La corsa all’oro dell’intelligenza artificiale non riguarda più gli algoritmi o le applicazioni visibili al consumatore, ma la parte che pochi vogliono raccontare: il potere nascosto dell’infrastruttura. Qui si muovono nomi che fino a ieri sarebbero sembrati destinati a restare in un’oscura nicchia di “GPU rental”, ma che oggi sono in procinto di diventare i nuovi padroni dell’economia digitale. Lambda, il provider di cloud AI che affitta potenza di calcolo come fosse petrolio, ha deciso di seguire le orme di CoreWeave, rivale già iperattivo, e sta preparando il suo ingresso in borsa con un IPO da manuale, orchestrata da banche d’affari che non sbagliano mai quando si tratta di fiutare margini. Morgan Stanley, J.P. Morgan e Citi non si muovono a caso, e se hanno messo il timbro è perché hanno intravisto il prossimo big bang della finanza tech.

Il dato che colpisce è che Lambda ha già rastrellato oltre 1,7 miliardi di dollari da investitori pesanti come Nvidia, Alumni Ventures e Andra Capital. Non esattamente il club di beneficenza del quartiere, ma capitali che conoscono bene il valore strategico del controllo sull’hardware per l’AI. Nvidia, in particolare, non è solo un partner, è l’attore onnipresente in questo gioco, un demiurgo che fornisce chip e nello stesso tempo finanzia chi quei chip li rende disponibili al mercato. Un po’ come se il fornitore di energia possedesse anche la rete di distribuzione e decidesse chi può accendere la luce e a che prezzo.

Mentre Lambda affila le armi per la borsa, CoreWeave non perde tempo a gonfiare muscoli con acquisizioni tattiche. Dopo essersi portata a casa Weights & Biases, la piattaforma amata dagli sviluppatori AI, adesso inghiotte OpenPipe, una giovane startup Y Combinator che ha osato mettere ordine nel caos degli agenti AI con un toolkit open source chiamato ART. Reinforcement learning è la parola magica che fa impazzire investitori e CTO, perché promette di trasformare modelli generici in strumenti iper-specializzati. Non basta più avere un LLM onnisciente, serve un assistente che conosca i tuoi processi, che reagisca come un dipendente con 20 anni di esperienza e non come un chatbot educato.

CoreWeave vuole fare esattamente questo: non limitarsi a vendere cicli di GPU, ma offrire una piattaforma end-to-end che spinge le aziende a dipendere dalla sua nuvola come gli antichi dipendevano dal grano. Un abbraccio mortale per startup e imprese che, una volta entrate, difficilmente possono permettersi di uscire. Curioso notare che OpenPipe aveva raccolto solo 6,7 milioni di dollari, briciole nel banchetto miliardario dell’AI, ma con nomi di peso come Tom Preston-Werner e Alex Graveley. Adesso questi pezzi pregiati sono entrati nella scuderia CoreWeave e faranno parte di una strategia che profuma più di monopolio che di innovazione.

Il parallelo con Lambda è inevitabile. Da un lato, un’azienda che prepara la narrativa dell’IPO, promettendo al mercato rendimenti da Eldorado sulla scia dell’hype per l’intelligenza artificiale. Dall’altro, un rivale che gioca sporco, comprando startup per chiudere gli spazi di manovra e consolidare la propria posizione come “AI cloud provider di riferimento”. È la differenza tra chi entra a Wall Street con i fuochi d’artificio e chi costruisce un impero mattone dopo mattone. Ma entrambi si muovono dentro lo stesso paradigma: trasformare la GPU in commodity strategica, la vera moneta del secolo digitale.

E qui sta l’ironia. Le aziende non comprano più server, non comprano software, comprano accesso. La nuvola diventa la vera infrastruttura critica, un oligopolio che somiglia sempre più al vecchio cartello del petrolio. Reinforcement learning, IPO, GPU on demand: termini che nascondono la stessa verità, ossia che il futuro dell’intelligenza artificiale non sarà deciso da chi inventa il prossimo modello brillante, ma da chi possiede i rubinetti della potenza di calcolo. E questi rubinetti, piaccia o no, sono nelle mani di pochi.

Il mercato applaude, ma il rischio è evidente. Concentrare miliardi di dollari in pochi provider significa costruire castelli di sabbia su fondamenta energetiche e logistiche fragili. Il consumo energetico dei data center AI esplode, le filiere dei chip sono vulnerabili, e l’equilibrio geopolitico è tutt’altro che stabile. Ma intanto, mentre si parla di sostenibilità, Lambda e CoreWeave si preparano a fare cassa, e Wall Street non vede l’ora di brindare. La storia ci ha insegnato che ogni bolla ha i suoi eroi e i suoi cadaveri eccellenti, ma per il momento la parola d’ordine è semplice: GPU, ovunque e a qualsiasi prezzo.