistema, che verrà lanciato sotto il marchio Nova a giugno, punta a integrare un approccio di hybrid reasoning per offrire risposte più rapide e un pensiero esteso più complesso all’interno di un’unica piattaforma.

Patrick Soon-Shiong, miliardario proprietario del Los Angeles Times, ha annunciato che il giornale utilizzerà l’intelligenza artificiale per etichettare gli articoli con una nuova dicitura chiamata “Voices“, che segnala quelli con un punto di vista esplicito o scritti in chiave personale. Inoltre, alcuni pezzi riceveranno “Insights”, riassunti generati dall’IA che includono anche “punti di vista differenti“. L’obiettivo dichiarato? Dare ai lettori una panoramica più ampia e trasparente delle notizie.
L’iniziativa ha provocato l’ira della redazione e del sindacato del giornale. Il vicepresidente della LA Times Guild, Matt Hamilton, ha dichiarato che distinguere tra notizie e opinioni è importante, ma affidare il compito a un’IA senza supervisione editoriale rischia di minare la fiducia nel giornalismo. E a giudicare dai primi risultati, sembra che avesse ragione.

Il lato emotivo dell’intelligenza artificiale è probabilmente uno dei più sottovalutati, e non mi riferisco solo al concetto di “grande distacco”. Da tempo è noto che l’IA sta imparando a leggere, riconoscere e reagire alle nostre emozioni, e che può mostrare empatia e calma in situazioni in cui un dipendente umano potrebbe aver già perso la pazienza. È anche noto che, a volte, gli esseri umani preferiscono interagire con i chatbot, trovandoli più empatici rispetto agli umani, finché non scoprono che stavano interagendo con una macchina, momento in cui la situazione cambia radicalmente.
Potremmo obiettare che questo accade solo perché non siamo ancora abituati a questa dinamica. Un tempo, ad esempio, le amicizie online o qualsiasi cosa accadesse nel contesto digitale venivano etichettate come “non reali”, ma oggi non usiamo più molto i termini “virtuale” o “online”. Ci siamo abituati ai social media e ora, lentamente, ci abitueremo anche agli “umani” creati dall’IA. Ma è davvero così semplice?

CoreWeave si prepara a fare il grande salto con una IPO che promette scintille, offrendo agli investitori un’altra via per cavalcare l’onda dell’intelligenza artificiale. E a prima vista, il suo percorso sembra da manuale: ricavi esplosi a 1,9 miliardi di dollari, un aumento di otto volte che farebbe impallidire persino le startup più ambiziose. Ma come spesso accade nella Silicon Valley, non è tutto oro quel che luccica.
Microsoft, cliente e al tempo stesso potenziale carnefice di CoreWeave, rappresenta il 62% del fatturato della società. Una concentrazione del rischio così elevata non è certo musica per le orecchie degli investitori, che sanno bene quanto possa essere volubile il gigante di Redmond. Oggi ha bisogno di CoreWeave per gestire la fame insaziabile di potenza di calcolo dell’AI, domani potrebbe decidere di farne a meno. Soprattutto se, come pare, l’offerta di data center AI inizierà a normalizzarsi.

L’industria tech ha sempre avuto un talento straordinario nel vendere sogni confezionati come rivoluzioni, ma questa volta Cortical Labs si è superata. Con il loro CL1 e la cosiddetta “Cortical Cloud“, promettono di aver creato il primo computer biologico code-deployable. Una fusione tra neuroni coltivati in laboratorio e chip di silicio, capace di apprendere in modo intuitivo, con una presunta efficienza senza precedenti. Sembra il trailer di un film di fantascienza, ma nella realtà, dietro il fumo delle buzzword, la sostanza è molto più discutibile.

Nel mondo dell’Intelligenza Artificiale, ci sono le rockstar e ci sono gli outsider. Da una parte, abbiamo i Large Language Models (LLM), le celebrità del momento, i modelli linguistici che monopolizzano l’attenzione dei media, delle aziende e degli investitori. ChatGPT, Gemini, Claude: tutti ne parlano, tutti vogliono un pezzo della torta. Ma poi c’è una branca dell’AI che viene trattata come il parente imbarazzante alle cene di famiglia: l’Intelligenza Spaziale, ovvero la capacità di un’AI di comprendere e simulare il mondo fisico in tre dimensioni, nel tempo e nello spazio.
Chiamatela Spatial Intelligence, Physical Intelligence, Geospatial AI o World Models. Non sapete quale nome usare? Bene, ecco il primo problema.

Microsoft ha recentemente introdotto Dragon Copilot, un assistente AI progettato specificamente per il settore sanitario. Questo sistema combina la tecnologia di riconoscimento vocale di Nuance, acquisita da Microsoft nel 2021, con avanzate capacità di intelligenza artificiale per assistere i professionisti sanitari nella documentazione clinica e in altre attività amministrative.
Dragon Copilot offre diverse funzionalità chiave. Innanzitutto, automatizza la creazione di note cliniche durante le visite, riducendo significativamente il carico amministrativo per i medici e permettendo loro di concentrarsi maggiormente sulla cura del paziente. Inoltre, il sistema supporta la dettatura in linguaggio naturale e la creazione di note multilingue, facilitando la comunicazione in ambienti sanitari diversificati. Tra le altre capacità, Dragon Copilot può generare ordini medici, riassunti clinici e lettere di referral, contribuendo a migliorare l’efficienza operativa all’interno degli studi medici e degli ospedali.

Si parla molto della possibilità che gli sviluppatori software perdano il lavoro a causa dell’IA. Tuttavia, non si tratta della fine della programmazione, ma della fine della programmazione come la conosciamo oggi. Questo mese è apparso un interessante editoriale che ne ripercorre l’evoluzione.
In un panorama tecnologico in rapida evoluzione, l’intelligenza artificiale (IA) sta ridefinendo il settore della programmazione, suscitando timori e speranze tra gli sviluppatori di software. Contrariamente alle previsioni più pessimistiche, non si tratta della fine della programmazione, ma di una trasformazione radicale che richiede nuove competenze e apre orizzonti inesplorati.

Nel panorama in rapida evoluzione dell’intelligenza artificiale, una nuova tecnica sta rivoluzionando il modo in cui i modelli vengono sviluppati, riducendo drasticamente i costi e democratizzando l’accesso a strumenti avanzati. Si tratta della “distillazione”, un processo che permette di trasferire le capacità di un modello AI di grandi dimensioni a uno più piccolo e leggero, mantenendo al contempo prestazioni elevate. Questa innovazione ha già sconvolto il settore, mettendo in discussione la supremazia di colossi come OpenAI, Microsoft e Meta, e favorendo l’ascesa di nuove realtà come la cinese DeepSeek.

Sergey Brin è tornato. No, non per riprendersi le redini di Google, ma per dare una bella scossa ai poveri ingegneri di DeepMind, perché a quanto pare non stanno correndo abbastanza nella maratona dell’Intelligenza Artificiale. Il cofondatore di Google, che aveva mollato tutto nel 2019 per godersi la vita da miliardario, ha deciso che ora è il momento di mettere il turbo. E cosa c’è di meglio di un’email motivazionale per trasformare il lunedì mattina di un programmatore in un incubo a occhi aperti?
Brin ha gentilmente suggerito (NYTimes) ai dipendenti di DeepMind di abituarsi a lavorare 60 ore a settimana (perché dormire è sopravvalutato), di presentarsi in ufficio “almeno ogni giorno lavorativo” (che in codice aziendale significa: scordatevi lo smart working) e, soprattutto, di fare tutto più velocemente e in modo più semplice. Insomma, un messaggio rassicurante per chi pensava di avere ancora un briciolo di equilibrio tra vita e lavoro.