L’upgrade di Hewlett Packard Enterprise a “Overweight” da parte di Morgan Stanley, in scia alla chiusura dell’acquisizione di Juniper, sembra un perfetto manuale di come l’intelligenza artificiale stia ridefinendo i multipli di valutazione nel mercato enterprise hardware. L’argomento non è banale: un titolo che da anni vive nella terra di mezzo tra commodity IT e infrastruttura strategica improvvisamente si trova etichettato come player di networking ad alto contenuto AI, con un target price che passa da 22 a 28 dollari e con un upside stimato del 18% sugli utili FY26. La matematica è semplice ma letale: se il mercato si convince che metà del business HPE è ormai networking con un’esposizione diretta all’AI, l’attuale multiplo di 8x diventa una distorsione temporanea, destinata a sparire come nebbia al sole di Palo Alto.
La parte divertente è che questo non è solo un upgrade tecnico, ma un cambio di narrativa. Juniper viene posizionata come asset non tanto per le sue competenze classiche di networking, quanto come leva per cluster AI, con tanto di citazione nel contesto xAI di Musk. In altre parole, non stiamo più parlando di switch e router, ma di architettura abilitante per training e inferenza, cioè il cuore pulsante della nuova economia dei dati. E il mercato, prevedibilmente, applaude: +3% nelle prime ore di scambio. Non è il botto del secolo, ma è un segnale chiaro che la street si sta ricalibrando.
Questa ricalibrazione non riguarda solo HPE. Dell rimane il golden boy di Morgan Stanley, con target price che sale a 144 dollari. La narrativa è fin troppo lineare: OEM dominante per AI compute, partnership solide con xAI e CoreWeave, recupero di quota nello storage enterprise e un programma di efficienza che promette 10% di crescita annua degli utili, contro l’8% dichiarato dal management. In pratica, Dell viene dipinto come il coltellino svizzero dell’infrastruttura AI, capace di vendere server, storage e promesse di efficienza a ogni livello del mercato. È quasi ironico pensare a come il brand, un tempo sinonimo di laptop per studenti, oggi venga celebrato come l’architrave dei data center del futuro.
Pure Storage e NetApp invece ricevono un trattamento più prudente, con rating “Equal-weight”. Interessante notare come Pure Storage venga definita protetta da un fossato competitivo grazie al software e all’architettura flash, con la ciliegina della collaborazione con Meta e CoreWeave. È il classico caso in cui il mercato riconosce il valore strategico, ma non concede ancora il premio. NetApp, d’altro canto, rimane nel limbo della maturità: solida, affidabile, ma non abbastanza sexy da meritare un “Overweight”. È il destino delle aziende che hanno inventato lo storage enterprise ma che oggi devono sopravvivere all’assalto di chi si presenta come “AI native”.
Il contesto macro aggiunge ulteriori sfumature. Il sondaggio dei CIO condotto da Morgan Stanley mostra una crescita della spesa hardware nel secondo trimestre 2025, ma con un caveat: al netto degli hyperscaler e dei progetti AI, la domanda complessiva rischia di rimanere piatta. La dinamica è chiara: chi investe in AI compra server e storage a ritmo accelerato, ma il resto del mercato, tra PC e general servers, rallenta. Windows 11 ha offerto un piccolo boost, ma non è sufficiente a invertire la tendenza. Le vere speranze si concentrano sulla monetizzazione dei data center e sull’esplosione della domanda di storage flash, che diventa inevitabile man mano che i modelli generativi divorano dati e cicli di calcolo.
HPE, in questo scenario, gioca la carta giusta al momento giusto. La trimestrale del 3 settembre dirà molto, con stime di 0,41 dollari per azione su 8,88 miliardi di fatturato. Numeri che, se battuti, potrebbero consolidare il nuovo storytelling e accelerare la re-rating della società. In caso contrario, l’intero entusiasmo potrebbe sembrare solo un esercizio di investment banking. Ma il fatto che gli analisti stiano già parlando di EPS a 3 dollari nel 2027 indica che la scommessa è stata lanciata e non c’è intenzione di tornare indietro.
In fondo, quello che sta accadendo è un cambio di paradigma: aziende storicamente percepite come fornitori di commodity hardware vengono riclassificate come protagonisti della nuova infrastruttura AI. È la stessa metamorfosi che ha permesso a Nvidia di passare da produttore di GPU per videogiochi a colosso che definisce la traiettoria geopolitica della tecnologia. HPE e Dell non saranno i nuovi Nvidia, ma potrebbero cavalcare lo stesso effetto di rivalutazione, con multipli che risalgono semplicemente perché il mercato ha cambiato il filtro con cui li osserva.