on è più fantascienza, ma neppure ancora realtà. L’energia da fusione, quella promessa quasi mitologica di generare elettricità infinita e pulita a partire dall’acqua, sta uscendo dal laboratorio e cominciando a parlare il linguaggio dell’intelligenza artificiale. O, più precisamente, il linguaggio di DeepMind, la divisione di Google che negli ultimi anni sembra avere come hobby quello di risolvere problemi che il resto del pianeta definisce “impossibili”. Dopo aver battuto campioni di Go e decifrato le pieghe delle proteine, ora tenta di addomesticare il caos più estremo dell’universo: il plasma.
Autore: Alessandra Girardo
Non più un fattore tecnico, ma un vero e proprio pilastro strategico del business, che proietta l’azienda nel futuro: questo è il ruolo del dato nella data-driven company, il traguardo a cui la maggior parte delle organizzazioni sta cercando di giungere con tutte le proprie forze. perch
Si stima, infatti, che la trasformazione data-driven rientri nei piani dell’85% delle imprese italiane, ma l’iter, per molti, sembra ancora lungo. Secondo la ricerca “The Data Quality Study” elaborata da SDTimes, solo il 16% delle aziende si definisce davvero guidata dai dati, mentre per la maggior parte, ovvero il 34%, si proclama semplicemente “data aware”, indicando di trovarsi nella fase iniziale di riconoscimento dell’importanza dei dati, senza averli ancora integrati completamente nei propri processi.
Ma perché è così difficile? Per rispondere a questa domanda, è necessario prendere in considerazione tre diversi elementi, tra loro collegati.