Perché l’energia è il nuovo capitale dell’AI

La narrativa green nel mondo dell’intelligenza artificiale ha smesso di essere un vezzo da ufficio marketing per trasformarsi in un parametro di valutazione finanziaria. Nel 2025 l’energia è il nuovo capitale, e chi non riesce a rendicontarne l’uso con precisione è destinato a essere penalizzato da investitori, regolatori e in prospettiva dagli stessi clienti enterprise. La pressione ESG ha spostato il focus dal “fare AI più veloce e più grande” al “fare AI misurabile e ottimizzata”.

Secondo un’analisi pubblicata da McKinsey Digital a giugno 2025, oltre il 60% delle imprese che implementano AI in Europa ha dichiarato di aver inserito nel procurement un criterio di valutazione ESG per i fornitori cloud e AI. Il problema? Solo il 18% dei provider riesce a fornire dati verificabili sull’impronta energetica per inferenza, mentre i giganti statunitensi continuano a operare dietro muri di opacità.

La The Green Web Foundation ha definito questa situazione come “un punto cieco sistemico, che rischia di trasformarsi in un rischio finanziario prima ancora che ambientale”. Il concetto è semplice: senza numeri affidabili, gli investitori non possono stimare i costi futuri legati a tassazioni ambientali e normative più stringenti, e tenderanno a premiare chi è trasparente oggi per evitare sorprese domani.


La metrica dei watt per token come nuovo standard

Fino a un anno fa nessuno misurava il consumo energetico a livello di singolo token generato. Oggi questa metrica è considerata il nuovo benchmark per valutare l’efficienza dei modelli linguistici di grandi dimensioni. Non è un dettaglio tecnico per addetti ai lavori, ma un parametro che ha implicazioni economiche enormi.

Un modello che consuma 0,3 watt per token rispetto a uno che ne consuma 0,9 watt non è semplicemente “più green”: in uno scenario in cui il costo medio dell’energia nei datacenter europei è stimato intorno a 0,12 euro per kWh, significa ridurre i costi operativi di oltre il 60% su larga scala. In un’azienda che genera 100 milioni di token al giorno, la differenza annuale supera i 2,6 milioni di euro.

Ecco perché fondi come BlackRock e Generation IM stanno introducendo metriche di “energy disclosure” nei propri filtri ESG. Secondo un report interno trapelato da un analista del settore, a parità di performance tecnica, un provider AI con trasparenza energetica certificata potrebbe ottenere un premio valutativo del 12-15% rispetto a uno opaco, semplicemente perché riduce il rischio percepito di future penalizzazioni regolatorie.


I numeri della corsa green: big tech contro sovranità trasparente

Per rendere evidente il divario tra narrazione e realtà, ecco una tabella comparativa aggiornata con stime sui consumi e sul livello di trasparenza dichiarato dai principali player che offrono inferenza AI:

ProviderWatt per Token stimatiTrasparenza DichiarataAudit IndipendenteVantaggio Competitivo
OpenAI (GPT-4/4o)0,4 – 1,2 W/tokenBassa (dati generici)NoDominanza commerciale, ma opacità totale
Google (Gemini)0,5 – 1,0 W/tokenMolto bassaNoNessuna disclosure specifica, focus su performance
Scaleway0,35 – 0,6 W/tokenMediaParzialeBuona comunicazione, ma dati non granulari
GreenPT~0,25 W/tokenAlta (dati volontari)NoForte storytelling, ma manca certificazione esterna
Seeweb – Regolo.AI~0,20 – 0,3 W/tokenAlta (monitoraggio token-based)In corso (audit europeo 2025)Primo caso europeo di trasparenza per token

Questi numeri parlano da soli. Mentre i big tech continuano a vendere promesse generiche di “carbon neutrality entro il 2030”, i player emergenti puntano su trasparenza misurabile e sovranità tecnologica, intercettando clienti che vogliono evitare la dipendenza strategica dagli Stati Uniti e, soprattutto, vogliono dati da integrare nei propri bilanci ESG.


Proiezioni finanziarie:chi guadagnerà dal green misurabile

Una simulazione condotta da Forrester Research prevede che, entro il 2027, i provider AI che adotteranno standard di trasparenza certificata potranno conquistare fino al 25% del mercato enterprise europeo, partendo dall’attuale 6%. La ragione è duplice: pressione normativa (l’UE sta già preparando un AI Sustainability Act con obblighi di reporting energetico dal 2026) e pressione reputazionale (i grandi gruppi industriali non possono più permettersi fornitori non auditabili).

I primi a beneficiare saranno i provider con infrastrutture edge e architettura modulare, perché possono monitorare in tempo reale i consumi e ottimizzare le richieste. Qui si collocano attori come GreenPT e Seeweb, che, pur operando su scala ridotta, possono vendere un valore aggiunto di governance energetica, trasformandolo in una leva di prezzo.


Il caso italiano Seeweb e Regolo.AI come laboratorio di sovranità energetica

E qui l’Italia, sorprendentemente, potrebbe giocare un ruolo di primo piano. Seeweb, con la sua piattaforma Regolo.AI, sta implementando un modello che unisce edge computing e monitoraggio token-based dei consumi. Ogni richiesta elaborata dal modello può essere tracciata in termini di watt utilizzati, creando un vero e proprio “conto energia” che il cliente enterprise può inserire direttamente nei propri report ESG.

Non è solo una trovata tecnica. Se Regolo.AI completerà la partnership per un audit indipendente europeo (fonti interne parlano di una collaborazione con enti certificatori legati al Green Web Foundation), Seeweb potrebbe diventare il primo provider europeo a offrire inferenza AI con trasparenza certificata a livello granulare.

Per un Paese spesso relegato ai margini delle grandi partite tecnologiche, sarebbe un risultato strategico: non competere sui modelli giganti, ma posizionarsi come hub di intelligenza artificiale sostenibile e sovrana, attirando clienti enterprise che vogliono evitare la dipendenza da big tech opache e che devono rispondere a board sempre più ossessionati dalla domanda chiave di questo decennio: quanti watt per token?