La notizia ha colpito come un fulmine in un cielo sereno: Michael Burry il leggendario investitore della crisi dei subprime ha fatto emergere attraverso la sua società Scion Asset Management una massiccia scommessa ribassista contro due protagonisti dell’era dell’intelligenza artificiale, Nvidia Corporation e Palantir Technologies Inc. Il risultato? Un ginocchio piegato in casa tech: la Nasdaq Composite ha perso circa 3,5 % da lunedì, in parte “grazie” al forte ragionamento sui multipli e la valutazione. Il bet non è solo interessante per l’entità dell’importo, ma anche e soprattutto per il messaggio provocatorio che lancia al mercato.
La scommessa in dettaglio mostra che Burry ha aperto opzioni put contro circa 1 milione di azioni Nvidia e 5 milioni di azioni Palantir, con un valore nozionale stimato di circa 186 milioni $ per Nvidia e 912 milioni $ per Palantir. È quindi un’operazione che coinvolge circa 1,1 miliardi $ di esposizione nozionale, e pareva occupare fino all’80 % del portafoglio dichiarato di Scion nel trimestre terminato il 30 settembre.
Ma attenzione: come spesso nei casi “clima apocalittico” sui mercati, c’è più fumo che fuoco (o meglio: più intestazione drammatica che certezza). I documenti che rivelano la scommessa (il modulo 13F) mostrano il posizionamento a una certa data (30 settembre) ma non garantiscono se la posizione sia ancora aperta, o se sia stata modificata/chiusa rapidamente. In più, il valore “notionale” di 1,1 miliardi $ non corrisponde all’ammontare di capitale effettivamente messo: le opzioni mettono in campo leva e tempo, e il rischio reale può essere molto diverso.
Quando Burry lanciò la sua famosa scommessa sul mercato immobiliare prima della crisi del 2008 (quel “big short” che ha cambiato la storia), pochi riuscirono a prevedere l’effetto domino. Qui il parallelismo è chiaro: “L’intelligenza artificiale è la prossima bolla”, sembra dire. Ed è lì che entriamo nel vivo delle implicazioni.
Dal punto di vista della “valutazione” il ragionamento è semplice ma pungente: Nvidia, Palantir e altri “colossi dell’IA” hanno già scalato multipli che pochi anni fa avremmo ritenuto folli, e vivono almeno in parte – su aspettative future che devono ancora essere monetizzate pienamente. Il che non significa che la narrativa sia falsa, bensì che la differenza tra narrazione e realtà operativa è diventata più sottile e pericolosa. Palantir, per esempio, ha annunciato un aumento del fatturato del 63 % in un trimestre (quelle sono cifre degne), eppure l’azione è scesa vista la paura che la crescita futura sia già “prezzata”.
Dal punto di vista del mercato generale, la mossa di Burry funge da catalizzatore di nervosismo: se un investitore “guru” inverte la rotta contro la “festa dell’IA”, allora alcuni investitori potrebbero pensare “forse è il momento di sedersi”. La discesa della Nasdaq Composite di 3,5 % da lunedì è sintomatica di questa “rottura della fiducia”. Tuttavia, come ogni buon CTO/CEO con esperienza decennale sa bene, il timing è tutto e nessuna scommessa conta se si arriva troppo presto o troppo tardi.
Ecco alcune riflessioni strategiche, pratiche, e provocatorie da un osservatore abituato a guardare oltre i PowerPoint. (my 2 cents)
Non è detto che il mercato scopra la bolla oggi. Le bolle finiscono solo quando la gente smette di comprare. Non necessariamente quando qualcuno grida “è finita”. Posizionarsi contro l’IA prematuramente può essere costoso, e lo sa bene Burry che dopo il successo del 2008 ha avuto anche alcune errate (o temporaneamente premature) scommesse. Per esempio la sua posizione contro i semiconduttori nel 2023 non ha prodotto il risultato sperato.
Il fatto che siano opzioni cambia la natura del rischio. Una put può scadere senza valore, e se l’azione continua a salire, l’intera puntata può evaporare. In tal senso, l’esposizione effettiva (il premio pagato, la leva) è meno facile da stimare dal solo modulo 13F. Come osservato: “le opzioni vendute non necessariamente compaiono nel 13F” e di conseguenza l’“effettivo rischio netto” potrebbe essere inferiore.
Il contesto macro è cruciale. Sì, l’IA è forte, ma le società leader oggi presentano flussi di cassa robusti, utili elevati e una domanda reale (non solo prospettica). Questo le distingue dalla bolla tecnologica dei primi anni 2000. Quindi: la narrazione “tutto è bolla” è troppo semplicistica. Il problema è il grado di sopravvalutazione e la concentrazione del mercato — quando un pugno di titoli vale una grande parte della capitalizzazione, il rischio di correzione esogena cresce.
Per chi guida una azienda tecnologica o formula una strategia di trasformazione digitale (come appropriato al vostro profilo), la lezione è questa: non affidatevi solo alla narrativa “investiamo tutto nell’IA perché è la prossima frontiera”. Valutate rischi, tempistiche, e soprattutto realizzate se il valore generato è già stato anticipato nel prezzo. Generare valore reale non solo “cavalcare la moda” differenzia la strategia vincente.
Se stai investendo o gestendo un portafoglio tecnologico, prendi in considerazione una diversificazione “assicurativa” contro scenari di disillusione del mercato IA: ad esempio incrementare esposizioni in settori meno euforici o valutare coperture ragionate. Non come panico, ma come disciplina e confrontati solo con professionisti certificati.
Che cosa fare? Non sto suggerendo vendite urgenti o panico generale. Molto probabilmente il mercato continua a crescere e se hai selezionato bene le aziende, potresti continuare a partecipare al rialzo. Ma l’atteggiamento dovrebbe essere: consapevole, vigile, pronto ad adattarsi. Se hai una convinzione reale che l’IA generi valore, continua non ignorare che qualcuno come Burry scommetta contro quel paradigma.
La mossa di Michael Burry è un allarme accorato (e anche un richiamo provocatorio) al fatto che il mercato tecnologico sta giocando con il proprio riflesso nello specchio. Non necessariamente finirà male, ma la storia insegna: le luci più forti spesso precedono l’oscurità.
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