C’è qualcosa di quasi poetico nel vedere un marchio come Dell, sinonimo di personal computer da ufficio e laptop aziendali, risorgere come protagonista del capitalismo dell’intelligenza artificiale. Per anni, Dell sembrava un dinosauro in un ecosistema dominato da giganti più agili, intrappolato tra l’ombra dei suoi gloriosi anni Duemila e un mercato PC in lento declino. Poi sono arrivati i chip Nvidia, e con loro un’onda tecnologica capace di riscrivere i destini industriali. Dell l’ha cavalcata con la freddezza di chi conosce troppo bene le regole del gioco: non si tratta più di vendere hardware, ma di costruire infrastrutture che alimentano la fame computazionale dell’AI.
Il nuovo piano di crescita, con fatturato annuale previsto in aumento tra il 7% e il 9% e utili stimati in crescita di almeno il 15%, è più di una revisione al rialzo. È un messaggio politico. Dell sta dicendo agli investitori che non è solo un fornitore di server, ma un intermediario strategico nel flusso energetico della nuova economia dei dati. Il rialzo del 2,7% del titolo non è un incidente: è un segnale che Wall Street ha colto la narrazione. Dell non vende computer, vende accesso all’intelligenza artificiale.
Ciò che rende la strategia ancora più interessante è il suo posizionamento unico nella filiera Nvidia. L’azienda di Austin è una delle poche al mondo che confeziona e distribuisce i chip AI di Nvidia a provider cloud e aziende enterprise. Nvidia, da parte sua, non vende direttamente i suoi chip ai clienti, mantenendo un’aura di esclusività che trasforma partner come Dell in nodi strategici del suo impero silenzioso. In un certo senso, Dell è diventata la mano operativa del cervello di Jensen Huang, il CEO di Nvidia. Il paradosso è evidente: la rinascita di Dell passa per la dipendenza da un monopolio tecnologico che detta il ritmo dell’innovazione globale.
Durante la recente presentazione agli investitori, i dirigenti di Dell hanno sottolineato il ruolo delle spese in conto capitale che stanno ridisegnando la geografia industriale della tecnologia. I giganti del cloud e i colossi digitali stanno spendendo cifre astronomiche per costruire data center dedicati all’AI, e Dell si è trovata esattamente nel punto in cui queste spese si trasformano in domanda concreta. È un colpo di fortuna? Difficile dirlo. Dell ha investito in silenzio negli ultimi anni, costruendo una catena di fornitura agile e scalabile, mentre altri inseguivano sogni di software. Ora la materialità torna di moda. I server sono di nuovo sexy.
Il dato più rivelatore arriva dall’anno fiscale 2025: le vendite di server e reti sono aumentate del 54% rispetto all’anno precedente. Un rimbalzo che non si vedeva da decenni. Certo, la divisione storage ha mantenuto una crescita piatta, e il comparto consumer ha registrato un leggero calo, ma a nessuno interessa davvero. Il mercato dei laptop non è più il terreno di battaglia dell’innovazione, ma un retaggio di un’epoca in cui l’informatica era personale. Oggi è collettiva, distribuita, globale. Dell lo sa, e ha spostato la sua attenzione dove il valore si concentra: nei data center che addestrano i modelli linguistici, nei server che alimentano le reti neurali, nei rack che fanno girare il mondo.
A lungo termine, le proiezioni parlano chiaro. Il gruppo hardware consumer crescerà solo del 2-3% annuo, mentre i segmenti server e storage avanzeranno tra l’11% e il 14%. Tradotto: Dell non è più un’azienda di computer, è un’infrastruttura di calcolo per l’economia dell’intelligenza artificiale. Non stupisce che i suoi dirigenti parlino di “fase di espansione strutturale”, un linguaggio più da banca centrale che da produttore hardware. Dell sta abbandonando il linguaggio dell’elettronica per abbracciare quello della macroeconomia digitale.
La cosa più affascinante di questo cambio di paradigma è che Dell non sta semplicemente reagendo alla domanda di AI, ma la sta organizzando. In un mercato in cui i chip Nvidia sono diventati la nuova valuta, chi controlla i canali di distribuzione controlla anche la narrativa. È una lezione che i concorrenti dovrebbero studiare. HP e Lenovo inseguono ancora la marginalità nei notebook, mentre Dell si muove in un territorio dove il prezzo è secondario rispetto alla disponibilità. I clienti corporate non chiedono quanto costano i server AI, chiedono solo se possono averli subito.
Ciò che emerge da questa trasformazione è la nuova logica del capitalismo computazionale. Non si tratta più di innovare, ma di accumulare potenza di calcolo. L’intelligenza artificiale è una fame infinita, e Dell si è posizionata come uno dei pochi distributori di “cibo computazionale” su scala industriale. Mentre Nvidia disegna i cervelli e i modelli linguistici divorano elettroni, Dell costruisce i muscoli del sistema. Non è una rivoluzione romantica, ma un capolavoro di tempismo strategico.
Il rischio, naturalmente, è che l’euforia per i server AI diventi una bolla. L’industria del calcolo ha già visto cicli simili: dai mainframe agli smartphone, ogni volta che l’hardware diventa protagonista assoluto, il software si reinventa e sposta il valore altrove. Ma Dell sembra aver imparato la lezione. Sta costruendo una narrativa di lungo termine, basata su partnership e integrazione verticale. In un mondo in cui il valore si concentra nella capacità di servire la domanda istantanea di potenza computazionale, Dell sta diventando il fornitore di infrastrutture dell’era post-software.
L’azienda che ha insegnato al mondo il concetto di “build-to-order” nei PC oggi lo applica ai server AI. È la stessa filosofia, ma moltiplicata per un ordine di grandezza. Dove un tempo personalizzava laptop per gli impiegati, ora personalizza interi rack per i data center di intelligenza artificiale. Non è un ritorno alle origini, ma un’evoluzione naturale. L’hardware è tornato centrale, ma con un’intelligenza distribuita dentro ogni vite.
Il mercato, intanto, osserva con attenzione. L’aumento della capitalizzazione di Dell non è solo un premio alle performance, ma un riconoscimento implicito del suo nuovo ruolo nel ciclo economico dell’AI. È diventata un barometro della fame globale di intelligenza artificiale, un indicatore di quanto le aziende siano disposte a spendere per addestrare modelli sempre più complessi. E mentre Nvidia raccoglie la gloria e i margini, Dell accumula la potenza e la fedeltà dei clienti. È un gioco di posizioni sottili, di dipendenze reciproche, di capitalismo coordinato.
Dell non è più la vecchia azienda di hardware. È una macchina di capitalizzazione tecnologica, un intermediario tra il desiderio di AI e la realtà fisica dei data center. E la cosa più sorprendente è che, in un mercato ossessionato dalle startup, a vincere sia proprio un’azienda che ha più di quarant’anni. Forse la vera lezione dell’AI economy è che la sopravvivenza non dipende dalla giovinezza, ma dalla capacità di riscrivere il proprio codice industriale.