Non ha ancora prodotto nulla. Nessun dispositivo lanciato. Nessun fatturato. Solo 55 dipendenti. Eppure vale 6,5 miliardi di dollari. È la nuova magia della Silicon Valley, una magia alimentata da hype, nomi pesanti e una generosa dose di capitali che sfidano qualsiasi logica economica tradizionale. La startup si chiama Io Products, ma avrebbe potuto tranquillamente chiamarsi Unicorn Dust e avrebbe avuto lo stesso effetto sui fondi venture capital.
In cabina di regia, due volti che già da soli valgono la copertina di qualsiasi rivista patinata: Jony Ive, il designer ex Apple che ha disegnato più oggetti di culto di quanti ne abbia mai venduti una Apple Store di Manhattan, e Sam Altman, il demiurgo dell’intelligenza artificiale pop. Non ci voleva la sfera di cristallo per immaginare che, mettendo insieme questi due archetipi – il designer divino e il visionario dell’AI – il risultato sarebbe stato un cocktail micidiale per attrarre investimenti. Quello che sorprende, semmai, è la rapidità con cui il castello di sabbia è stato valutato come fosse un tempio d’oro.
Il fatto è che Io Products è ancora un enigma. I documenti registrati in California raccontano una storia fatta di 220 milioni di dollari raccolti sotto il radar, tra un prestito obbligazionario da 62 milioni e un finanziamento da 160. Thrive Capital, l’azienda di Joshua Kushner, è entrata nel gioco molto prima che il resto del mondo si accorgesse che il re era nudo ma molto fotogenico. Con un investimento iniziale da 30 milioni di dollari, oggi potrebbe trovarsi con una plusvalenza annualizzata del 2.067%. Avete letto bene: duemilasedici percento.
Sembra quasi un remake di Instagram nel 2012, quando Facebook la comprò a un miliardo di dollari senza che avesse ancora generato un solo dollaro. Ma almeno Instagram aveva 30 milioni di utenti. Io Products non ha utenti. Non ha neppure clienti. Non ha un prodotto. Ma ha potenziale. E la parola magica nel venture capital è sempre quella: potenziale. “Non investiamo in ciò che è, ma in ciò che potrebbe essere”. Tradotto: ci scommettiamo, ma se perdiamo fingiamo che fosse tutto parte della strategia.
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