Umanoide IRON è una di quelle storie che da tecnologi adoriamo perché irritano gli scettici, sfidano i limiti e costringono a riflettere sul confine tra marketing e reale innovazione. In questo pezzo ve la racconto come un CTO/CEO che non ha tempo per frottole, ma ama sorprendersi e forse anche provocare un po’.

Al suo evento “AI Day” a Guangzhou, XPENG ha presentato la generazione più recente del robot IRON, con alcune specifiche che già suonano come un salto significativo per la robotica umanoide: altezza circa 178 cm, peso intorno a 70 kg.

Il robot è dotato di un numero “alto” di gradi di libertà: alcune fonti parlano di 82 DOF totali (degrees of freedom) e 22 DOF nelle mani. Il sistema di calcolo interno utilizza tre chip “Turing” proprietari, con claim tra 2 250 e 3 000 TOPS (trilioni di operazioni al secondo) per gestire visione, linguaggio ed azione.

Una particolarità interessante: la batteria è indicata come “all‑solid‑state” (a stato solido) — più sicura, più densa energeticamente, meno soggetta a surriscaldamenti rispetto alle classiche celle agli ioni litio. Il robot è già integrato con tecnologie di percezione (telecamere, LiDAR/ultrasuoni) e cammina a una velocità dichiarata circa 2 m/s (ovvero ~6.5 ft/s) adattandosi a terreni irregolari.

L’azienda colloca l’obiettivo di produzione “in massa” entro la fine del 2026, inizialmente in ambienti commerciali (negozi, accoglienza, guide) piuttosto che in ambienti domestici.

Da decenni la robotica umanoide è uno dei più ambiziosi sogni tecnologici: camminare come noi, muoversi come noi, magari pensare come noi (o aiutare noi) negli ambienti umani. Ma nella pratica ogni fase ha mostrato limiti consumi troppo alti, stabilità precaria, poca utilità reale, contesti controllati.

IRON segna almeno sulla carta un cambio di paradigma: entrare in ambienti “non laboratorio” (negozi, reception) richiede robustezza, mobilità, autonomia e interazione credibile. Se davvero IRON potrà operare con efficacia in questi contesti, significa che la robotica humanoide da “ricerca” sta compiendo il salto verso “servizio reale”.

Ma perchè provo una lieve inquietudine

Mettiamola così: la distanza tra “annuncio” e “utilizzo profittevole su larga scala” è spesso più ampia di quella tra “volevo un robot” e “ho un robot che paga supermercato”. Le domande che mi pongo e che dovreste porvi anche voi se investite, decidete roadmap o guardate al futuro sono:

Quanto autonomamente può operare IRON in un ambiente affollato, non strutturato? Camminare è una cosa, interagire con clienti, evitare imprevisti, gestire contesti complessi è un’altra. Le demo sono promettenti ma spesso scenario controllato.


Qual è il costo totale (hardware + software + integrazione + manutenzione) rispetto al ROI? L’articolo che stimava ~150.000 USD come prezzo ipotetico ne dà un’idea.


Quali sono le implicazioni normative, di sicurezza, privacy (un robot umanoide che “saluta clienti”, riconosce volti, conversa) in un Paese come la Cina è un conto, in Europa/Italia un altro. XPENG dichiara una “quarta legge”: “i dati dell’interazione restano nell’ambito del robot” per la privacy.

È davvero utile un “hub umanoide” quando robot più specializzati (es: bracci robotici, AGV, manipolatori logistici) fanno già bene il lavoro con meno complessità? Il valore aggiunto di “somigliarmi” e “me parli” va ben monetizzato.


Scalabilità: produrre “in massa” entro fine 2026 è un obiettivo aggressivo, ma produzione in batteria, supply chain, integrazione software, test di affidabilità richiedono tempo.

Applicazioni immediate e “da guardare”

Tra le applicazioni che XPENG prevede troviamo: accoglienza in negozi/show‑room, guide/interazione turisti, logistica e ispezione industriale (nell’articolo viene citato un partenariato con Baoshan Iron & Steel per uso in fabbrica).

Da imprenditore e innovatore digitale direi che è proprio qui che si apre l’opportunità: se da una parte è ancora presto per una general‑purpose humanoid che entra in casa, dall’altra un robot “sociale” con presenza fisica in ambienti commerciali ben definiti può fare la differenza soprattutto in retail, hospitality, eventi.

Per il mercato italiano/europeo

Per noi che operiamo in Italia/Europa, alcune note pratiche:
– Pure se la produzione XPENG fosse pronta nel 2026, l’introduzione in Europa potrebbe richiedere certificazioni aggiuntive, adattamenti normativi, localizzazione linguistica e software.
– Il mercato “greeter robotico” non è privo di concorrenza, e la proposta deve dimostrare un chiaro vantaggio rispetto a un touch‑screen o un assistente mobile.
– La visione “humanoid” può essere un elemento differenziante forte (branding, customer experience) ma anche un costo/complessità aggiuntiva che deve giustificarsi.
– Dal punto di vista strategico, se sei un CEO/CTO che valuta soluzioni di automazione o trasformazione digitale, conviene valutare sia i robot umanoidi “sognanti” sia le soluzioni più mature, per integrarli in roadmap progressive: “fase 1: automazione specifica”, “fase 2: interazione fisica ibrida”.

Immagina: nel 2026 entri in un negozio e vieni salutato da un androide alto quasi come te, mani articolate, sorriso (o quello che lo simula), ti chiede se vuoi provare il nuovo smartphone o ti accompagna al tuo banco. Non lo chiamo “commesso” ma “compagno robotico”. Da un lato è figo, dall’altro… quando ti risponderà: “Certamente signore, Le porto il modello X, ma intanto possiamo parlare anche del metaverso?” beh… qualche sopracciglio si alza.

I puristi della robotica storceranno il naso: “Cammina bene… ma sa davvero fare qualcosa che un robot da magazzino non fa già?” Sì, la risposta sarà: “non solo, può farlo davanti al cliente, con presenza, con storytelling”. Resta da dimostrarlo su scala.

IRON non è un prototipo da laboratorio qualsiasi. È un tentativo concreto — audace di portare la robotica umanoide in ambienti reali, commerciali, nel 2026. Se avrà successo sarà uno dei “salti” del decennio per la robotica di servizio. Se invece rimarrà in parte dimostrativo, sarà comunque un indicatore del percorso: hardware potente, IA integrata, presenza fisica. Il vero test sarà nella scala, nell’integrazione, nel costo‑utilità. Come CTO/CEO vi dico: tenete d’occhio questo progetto, perché se lo fanno funzionare davvero, rischia di cambiare il paradigma. E se lo fate prima voi ancora meglio.