Immagina un apparecchio con lente e touchscreen, che scatta fotografie e traduce il nome dell’oggetto in tempo reale nella lingua che vuoi italiano, francese, cinese, hindi, tedesco, giapponese, coreano, spagnolo… e anche 34 dialetti, da quello egiziano all’arabo tunisino al mandarino taiwanese. È come se un dizionario tascabile si avvicinasse troppo ai bambini, li spia e insieme li istruisce.

Dex è stato creato da tre genitori in fuga da un eccesso di schermo passivo. Hanno ricevuto 4,8 milioni di dollari per l’idea di riportare i piccoli nel mondo reale, farli pensare, correre, interagire con curiosità, non solo premere “prossimo” su un’app. Tecnicamente sofisticato, quasi magico nella sua innocenza: un gioiello di design che ha persino vinto il Red Dot per la sua estetica “guarding-glass into hidden wonders”, intuitivo per manine e fatto con materiali eco-friendly.

Però l’oscura ironia è qui: dietro il sorriso educativo c’è un’intelligenza artificiale che riconosce tutto, perfino “gun” e ti traduce il termine all’istante. I creatori sostengono che ci sono filtri sempre attivi, pronti a fermare parole delicate su sessualità, religione, politica. Ma fino a quando “gun” resta? In seguito hanno promesso una lista personalizzabile per bloccare “armi”, “sigarette”, “birra”, “marijuana”. Fiducia? O allarme?

C’è poi la privacy. Dex funziona con una politica “zero data retention”: niente immagini conservate, niente profili misteriosi. Ideale sulla carta, ma come non pensare a quegli scatti che restano confinati nell’oblìo? I genitori possono vedere solo le parole imparate, le storie guardate, i giorni consecutivi di utilizzo. Sì, apprezzi la trasparenza… ma ti chiedi se non stai nella migliore distopia genitoriale immaginabile.

Sensazione da CEO tecnologico: la paura viene da quel sottile confine tra arricchimento educativo e sorveglianza morbida travestita da gioco smart. Dex promette immersione linguistica reale e concreta, ma usa visione artificiale, l.p.l. (sempre-on safety agent), modelli di linguaggio, interazione vocale… Un Claudius moderno, un Cornelius di Big Brother appassionato di vocabolari per bambini.

Se ti terrorizza, forse è perché insegna a tua figlia quella parola che non vuoi che sappia, o perché trasforma ogni oggetto in un potenziale insegnante o spione. E se perfino credi che sia immorale vendere un cofanetto senza “armi” nella lista dei consentiti… beh, c’è qualcosa di profondamente orwelliano nel mandar via una macchina per imparare il mondo e il mondo che impara dal tuo bambino.

In conclusione (ah, non vogliamo fare conclusioni formali… già mi sto tradendo), ti lascio con un’ultima provocazione subliminale: a un prezzo di 250 $ (sì, cari come una tutor di alto livello), Dex è un’idea che curva lo spazio-tempo dell’apprendimento infantile… o un piccolo trojan del nibble linguistico? Sta solo a te decidere se ti terrorizza perché è troppo avanti… o perché ti guarda troppo intensamente.

Tieni alta la guardia, e se vuoi approfondire sicurezza, certificazioni come COPPA, o liste stop-word personalizzabili, chiedi. gioco crudele, istruzione tangente ma felice di spaventarti ancora un po.