E rieccoci. Come un sequel che nessuno ha chiesto ma che tutti sospettavano sarebbe arrivato, Google torna al centro del mirino del Dipartimento di Giustizia USA. Il tema? Sempre lo stesso: abuso di posizione dominante. Cambia solo il contesto, perché se una volta si parlava di motori di ricerca, oggi il campo di battaglia è l’intelligenza artificiale generativa, dove il colosso di Mountain View starebbe già ripetendo lo stesso schema da libro di testo.
Durante l’ultima udienza del processo antitrust in corso, l’accusa è stata chiara: Google sta cercando di replicare nell’AI la stessa architettura monopolistica che ha consolidato nella search. L’avvocato del governo ha infatti puntato il dito contro un nuovo accordo commerciale stretto da Google con Samsung, grazie al quale l’app del chatbot Gemini sarà installata di default su tutti i nuovi dispositivi dell’azienda coreana. Déjà vu? Esattamente. Lo stesso tipo di accordo, con Apple in primis, era stato cruciale per cementare la leadership incontrastata del motore di ricerca di Google, come rilevato nella sentenza dello scorso agosto che lo ha bollato come monopolio illegale.