Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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L’intelligenza artificiale (AI) nel suo senso piu’ ampio e l’intelligenza esibita dai sistemi informatici (Machine)

n8n vs LangGraph

Agenti artificiali: il bluff del secolo o la vera rivoluzione del software?

Nel 2025 tutti parlano di AI agents, come se fosse l’ultimo oracolo digitale sceso in terra per risolvere la mediocrità strutturale dei SaaS. Tutti a scrivere prompt, a far girare LLMs come se fossero criceti impazziti su ruote da 80 miliardi di parametri. Eppure, pochi pochissimi capiscono come funzionano davvero questi benedetti “agenti”. Il motivo? Semplice: non è questione di modelli, è questione di framework agentici. E no, non sono roba da hipster nerd. Sono la vera infrastruttura neurale del futuro prossimo.

C’è una dualità che domina il panorama: da un lato n8n, l’artigiano zen dei workflow visuali. Dall’altro LangGraph, l’alchimista cerebrale del ciclo computazionale. Non sono rivali. Sono anime complementari dello stesso corpo cyborg: la nuova impalcatura del software aziendale post-human.

L’intelligenza artificiale non è magia: è architettura a sette strati

Chi pensa che l’AI moderna si limiti al prompt engineering o alla messa a punto di modelli preaddestrati è fermo al livello “giocattolo”. L’AI vera, quella che finisce in produzione, quella che deve scalare, performare, rispondere in millisecondi, aggiornarsi, ragionare, non si improvvisa. Va progettata come un’infrastruttura industriale: multilivello, interdipendente, e ovviamente fragile come il castello di carte più caro che tu possa immaginare.

Serve una visione sistemica, un’architettura a sette strati. Non è teoria, è la differenza tra un POC da demo call e una piattaforma AI che regge milioni di utenti. O, come direbbe qualcuno più poetico: dalla speranza alla scalabilità. Andiamo a sezionare questo Frankenstein digitale con cinismo chirurgico.

Alla base c’è il layer fisico, dove l’AI è ancora schiava del silicio. Che siano GPU NVIDIA da migliaia di dollari, TPUs di Google usate a ore come taxi giapponesi, oppure edge devices low-power per far girare modelli ridotti sul campo, qui si parla di ferro e flussi elettrici. Nessuna “intelligenza” nasce senza una macchina che la macina. AWS, Azure, GCP? Sono solo supermercati di transistor.

Anthropic prompt engineering: la nuova religione dei developer

Da oggi, se non sai scrivere prompt, sei fuori. Non sei un developer, non sei un ingegnere, non sei neppure un umano interessante. Sei un fossile. E no, non sto esagerando. Anthropic — sì, quelli che giocano a fare i monaci illuminati dell’AI mentre bruciano milioni in cloud e cluster ha appena rilasciato un corso gratuito di Prompt Engineering per sviluppatori. Gratis. Ovvero: ti stanno dicendo “prendi il potere, o morirai schiacciato da chi lo fa prima di te”.

Hai capito bene: la nuova hard skill dei professionisti tech non è TypeScript, Rust o TensorFlow. È Prompt Engineering. Una parola che suona tanto come una buzzword da LinkedIn, e invece è la lama affilata che separerà i dev con stipendio da $200k da quelli che implorano l’algoritmo per non essere sostituiti da uno script in Python scritto male.

E sì, ovviamente è un corso “hands-on”, interattivo, diviso in capitoli con un crescendo narrativo degno di un romanzo cyberpunk in salsa OpenAI.

Ma partiamo dal principio.

Microsoft trasforma GitHub Copilot in agente AI autonomo: il junior che non dorme mai

Microsoft ha appena ribaltato il tavolo dell’AI per sviluppatori, trasformando GitHub Copilot da semplice assistente di codice a un agente di programmazione completamente autonomo. E no, non è più quel copilota passivo che aspetta le tue istruzioni: ora fa il lavoro sporco da solo, come un junior inesperto ma pieno di entusiasmo, pronto a sbagliare e imparare senza chiedere il permesso.

L’idea di un agente AI che programma senza bisogno di supervisione in tempo reale sembra un azzardo da fantascienza, eppure Microsoft l’ha messa in pratica. Il nuovo Copilot non vive più in modalità “attendi input” o “collabora in diretta”, ma lavora asincronamente, orchestrando attività e processi di sviluppo in background, come se avessi un giovane apprendista nel team che prova a scrivere codice mentre tu dormi o ti dedichi a strategie più “nobili”. (PROVALO QUI)

Come costruirsi un occhio bionico in 150 righe di codice (e farlo girare offline sul tuo Mac)

Sembra fantascienza, ma è solo Python. O quasi. In un’epoca in cui ogni singola API sembra volerci chiedere una carta di credito, un gruppo di sviluppatori ha deciso di mandare al diavolo il cloud e riportare l’intelligenza artificiale dove dovrebbe sempre stare: nella tua macchina, nel tuo terminale, sotto il tuo controllo. Zero server, zero streaming, zero dipendenze esotiche. È il trionfo della local-first AI, e sì, gira perfino in tempo reale con la webcam. Offline. Con una leggerezza da far impallidire metà delle startup AI finanziate da Andreessen Horowitz.

Audit strategico con un solo expert consultant prompt? L’AI vi guarda e ride. Ma funziona

“Se un prompt ti fa risparmiare 100k di McKinsey… è ancora un prompt o è un miracolo?” Questa è la domanda che ormai serpeggia sotto traccia tra founder e manager stanchi di consulenze in power point e board deck da sbadiglio. E sì, Reddit sta facendo girare questo power prompt che promette di fare ciò che una squadra di MBA con camicia bianca e cravatta allentata sognerebbe: scomporre, analizzare e riprogettare la tua strategia aziendale, come un vero strategist.

sviluppo della AI

Ma in che momento siamo nello sviluppo dell’AI?

Nell’ultimo convegno su AI e Dati a cui sono andato si è parlato molto di come i LLM siano già una soluzione affermata e stabile, con tanti pro e pochi contro. Presentazioni e discorsi di una tecnologia già fatta e finita, siamo già alla fine della storia dello sviluppo dell’AI?

Llama o poeta? la temperatura nei modelli linguistici è l’LSD del token

Se chiedi a un LLM “scrivimi una poesia sull’entropia quantistica” e poi lo rifai, e lo rifai ancora, noterai che qualcosa cambia. E no, non è perché è lunatico o ha letto troppi libri di filosofia quantistica. È colpa – o merito – della temperatura. Una variabile piccola e subdola che decide se il tuo modello è un contabile svizzero o un poeta stravagante in acido. E il bello è che sta tutto in una formula da due righe. Ma dietro c’è il cuore pulsante del comportamento di generazione testuale di un LLM.

La sottile arroganza dell’intelligenza artificiale: quando i workflow sembrano intelligenti, gli agenti sembrano umani, e l’MCP è Dio

Oggi parliamo di come l’AI si spaccia per intelligente mentre si comporta come uno stagista molto obbediente, salvo poi evolversi in qualcosa che, con l’aiutino giusto, potrebbe effettivamente fregarti il lavoro. Parliamo di AI Workflows, Agenti Autonomi, e dell’oscuro ma fondamentale MCP — Model Context Protocol. Tre sigle, tre livelli di potere computazionale, una sola verità: senza contesto, l’AI è solo un automa con l’elmetto del Project Manager.

I cosiddetti AI Workflows sono la versione postmoderna delle macro di Excel. La differenza? Nessuna, tranne il marketing. Un workflow AI è uno script lineare: trigger → azione → output. Tutto preciso, tutto meccanico. Arriva un’email? L’AI la riassume, crea un task e ti manda un messaggio Slack. Bingo. L’illusione dell’intelligenza. Ma non farti fregare: è puro determinismo digitale. Nessuna decisione, nessuna capacità di adattamento, solo sequenze codificate. È come parlare con un chatbot del 2004, ma con un’interfaccia più figa.

CHATGPT è solo un altro chatbot? prova a chiederglielo con le parole giuste (PROMPT), poi ne riparliamo

La maggior parte degli utenti che aprono ChatGPT per la prima volta fanno tutti la stessa cosa: scrivono qualcosa tipo “ciao, mi puoi aiutare con una cosa?”, ricevono una risposta gentile, e si illudono di aver capito come funziona. In realtà non hanno neanche scalfito la superficie.

L’illusione di “aver capito” è pericolosa. È come comprare una Ferrari e usarla per andare a fare la spesa la domenica mattina, in prima marcia, col freno a mano tirato. E quando qualcuno ti chiede se ti piace guidarla, rispondi: “Sì, però non è poi tutta questa cosa.” Davvero?

Panoramica comparativa dei protocolli MCP, A2A, ANP, ACP: chi comanda nel Far West degli agenti AI?

Mentre l’industria della tecnologia celebra con fanfare ogni nuovo traguardo di performance nei modelli di intelligenza artificiale dal GPT-4.5 a Gemini, passando per LLaMA 3 la vera rivoluzione si sta consumando sottotraccia, nel silenzio dei protocolli di comunicazione tra agenti AI. Come in una sala riunioni di CEO, dove tutti sono brillanti ma nessuno ascolta, le intelligenze artificiali possono essere geniali singolarmente, ma assolutamente inutili se non parlano la stessa lingua, con lo stesso ritmo, con la stessa logica condivisa. E qui entra in scena l’infrastruttura invisibile, il tessuto protocollare che tiene insieme ecosistemi complessi di agenti autonomi.

Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Creare i Testi

Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Creare i Testi

Ultima parte, almeno per ora, dedicata ai token e come si usano per creare i testi con ChatGPT, Gemini e gli altri LLM.
Se non avete idea di cosa siano i token e come vengono usati vi invito a leggere gli articoli precedenti:
Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Cosa sono i Token
Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Tokenizzazione
Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Comprendere i Testi

Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Creare i Testi

Esplorando il mondo dei Token nei LLM: comprendere i testi

Terza puntata sui token, dopo aver parlato di cosa sono i token e di come avviene la tokenizzazione di un testo, oggi vediamo come questi strumenti aiutino gli LLM a comprendere i testi. Ovviamente parlo di comprensione lessicale.

La tokenizzazione è il processo principale per la segmentazione del testo in unità più piccole, è il punto di partenza per consentire ai LLM di “riconoscere” il tema generale di un testo.
Comprendere i testi per un LLM non è come comprendere i testi per una persona, mettetevi nella posizione di capire qualcosa di molto primitivo rispetto al ragionamento umano, basato sui calcoli e sulla statistica e non sul significato reale delle parole.

Colbert è morto, lunga vita a Colbert: l’ascesa di gte-moderncolbert-v1 di lighton

ColBERT, quell’elegante outsider del mondo della retrieval semantica, ha sempre fatto le cose a modo suo. Mentre i modelli densi da una sola embedding per query e documento si davano pacche sulle spalle parlando di cosine similarity e performance “ottimali”, ColBERT si costruiva la sua nicchia con un approccio multi-vector, ritardando l’interazione tra query e documento per una precisione chirurgica. E ora, con GTE-ModernColBERT-v1, LightOn ha deciso di riscrivere le regole del gioco – con un modello che non solo ruba la scena, ma umilia candidamente i suoi predecessori.

RAG sta diventando il sistema operativo dell’AI enterprise, non più un semplice pipeline

Il RAG non è più il simpatico acronimo che pensavamo di aver capito: “Retrieval-Augmented Generation”, un’idea semplice, quasi naif, di prendere un po’ di documenti, passarli a un LLM e sperare in una risposta decente. No, quella fase adolescenziale è finita. Ora RAG sta diventando l’infrastruttura sottostante, l’OS invisibile dell’intelligenza artificiale enterprise. E come ogni OS serio, smette di essere una funzione per diventare un ecosistema.

I numeri, tanto amati dai board aziendali e dai consulenti con slide patinate, raccontano una storia inequivocabile: nel primo trimestre del 2025, oltre il 51% delle implementazioni GenAI aziendali utilizza architetture RAG, rispetto al 31% di appena un anno prima. Tradotto: chi non l’ha già fatto, o è cieco o è già morto e non lo sa ancora.

Guida di Google al prompt engineering: il vangelo apocrifo dell’IA generativa

Nel mondo incerto dei Large Language Model, dove il confine tra genialità e delirio si gioca in pochi token, Google sgancia la bomba: un manuale di 68 pagine sul prompt engineering. Non è il solito PDF da policy interna. È la nuova Torah per chi maneggia IA come un alchimista contemporaneo, dove ogni parola può scatenare un miracolo… o un mostro.

La notizia completa (slides incluse) è qui: Google Prompt Engineering Guide

Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Creare i Testi

Esplorando il mondo dei Token nei LLM: Tokenizzazione

Se avete già letto l’articolo precedente sulla nascita dei token, oggi vediamo come la tokenizzazione viene usata per identificare pattern linguistici, comprendere relazioni semantiche e strutturali, effettuare le famose analisi del sentiment, identificare entità nominate, assegnare categorie grammaticali e realizzare la sintesi automatica del testo.

TikTok scommette sulla Finlandia: 1 miliardo per blindare i dati europei e sfidare la paranoia occidentale

ikTok investirà un miliardo di euro per costruire il suo primo data center in Finlandia, a conferma di una strategia che cerca disperatamente di convincere l’Occidente che ByteDance la casa madre con sede in Cina non è un cavallo di Troia al servizio del Partito Comunista. Confermato da un portavoce dell’azienda, ma senza alcun dettaglio aggiuntivo (per non rovinare la suspense?), il progetto si inserisce nel più ampio piano da 12 miliardi di euro noto come Project Clover, una sorta di foglia di fico digitale pensata per coprire le pudenda della privacy europea.

La Finlandia non ha ancora commentato ufficialmente. Ma se guardiamo ai numeri, capiamo che Helsinki non sta aspettando il via libera morale: nel paese sono previsti oltre 20 nuovi data center per un valore totale di circa 13 miliardi di euro e una capacità stimata di 1,3 gigawatt. Non è solo una questione di freddo anche se le basse temperature aiutano a raffreddare i server senza dover costruire centrali nucleari per alimentare l’aria condizionata ma di energia green a basso costo e infrastrutture digitali che fanno gola ai giganti del tech, da Microsoft a Meta. Come ha sottolineato Brad Smith, presidente di Microsoft, “Finlandia significa energia carbon free e ottima connettività: la combo perfetta per servire tutto il continente”.

Esplorando il Mondo dei Token nei LLM: Creare i Testi

Esplorando il mondo dei Token nei LLM: cosa sono i Token

Oggi cercherò di spiegare cosa sono i token, da dove arrivano, e come funzionano all’interno dei Large Language Models (LLM).

I token rappresentano i mattoncini che i modelli linguistici utilizzano per elaborare e comprendere il testo e sono tra gli elementi fondamentali per molte applicazioni di intelligenza artificiale, tra cui i Large Language Model (LLM) e il Natural Language Processing (NLP).

La difficoltà è riassumere in un articolo che spieghi come il testo viene trasformato in unità elementari attraverso un processo chiamato tokenizzazione, un procedimento nato decenni fa con i motori di ricerca, e che è diventato il primo passo nella maggior parte delle attività di elaborazione del linguaggio naturale.

Top AI Agents nel 2025 l’agente sei tu: perché ogni workflow aziendale ora respira intelligenza artificiale

Se fino a ieri giocavamo con i chatbot come se fossero i Tamagotchi aziendali, oggi chi non orchestra un esercito di agenti AI nei propri flussi operativi sta solo preparando la sedia per il competitor che lo sostituirà. La corsa all’automazione intelligente non è più una scommessa futuristica: è una guerra fredda già in corso tra i reparti IT, marketing, customer service e sviluppo prodotto. E come ogni guerra che si rispetti, a vincere non è chi ha più armi, ma chi le integra meglio.

In un mondo dove ogni workflow si trasforma in un sistema nervoso digitale, gli agenti AI sono i nuovi neuroni. Ma attenzione: non parliamo dei vecchi assistenti stupidi che sfornano risposte da FAQ. Questi nuovi agenti ragionano, decidono, eseguono e soprattutto scalano. Ecco come si stanno infiltrando nei gangli vitali delle aziende.

10 chatgpt prompts che trasformano giorni di lavoro in pochi secondi

Partiamo dal presupposto che chiunque oggi osi ancora dire “non ho tempo” probabilmente non ha mai seriamente messo ChatGPT alla prova. Qui entriamo in un territorio interessante, quasi magico, dove la produttività schizza come una Tesla in modalità Plaid. E ovviamente, come ogni cosa magica, serve la formula giusta. Ti porto quindi nel mondo dei 10 prompt che, se usati bene, ti faranno sembrare un esercito di consulenti iperattivi pronti a servire il tuo impero personale. Nessun elenco sterile, solo pragmatismo velenoso e visione da CEO navigato.

Iniziamo con l’arte della scrittura di proposte commerciali, uno dei mestieri più noiosi dell’universo conosciuto. Fino a ieri, sudavi sette camicie per mettere insieme un documento decente che spiegasse il tuo prodotto o servizio a un potenziale cliente zombificato da altre cento proposte uguali. Ora basta inserire un prompt preciso su ChatGPT: “Crea una proposta professionale per [servizio/prodotto] destinata a [pubblico target], con introduzione, proposta di valore e dettagli sui prezzi.” Voilà, in meno tempo di quello che ci metti ad aprire un file Word, hai in mano un documento vendibile.

Il segreto sporco dello sviluppo AI che nessuno ti dice: struttura i tuoi dati o muori provandoci

Nel mare magnum di buzzword e promesse roboanti su intelligenze artificiali miracolose, c’è una verità brutale che raramente viene sussurrata nei corridoi dorati delle startup e degli incubatori di unicorni: la parte più sottovalutata nello sviluppo di AI è conoscere davvero le strutture dati. Senza questo mattoncino di base, puoi anche avere il miglior modello del mondo, il cloud più costoso e una pipeline MLOps degna di un film cyberpunk: tutto crollerà come un castello di carte in una giornata ventosa a Chicago.

Capire come i dati sono organizzati, memorizzati e recuperati non è un vezzo accademico da nerd occhialuti chiusi in qualche scantinato, è la differenza tra un sistema AI scalabile e una montagna fumante di bug ingestibili. Ed è esattamente per questo che ogni maledetta app, da ChatGPT fino alla Tesla che cerca disperatamente di non investire il tuo gatto, usa strutture dati pensate, ottimizzate e brutalmente efficienti.

Quando l’intelligenza artificiale impara dalla spazzatura

L’AI non è né buona né cattiva, è semplicemente lo specchio di chi l’ha addestrata. E in ambito sviluppo software, questo significa che riflette l’incompetenza generalizzata dell’umanità moderna nel saper scrivere codice decente. Potremmo raccontarcela con toni più politically correct, ma la realtà resta brutale: la maggior parte del codice che gira online fa schifo. E siccome l’AI è un animale statistico, imparando da quella spazzatura, finirà inevitabilmente per riproporla. Benvenuti nell’età dell’automazione della mediocrità.

Quando parliamo di “bad code”, non ci riferiamo solo a codice che non compila. Quello è il male minore. Parliamo di codice che compila, gira, funziona, ma che è un disastro da leggere, estendere, manutenere o semplicemente capire. Codice privo di coerenza architetturale, senza test, pieno di hardcoded, di if annidati come le matrioske dell’orrore, di nomi di variabili che sembrano partoriti da uno scimmione bendato: foo, temp, x1, y2. E se credi che questi esempi siano caricature, fai un giro nei repository pubblici di GitHub. Vedrai orrori che farebbero piangere un compilatore.

Struttura vincente per progetti LLM: come organizzare il caos creativo dell’intelligenza artificiale generativa

Partiamo da una verità tanto banale quanto ignorata: lavorare con modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) non è difficile perché sono “intelligenti”, ma perché sono imprevedibili, opachi, e spesso capricciosi come artisti in crisi creativa. E allora il vero mestiere non è più scrivere codice, ma costruire impalcature solide dove questi modelli possano “giocare” senza mandare tutto a fuoco.

Quando si mettono le mani su progetti che orchestrano più provider LLM, stratificazioni di prompt engineering, dati che scorrono come fiumi impazziti e team distribuiti tra dev, ML engineer e product owner, l’unica ancora di salvezza è una struttura progettuale ferrea, cinicamente modulare e brutalmente trasparente.

Api REST, quel disastro ben vestito

Costruire una REST API che non faccia schifo è un’arte sottile. È come servire whisky d’annata in un bicchiere di plastica: anche se il contenuto è buono, l’esperienza crolla. E in un’era in cui ogni microservizio, SaaS o IoT toaster parla con un altro pezzo di software, la tua API è l’interfaccia diplomatica del tuo sistema. Mal progettata, diventa una dichiarazione di guerra.

Cominciamo da un classico che sembra semplice ma viene ignorato come le istruzioni del microonde: gli HTTP status code. Non è una tavolozza a caso. Restituire 200 OK per ogni chiamata è l’equivalente digitale di annuire mentre ti sparano. Se il client sbaglia, diglielo con un 400. Se sei tu a esplodere, abbi il coraggio di un 500. Non mascherare il malfunzionamento con falsi successi, o ti ritroverai con un client che balla sul Titanic.

Impara l’intelligenza artificiale come un insider: i migliori canali YouTube e blog

Imparare l’AI oggi è come trovarsi negli anni ‘90 con Internet: se ti muovi adesso, sei in anticipo. Se aspetti, diventi un consumatore di ciò che gli altri creeranno. Ma la differenza sostanziale è che l’AI non è un trend: è un paradosso darwiniano digitale. O la domini, o ne sei dominato. Ecco perché, se vuoi diventare davvero fluente nel linguaggio dell’intelligenza artificiale non la buzzword da conferenza, ma quella che cambia le tue decisioni di business, sviluppo o carriera servono fonti giuste, accessibili, dirette. Nessun bullshit motivazionale, solo contenuto vero.

Qui sotto trovi gli i canali YouTube imprescindibili per chi parte da zero ma punta a comprendere anche i white paper più ostici, e una selezione di blog dove la crème della ricerca pubblica senza troppi filtri.

La bibbia delle AI: 10 siti che ogni umano digitale dovrebbe consultare prima di aprire bocca

L’uovo di Pasqua più interessante quest’anno non contiene cioccolato, ma neuroni sintetici, directory iper-curate e un discreto profumo di intelligenza artificiale. Il merito? Va dato al grande Fabrizio Degni, che ha aggiornato la sua già leggendaria lista delle risorse online dove l’AI non è solo una sigla ma una realtà pulsante di strumenti, tips, trick e comunità pronte a tutto, tranne che a dormire.

E siccome la Pasqua è il tempo della resurrezione, anche questa lista risorge, aggiornata e arricchita, pronta a servire chi vuole davvero capire dove sta andando il mondo senza dover passare per LinkedIn o peggio, i soliti espertoni da Bar dei Daini.

OpenAI pubblica la guida definitiva al prompting per GPT-4.1: come domare il drago

Nel silenzio in cui solitamente le Big Tech rilasciano aggiornamenti camuffati da “note tecniche”, OpenAI ha fatto qualcosa di diverso: ha pubblicato una guida ufficiale, gratuita e maledettamente utile per domare GPT-4.1. E no, non è la solita lista di buone intenzioni da community manager, ma un compendio pragmatico per chi con l’AI non ci gioca, ma la piega al proprio volere per lavorare meglio, più velocemente e con risultati da CEO.

Siamo finalmente arrivati al punto in cui l’AI non ha più bisogno di essere “magica”, ma precisa, documentata e controllabile. Il che, per chi ha un minimo di esperienza, significa solo una cosa: scalabilità vera. Ma vediamo perché questa guida è un evento epocale sotto il profilo tecnico-strategico e perché ogni CTO con un neurone attivo dovrebbe stamparsela e impararla meglio del manuale della Tesla.

Da demo a prodotto: perché l’AI generativa è ancora un casino pieno di PowerPoint

Tutti parlano di prompt, fine-tuning e LLM come se bastasse scrivere “dimmi cosa pensi di questo PDF” per svoltare. Ma costruire una demo brillante non vuol dire essere pronti per la produzione. E in mezzo ci sono dodici stazioni infernali, tipo una via crucis dell’AI, che ogni team serio deve attraversare se vuole consegnare valore vero e non solo fuffa da keynote.

Il primo inciampo è sempre lo stesso: confondere il giocattolo con l’infrastruttura. La differenza tra un bel prototipo in Hugging Face e un sistema distribuito che regge l’urto del traffico reale è abissale. Uno è arte, l’altro è ingegneria. E i team che fanno sul serio lo sanno.

GenAI senza filtri: risorse gratuite GitHub Repos per un weekend di immersione totale

Il venerdì di Pasqua è quel momento magico della settimana in cui i CTO con sindrome da burnout e i founder che fingono di non controllare Slack si concedono il lusso di fare finta di rilassarsi. In realtà, quello che facciamo è scavare dentro GitHub come archeologi del codice, alla disperata ricerca del prossimo tool open source che ci faccia risparmiare soldi, tempo e neuroni. E guarda caso, oggi ti porto esattamente questo: una manciata di risorse gratuite su Generative AI che non solo non costano nulla, ma che possono trasformare il tuo weekend in un piccolo laboratorio personale di automazione, modelli e sperimentazione nerd.

Non serve piangere per l’ennesima subscription a 99$/mese. Il bello della GenAI è che la community sta già costruendo tutto — gratis — mentre i soliti noti cercano di vendertelo impacchettato come “enterprise-ready”. Andiamo dritti al punto, senza romanticherie.

Come creare il tuo video AI: guida per aspiranti creatori di meme politici

Sette strumenti e prompts che i CEO intelligenti usano ogni giorno per decidere senza finire nel panico

Nella giungla del decision-making moderno, chi dirige un’azienda non può permettersi di affidarsi all’istinto o a LinkedIn posts con frasi motivazionali. Serve metodo, visione, e sì, anche un certo cinismo. Ecco perché i tool strategici non sono solo “tool”: sono salvagenti cognitivi per non affogare in un mare di priorità, problemi e opportunità che puzzano di rischio. Nessun bullet point, solo ragionamento strutturato.

L’Ascesa degli Agenti AI Autonomi: Una Nuova Era per l’Intelligenza Artificiale

Negli ultimi tempi, mi sono trovato a rispondere a una domanda che sembra stuzzicare sempre di più la curiosità delle persone: qual è la differenza tra Generative AI, AI Agents e Agentic AI? Lasciatemi spiegare, senza entrare nel terreno paludoso del gergo tecnico, come distinguo solitamente queste categorie di intelligenza artificiale.

Generative AI: L’assistente ultra-intelligente ma senza iniziativa

La Generative AI è probabilmente ciò che la maggior parte delle persone pensa quando sente parlare di “AI”. È quella tecnologia che permette di generare contenuti: scrivere articoli, creare immagini, aiutare nella scrittura di codice e molto altro. Questi strumenti sono, essenzialmente, come assistenti super-intelligenti, ma con un grande limite: agiscono solo quando vengono sollecitati. Non prendono iniziativa, non hanno memoria e non possiedono obiettivi propri. Gli esempi classici di Generative AI sono ChatGPT, Claude, GitHub Copilot, e simili.

Questi strumenti sono fantastici per eseguire compiti specifici, ma la loro intelligenza è passiva, limitata a ciò che gli viene chiesto. Non sono in grado di proseguire da soli una volta che il comando viene eseguito. Non c’è evoluzione del processo e nessuna capacità di adattamento. È come avere un assistente brillante, ma che necessita sempre di input diretti.

RAG non è intelligenza aumentata, è solo un modo elegante per sbagliare più in fretta

RAG, Retrieval-Augmented Generation, ha iniziato come una promessa. Doveva essere la chiave per far sì che i modelli LLM non si limitassero a rigurgitare pattern statistici, ma attingessero da basi di conoscenza vive, aggiornate e specifiche. Ma la realtà è più triste di un Monday morning senza caffè: il 90% delle implementazioni RAG sono solo fetcher travestiti. Roba da casting per un reboot scadente di Clippy, altro che AI aumentata.

La colpa non è dell’idea, ma di chi la implementa. La maggior parte dei team considera il retrieval come un banale processo backend, una chiamata a Pinecone o FAISS e via, come se la parte retrieval fosse una formalità tra il prompt e la risposta. Un po’ come costruire un razzo e dimenticarsi del carburante.

La fine dell’era dei chatbot ciechi: Model Context Protocol di Anthropic e l’intelligenza artificiale che finalmente “agisce”

Quando si parla di AI generativa nel 2025, il vero problema non è più la creatività dei modelli, ma la loro drammatica incapacità di interagire col mondo reale. Fino a ieri, chiedere a un LLM il prezzo attuale delle azioni Apple equivaleva a interpellare un indovino con amnesia cronica. Ottimo a parlare, pessimo a fare. Ora, Anthropic cambia le regole del gioco con il suo Model Context Protocol (MCP), un’infrastruttura che segna l’inizio di una nuova era: quella degli agenti AI operativi, contestuali, e – per una volta – utili davvero.

Il principio alla base è brutalmente semplice, ma incredibilmente potente. Un Large Language Model non è più un oracolo chiuso nella sua scatola nera addestrata mesi fa, ma un agente intelligente che può usare strumenti in tempo reale, decidere cosa fare in base al contesto, rispettare policy aziendali, chiedere approvazioni, e tornare con un output operativo e affidabile.

OpenAI lancia l’Accademy e nessuno se ne accorge: gratis, potente, e molto più di un corso

Mentre l’attenzione globale è polarizzata su GPT-5, sulle AI multimodali e sugli ennesimi drammi da conferenza stampa, OpenAI ha sganciato una bomba silenziosa: si chiama OpenAI Academy, è online, completamente gratuita, e se non sei già dentro… sei in ritardo.

È la versione di Stanford fatta da una startup da miliardi: snella, interattiva, pensata per far impennare la curva di apprendimento sull’intelligenza artificiale. Una piattaforma educativa che riesce a parlare sia a chi sta ancora cercando di capire come si accende ChatGPT, sia a chi sviluppa agenti personalizzati con API e prompt avanzati. Nessuna barriera d’ingresso: zero codice obbligatorio, solo contenuti su misura e una UX che ti fa venir voglia di imparare roba che Coursera si sogna di notte.

Adobe premiere pro si lancia nell’era dell’AI: montaggio video senza limiti

Adobe ha deciso di spingere il pedale sull’intelligenza artificiale, e lo fa aggiornando Premiere Pro con funzionalità che sembrano uscite da un film di fantascienza. La versione 25.2 del celebre software di montaggio video introduce strumenti avanzati per localizzare, tradurre ed estendere i filmati, portando alcune delle innovazioni più attese fuori dalla fase beta e mettendole finalmente a disposizione di tutti gli utenti.

Runway lancia Gen-4: la risposta all’egemonia di OpenAI nella generazione video

Runway ha rilasciato lunedì il suo ultimo strumento di editing video, un passo deciso per consolidare la sua posizione in un mercato sempre più affollato e competitivo. La startup, valutata 4 miliardi di dollari secondo gli investitori che volevano finanziarla la scorsa estate, ha ora un obiettivo chiaro: sfidare OpenAI e il suo ambizioso progetto Sora.

Il nuovo modello, Gen-4, è un’evoluzione significativa rispetto ai suoi predecessori, con miglioramenti evidenti nella coerenza visiva tra clip diverse. Personaggi, ambientazioni e oggetti mantengono un aspetto uniforme grazie a un’immagine di riferimento fornita dall’utente, risolvendo una delle principali criticità dell’editing video basato su intelligenza artificiale.

Amazon sfida OpenAI con Nova Act: l’AI che fa shopping al posto tuo

Amazon ha appena lanciato Nova Act, un nuovo modello di intelligenza artificiale progettato per eseguire compiti direttamente nel browser, tra cui navigare sul web, fare acquisti e persino rispondere a domande su ciò che appare sullo schermo. Per ora, è accessibile solo agli sviluppatori in una “anteprima di ricerca”, ma il colosso dell’e-commerce sta anche ampliando l’accesso agli altri modelli della famiglia Nova attraverso un portale web dedicato, semplificandone l’uso.

Il concetto di Nova Act richiama quello di Operator Agent di OpenAI, ma con un focus più pratico: può cercare prodotti, acquistarli e persino eseguire istruzioni dettagliate come “non accettare l’assicurazione aggiuntiva” durante un pagamento. Amazon afferma che il modello è già integrato in Alexa Plus, la nuova versione avanzata del suo assistente vocale, per gestire attività online con maggiore autonomia.

Laminar: l’open-source che manda in pensione il caos nell’AI engineering

Se costruire sistemi AI pronti per la produzione sembra più un puzzle di strumenti scollegati che un processo fluido, allora hai capito il problema. Debugging che si disperde tra piattaforme diverse, valutazioni che non scalano senza ingegneri dedicati, e flussi di lavoro che sembrano più un rito voodoo che un’operazione scientifica.

Ora, immagina di poter tracciare, valutare, etichettare e gestire i tuoi dataset in un’unica piattaforma. Senza impazzire. Senza costi proibitivi.

Ecco Laminar, la piattaforma open-source di Y Combinator (batch S24) progettata per domare il caos dell’AI engineering. Unisce tracing, valutazioni, labeling e gestione dati in un unico ecosistema pensato per la produzione.

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