C’è qualcosa di magnificamente rétro e al tempo stesso brutalmente futurista in questa operazione: Eutelsat Communications, colosso franco-europeo delle telecomunicazioni satellitari, ha annunciato un aumento di capitale da 1,35 miliardi di euro, con il governo francese in prima linea come investitore-guida. Un tempo, avremmo parlato di nazionalizzazione strisciante. Oggi, invece, si preferisce il termine public-private moonshot. Benvenuti nel capitalismo spaziale, versione continentale.

La mossa? Alimentare la crescita di Konnect, il servizio di Internet satellitare nato per dare battaglia al dominatore americano del settore: Starlink, la costellazione a bassa orbita firmata Elon Musk, ormai installata come infrastruttura semi-sovrana in Ucraina, sulle navi, nelle foreste, nei deserti, perfino nei bunker. Eutelsat, dal canto suo, prova a scrollarsi di dosso l’immagine di entità istituzionale troppo elegante per sporcarsi le mani e inizia a flirtare seriamente con l’idea di diventare un provider globale, indipendente dalla geopolitica del silicio californiano.

A differenza di Starlink, che ha bruciato miliardi in una corsa muscolare al dominio orbitale (e che si permette blackout selettivi a seconda degli umori del suo fondatore), Konnect ha avuto un approccio più soft. Meno visibilità, ma anche meno hardware. Più cautela, ma anche più compromessi. Il che, in una guerra di reti, equivale a farsi superare sulla corsia d’emergenza da una Tesla a guida autonoma.

Ma ora il vento potrebbe cambiare.

L’intervento pubblico da Parigi – che sa tanto di protezione strategica quanto di puntata patriottica – non è solo un segnale finanziario, ma anche geopolitico. L’Europa, che sull’infrastruttura digitale ha spesso subito, ora cerca di metterci la faccia (e il portafoglio). Eutelsat, del resto, è reduce da una fusione ad alta tensione con OneWeb, il concorrente britannico di Starlink, salvato a suo tempo dal governo di Londra in una scena da Brexit meets Hollywood. Un’unione problematica, eppure necessaria: senza massa critica, l’orbita bassa non perdona.

La posta in gioco? Un futuro in cui la connettività satellitare sarà più che un lusso: sarà un’arma, un diritto, una moneta. In zone remote, desertiche, rurali o di guerra, chi controlla la rete controlla la narrazione, il commercio, la difesa. Se Google è già Dio, Starlink è il profeta. Eutelsat vuole almeno sedersi al tavolo degli apostoli.

L’operazione è ambiziosa anche sul piano tecnico: i fondi saranno destinati in larga parte al potenziamento della flotta satellitare di nuova generazione, ai lanci (in collaborazione con Arianespace, si spera), e alla penetrazione commerciale nei mercati “non urbani” dove l’infrastruttura terrestre arranca. Africa, Medio Oriente, Asia centrale, ma anche le Alpi, l’Auvergne e le Dolomiti. Non è solo una sfida per coprire l’ultimo miglio: è una corsa per digitalizzare la geopolitica.

Una curiosità che suona quasi ironica: Eutelsat, nella sua lunga storia, era nata proprio come costola intergovernativa, per garantire la distribuzione TV in Europa. Poi è diventata privata. Poi semi-privata. Ora pare tornare in orbita ellittica attorno allo Stato. Come un satellite geostazionario che, per quanto lontano vada, resta sempre sospeso sopra lo stesso punto.

La domanda vera però è se bastano 1,35 miliardi per sfidare un colosso che ha già piazzato in orbita oltre 6.000 satelliti. Starlink ha i razzi, ha le fabbriche, ha il marketing memetico e una base utenti che cresce come la barba di Musk durante il Ramadan. Eutelsat ha… la burocrazia, un piano industriale, e il placet dei ministeri.

Non è detto sia un male. In un’epoca in cui la fiducia nel privato vacilla e i dati diventano materia di sovranità, avere un Internet satellitare made in Europe, con governance trasparente e infrastruttura non “weaponizzabile” a piacimento da un magnate, può diventare una carta vincente. Ma serve visione, serve coraggio, e soprattutto servono utenti. Perché l’orbita, per quanto bassa, è affollata. E la latenza delle decisioni pubbliche rischia di annullare il vantaggio etico.

Forse non lo dicono apertamente, ma in molti a Bruxelles sperano che questa Eutelsat 2.0 non diventi solo un’altra Alitalia dello spazio. La differenza tra un campione strategico europeo e un satellite perso nell’interferenza sta tutta nell’execution.

Come disse una volta un ingegnere della NASA: “Lo spazio è duro. Ma il vero inferno è ottenere l’autorizzazione del comitato di bilancio.”