Anthropic, uno dei laboratori più chiacchierati nel panorama dell’intelligenza artificiale, ha apparentemente iniziato i preparativi formali per una possibile IPO, affidandosi allo studio legale statunitense Wilson Sonsini, che lo segue dal 2022. La mossa arriva mentre la società esplora se i mercati pubblici siano pronti ad accogliere un’azienda ancora immersa in una crescita intensiva di capitale, con costi di training che superano spesso le entrate. La strategia sembra chiara: testare il terreno senza compromettere la flessibilità interna.

Secondo quanto riportato dal Financial Times, Anthropic avrebbe avviato contatti preliminari e informali con grandi banche, mentre stima interna della tempistica varia: una fonte ipotizza un debutto pubblico già nel 2026, un’altra rimane più cauta. Un portavoce di Anthropic, citato dalla testata, ha ribadito che non è stata presa “nessuna decisione su tempi o modalità di quotazione”.

Parallelamente, l’azienda starebbe rafforzando la propria readiness interna mentre negozia un round privato che potrebbe portare la valutazione oltre i 300 miliardi di dollari, con impegni preliminari di almeno 15 miliardi da Microsoft e Nvidia. L’ultima valutazione post-money nota risale a settembre, quando Anthropic era stimata 183 miliardi di dollari.

Wilson Sonsini, con base sulla West Coast, segue Anthropic da tre anni e ha avuto ruoli chiave in IPO storiche come Apple nel 1980 e Google nel 2004. La scelta dello studio non sorprende: serve esperienza per navigare tra regolamentazioni, mercati e investor expectations in un settore dove il tempo conta quanto i dati.

Posizionando Anthropic accanto ad altri grandi laboratori AI, come OpenAI, il possibile ingresso nei mercati pubblici apre scenari complessi: training costosi che crescono più velocemente dei ricavi, previsioni finanziarie difficili da stabilire, e una domanda di capitale che spinge alla velocità. Ram Kumar, contributor di OpenLedger, osserva che un’IPO nel 2026 “intensificherebbe la pressione competitiva tra i principali laboratori AI e formalizzerebbe le aspettative di valutazione, trasformando l’AI in un asset investibile, con obiettivi di crescita quantificabili e trasparenza pubblica”.

Il rischio più evidente rimane la distorsione della valutazione: il mercato pubblico può incentivare la rapidità a scapito della sostanza, spingendo i laboratori a privilegiare metriche di crescita piuttosto che qualità dei dati, sicurezza o infrastrutture a lungo termine, tutti pilastri essenziali di un ecosistema AI affidabile. La concentrazione di potere nelle mani di pochi attori potrebbe accelerare la consolidazione e ridurre la diversità dei modelli, trasformando l’intelligenza artificiale in un bene privato invece che in un’infrastruttura collettiva.

Investitori e imprese potrebbero percepire l’AI non più come un costo di ricerca, ma come classe di asset con equity negoziabile. In questo scenario, le IPO non garantiscono distribuzione equa del valore o tracciabilità a lungo termine. Kumar avverte che “la corsa guidata dall’IPO può portare capitale, ma non assicura crescita equa o infrastruttura condivisa: serve un approccio che riconosca i contributi e renda l’intelligenza una risorsa collettiva, non il giocattolo privato di pochi”.

Anthropic si trova così al crocevia tra hype, valutazioni stellari e rischi sistemici: la sfida non sarà solo entrare in borsa, ma farlo senza sacrificare la sostenibilità tecnica e la fiducia pubblica. Ogni decisione, dal private funding all’eventuale IPO, sarà scrutata con attenzione dai mercati e dai regolatori, perché in un settore dove i numeri crescono più veloci della realtà, un passo falso può trasformare la leadership in una lezione per tutti.