https://www.youtube.com/watch?v=zVgbRdFaen4

David Gilmour non è uno che si lascia sorprendere dalle classifiche. Eppure, quando il suo ultimo album, Luck and Strange, ha raggiunto il primo posto nelle classifiche britanniche, non ha potuto fare a meno di notare. Non tanto per l’orgoglio, ma per la consapevolezza che, a quasi ottant’anni, la sua musica continua a parlare, a toccare corde profonde. Eppure, non è l’ennesimo trionfo commerciale a definire la sua carriera, quanto la sua capacità di rimanere fedele a se stesso, di esplorare nuovi territori sonori senza mai tradire le sue radici.

Luck and Strange è un album che nasce in un periodo di isolamento, durante la pandemia. Un periodo che ha messo tutti di fronte alla propria mortalità, alla propria fragilità. Ma Gilmour non si è limitato a riflettere su questi temi; li ha trasformati in musica. Con l’aiuto del produttore Charlie Andrew, ha creato un’opera che mescola il suo inconfondibile stile chitarristico con nuove influenze, nuove sonorità. Un album che, pur essendo profondamente personale, riesce a parlare a chi lo ascolta, a toccare le stesse corde emotive.

La partecipazione della sua famiglia è stata fondamentale. La moglie Polly Samson ha scritto la maggior parte dei testi, esplorando temi come l’invecchiamento e la perdita. I figli Romany, Gabriel e Charlie hanno contribuito con voci, testi e strumentazioni. Un lavoro corale che ha dato vita a un album intimo, ma allo stesso tempo universale. Eppure, nonostante la vicinanza familiare, Gilmour ha sempre mantenuto una certa distanza dal mondo dello spettacolo, preferendo la tranquillità della sua vita privata alla frenesia delle luci della ribalta.

I concerti al Circo Massimo di Roma sono stati un altro momento significativo. Suonare in un luogo così carico di storia, dove la musica si fonde con il passato, è stato per lui un’esperienza unica.

“Pensare di esibirsi in questi luoghi vivi da 2.000 anni mi dà un senso di pace”, ha dichiarato. Eppure, non tutto è stato perfetto. Il ricordo del concerto dei Pink Floyd a Venezia nel 1989 è ancora vivo nella sua mente. “Avevamo fatto degli accordi che non vennero rispettati, specie sull’accoglienza dei fan”, ha detto.

Un’esperienza che ha lasciato un segno, ma che non ha intaccato il suo amore per l’Italia e per la sua musica.

Ma è sul rapporto con Roger Waters che Gilmour non ha dubbi.

“Una reunion? Impossibile”, ha dichiarato. Le divergenze politiche e personali sono troppo profonde per poterle superare. Eppure, in un’epoca in cui la tecnologia permette di fare miracoli, Gilmour non esclude una reunion virtuale. “Perché no invece?

Se fatta bene, con l’Intelligenza Artificiale, mi piacerebbe vedermi ai tempi dei Pink Floyd seduto tra il pubblico”.

Un’idea che, pur sembrando futuristica, riflette la sua capacità di adattarsi ai tempi, senza mai perdere la sua essenza.

A quasi ottant’anni, Gilmour si sente sereno. Ha imparato a non prendersi troppo sul serio, a godere dei piccoli momenti, a non lasciarsi sopraffare dal successo. “Un tempo pensavo di essere immortale. E sono arrivato alla conclusione che non bisognerebbe avere troppi soldi, troppo successo, troppa libertà quando si è troppo giovani. Perché non si sanno apprezzare”. Una lezione di vita da uno dei più grandi musicisti del nostro tempo.

Fonte Corriere della Sera https://www.corriere.it/spettacoli/25_settembre_13/david-gilmour-intervsta-roger-waters-reunion-pink-floyd-ai-87d56f2b-99a3-4493-aa67-71f9daafexlk.shtml