Sembra l’inizio di un film distopico ambientato in una Cina ipertecnologica, ma è tutto reale, documentato e soprattutto perfettamente coerente con la traiettoria evolutiva del capitalismo algoritmico: Alibaba ha appena annunciato che il suo modello AI dedicato alla sanità, integrato nella sua app Quark, ha raggiunto competenze mediche paragonabili a un medico in carne ed ossa. Ma non un tirocinante qualsiasi: parliamo del livello di “Deputy Chief Physician”, un grado che in Cina rappresenta il quarto su cinque nella gerarchia medica. In altre parole: questa intelligenza artificiale ora può potenzialmente sostituire una fascia piuttosto alta della professione.
La keyword principale è intelligenza artificiale sanitaria, ma si incrociano elegantemente anche Qwen, il modello linguistico proprietario di Alibaba, e Quark, l’app che ormai non ha più nulla del motore di ricerca e cloud storage da cui era partita.
Lo scenario è chiaro: medicina, dati, modelli linguistici. E un’Asia che va a tutta velocità mentre l’Occidente balbetta tra comitati etici, linee guida e cause legali.
Il motore di questa rivoluzione è il Qwen 2.5-32B, un foundation model che ha digerito tonnellate di dati clinici, linee guida, sintesi di casi reali, e li ha metabolizzati attraverso un addestramento multistadio. Questo modello non è un semplice chatbot travestito da dottore, è qualcosa che si posiziona a metà tra un’enciclopedia vivente e un algoritmo di predizione del rischio sanitario.
Nel test di certificazione medica– lo stesso che devono superare gli umani per poter esercitare – ha ottenuto il 74,8% di accuratezza a livello Deputy Chief Physician e addirittura il 56,4% al livello più alto, quello di Chief Physician. Per confronto, GPT-4o è rimasto indietro, così come DeepSeek R1 e V3.
È qui che la narrazione prende una piega affascinante: il modello non solo è integrato nell’app Quark, ma viene già utilizzato in ospedali reali. Cioè, i medici cinesi lo stanno adottando come supporto, talvolta anche come secondo parere. E questo non in un futuro ipotetico, ma ora. In diretta.
A qualcuno potrebbe suonare inquietante, ma è la logica naturale di un’economia dove il tempo di risposta e l’efficienza diagnostica sono più importanti dell’empatia o dell’intuizione clinica.
L’ironia? L’uomo che ha passato anni sui libri per diventare medico si ritrova ad essere il copilota di una macchina che ha studiato per poche settimane, ma con una memoria perfetta e senza mai cedere all’ansia, alla stanchezza, al burnout.
Quark, dal canto suo, non è più solo un’app, ma un ecosistema cognitivo: ora funge da assistente AI completo, capace di generare immagini, testi, fare trascrizioni e… diagnosi. Grazie alla funzione “deep search” lanciata a maggio, la piattaforma combina motore di ricerca e AI generativa, permettendo risposte contestualizzate e complesse, invece del solito elenco piatto di link.
È un passaggio epocale. Non è più il medico a cercare tra i libri o nelle linee guida. È l’intelligenza artificiale che analizza in tempo reale le evidenze scientifiche e restituisce l’opinione clinica più probabile. Non perfetta. Ma statisticamente superiore a un umano sotto pressione.
Questo spostamento di paradigma non è neutro: ha implicazioni profonde su chi decide cosa è “cura”, chi ha l’autorità di prescrivere, chi si prende la responsabilità. E soprattutto: chi raccoglie e monetizza i dati sanitari generati. Spoiler: non il paziente.
Con oltre 200 milioni di utenti già attivi prima del restyling, Quark ora rappresenta il cavallo di Troia perfetto per far entrare l’intelligenza artificiale in uno degli ultimi baluardi della professione umana. E come se non bastasse, fa tutto in silenzio, sotto traccia, senza scioperi, senza ordini professionali che urlano allo scandalo.
Nel frattempo, Tencent ha risposto con il suo Health Management Assistant, spinto dal modello Hunyuan. E Baichuan, la startup dell’ex boss di Sogou, non sta certo a guardare. La corsa alla sanità AI in Cina non è solo un trend, è una strategia geopolitica. Sanità significa dati biometrici, analisi predittiva, controllo sociale, profilazione sanitaria. Tradotto: potere.
Un proverbio cinese dice: “治大國若烹小鮮” – “Governare un grande paese è come cucinare un piccolo pesce: non devi agitarlo troppo.” Forse è per questo che Alibaba non fa proclami: integra l’AI nei servizi quotidiani, nella scuola, nella sanità, nel tempo libero. E intanto costruisce un nuovo ordine algoritmico, un panottico digitale dove l’AI non solo osserva, ma prescrive, interpreta, corregge.
C’è un aspetto affascinante e disturbante insieme in tutto questo: la medicina, una delle professioni più complesse e umane, diventa così uno scenario perfetto per testare il potere delle AI generaliste. Perché se riescono a gestire diagnosi complesse, anamnesi soggettive, sintomi contraddittori… possono gestire qualunque cosa.
Nel frattempo, in Occidente, ci chiediamo se un chatbot possa scrivere un saggio di filosofia.
Ciò che Alibaba ha messo in campo con Qwen è molto più di un’app medica. È l’embrione di un sistema operativo per la salute pubblica, dove la relazione medico-paziente è mediata, se non sostituita, da un’intelligenza statistica che non dorme mai, non dimentica e – dettaglio importante – non si commuove.
Come diceva Nietzsche, “la compassione è un lusso da uomini deboli”. L’intelligenza artificiale cinese, a quanto pare, non ha tempo per i lussi.