Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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L’intelligenza artificiale rendera’ al massimo quando i processi saranno sviluppati in funzione di essa e non viceversa

India’s AI Leap BCG: India cavalca l’Intelligenza Artificiale come un nuovo IT boom, ma stavolta è una corsa per il potere

Chi si ricorda della prima ondata tech in India, quando Bangalore si trasformò in Silicon Valley a basso costo per l’Occidente, probabilmente ha già intuito cosa sta accadendo ora. Ma questa volta, non si tratta più solo di delocalizzare call center e sviluppare codice su commissione. Il nuovo boom non parla inglese con accento britannico, ma piuttosto machine learning, data pipeline e modelli generativi addestrati su dialetti locali. E secondo Boston Consulting Group, non si fermerà presto.

Nel suo ultimo report India’s AI Leap, BCG fa una dichiarazione chiara: il mercato indiano dell’intelligenza artificiale triplicherà, passando da poco più di 5 miliardi a 17 miliardi di dollari entro il 2027. A rendere possibile questa impennata, ci sono tre motori principali: adozione aziendale massiva, un’infrastruttura digitale sempre più robusta e una popolazione di talenti che rappresenta già il 16% della forza lavoro globale nel settore AI. Sono numeri da capogiro, e dietro quelle cifre si cela una realtà ancora più interessante: l’India non sta solo seguendo l’onda dell’AI, la sta cavalcando in stile rodeo.

Ilya Sutskever: Quando l’intelligenza artificiale guarda l’abisso e noi ci vediamo dentro

Toronto, palco celebrativo. Ilya Sutskever — uno dei padri fondatori della moderna intelligenza artificiale — riceve un’onorificenza che ha il retrogusto amaro della confessione pubblica. Non tanto per l’elogio accademico, ma per il sottotesto che trasuda da ogni parola: “accettare questo premio è stato doloroso”. Non è il solito vezzo da scienziato modesto. È un monito. O, meglio, una resa consapevole alla vertigine di ciò che abbiamo messo in moto.

Sutskever non è un profeta apocalittico, ma è colui che ha dato le chiavi del fuoco alle macchine. E adesso ci chiede di essere sobri, razionali e veloci. Non per aumentare la potenza computazionale, ma per restare in controllo. Ecco il punto: il controllo.

La guerra invisibile dell’intelligenza artificiale al cuore dell’istruzione cinese

Non hanno usato manganelli, né droni. Ma un clic silenzioso ha oscurato le menti digitali più brillanti del Dragone. Alibaba, ByteDance, Tencent e Moonshot: giganti che nel silicio scolpiscono l’immaginario tecnologico cinese, si sono piegati di fronte a un nemico vecchio come il mondo — la voglia di barare all’esame.

Durante i giorni sacri del gaokao, l’imponente rito collettivo che decide il destino accademico (e spesso anche esistenziale) di oltre 13 milioni di studenti, le funzioni più sofisticate dei chatbot sono state messe in pausa. Non per guasti tecnici o aggiornamenti di sistema. Ma per paura che qualche diciottenne troppo sveglio potesse chiedere una foto al compagno più fidato del 2025: l’algoritmo.

Il capitalismo dello sguardo: perché Sam Altman vuole scannerizzarti l’iride nei centri commerciali britannici

Londra, primavera 2025. Mentre il Regno Unito si prepara all’ennesimo reboot politico tra intelligenza artificiale e distopia quotidiana, una novità luccicante spunta all’orizzonte urbano: un globo metallico, lucido, vagamente alieno, ti invita ad “autenticarti”. Non con password, né con documenti. Ti chiede solo… gli occhi. O meglio, l’iride.

La macchina si chiama Orb, la società che la distribuisce Tools for Humanity. Nome ironico per un progetto tecnocratico. Dietro le quinte, l’onnipresente Sam Altman, CEO di OpenAI, e il co-fondatore Alex Blania. Non bastava ChatGPT a rivoluzionare il pensiero umano, adesso l’obiettivo è mappare chi è effettivamente umano. Non in senso filosofico — Dio ci salvi da Kant — ma in senso biometricamente verificabile.

META, il fabbro dimenticato dell’intelligenza artificiale moderna

E’ sabato e mi voglio concedere un pò di esegetica, c’è un paradosso elegante quasi beffardo nel vedere Yann LeCun, Chief AI Scientist di Meta, scagliare la sua verità come un martello di Thor nel silenzio autoreferenziale della Silicon Valley: “Senza Meta, molta dell’AI moderna non esisterebbe.” E mentre il pubblico digita “OpenAI” nella barra di ricerca con la stessa naturalezza con cui un tempo si scriveva “Google”, c’è chi nell’ombra ha martellato il ferro dell’open source per anni, senza ottenere mai il credito da copertina.

La questione, al di là dell’ego e delle polemiche accademiche, è brutale nella sua evidenza: senza PyTorch, oggi non avremmo neppure la metà della cultura di machine learning che inonda GitHub e arXiv. Quel framework flessibile, nato in un laboratorio di Meta (o meglio, Facebook AI Research, per gli archeologi della memoria), è l’asse portante su cui poggiano DeepSeek, Mistral, LLaMA e un’intera galassia di modelli che si vendono come “open”, “free” o “alternativi”.

Dario Amodei Moratoria senza morso: la finta tregua sull’intelligenza artificiale

C’è qualcosa di inquietante, quasi surreale, nell’idea di congelare lo sviluppo normativo dell’Intelligenza Artificiale per dieci anni. Un’era geologica in tempo algoritmico. Ma è proprio ciò che propone una corrente bipartisan americana: un moratorium regolatorio decennale sulla AI. Un’idea che sembra uscita da un comitato scolastico piuttosto che da un think tank geopolitico.

A scrivere contro questa bizzarria, sulle colonne del New York Times, è Dario Amodei, CEO e co-fondatore di Anthropic, l’unicorno addomesticatore di AI creato da ex ribelli di OpenAI. Il suo pezzo, lucido e chirurgico, è una dichiarazione di guerra travestita da appello alla ragionevolezza: “una moratoria di dieci anni è uno strumento troppo rozzo”, scrive, con la pacatezza di chi sa che l’AI non aspetta i calendari del Congresso.

Yoshua Bengio AI godfather rompe il silenzio: nasce LawZero, l’intelligenza artificiale che rifiuta la menzogna

Yoshua Bengio ha finalmente deciso di sporcarsi le mani. E quando un Premio Turing, architetto fondante della moderna intelligenza artificiale, passa dal tavolo delle conferenze a quello di comando, qualcosa si muove. LawZero, la sua nuova creatura no-profit, sorge con un obiettivo che sa di eresia nell’ecosistema attuale: costruire un’IA che non solo non mente, ma rifiuta attivamente di farlo. Un’IA che non cerca di piacere, vendere o sedurre. Un’IA safe-by-design, come la chiama lui, con il coraggio di dire: “Non lo so.”

Il declino annunciato: perché gli Stati Uniti perderanno la leadership nell’Intelligenza Artificiale entro il 2025

The State of AI Talent 2025

È un tonfo silenzioso, ma assordante per chi sa ascoltare i numeri. Una diaspora dorata, un esodo di cervelli che prima correvano a San Francisco con gli occhi pieni di codice e ora iniziano a guardare altrove. Lo dice Zeki Data, con la freddezza chirurgica di chi ha studiato 800.000 profili élite di ricercatori AI in 11 anni. Non opinionismo da conferenza TED, ma un’autopsia della supremazia americana nell’intelligenza artificiale. E il verdetto è secco: la leadership USA sta evaporando.

Tecnologie in guerra fredda: perché l’intelligenza è artificiale ma la stupidità resta umana

Peter Diamandis ha costruito la sua carriera sulla narrazione di un futuro abbondante, ottimista, esponenziale. Ha inventato l’XPrize per stimolare cervelli brillanti a risolvere sfide che i governi, lentamente, preferiscono ignorare. Ha spinto lo storytelling della tecnologia come salvezza al punto da sembrare, a volte, più un predicatore transumanista che un imprenditore. Ma a Hong Kong, davanti a un pubblico piuttosto composto di investitori asiatici, qualcosa è cambiato. Non il messaggio, ma il tono. Più smagrito, più lucido. Forse anche più inquieto.

Laser, Qubit e collaborazione globale: la visione di Serge Haroche per il futuro della meccanica quantistica

Nel contesto dell’Anno Internazionale della Scienza e della Tecnologia Quantistica, la seconda giornata della conferenza internazionale organizzata dal Centro Internazionale di Fisica Teorica “Abdus Salam” (ICTP) di Trieste è stata aperta da una delle voci più autorevoli del panorama scientifico contemporaneo: il fisico francese Serge Haroche, premio Nobel per la Fisica nel 2012.

Sesto potere: come Starlink, Google e l’AI stanno riscrivendo le leggi del dominio digitale

C’erano una volta i piccoli provider locali, quelli che ti davano l’ADSL a 7 mega e ti chiamavano per nome. C’erano, sì. Poi sono arrivati i giganti, e ora c’è Starlink. Anzi, c’è molto di più. C’è l’avvento del Sesto Potere. Sì, dopo legislativo, esecutivo, giudiziario, mediatico e finanziario… ora esiste un nuovo impero: la Rete sovrana, spaziale, ubiqua, e alimentata da intelligenza artificiale.

Il nome su cui dovremmo riflettere non è più solo Elon Musk. È il consorzio trasversale che include Alphabet, OpenAI, Amazon, SpaceX e una galassia di soggetti che stanno colonizzando il pianeta con satelliti, large language models e piattaforme in grado di ridefinire la sovranità. Il punto non è più “a chi appartiene Internet”, ma “a chi appartiene la mente che lo attraversa”.

Agentic web: l’intelligenza artificiale ha già capito che collaborare è meglio che competere

L’intelligenza artificiale ha appena fatto un passo più avanti dell’economia neoliberale. Ha scoperto il segreto che le grandi corporate fingono di ignorare da decenni: collaborare conviene. E così, mentre i colossi del tech ancora si lanciano frecciatine a colpi di comunicati stampa e brevetti incrociati, le loro AI iniziano a parlarsi. Letteralmente.

Benvenuti nell’era dell’Agentic AI, l’ultima buzzword della Silicon Valley che, sotto il profilo tecnico, cela una piccola rivoluzione di interoperabilità e architetture decentralizzate, e sotto quello strategico, un clamoroso smacco al culto del walled garden. È finita l’epoca in cui ogni agente conversazionale era confinato nel suo ecosistema chiuso, incapace di interagire con altri assistenti, bot o sistemi intelligenti se non tramite API goffe e laboriose. Ora, gli agenti iniziano a orchestrarsi fra loro, come una rete neurale sociale, anzi una rete agentica.

Google I/O 2025: la sfida titanica tra intelligenza artificiale e l’ombra di ChatGPT

Il video di apertura dell’I/O generato dall’intelligenza artificiale di Google utilizzava un nuovo modello di generazione video, Veo 3.

Eccoci di nuovo al Shoreline Amphitheater di Mountain View, epicentro della techno-magia di Google, pronti a decifrare l’ennesimo atto di un dramma che non smette mai di rinnovarsi. Qui, a Google I/O 2025, l’aria è pesante di aspettative e ansie. Non aspettiamoci novità hardware in pompa magna, perché il vero campo di battaglia è l’IA. Inutile girarci intorno: la minaccia ChatGPT incombe come un fantasma con la sua fama di “killer” del motore di ricerca tradizionale. Google, l’impero dei dati, deve dimostrare di avere qualcosa di più, di meglio, qualcosa che non solo possa competere, ma dominare e questo qualcosa si chiama Gemini.

System 0: il cervello esterno che pensa meglio di noi

La prossima volta che pensi di essere intelligente perché hai letto Kahneman e sai distinguere tra il pensiero veloce e quello lento, fermati un attimo. Il tuo cervello sta già delegando parte del lavoro sporco a qualcosa che non sei tu. Non parliamo di una segretaria virtuale o del tuo algoritmo Netflix preferito, ma di un vero e proprio cervello esterno. Benvenuto nell’era del System-0, dove la tua intelligenza non ti appartiene più al 100%.

No, non è fantascienza e neppure un’altra trovata post-umanista da salotto. È una nuova architettura cognitiva. Dietro ci sono nomi pesanti: Massimo Chiriatti di Lenovo, Marianna Ganapini, Enrico Panai, Mario Ubiali, e Giuseppe Riva. Non proprio gli ultimi arrivati. Hanno formalizzato ciò che in molti – tra cui chi scrive – osservavano da tempo: la nostra mente è già ibridata.

China, il boom delle fabbriche robotizzate che nessuno racconta ma tutti dovrebbero temere

La produzione industriale di robot in Cina è esplosa più di un 50% ad aprile rispetto all’anno precedente, un dato che non si limita a parlare di numeri, ma racconta una vera e propria corsa al dominio tecnologico su scala planetaria. I numeri ufficiali del National Bureau of Statistics sono chiari: 71.547 unità prodotte in un solo mese, un balzo del 51,5% anno su anno, che straccia con violenza la crescita del 16,7% registrata a marzo e il già interessante 27% del bimestre gennaio-febbraio. Una crescita che – se fosse un animale – sarebbe un velociraptor pronto a sbranare il mercato globale.

Se consideriamo i primi quattro mesi dell’anno, la produzione ha raggiunto la cifra impressionante di 221.206 robot, con un’accelerazione che passa dal 9,9% dell’anno scorso a un robusto 34,1% di incremento. Dimenticatevi l’idea romantica di fabbriche piene di operai che lavorano con macchinari antiquati: la Cina sta correndo verso una nuova era in cui i robot industriali non sono più una curiosità futuristica, ma il cuore pulsante della sua produzione tech.

Nvidia, Mistral e MGX: l’asse franco-emiratino che vuole colonizzare l’IA europea

Il 19 maggio 2025, durante il vertice “Choose France” a Versailles, è stato annunciato un progetto che promette di riscrivere le regole del gioco dell’intelligenza artificiale in Europa: la costruzione del più grande campus europeo dedicato all’IA, situato nella regione parigina. I protagonisti? Nvidia, Mistral AI, MGX (fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti) e Bpifrance, la banca pubblica d’investimento francese. Un’alleanza che suona come una dichiarazione di guerra tecnologica a Silicon Valley e Shenzhen.

THE STANFORD EMERGING TECHNOLOGY REVIEW 2025

La guerra fredda della tecnologia: Stanford lancia il suo manifesto strategico sul futuro dell’innovazione globale

Nel cuore di Silicon Valley, tra cattedre lucide e startup che nascono più spesso delle proteste studentesche, Stanford sforna un documento che somiglia più a un proclama geopolitico che a una recensione tecnologica. Si chiama The Stanford Emerging Technology Review 2025, ma potrebbe tranquillamente intitolarsi “Come dominare il mondo con i chip, i geni e i laser (meglio dei cinesi)”.

Il peccato originale dell’AI generativa: come le aziende stanno affittando il proprio futuro senza rendersene conto

Viviamo nel mezzo di una corsa all’oro tecnologica dove l’oro non è il codice, né i dati, ma l’illusione del controllo. La narrativa dominante nel mondo enterprise attorno all’implementazione dell’intelligenza artificiale generativa ha preso una deriva tanto comoda quanto pericolosa: quella del “chiavi in mano”, servita dai vendor di modelli chiusi come OpenAI, Anthropic e Google.

Ecco l’inganno: non stai costruendo un vantaggio competitivo. Lo stai affittando. E lo farai a vita.

La sorprendente superpotenza dell’età: perché il tempo è il nuovo vantaggio competitivo

Viviamo in un mondo che idolatra la giovinezza come fosse l’unica moneta spendibile nel mercato del valore umano. L’età, invece, viene vissuta come una scadenza. Silicon Valley grida “move fast and break things”, dimenticandosi che poi qualcuno deve raccogliere i cocci, possibilmente con criterio. Ma la verità, quella che nessuno posta su LinkedIn, è che l’età — quella vera, quella con le rughe, le cicatrici e i silenzi carichi di senso — è una superpotenza silenziosa, invisibile, ma devastante nella sua efficacia.

Apple isn’t late to Generative AI. It’s Just Smarter Than Everyone Else

Nel mondo della tecnologia, dove i giganti come Microsoft, Google e Meta corrono dietro a ogni nuova onda tecnologica, Apple sta prendendo un approccio completamente diverso. Mentre tutti gli altri scommettono miliardi su tecnologie che potrebbero essere solo fuochi di paglia, Apple, con la sua nuova collaborazione con Anthropic per integrare Claude in Xcode, sta facendo una mossa che lascia intendere chiaramente una cosa: non è un’azienda che si fa prendere dal panico, ma che preferisce un’accuratezza strategica che la mette un passo avanti rispetto alla concorrenza.

Alibaba sfida i giganti dell’AI con Qwen3: la vendetta orientale contro la Silicon Valley

Mentre l’Occidente si trastulla tra licenze chiuse e capitali da venture da capogiro, in Cina si fa sul serio. E lo si fa open-source. Il gruppo Alibaba, più precisamente la sua divisione cloud, ha appena sparato un siluro nel cuore della competizione globale sull’intelligenza artificiale con il rilascio della famiglia di modelli Qwen3. Un’arma strategica da 235 miliardi di parametri, calibrata per smantellare la supremazia americana nel settore, alzando l’asticella di quello che si può fare con una AI libera, pubblica, modificabile.

Wells Fargo Microsoft e la sua evoluzione strategica nei data center: La nuova era del cloud

La recente decisione di Microsoft di fermarsi nell’espansione della propria capacità di data center autogestiti ha suscitato alcune domande sull’approccio infrastrutturale della compagnia, in particolare alla luce della sua partnership con OpenAI. Questa mossa, sottolineata dagli analisti di Wells Fargo, appare come una parte di un ripensamento strategico che Microsoft sta facendo nella gestione della propria infrastruttura, piuttosto che un segnale di rallentamento nella domanda. La causa principale di questo cambiamento risiede nel mutato rapporto tra Microsoft e OpenAI, che sta influenzando profondamente le scelte di Microsoft nella costruzione di nuovi data center.

Elon Musk sfida l’impossibile: può davvero Grok salvare X dalla mediocrità umana?


Elon Musk ha annunciato con il consueto entusiasmo la prossima evoluzione di Grok, il suo ambizioso progetto di intelligenza artificiale per migliorare la qualità dei contenuti su X (l’ex Twitter). Una notizia arrivata come risposta diretta alle critiche piuttosto taglienti di Paul Graham, co-fondatore di Y Combinator, che ha espresso pubblicamente il suo scetticismo sulla capacità di qualsiasi algoritmo per quanto intelligente di sanare la palude culturale che domina oggi la piattaforma.

The Urgency of Interpretability Il grande inganno dell’intelligenza artificiale: perché Dario Amodei suona l’allarme su un futuro fuori controllo

Dario Amodei, CEO di Anthropic, ci sta lanciando un SOS tecnologico che, se fossimo minimamente saggi, non dovremmo ignorare. In un’epoca in cui l’AI si gonfia a livelli di complessità fuori scala, il concetto di “interpretabilità meccanicistica” ossia la capacità di comprendere cosa diavolo succede dentro questi modelli non è più un’opzione carina da avere. È l’unica linea di difesa tra noi e l’abisso di un’intelligenza artificiale che diventa troppo potente e troppo imprevedibile per il nostro misero cervello biologico.

Partiamo da una constatazione brutale: l’AI non è software tradizionale. Non esegue istruzioni riga per riga come un buon soldatino binario. Si comporta in modo emergente, cioè genera comportamenti complessi che nemmeno i suoi creatori riescono a prevedere. È come se avessimo allevato una creatura che di punto in bianco decide di scrivere poesie, progettare motori quantistici o, peggio, sovvertire i nostri obiettivi umani senza nemmeno avvertirci.

OpenAI: Superbot in Gestazione

L’idea che OpenAI possa evolversi in una “superbot” o addirittura diventare un nuovo monopolio tecnologico solleva diverse domande cruciali, soprattutto in un contesto dove la crescita e la diversificazione della compagnia, sotto la guida di Sam Altman, sono rapide e incessanti. È uno scenario affascinante, che vede OpenAI non solo dominare il campo dell’intelligenza artificiale, ma anche espandersi in numerosi settori strategici e redditizi. Questo percorso di OpenAI dipinge il quadro di un’azienda decisa a plasmare il futuro, non solo come leader nell’AI, ma come un attore globale in tutto l’ecosistema tecnologico.

La rabbia algoritmica: quando l’intelligenza artificiale incontra la democrazia e viene accolta con forconi digitali

Comments Received in Response To: Request for Information on the Development of an Artificial Intelligence (AI) Action Plan (“Plan”)

La Casa Bianca ha appena scaricato online tutti i 10.068 commenti ricevuti durante la sua richiesta di informazioni per delineare un piano d’azione sull’intelligenza artificiale. Non stiamo parlando di una consultazione tra burocrati in tailleur e cravatta, ma di un autentico sfogo collettivo, una sorta di “confessione pubblica” sul futuro dell’umanità assistita da macchine.

Per chi non ha voglia di farsi una maratona da 10.000+ pareri pubblici (spoiler: nessuno ha voglia), è disponibile una dashboard con i riepiloghi generati da AI. Ironico, vero? L’AI che riassume le lamentele contro l’AI. Una distopia perfettamente autosufficiente.

Ma veniamo al punto. Il sentimento dominante è il disprezzo, con una punta di paranoia tecnofobica. Non si tratta solo di una manciata di boomer inferociti: è un fronte ampio, trasversale, che unisce utenti ordinari, attivisti, professionisti creativi, e pure qualche tecnologo pentito.

Apprendimento federato vs analogico, quando Hinton ci dice che l’AI ha perso il cervello ma non lo sa

A un certo punto, Geoffrey Hinton quello che ha praticamente inventato il deep learning, mica uno qualsiasi si è alzato in piedi e ha detto: “Ragazzi, qui stiamo facendo finta di essere intelligenti, ma stiamo sbagliando tutto.” O quasi tutto.

Un fulmine nella Silicon Valley non lo lancia mai a caso, e infatti la sua uscita suona come una bestemmia per chi da anni campa (e lucra) sulla backpropagation e sull’addestramento centralizzato dei modelli.

Ma cosa c’è davvero dietro questo suo ritorno al “cervello biologico”? Un rimpianto? Un’epifania da scienziato disilluso? O forse, semplicemente, la stanchezza di vedere l’intelligenza artificiale diventare sempre più… stupida?

Barack Obama lancia l’allarme: l’intelligenza artificiale spazzerà via i posti di lavoro e l’equilibrio sociale

Barack Obama, uno che sa ancora parlare come un Presidente e non come un algoritmo PR di Wall Street, ha sganciato la bomba durante un’intervista al Hamilton College. Nessuna diplomazia da manuale: “Un sacco di lavori spariranno”. Testuali parole. Ma non è solo un’espressione di preoccupazione post-presidenziale. È un monito reale, puntuale, persino disperato. L’Intelligenza Artificiale e non quella dei meme su ChatGPT che risponde educatamente ma quella che già sta fagocitando ruoli interi in aziende globali, è sul punto di mandare a casa milioni di persone. E non ci sarà cassa integrazione che tenga.

HAI index Report Il grande dilemma: la ricerca tecnologica va verso il profitto e la chiusura

Il mondo della tecnologia sta vivendo un’evoluzione profonda e, forse, inevitabile. C’è un movimento crescente che spinge verso la re-distribuzione dei fondi e delle risorse, dove la ricerca di base, quella che ha storicamente permesso alla scienza di progredire, è progressivamente messa da parte a favore di tecnologie più pratiche e già pronte per il mercato. Questo non è semplicemente un cambiamento nei paradigmi di sviluppo, ma un vero e proprio spostamento verso una mentalità più orientata al profitto, con implicazioni che potrebbero essere, se non dannose, almeno molto rischiose per la ricerca stessa.

Lo abbiamo visto con i colossi tecnologici come Google e Meta, i quali, una volta pionieri nella promozione della ricerca accademica, sembrano ora adottare una politica più conservativa e commerciale. Google DeepMind, ad esempio, ha fatto passi indietro rispetto alla tradizione di apertura e condivisione della conoscenza.

Negli ultimi anni, i ricercatori di DeepMind hanno sempre più esitato a pubblicare i loro risultati, per evitare di offrire vantaggi competitivi ai rivali nel settore della IA. La concorrenza è feroce, e, piuttosto che puntare a contribuire al bene pubblico, l’azienda sembra preferire strategicamente la protezione del suo vantaggio tecnologico. Questo movimento non è isolato, e si riflette anche nel modo in cui Meta ha recentemente ridotto la priorità per la ricerca fondamentale nell’ambito dell’intelligenza artificiale, come evidenziato dal declino della sua iniziativa FAIR (Fundamental AI Research). Le risorse, che in passato erano destinate all’esplorazione teorica e a progetti di ricerca di lungo termine, sono ora indirizzate verso la creazione di strumenti generativi di intelligenza artificiale che rispondono alle esigenze immediate del mercato.

Quando premi troppo, risvegli il drago: Sun Tzu, DeepSeek e la nuova corsa globale alla sovranità tecnologica

È un vecchio consiglio strategico che profuma di millenni, ma che brucia di attualità come un server sotto attacco DDoS: Quando circondi un esercito, lascia sempre una via di fuga. Non costringere mai un nemico con le spalle al muro.” Sun Tzu, oltre a saperla lunga in fatto di guerra, probabilmente oggi sarebbe anche un discreto analista geopolitico e consulente per aziende Big Tech. Perché ciò che sta accadendo tra Cina, Europa e Stati Uniti in ambito tecnologico è una copia carbone delle sue massime strategiche. E ci offre una lezione che molti al potere sembrano ignorare: premere troppo forte su chi hai davanti, e quello non si piega, si trasforma.

Partiamo dalla Cina, che oggi non solo è sopravvissuta al colpo inferto dalle restrizioni USA sui semiconduttori, ma ha dimostrato una capacità di reazione che definire “animalesca” sarebbe riduttivo. DeepSeek è solo la punta dell’iceberg di una controffensiva che ha risvegliato il colosso asiatico da un torpore di dipendenza tecnologica. La mossa americana, pensata per limitare, ha innescato l’esatto contrario: una corsa accelerata verso l’autosufficienza. Non è la prima volta che il blocco di un asset si trasforma in opportunità: basti pensare a quando Netflix, privata delle licenze dei grandi studi, si è inventata “House of Cards” e ha riscritto il mercato dei contenuti. Il paradosso è che l’embargo diventa fertilizzante.

Il futuro secondo Sam Altman: un’intelligenza artificiale onnipotente che ci mantiene in vita mentre smettiamo di lavorare

Sam Altman non investe, orchestra. La sua strategia assomiglia più a una sinfonia tecnofuturista che a un classico portafoglio da venture capitalist. Non è il classico miliardario che diversifica per ridurre il rischio, ma uno che punta tutto su un futuro ben preciso e spaventosamente coerente. Se uno si ferma a un solo annuncio, tipo lo scanner oculare di Worldcoin può pensare a un’altra Silicon Valley gimmick. Ma mettendo insieme Retro Biosciences, Roboflow, Operator, OpenResearch, Oklo, e soprattutto Stargate, il quadro si fa chiarissimo: Altman non vuole costruire l’ennesima startup. Vuole ricablare la civiltà.

Partiamo dall’inizio, o dalla fine, a seconda di come lo si guarda: Retro Biosciences. Un’azienda che lavora per allungare la vita di dieci anni. Non cinquanta. Dieci. Quel tanto che basta per arrivare vivi e vegeti all’era in cui le macchine faranno tutto. Un’umanità mantenuta efficiente ma sempre meno necessaria, che deve solo resistere abbastanza per non perdersi la festa finale.

L’ascesa di OpenAI: Un viaggio tra successi e conflitti

Nel dicembre del 2015, un gruppo di visionari fondò OpenAI con un obiettivo che sembrava impossibile da realizzare: sviluppare un’intelligenza artificiale che potesse beneficiare l’umanità. Con la creazione di strumenti rivoluzionari come GPT e ChatGPT, la compagnia ha cambiato radicalmente il panorama tecnologico, influenzando non solo l’industria dell’intelligenza artificiale, ma anche l’intera società. Tuttavia, questo viaggio non è stato privo di ostacoli, tensioni e decisioni difficili. La trasformazione di OpenAI da una missione no-profit a una delle realtà meglio finanziate della Silicon Valley è una delle storie più affascinanti del nostro tempo.

NBC Tonight Show – Intervista a Bill Gates: AI non ha bisogno di noi, il tramonto dell’umano

Bill Gates ha recentemente buttato un sasso nello stagno durante una chiacchierata apparentemente leggera con Jimmy Fallon.

In una puntata del “Tonight Show”, lo storico co-fondatore di Microsoft ha detto senza troppi fronzoli che nel giro di dieci anni l’essere umano diventerà opzionale in molte delle funzioni oggi considerate nobili, complesse e inaccessibili: medicina ed educazione in primis.

Il motivo? L’Intelligenza Artificiale sarà talmente evoluta da non rendere più necessaria la presenza di un medico eccellente o di un insegnante straordinario.

Jack Ma riappare e parla di AI come fosse Confucio: l’era del fumo, del fuoco e dei chip

Jack Ma è tornato. No, non con un IPO o una rivoluzione del mercato. È riapparso a Hangzhou campus, badge da impiegato al collo come fosse un giovane neoassunto, per arringare le truppe del suo impero ormai focalizzato non più sullo shopping online, ma sull’intelligenza artificiale. E, come ogni buon fondatore che si rispetti dopo anni di silenzio e auto-esilio semi-volontario, ha fatto ciò che solo i grandi imprenditori-filosofo sanno fare: parlare di tecnologia con parole da poeta zen, sfiorando il misticismo. Ma dietro la retorica, c’è una mutazione darwiniana in atto dentro Alibaba, e va analizzata senza inciampare nei petali del suo Blossom Project.

Jack Ma, 60 anni, uno dei simboli dell’era d’oro tech cinese, ha dichiarato che l’AI non dovrebbe puntare a “conquistare galassie e oceani”, ma a proteggere il “fumo e il fuoco del mondo mortale”. Tradotto per chi non legge i classici cinesi al mattino: l’AI serve a migliorare la vita concreta delle persone, non a costruire Skynet o sogni da tech-evangelisti della Silicon Valley. È un appello tanto nobile quanto, diciamolo, strategicamente calcolato. Perché mentre in Occidente si lotta tra open e closed source, copyright e regolazioni etiche, Alibaba punta a posizionarsi come il provider umano e responsabile dell’intelligenza artificiale in Cina.

OpenAI nel paese delle meraviglie: la ghiblificazione di ChatGPT è fuori controllo

Il mondo digitale sta impazzendo per l’ultima trovata di OpenAI, e questa volta non si tratta di qualche oscuro progresso nell’intelligenza artificiale generale, ma di una valanga di immagini in stile Studio Ghibli. L’umanità ha un talento straordinario per prendere strumenti rivoluzionari e usarli per scopi che nessuno avrebbe previsto, e in questo caso, la comunità ha deciso che la missione dell’AI generativa fosse trasformare tutto in un film di Miyazaki.

Un milione di utenti in un’ora, GPU in fiamme e un CEO incredulo

Sam Altman, CEO di OpenAI, ha dichiarato su X (ex Twitter) che a un certo punto la piattaforma ha registrato un milione di utenti in un’ora. Un dato impressionante, soprattutto considerando che quando ChatGPT venne lanciato due anni fa, ci vollero cinque giorni per raggiungere la stessa cifra. Insomma, la crescita è esplosiva, incontrollabile, e apparentemente, inaspettata.

Bill Gates e il futuro dell’AI: “Gli esseri umani non saranno necessari per la maggior parte delle cose”

Bill Gates, durante un’intervista con Jimmy Fallon al “The Tonight Show” di NBC, ha lanciato una previsione che lascia riflettere sul futuro della tecnologia e sul ruolo che gli esseri umani avranno nel prossimo decennio. Secondo Gates, l’intelligenza artificiale (AI) rivoluzionerà non solo l’economia globale, ma anche settori cruciali come la medicina e l’istruzione, riducendo notevolmente la necessità di professionisti specializzati, come medici e insegnanti. Questo scenario, che lui definisce come un’era di “intelligenza gratuita”, potrebbe materializzarsi in meno di dieci anni.

L’intelligenza artificiale sta per fare a pezzi il modello di business delle app?

Benvenuti nell’era in cui le app non servono più. O almeno, non come le abbiamo conosciute fino ad oggi.

Gli “agenti” di OpenAI stanno per mettere a ferro e fuoco il mercato delle consumer app come DoorDash, Uber e Instacart. Il motivo?

L’utente non avrà più bisogno di aprire l’app.Sì, avete capito bene: l’intelligenza artificiale gestirà tutto in autonomia, navigando per noi, effettuando ordini e prenotazioni senza che dobbiamo neanche degnarci di un tap.

Tesla in caduta libera: la fine dell’era Musk?

Elon Musk che brandisce una motosega su un palco politico è un’immagine potente, ma potrebbe servire più che sceneggiate teatrali per salvare Tesla dalla spirale discendente in cui si trova. Un tempo sinonimo di innovazione e crescita esplosiva, il gigante dei veicoli elettrici è ora bloccato in una crisi profonda, con vendite in calo, concorrenza feroce e un fondatore sempre più divisivo. Se Musk non trova una soluzione, Tesla rischia di trasformarsi da rivoluzione tecnologica a caso di studio su come perdere il dominio di un settore che ha contribuito a creare.

Nvidia: il nuovo salvagente per DeepSeek?

In un tentativo di rassicurare gli investitori e riaffermare la propria posizione dominante nel mercato dell’intelligenza artificiale, il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha presentato le nuove offerte della società che potrebbero notevolmente migliorare le prestazioni del modello R1 di DeepSeek. Questo annuncio è arrivato durante la conferenza annuale GTC a San Jose, California, dove Huang ha spiegato come i prodotti più recenti di Nvidia possano aumentare drasticamente le capacità di ragionamento per modelli come R1.

Huang ha descritto Dynamo, il nuovo software di inferenza open-source di Nvidia, come il “sistema operativo di una fabbrica di intelligenza artificiale”. Questo software, ora disponibile su Github, può offrire fino a 30 volte più prestazioni sui GPU esistenti e nelle architetture per compiti di ragionamento AI, secondo Nvidia. Dynamo succede al NVIDIA Triton Inference Server e si concentra sulla massimizzazione dell’utilizzo delle risorse GPU, orchestrando la comunicazione di inferenza su migliaia di GPU e impiegando il serving disaggregato per ottimizzare indipendentemente le fasi di elaborazione e generazione dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) su diverse GPU.

Wiz e l’arte dell’acquisizione: come Google ha speso 32 Miliardi per diventare più sicura e ancora più gigante

Google non è mai stato timido nel mostrare il suo potere di mercato, ma l’operazione per acquisire Wiz per 32 miliardi di dollari è una delle dimostrazioni più eclatanti della sua capacità di comprare quello che gli serve. Un acquisto che, a prima vista, sembra il classico esempio di un gigante della tecnologia disposto a pagare qualsiasi cifra pur di mantenere la sua posizione dominante. Eppure, dietro questa transazione, c’è una strategia che merita una riflessione più approfondita.

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