Chen Deli, senior researcher di DeepSeek, è salito sul palco della World Internet Conference di Wuzhen con la sobrietà di chi sa di maneggiare materiale esplosivo: la consapevolezza che l’intelligenza artificiale, sebbene oggi appaia come una leva di produttività e progresso, potrebbe nel lungo periodo erodere la stessa base economica che alimenta la società moderna, ovvero il lavoro umano. Un messaggio che arriva con la forza dell’ironia cosmica: una delle menti dietro uno dei modelli di AI più potenti al mondo avverte che il suo stesso successo potrebbe innescare la prossima crisi occupazionale globale.
Secondo quanto riportato da Reuters, Chen ha lanciato un avvertimento che suona come un manifesto: nei prossimi 10 o 20 anni, l’intelligenza artificiale non sarà più soltanto un assistente, ma un sostituto. La curva del progresso tecnologico non conosce pietà per l’uomo medio, e se oggi l’AI aiuta i programmatori a scrivere codice o i marketer a generare campagne più efficaci, domani potrebbe scrivere la sceneggiatura intera del business, senza attori in carne e ossa.
DeepSeek è diventata un caso di studio per gli economisti digitali e un incubo per i competitor globali. Quando a gennaio ha rilasciato R1, un modello di ragionamento open source capace di competere con i giganti occidentali a una frazione del costo, l’industria ha compreso che la geografia del potere tecnologico era definitivamente cambiata. La Cina, con DeepSeek, non stava più inseguendo l’AI, la stava ridefinendo.
Il silenzio mediatico dell’azienda dopo il successo è diventato parte del suo fascino. I vertici di DeepSeek, incluso il CEO Liang Wenfeng, si sono mossi con un profilo basso quasi strategico, apparendo solo sporadicamente in contesti ufficiali. L’ultima uscita pubblica risale a febbraio, quando Liang è stato immortalato accanto a Jack Ma e Xi Jinping, in quella che molti hanno letto come una messa in scena della nuova alleanza fra Stato e innovazione. Poi, di nuovo, il silenzio. Un silenzio che pesa più di mille conferenze stampa, e che racconta di un’azienda che preferisce far parlare i propri modelli, non i propri manager.
A settembre, DeepSeek ha aggiornato il suo V3, evoluzione naturale della linea lanciata l’anno precedente. Ma da allora nessun nuovo modello è stato rilasciato. In un mercato dove i competitor cinesi corrono a sfornare AI open source per conquistare l’attenzione globale, DeepSeek sembra muoversi con l’imperturbabilità di chi ha già vinto la partita e sta solo aspettando che gli altri lo capiscano.
Il messaggio di Chen Deli risuona quindi con un retrogusto di avvertimento geopolitico e filosofico insieme. Non è solo una riflessione sul futuro del lavoro, ma un monito sul rapporto tra potere e tecnologia. Se l’intelligenza artificiale diventa l’architrave dell’economia, chi controlla i modelli controlla le regole del gioco. L’umanità si trova così davanti a una contraddizione che ricorda il paradosso di Prometeo: ha creato un fuoco che può riscaldare o distruggere, e non sa ancora quale delle due direzioni prevarrà.
La discussione aperta da DeepSeek arriva in un momento in cui il dibattito sull’etica dell’AI è dominato da toni euforici o catastrofici, raramente realistici. Chen introduce una sfumatura diversa: l’urgenza della consapevolezza. Non si tratta di fermare il progresso, ma di anticiparne gli effetti collaterali. In un’epoca in cui la produttività cresce esponenzialmente mentre i salari stagnano, la sostituzione del lavoro umano non è un rischio astratto ma una proiezione già visibile nei numeri della manifattura, del customer service e persino della ricerca scientifica.
Il fenomeno DeepSeek rappresenta così il volto più interessante della nuova corsa all’intelligenza artificiale: una combinazione di genialità ingegneristica e inquietudine etica. È la dimostrazione che anche i creatori dei modelli più avanzati iniziano a interrogarsi non tanto su ciò che le macchine possono fare, ma su ciò che lasceranno indietro. Chen Deli, nel suo intervento, non ha fornito soluzioni, ma ha fatto la cosa più scomoda e più utile: ha posto domande.