La nuova analisi di Boston Consulting Group su come costruire enterprise AI agents arriva nel momento in cui la retorica sull’intelligenza artificiale sembra aver superato la realtà dei fatti, creando un paradosso che nelle sale riunioni globali si ripete come un mantra. Tutti parlano di agenti autonomi capaci di rivoluzionare i processi aziendali, ma pochissimi riescono davvero a implementarli su larga scala. Questa indagine supera le cinquanta pagine e offre una radiografia chirurgica delle sfide e delle opportunità che si nascondono dietro la parola magica agents, un termine che promette efficienza e automazione profonda ma che, senza fondamenta solide, rimane un esercizio di fantasia.
La prima intuizione di BCG colpisce per il suo pragmatismo. Non è difficile costruire un agente in laboratorio. È difficile farlo funzionare dentro un ecosistema aziendale che vive ancora di sistemi legacy e procedure pensate in epoche in cui la parola automazione evocava solo la fabbrica, non certo l’elaborazione semantica di una richiesta in linguaggio naturale. La sfida non riguarda gli LLM, che ormai mostrano una maturità sorprendente. Il problema si materializza attorno a loro. Le pipeline di dati inceppate, l’Identity and Access Management che pare un labirinto burocratico, le policy di governance pensate più per bloccare il rischio che per abilitare l’innovazione, i silos applicativi che trasformano ogni integrazione in un’operazione di archeologia tecnologica. Chi ha lavorato su piattaforme agentiche lo sa bene. Il collo di bottiglia non è mai il modello. È tutto ciò che tiene il modello imbrigliato.
Molte aziende sembrano scoprire solo ora un’evidenza che nel mondo della tecnologia è nota da decenni. Un agente intelligente non è altro che un orchestratore capace di leggere il contesto, prendere decisioni e agire dentro un workflows che deve restituire valore e non caos. Senza un’infrastruttura adeguata, la promessa si sgonfia. La progettazione, come sottolinea il report, va affrontata come un esercizio di sistemica profonda e non come un semplice adattamento di LLM pre addestrati. Si parte dall’obiettivo di business, si definisce l’ambiente operativo, poi si costruisce la logica d’azione. Sembra quasi banale, ma la banalità è spesso il rifugio della complessità.
Un altro passaggio particolarmente interessante riguarda la natura ibrida degli agenti moderni. Non sono soltanto chatbot più intelligenti né automazioni tradizionali con qualche decorazione generativa. Sono entità computazionali che devono coordinare tool diversi, interrogare repository eterogenei, leggere segnali in tempo reale e prendere decisioni quasi manageriali. Questa ibridazione li rende efficienti ma al tempo stesso terribilmente esigenti dal punto di vista architetturale. È come se un’intera generazione di aziende si trovasse a costruire un cervello nuovo senza aver prima controllato se il sistema nervoso è in grado di sopportarlo. La frase che rimbalza nel report e che merita di essere incorniciata è semplice e brutale: il vero problema non è l’AI, sono le fondamenta su cui deve poggiare.
La costruzione stessa degli enterprise AI agents richiede una disciplina ingegneristica che spesso collide con le ambizioni commerciali del top management. Si chiede rapidità, ma gli agenti richiedono tempo. Si vuole scalabilità, ma la scalabilità implica standardizzazione e investimenti nella modernizzazione dei sistemi legacy. È qui che la parola automazione aziendale assume una forma nuova e meno romantica. Non esiste automazione intelligente senza una piattaforma robusta, proprio come non si costruisce un aereo usando il telaio di un vecchio camion. Questa metafora non è un’esagerazione. In molte realtà aziendali l’agente deve accedere a database che rispondono con la velocità di un modem degli anni novanta. Deve navigare sistemi ERP stratificati che richiedono autenticazioni multiple e sequenziali. Deve conciliare policy contraddittorie e logiche di business che nessuno ha più aggiornato. È in queste pieghe che si crea l’attrito.
La parte del report che analizza il tema della piattaforma agentica è quella che più chiaramente anticipa il futuro. Non si tratta di assemblare componenti sparsi, ma di creare un ambiente coerente dove orchestrazione, monitoraggio, sicurezza e governance convivono senza frizioni. Le aziende che adottano architetture a servizi modulari accelerano con una forza quasi sproporzionata rispetto alle concorrenti rimaste ancorate ai monoliti del passato. Questa differenza si manifesta in tempi di esecuzione, qualità delle decisioni e affidabilità degli agenti. È interessante notare come BCG mostri un allineamento quasi totale con quanto osservato nei progetti internazionali di IBM Agentic AI. Il pattern è monotono nella sua prevedibilità. Una volta che le fondamenta sono pronte, gli agenti performano. Prima, semplicemente non possono.
Ciò che emerge tra le righe del documento è una verità che probabilmente farà sorridere chi vive ogni giorno le guerre di integrazione. Il mercato dell’AI non soffre una mancanza di modelli avanzati, soffre una mancanza di infrastrutture degne dei modelli avanzati. È un problema di cultura tecnologica, di investimenti a lungo termine e di visione strategica. Molte aziende vogliono agenti autonomi ma non sono pronte a diventare aziende autonome nella gestione dei propri asset digitali. Qui si cela la provocazione più interessante. Non sono gli agenti a dover diventare più intelligenti. Sono le aziende.
L’ultima parte del report assume quasi il tono di un ammonimento elegante. Chi investe ora in piattaforme solide, in standard condivisi, in una governance che abilita anziché frenare, vincerà una corsa che non riguarda solo l’AI ma la struttura stessa dei modelli operativi moderni. Chi invece insiste a costruire agenti sopra fondamenta instabili scoprirà presto che non esiste automazione senza infrastruttura, non esiste intelligenza senza ordine e non esiste valore senza una strategia capace di guardare oltre la moda del momento. È il tipo di verità che non fa tendenza, ma fa utili.
Report: https://www.bcg.com/assets/2025/building-effective-enterprise-agents.pdf