Larry Ellison non sale mai su un palco per intrattenere. Quando parla, anche da remoto, costruisce una narrazione di potere tecnologico che non lascia spazio alle interpretazioni. Al keynote di oracle ai world 2025, la sua visione si è tradotta in un manifesto: non un’apologia dell’intelligenza artificiale come moda, ma una ridefinizione di ciò che significa possedere il cervello digitale del pianeta. Chi ha ascoltato con attenzione non ha sentito un discorso da showman, ma il piano strategico di un uomo che da mezzo secolo vive con un’ossessione: trasformare Oracle da azienda di software a infrastruttura cognitiva globale. Oracle ai 2025 non è solo un evento, è il tentativo di riscrivere le regole del cloud e della conoscenza.

Ellison inizia come un fisico più che come un manager. descrive i modelli multimodali come organismi neurali, fatti di reti diverse che cooperano tra loro per vedere, ascoltare, classificare e ragionare. Racconta che ogni rete ha un compito: una percepisce le forme e i colori, un’altra riconosce ciò che vede, una terza organizza e deduce. L’analogia con il cervello umano è tutt’altro che retorica, serve a spiegare la visione profonda di oracle ai 2025: le macchine non imitano più la mente, la estendono. ellison ribadisce che questi modelli non nascono nel vuoto ma dentro un’architettura colossale di dati e potenza di calcolo, una nuova geografia industriale.

La retorica del progresso si intreccia con la brutalità dei numeri. Ellison mostra il progetto del più grande data center dedicato all’intelligenza artificiale mai costruito: ad Abilene, in Texas, oracle sta completando un’infrastruttura che ospiterà quasi mezzo milione di GPU Nvidia. Una centrale da 1,2 miliardi di watt, abbastanza per alimentare un milione di case. Cita il dato con l’ironia di chi ama le proporzioni impossibili: il cervello umano consuma 20 watt, la nuova mente elettronica di Oracle consumerà come una metropoli. Questa sproporzione non lo spaventa, lo esalta. è il simbolo della scala che intende raggiungere. Il messaggio è chiaro: l’intelligenza artificiale non è solo software, è ingegneria pesante, pipeline di gas, turbine, raffreddamento liquido, capitale fisico. Chi parla di etica senza parlare di elettricità, dice implicitamente Ellison, non ha capito il gioco.

La parte più potente del suo discorso è quando passa dall’hardware alla logica del dato. Secondo Ellison, l’era dell’addestramento dei modelli è solo l’inizio. I veri cambiamenti inizieranno quando questi cervelli artificiali potranno ragionare sui dati privati, non solo su quelli pubblici. Qui entra in scena la Oracle AI data platform, il nuovo asse della strategia. Ellison spiega che la maggior parte dei dati di valore nel mondo è già in database Oracle e che la missione è renderli accessibili ai modelli di intelligenza artificiale senza violare la privacy. La chiave è la vectorizzazione: trasformare le informazioni aziendali in vettori che i modelli possono comprendere e utilizzare per il ragionamento. Così l’intelligenza artificiale smette di essere un’entità esterna e diventa parte organica del sistema informativo aziendale.

Nell’ottica di Larry Ellison visione ai significa costruire una simbiosi tra pubblico e privato, tra conoscenza comune e conoscenza proprietaria. La vera rivoluzione non è generare testo, ma far ragionare i modelli sui dati che contano davvero. Il suo tono, a metà tra scienziato e imperatore, trasmette l’idea di un Oracle che non si limita a fornire infrastruttura, ma diventa custode del sapere applicato. Ellison non nasconde l’ambizione: “abbiamo cambiato il nostro database per permettere ai modelli di accedere ai dati privati e ragionare su di essi”vè la frase che riassume tutta la sua filosofia.

La narrazione prosegue con una promessa che ha un sapore quasi sovversivo: l’intelligenza artificiale non sostituirà le persone, ma le renderà migliori. Ellison non parla di licenziamenti o automazione, ma di estensione delle capacità umane. Sostiene che i robot saranno chirurghi più precisi perché avranno occhi microscopici e mani infallibili. Cita i medici che rimuovono tumori con margini minimi e spiega come i robot vedranno dove il tessuto sano inizia e quello malato finisce. Non è un sogno futurista, è un caso d’uso pratico della convergenza tra visione artificiale e coordinazione meccanica. Dietro la semplicità dell’esempio si nasconde il tema vero: l’intelligenza artificiale come protesi cognitiva e sensoriale dell’uomo.

Poi, improvvisamente, Ellison passa all’ironia autoindulgente. Racconta che a volte i suoi comandi non funzionano sul palco e scherza sull’inefficienza della tecnologia “non ancora intelligente”. Ma dietro le battute, ogni frase è calibrata per ribadire che la complessità non è un ostacolo ma un requisito. Quando parla del cervello come di un “computer di carne da 20 watt” e dei nuovi data center come “cervelli elettronici da un miliardo di watt”, costruisce un parallelismo tra biologia ed elettronica che è puro teatro concettuale.

La seconda parte del discorso è una lezione di strategia applicata. Ellison descrive come Oracle stia addestrando modelli multimodali per clienti diversi, da OpenAI a Tesla, e come le architetture real time e quelle generative convivano dentro la stessa infrastruttura. La distinzione che propone è fondamentale: alcuni modelli devono reagire in millisecondi, come le reti neurali che controllano un’auto autonoma; Altri devono riflettere e calcolare, come quelli che scrivono codice o redigono pareri legali. La diversità dei tempi di risposta diventa il nuovo terreno competitivo del cloud.

Ma la parte più significativa del keynote è quando Ellison abbandona la teoria per mostrare cosa oracle fa davvero con la propria tecnologia. Racconta che Oracle ha già riscritto parte del codice di CERNER, la piattaforma sanitaria acquisita qualche anno fa, utilizzando generazione automatica e intelligenza artificiale. Sostiene che l’azienda stia ricostruendo in tre anni ciò che cerner aveva scritto in venticinque, creando un sistema più moderno, connesso e sicuro. Non si tratta solo di efficienza ingegneristica, ma di una visione economica precisa: usare l’intelligenza artificiale per automatizzare non solo l’ospedale, ma l’intero ecosistema sanitario.

Ellison dipinge la sanità come un sistema interconnesso di pazienti, medici, regolatori, banche e assicurazioni. per lui, automatizzare un ospedale senza integrare i flussi di pagamento, le regole di rimborso e la gestione delle risorse umane equivale a costruire una macchina senza carburante. Così introduce l’idea degli AI Agents, piccoli programmi autonomi che collegano provider e payer, aiutando i medici a proporre le cure migliori e completamente rimborsabili. Persino il rapporto con le banche entra nell’algoritmo: gli agenti di oracle potranno certificare la probabilità di rimborso e facilitare i prestiti ai centri sanitari in difficoltà di liquidità. Il linguaggio è quello di un ingegnere, ma il sottotesto è politico. Ellison non vuole automatizzare solo la clinica, vuole digitalizzare l’economia della salute.

Nella stessa logica, quando parla di software generativo, spiega che le applicazioni del futuro non saranno scritte a mano, ma generate da agenti che traducono le intenzioni in codice sicuro, scalabile e privo di vulnerabilità. L’immagine è di un Oracle che smette di vendere strumenti e inizia a vendere intelligenza. In un passaggio quasi poetico afferma che il programmatore non dovrà più scrivere procedure, ma dichiarare l’intento. L’intelligenza artificiale si occuperà di costruire la logica. Il vecchio concetto di programmazione diventa vibrazione, “vibe coding”, come lo definisce con un’ironia a metà tra il linguista e il guru tecnologico.

Ellison non evita l’autoreferenzialità. racconta che oracle ha usato la propria piattaforma per analizzare i dati dei clienti e prevedere chi, nei successivi sei mesi, avrebbe acquistato un nuovo prodotto. Da lì ha generato agenti autonomi capaci di inviare comunicazioni personalizzate con referenze pertinenti, è un esempio concreto di come l’intelligenza artificiale, se alimentata con dati coerenti, diventi un motore di decisione e non solo di analisi.

A questo punto il discorso si fa più filosofico. Ellison ribadisce che l’intelligenza artificiale non è “artificiale” nel senso tradizionale, ma una forma di percezione aumentata. sente, vede, ragiona. Cita persino la possibilità di “annusare” le malattie con sensori olfattivi artificiali, come fa il progetto “dog’s nose” a cui partecipa personalmente è un’immagine che mescola scienza e ironia: l’uomo che ha costruito database ora vuole costruire nasi digitali. Eppure l’idea è coerente con la sua ossessione: ampliare il raggio sensoriale della tecnologia.

In chiusura Ellison rientra nella dimensione aziendale e lancia la sfida: Oracle è l’unica compagnia che unisce infrastruttura e applicazioni su scala globale. Google, Amazon, Microsoft hanno il cloud, ma non le suite verticali di settore. Oracle ha entrambi, e questa doppia natura sarà il vantaggio competitivo decisivo. Non è un’affermazione modesta, ma Ellison non cerca l’umiltà. Preferisce parlare di ecosistemi completi, di settori industriali ricostruiti dall’interno. La sua visione è totalizzante: non limitarsi a fornire la pala a chi cerca l’oro dell’intelligenza artificiale, ma scavare direttamente nella miniera.

Ascoltando tutto il keynote, emerge una continuità impressionante: per Ellison la tecnologia non è mai stata un prodotto, è sempre stata un’estensione dell’uomo. L’intelligenza artificiale è solo l’ultima tappa di un disegno iniziato decenni fa, quando decise che i dati erano il vero linguaggio del potere. Oracle ai 2025 non è quindi una celebrazione dell’innovazione, ma un monologo sul dominio della conoscenza, una dichiarazione che suona più come un avvertimento che come un sogno. Chi controlla il dato controlla la mente e Larry Ellison, con la sua calma tagliente e la sua ironia da samurai del software, ha appena spiegato che Oracle intende essere il cervello di tutto.