La Linux Foundation ha annunciato il 9 dicembre 2025 la creazione della Agentic AI Foundation come “casa neutrale” per progetti open source che stanno plasmando l’era degli agenti autonomi — non più solo chatbot conversazionali, ma sistemi che prendono azioni, integrano dati, strumenti, flussi di lavoro. I tre progetti fondatori trasferiti all’AAIF sono: il Model Context Protocol (MCP) di Anthropic, il framework open‑source goose di Block, e la convenzione AGENTS.md di OpenAI.
MCP è un protocollo pensato per collegare modelli — LLM o agenti — con strumenti, dati o applicazioni. Analogamente a come USB‑C ha standardizzato il collegamento hardware, MCP punta a diventare lo standard “plumbing” per agenti: un metodo unificato, vendor‑neutral, per far comunicare modelli e tool.Goose fornisce un framework operativo locale per costruire “workflows agentici”, con modelli, strumenti estendibili, e integrazione via MCP.
AGENTS.md invece è una convenzione Markdown: un modo standard per dire “questo è come l’agente deve comportarsi in questo progetto”, indipendentemente da quale toolchain o framework usi. Ha già visto una massiccia adozione (decine di migliaia di progetti).
Mettere questi strumenti sotto un’unica fondazione neutrale significa puntare su interoperabilità, governance condivisa, sviluppo comunitario: l’obiettivo dichiarato è evitare che l’ecosistema degli agenti AI diventi un “giardino recintato” di stack chiusi, ciascuno proprietario e incompatibile.
Tra i “platinum members” ci sono big come Amazon Web Services (AWS), Google, Microsoft, Cloudflare, Bloomberg, oltre ovviamente ad Anthropic, Block, OpenAI.
L’AAIF – se funzionerà – ha il potenziale per dare una “pila infrastrutturale comune” al cosmo degli agenti AI, come TCP/IP, HTTP, HTML lo fecero per il web.
Perché potrebbe davvero cambiare le regole del gioco
La potenza di questo disegno è evidente. Prima: ogni azienda/progetto che voleva agenti “pratici” doveva reinventare da zero come collegare modelli a tool, orchestrare flussi, gestire sicurezza, compatibilità con dati, tool e infrastrutture enterprise. Un disastro di frammentazione, lock‑in, integrazioni proprietarie, supporto a lungo termine incerto. Con AAIF + MCP + Goose + AGENTS.md potresti avere una “pila universale”: sviluppi un agente usando standard aperti e potenzialmente lo fai girare ovunque — cloud, edge, locale — con minor sforzo di integrazione. Questo riduce la barriera d’ingresso per le imprese che vogliono automazione avanzata, lo rende più scalabile e gestibile.
In secondo luogo, la governance aperta e neutrale è critica: se MCP rimanesse sotto il controllo esclusivo di una sola azienda perderebbe appeal come “standard universale”. Invece trasferirlo sotto Linux Foundation ne aumenta la fiducia e offre un ambiente per evoluzione comunitaria, audit, estensioni.
Questa scelta richiama dinamiche viste nella diffusione di infrastrutture come Kubernetes o Linux: la vittoria non è data dal trofeo “più proprietario”, ma dall’adozione diffusa, dalla standardizzazione e dalla comunità.
Per aziende e sviluppatori significa minor tempo perso in “plumbing”, più focus su logica di dominio, su valore applicativo, su innovazione vera. Per la democrazia dell’AI — se IA dev’essere utile, flessibile, integrabile — è un punto di svolta.
I rischi, le zone grigie — da CTO con trent’anni sul groppone
Non tutto è rose e fiori. Il primo rischio è che “standard aperti” restino sulla carta mentre nella pratica emergono implementazioni proprietarie più rapide, più comode, più integrate. Se un grande vendor spinge la sua versione “ottimizzata” di agenti e consente lock‑in — compatibile solo con suoi tool — l’interoperabilità soffoca. La fondazione può decidere le linee guida, ma non può imporre l’adozione.
Secondo, l’adozione precoce di MCP come de facto standard potrebbe diventare una secchezza tecnica: se il protocollo non scala, non supporta esigenze enterprise specifiche (autorizzazioni, auditing, sicurezza avanzata, compliance), molte aziende potrebbero bypassarlo con soluzioni proprietarie. In letteratura recente infatti emergono problemi di sicurezza legati a protocolli per “tool calling” di LLM: basta una configurazione sbagliata per esporre vulnerabilità, esecuzione di codice malevolo o perdita di credenziali.
Terzo, la standardizzazione può arrivare troppo presto. L’ecosistema agentico è ancora in piena evoluzione, con modelli, moduli, toolchain che cambiano rapidamente. Definire oggi uno standard “definitivo” potrebbe soffocare l’innovazione. Se l’AAIF stabilizza MCP / AGENTS.md / Goose prima che emergano paradigmi davvero nuovi, rischiamo di ingessare il mercato su quella architettura.
Infine, “governance aperta” non è garanzia di perfection. La fondazione deve dimostrare che coordina in modo efficace contributi, che gestisce conflitti di interesse (tra membri bigtech), che evolve con trasparenza reale. Se diventa un palco per marketing piuttosto che per ingegneria, l’idea si sgonfia.
Implicazioni strategiche per aziende, sviluppatori e adopters
Per startup, imprese mid‑size, team R&D: l’AAIF rappresenta un’opportunità per costruire agenti AI in modo modulare, senza dover reinventare da zero ogni volta. In uno scenario competitivo, scegliere strumenti compatibili AAIF/MCP può diventare un “trade‑off intelligente”: interoperabilità, portabilità, comunità di supporto.
Per vendor cloud o piattaforme enterprise: l’appoggio all’AAIF può essere uno strumento di differenziazione — offrire “agentic stack compatibile” può attirare chi vuole evitare lock‑in, chi vuole flessibilità, chi lavora su automazione complessa. Per menti da CTO come te, è un segnale da interpretare come potenziale standard strategico su cui investire infrastruttura, prodotti, partner.
Per sviluppatori open source e comunità: l’AAIF può diventare luogo di sperimentazione, contribuzione, evoluzione delle convenzioni. MCP + AGENTS.md + Goose forniscono una base su cui costruire, migliorare, adattare agenti per contesti nuovi — SaaS, automazione enterprise, analisi dati, automazione team, tool integrati. La speranza: un ecosistema dove “inventare agenti” sia accessibile anche fuori dai grandi vendor.
Riflessioni finali: utopia open‑standard o ennesimo battito di marketing?
Dal mio punto di vista, caro tecno‑stratega con i capelli brizzolati (ma occhi da falco), l’AAIF rappresenta una delle scommesse infrastrutturali più interessanti dell’AI moderna. Se prevale la filosofia della “rete aperta, interoperabilità, comunità”, potremmo essere all’alba di un’onda paragonabile a quella che portò l’HTTP, HTML, TCP/IP: fondamenti su cui costruire decenni di innovazione.
Ma ci sono segnali di avvertimento: la storia dell’open source è piena di standard idealisti che poi sono diventati layer dominati da pochi. Se la governance falla, la spec resta vaga, l’adozione rimane superficiale, rischiamo una “standardizzazione di facciata” seguita da lock‑in sotto traccia.
E poi: spesso la rapidità di innovazione viene prima della standardizzazione. Potremmo trovarci — nei prossimi 2‑3 anni — in un deserto di protocolli e tool sperimentali, dopodiché l’AAIF proverà a imporre il suo stack. In quel momento la domanda sarà: questo stack sta davvero rispondendo ai nuovi paradigmi, o è un fosco “standard minore” rispetto a ciò che potrebbe emergere?
L’AAIF può essere una grande opportunità per chi ha la visione e la disciplina per investire oggi nella modularità e interoperabilità. Ma per non farsi affascinare dall’entusiasmo, come te, serve un approccio da architetto senior: guardare l’adozione reale, testare la robustezza, valutare la comunità, considerare i rischi di lock‑in e dipendenza.