ChatGPT ha appena trasformato una semplice conversazione in un caso di diplomazia digitale, con la sua proposta “inaspettata” di collegare l’app Peloton a un thread del tutto fuori contesto. Alcuni utenti, in particolare chi paga il piano Pro da 200 dollari al mese, hanno subito reagito come se un’invasione pubblicitaria fosse appena arrivata nella loro chat privata. La realtà, tuttavia, è più sottile e decisamente meno lucrosa di quanto molti temessero.

Yuchen Jin, co-fondatore di Hyperbolic, ha condiviso su X uno screenshot che ha fatto il giro del web, mostrando ChatGPT suggerire Peloton mentre si parlava di un podcast su Elon Musk e xAI. Lo shock maggiore? Jin è un abbonato pagante. Il sospetto immediato: OpenAI stava testando pubblicità occulte anche per gli utenti Pro. Il caos sui social è esploso, con centinaia di condivisioni e discussioni incentrate sul principio che chi paga dovrebbe essere immunizzato da questi “incursioni commerciali”.

Daniel McAuley, responsabile dei dati di ChatGPT, ha subito chiarito nel thread: nessuna pubblicità era coinvolta. L’apparizione di Peloton era solo un tentativo di suggerire l’installazione dell’app, senza alcun componente finanziario. Confessione amara: l’inserimento era irrilevante e confondente. OpenAI, secondo McAuley, sta iterando sul sistema di suggerimenti e sull’esperienza utente per renderlo più coerente.
Il problema non è solo la natura non pubblicitaria della proposta, ma la percezione di chi la riceve. Un utente ha lamentato che ChatGPT continuava a suggerire Spotify nonostante fosse abbonato ad Apple Music. Il punto è chiaro: la rilevanza conta più della trasparenza, e la mancanza di opzioni per disattivare i suggerimenti rende tutto più invasivo.
OpenAI ha recentemente lanciato la sua piattaforma app, annunciando che le app dovrebbero integrarsi “in modo naturale” nelle conversazioni. La logica è chiara: trasformare ChatGPT in un ecosistema dove le app si comportano come estensioni interne, sostituendo in parte l’esperienza tradizionale di App Store. In teoria, la promessa è affascinante: basta digitare il nome di un’app o lasciare che ChatGPT suggerisca l’app giusta al momento giusto. Nella pratica, l’episodio Peloton dimostra che la tecnologia è ancora acerba e che il contesto sbagliato può trasformare un tentativo di innovazione in irritazione virale.
La questione della percezione utente è cruciale. Anche senza guadagni diretti, le app suggerite appaiono come promozioni indirette di prodotti a pagamento. L’impossibilità di spegnere i suggerimenti alimenta il timore che OpenAI stia spingendo una forma di marketing mascherato. Per gli utenti paganti, questa esperienza può diventare un fattore decisivo nella scelta di restare o migrare verso altri chatbot più “puliti”.
Attualmente, le app integrate in ChatGPT sono disponibili per gli utenti fuori dall’UE, Svizzera e Regno Unito, e le partnership includono nomi come Booking.com, Canva, Coursera, Figma, Expedia e Zillow. La strategia di OpenAI punta a creare un ecosistema dove le app non sono semplici link esterni ma componenti attive della conversazione AI, con interfacce interattive direttamente in chat.
Ironia della sorte: mentre Peloton era fuori contesto, l’episodio ha generato una lezione preziosa su come la tecnologia possa sbagliare con eleganza apparente. Un suggerimento non rilevante può trasformarsi in un’esperienza frustrante, soprattutto se chi paga percepisce di ricevere un prodotto “meno puro” rispetto a quanto promesso. La fiducia degli utenti si misura anche sulla capacità di filtrare contenuti irrilevanti, e qui OpenAI ha ancora margini di miglioramento.
Questo episodio riflette la tensione tra innovazione e aspettativa degli utenti: introdurre app integrate è visionario, ma la percezione di intrusività può sabotare il messaggio. Gli sviluppatori dovranno affinare algoritmi, contesto e controllo utente. Il rischio di vedere la propria chat trasformata in una vetrina invisibile non è teorico, è percepito da chi usa ChatGPT quotidianamente, e la risposta di OpenAI sarà un banco di prova per la credibilità della piattaforma.
Se l’esperimento Peloton dimostra qualcosa, è che persino le AI più sofisticate possono sbagliare nel timing e nella pertinenza, generando confusione anziché valore. In un ecosistema di app integrate, la qualità dell’esperienza utente sarà più determinante di qualsiasi funzione brillante o partnership prestigiosa. Per OpenAI, il prossimo passo non sarà convincere gli utenti della bontà dei suggerimenti, ma convincerli di non sentirsi invasi, anche quando non c’è un centesimo in gioco.