Una risposta netta comincia a farsi strada: sembra proprio che sì. Quel piano ambizioso per alcuni delirante di far saltare tutte le leggi sull’intelligenza artificiale a livello statale negli Stati Uniti, soppiantandole con un regolamento federale minimo o assente, oggi è in netta difficoltà. (vedi Axios)

La proposta, promossa da Donald J. Trump, dal senatore Ted Cruz (R‑TX) e dal leader di maggioranza alla Camera Steve Scalise (R‑LA), puntava a inserire nel testo del National Defense Authorization Act (NDAA) una clausola di “preemption” — vale a dire un divieto federale che annullasse le normative AI approvate dai singoli Stati senza offrire in cambio alcuna cornice regolamentare federale robusta.

La battuta d’arresto è arrivata dal crescente dissenso bipartisan: da una parte il Congressional Progressive Caucus ha formalmente dichiarato il proprio rifiuto di far passare la misura, avendo votato in “super‑maggioranza” contro l’inserimento della preemption nel NDAA. I rappresentanti hanno sottolineato che oggi le leggi statali sono «l’unica possibile difesa reale» per cittadini e consumatori contro i rischi dell’IA — errori nei sistemi di riconoscimento facciale, deepfake, chatbot senza tutele per i minori, ecc.

Dall’altra parte, un’ampia coalizione bipartisan di oltre 280/290 legislatori statali ha firmato una lettera indirizzata al Congresso, chiedendo esplicitamente di opporsi a qualsiasi tentativo di preemption sul tema dell’IA. Hanno definito la mossa come un pericoloso attacco al potere degli Stati di regolamentare autonomamente una tecnologia che impatta profondamente su privacy, diritti civili e sicurezza.

Perfino all’interno del partito repubblicano cominciano a emergere divisioni. Alcuni membri di spicco inclusi rappresentanti influenti nelle commissioni Difesa hanno manifestato perplessità nel legare una questione tecnologica e normativa così complessa a un provvedimento “must‑pass” come il NDAA.

Il ritmo: il calendario parlamentare è serrato e il tempo per approvare l’NDAA si sta esaurendo. Con l’opposizione ormai così ampia, fonti vicine ai negoziati definiscono la preemption “a long shot”, “dead” o “destinata a fallire”.

Un’iniziativa che vantava – secondo i promotori – il proposito di “salvare l’innovazione americana” da presunte leggi statali restrittive, rischia oggi di risultare il sintomo di una crisi di legittimità. In un momento in cui molti Stati portano avanti regole concrete — su deep‑fake, trasparenza, tutela di diritti e sicurezza — la preemption federale appare come l’ennesimo tentativo di indirizzare il panorama normativo al favore dei grandi gruppi tecnologici.

La sentenza al momento: l’idea che l’IA possa essere regolata solo a livello federale — cancellando ogni autorità locale — difficilmente passerà. Il Congresso pare aver capito che, nella corsa all’innovazione, non basta proclamare “libertà per le aziende”: senza un serio quadro regolamentare nazionale, togliere potere agli Stati sarebbe un salto nel vuoto.

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