Immagina che il sistema elettrico più grande degli Stati Uniti — PJM Interconnection — scriva un memo interno non da guardare con orgoglio, ma quasi da vergogna. Le sue luci tremano. Non perché ha paura del buio. Ma perché i data center divorano watt come un adolescente divorerebbe pizze alle 3 del mattino. Energia, potenza, crescita esplosiva. E ora il conto rischia di arrivare per tutti.

PJM serve oltre 65 milioni di clienti su ben 13 stati da Chicago a New Jersey. I suoi ingenieri guardano le tabelle della domanda elettrica con il sudore freddo: tra 2024 e 2030 la domanda di picco potrebbe crescere di circa 32 gigawatt, e quasi tutta questa crescita è attribuibile ai grandi data center. Da questi calcoli emerge chiarissimo che la corsa all’intelligenza artificiale, al cloud, al 24/7 computazionale — model training, video, storage — non è un sogno immateriale. È carbone, gas, linee elettriche, rischi di blackout.

Il nodo? PJM non ha abbastanza generazione né trasmissione per garantire che questi nuovi carichi – enormi, continuativi, concentrati — vengano «serviti» con continuità. (Il monitor indipendente del mercato di PJM, Monitoring Analytics, ha formalmente chiesto all’autorità federale Federal Energy Regulatory Commission (FERC) di imporre una regola che suoni semplice quanto crudele: se non c’è abbastanza capacità, non colleghi il data center. Nessuna slavina di nuove richieste fino a quando la rete non è pronta a reggere.

Il ragionamento è lineare. Se PJM ha il dovere di garantire un servizio affidabile per tutti, non è “giusto e ragionevole” aggiungere carichi che riducono la probabilità di consegna elettrica continua. Eppure, durante le recenti consultazioni tra stakeholder — utilities, operatori, grandi imprese — non è stata trovata intesa su nuove regole per come data center e grandi carichi dovrebbero essere collegati. Nessuno — a quanto pare — ha voluto assumersi la responsabilità netta.

Da anni il prezzo dell’elettricità nella regione coperta da PJM sta schizzando alle stelle. Le ultime aste di capacità — quelle con cui si “pre-acquista” l’energia per i mesi critici — hanno visto prezzi record, amplificati da queste attese di domanda gigantesca. I costi aggiuntivi sono già passati ai consumatori. Ed eccoci al paradosso: le aziende hi‑tech — le stesse che predicano sostenibilità e digitalizzazione globale — rischiano di portare il blackout nella notte delle famiglie comuni.

Cosa significa tutto questo per l’industria tecnologica? Significa che servono meno chiacchiere e più “energia on demand”: data center che portano con sé la propria generazione, magari da fonti rinnovabili o cogenerazione, o che si integrino — nel design — con storage e sistemi distribuiti, per non gravare come colossi su una rete già sotto stress. In alternativa servono “pause intelligenti”: magari spostare carichi di lavoro nei momenti di bassa domanda, batch processing notturno, workload shifting geografico — insomma, progettare l’infrastruttura digitale come si progetta una rete elettrica resiliente.

C’è anche uno spettro meno evidente ma ugualmente insidioso: la sovrastima della domanda. Alcuni studi internazionali suggeriscono che se i data center usassero meglio la flessibilità geografica e temporale del carico, potrebbero alleviare congestioni e ridurre sprechi — mitigando l’impatto sulle reti. In soldoni: non è solo una questione di quanta energia consumi. È come, dove e quando la consumi.

Il monitor di mercato ha già citato un numero impressionante: la crescita dei data center, nei prossimi anni, potrebbe aumentare di decine di gigawatt il carico complessivo su PJM. Se non si risponde con regole chiare e autorità ferme, la rete non reggerà e i blackout — non più ipotesi remota — diventeranno possibile strategia operativa.

Per chi come me osserva da decenni il mondo del tech e delle infrastrutture digitali: è una lezione. Se vuoi che la tua startup, il tuo cloud, il tuo modello AI “scali” davvero, non basta un bel codice. Serve consapevolezza energetica. Serve che il board non solo codifichi algoritmi, ma pianifichi megawatt. E che i regulator finalmente smettano di essere spettatori e tornino ad essere arbitri con i poteri — non con i sogni.