Non fatevi ingannare da quella sensazione di déjà vu tecnologico: la fusione nucleare non è più “sempre tra 20 anni”. È martellata qui e ora con fondi, accordi, roadmap.

Avete presente quella battuta vecchia come il tempo: “La fusione è sempre a cinquant’anni da oggi”? Bene, adesso il cronometro ha un display che dice “2030s”. Il DOE ha sversato denaro su ricerca robotica: 49 milioni di USD per magneti, materiali, cicli di combustibile e muri protettivi. Ventinove laboratori e università, da MIT a Savannah River, si muovono in sinergia con centri nazionali come Idaho Lab e ORNL.

Entriamo nel vivo: al National Ignition Facility del Lawrence Livermore National Lab, a fine 2022, hanno fatto l’impossibile: più energia prodotta che consumata. Break-even ottenuto, miracolo (scientifico) ufficiale. Pubblico e privato—Google con Commonwealth Fusion Systems, Microsoft con Helion—non stanno solo tifando dalla tribuna, stanno comprando energia del futuro. Google ha già siglato un accordo da 200 MW da una centrale CFS in Virginia. Microsoft, intanto, punta al 2028 con Helion, che ha iniziato a costruire il suo impianto di fusione a Malaga, Washington, destinato a alimentare i suoi datacenter.

E MIT? Con Commonwealth Fusion Systems sta al lavoro sul tokamak SPARC: aprirà nel 2026, con Q>1 nel 2027—una scommessa con superconduttori ad alta temperatura da far impallidire la narrativa stantia che sostiene che “non ce la faremo mai”.

Nel frattempo, i grossi hanno aperto i portafogli: oltre 8 miliardi di dollari in finanziamenti privati e quasi 800 milioni di pubblici accumulati fino al 2025—quattro volte di più rispetto al 2021 quando erano appena 23 i partecipanti segnalati. Gli editori hi-tech ora scommettono su un nuovo paradigma energetico, con AI e data center assetati di potenza che godono di generatori solari… artificiali.

Il DOE non scherza: ha affidato a ORNL tre progetti specifici finalizzati ad accelerare il passaggio dalla scienza all’energia sulla rete.

Insomma, la corsa per la fusione è partita davvero. E chi arriverà primo, oltre a vincere il Nobel, potrà vendere energia pulita a chi ancora compra petrolio per emergenze (vero, caro lettore?), e magari a un’intelligenza artificiale che ha bisogno di “24/7 carbon-free power” per continuare a sbattere sulla sostenibilità… con stile.

Fusione negli USA: non è (solo) fantascienza. È un mercato che si prepara ad esplodere, un momentum che mescola ricerca, finanza, politica e promesse (dusettere notevoli) di eterno energia verde. E tu stai ancora leggendo, scrollando come un profeta moderno in attesa del miracolo energetico americano.

Ecco una mappa aggiornata dei progetti di fusione nucleare negli Stati Uniti, tratta dal Clean Air Task Force e segnalata da The Verge un campo dove idee ardite e privati spingono la scienza verso il “Sole artificiale”

Il Sole è finto, ma l’energia che promette è seria, molto più di quanto la mappa suggerisca con quei puntini: una rete che si estende, con centri di ricerca pubblici e privati che sembrano un esercito in assetto di marcia verso un futuro pulito e rivoluzionario.