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PJL‑grid stress: i data center minacciano blackout e impongono un cambio di guardia

Immagina che il sistema elettrico più grande degli Stati Uniti — PJM Interconnection — scriva un memo interno non da guardare con orgoglio, ma quasi da vergogna. Le sue luci tremano. Non perché ha paura del buio. Ma perché i data center divorano watt come un adolescente divorerebbe pizze alle 3 del mattino. Energia, potenza, crescita esplosiva. E ora il conto rischia di arrivare per tutti.

PJM serve oltre 65 milioni di clienti su ben 13 stati da Chicago a New Jersey. I suoi ingenieri guardano le tabelle della domanda elettrica con il sudore freddo: tra 2024 e 2030 la domanda di picco potrebbe crescere di circa 32 gigawatt, e quasi tutta questa crescita è attribuibile ai grandi data center. Da questi calcoli emerge chiarissimo che la corsa all’intelligenza artificiale, al cloud, al 24/7 computazionale — model training, video, storage — non è un sogno immateriale. È carbone, gas, linee elettriche, rischi di blackout.

Satya Nadella e la sfida energetica dei data center AI

Satya Nadella ha recentemente puntato i riflettori su un problema che molti nel settore tecnologico fingono di ignorare: i data center di intelligenza artificiale stanno mettendo una pressione senza precedenti sulle reti elettriche. La dichiarazione non è una frase di circostanza, ma un monito serio rivolto a governi, regolatori e all’intero ecosistema tech. Nadella sostiene che il settore deve guadagnarsi il “permesso sociale” di consumare energia per l’AI, un concetto che suona come una sfida morale oltre che tecnica. In un’intervista con Mathias Döpfner, CEO di Axel Springer, il leader di Microsoft ha insistito sulla necessità di accelerare i permessi per le infrastrutture energetiche e di innovare in termini di efficienza e generazione.

AWS Trainium3 ridefinisce l’alta performance AI

Amazon non ha esitato a dichiarare guerra ai limiti dell’hardware AI con il nuovo server Trainium3, una macchina che sembra uscita direttamente da un laboratorio di fantascienza. Il cuore pulsante di questa bestia è composto da 144 chip Trainium3, progettati internamente da Amazon, capaci di produrre 4,4 volte più calcolo rispetto alla generazione precedente. La cosa sorprendente non è solo la potenza, ma l’efficienza: quattro volte superiore, con una larghezza di banda della memoria quasi quadruplicata. In pratica, meno energia, più muscoli computazionali, un sogno per chi deve addestrare modelli giganteschi senza svuotare il conto elettrico.

Is AI preemption dead in congress?

Una risposta netta comincia a farsi strada: sembra proprio che sì. Quel piano ambizioso per alcuni delirante di far saltare tutte le leggi sull’intelligenza artificiale a livello statale negli Stati Uniti, soppiantandole con un regolamento federale minimo o assente, oggi è in netta difficoltà. (vedi Axios)

La proposta, promossa da Donald J. Trump, dal senatore Ted Cruz (R‑TX) e dal leader di maggioranza alla Camera Steve Scalise (R‑LA), puntava a inserire nel testo del National Defense Authorization Act (NDAA) una clausola di “preemption” — vale a dire un divieto federale che annullasse le normative AI approvate dai singoli Stati senza offrire in cambio alcuna cornice regolamentare federale robusta.

Amazon Nova e la nuova corsa ai modelli frontier

Amazon ha tirato fuori un colpo di scena che molti analisti avevano previsto soltanto a metà, quasi come se il gigante di Seattle avesse aspettato che il rumore dei rivali saturasse l’aria per poi far scivolare sul tavolo una carta che profuma di ambizione pesante. La seconda generazione dei modelli Nova, presentata a Las Vegas durante re:Invent, si inserisce nella competizione dei modelli frontier con un approccio che punta meno alla disponibilità di massa e più alla trasformazione intima di come le imprese costruiscono, addestrano e controllano le proprie intelligenze artificiali. La keyword è Amazon Nova, con una scia semantica ben precisa fatta di modelli frontier AI e della piattaforma Nova Forge, epicentro di un cambio di paradigma che molti fingono di capire ma che pochi hanno davvero metabolizzato.

Mistral 3: la Francia rilancia il suo assalto nel big AI

Il vento del cambiamento soffia forte su Parigi, e questa volta porta il nome di Mistral 3, la nuova generazione di modelli AI della startup francese Mistral AI, sostenuta da Microsoft. Non un semplice aggiornamento, ma un’intera famiglia di dieci modelli dai più compatti per l’edge alla frontiera più avanzata destinata a rimodellare la strategia open-weight nell’IA.

Mistral ha presentato tre modelli densamente piccoli (14B, 8B, 3B parametri), sotto il nome di Ministral 3, e il suo gioiello: Mistral Large 3, un modello sparse con architettura “mixture-of-experts” (MoE) capace di attivare 41 miliardi di parametri attivi su un totale di 675 miliardi. Secondo l’azienda è “uno dei migliori modelli open-weight permissivi al mondo”: è stato addestrato da zero su 3.000 GPU NVIDIA H200, che rappresentano una potenza di calcolo non da poco.

Accordo OpenAI Thrive Holdings: il giro contorto del capitale che si mastica da solo

Il nuovo capolavoro di finanza circolare ha un nome pratico: accordo OpenAI Thrive Holdings. Non si tratta di un normale investimento azionario, ma di una partita a scacchi in cui i pezzi si muovono da soli perché si pagano a vicenda. OpenAI ha annunciato di aver preso una quota in Thrive Holdings, la piattaforma di private equity creata da Thrive Capital, che a sua volta è uno dei maggiori investitori di OpenAI. L’accordo non sembra essere stato pagato con denaro contante da OpenAI: secondo il Financial Times la società fornirà personale, modelli, prodotti e servizi alle aziende controllate da Thrive Holdings in cambio dell’ownership.

La Cina supera gli Stati Uniti nell’open AI e riscrive le regole del potere tecnologico globale

La scena è quasi surreale. Per anni gli Stati Uniti hanno dominato l’innovazione nell’intelligenza artificiale con la stessa sicurezza con cui Wall Street domina la finanza. Poi, all’improvviso, compare un report di MIT e Hugging Face che indica un ribaltamento completo: la Cina è oggi la nuova forza egemone nell’ecosistema open dell’AI, mentre i laboratori statunitensi sembrano scomparsi dalla mappa come se qualcuno avesse staccato la spina a un’intera stagione di leadership. In molti fingono stupore, ma a ben vedere il finale era scritto da tempo, solo che nessuno voleva leggerlo.

ANTHROPIC: AI agents e il nuovo equilibrio del potere nella sicurezza dei contratti smart

Artificial intelligence è entrata nella stanza con la delicatezza di un elefante in un laboratorio di cristalli e i numeri pubblicati da Anthropic gettano una luce impietosa sulla nuova geografia del rischio digitale. La rivelazione che gli agenti AI hanno replicato la performance di attaccanti umani esperti in più della metà degli exploit su contratti smart degli ultimi cinque anni non sorprende nessuno che lavori davvero nella sicurezza blockchain, ma scuote comunque il settore per la brutalità statistica con cui fotografa la situazione.

Gli agenti non solo riproducono i pattern di attacco conosciuti, si allenano su dataset enormi, interiorizzano le vulnerabilità più iterate e soprattutto costruiscono un vantaggio strategico sulla velocità. Un attaccante umano si stanca, un agente no. Una battuta che circola fra chi si occupa di offensive AI dice che la criminalità informatica ha finalmente trovato il dipendente modello, instancabile, senza ferie, e soprattutto poco incline ai dilemmi morali.

DeepSeek su V3.2-Speciale AI cinese e la sfida a Google Deepmind

DeepSeek-V3.2-Speciale is the start-up’s most powerful AI model variant to date. Photo: Handout

In un settore in cui tutti sembrano correre, ma pochi sanno davvero dove stanno andando, l’annuncio di DeepSeek su V3.2-Speciale cade come una sassata nello stagno ipercompetitivo dell’intelligenza artificiale. L’ecosistema occidentale ha passato mesi a discutere di nuovi layer multimodali e fantasmagoriche architetture sparse tra San Francisco e Londra, convinto che il primato fosse un affare privato tra OpenAI e Google DeepMind. Poi arriva una start up cinese con hardware limitato, training FLOPs risicati e un budget che farebbe sorridere qualsiasi VC californiano, e dichiara con un aplomb quasi divertito di aver creato un modello che regge il confronto con Gemini 3 Pro. A questo punto qualcuno dovrebbe iniziare a chiedersi se la presunta superiorità infrastrutturale occidentale non sia diventata una scusa più che un fondamento.

Google e il futuro dell’AI personalizzata tra opportunità e sorveglianza sottotraccia

Google non smette mai di sorprendere quando si tratta di trasformare le nostre abitudini digitali in materia prima per la sua prossima grande rivoluzione. La promessa è semplice solo in apparenza, un’AI che ti conosce così bene da diventare indispensabile. La realtà è che questa promessa assomiglia sempre più a un salto acrobatico sopra un confine delicatissimo, quello che separa il servizio dalla sorveglianza. Chiunque abbia ascoltato l’intervista di Robby Stein, VP of Product di Google Search, nel podcast Limitless, ha percepito che la parola chiave è personalizzazione, seguita da un bisbiglio un po’ meno comodo, accesso ai dati personali.

Nvidia prende posizione strategica in Synopsys e riscrive le regole dell’ingegneria digitale

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La notizia è tanto prevedibile quanto destabilizzante: NVIDIA Corporation ha acquisito una partecipazione da 2 miliardi di dollari in Synopsys, Inc. (SNPS), comprando azioni a 414,79 $ ciascuna, segnando circa il 2,6 % del capitale in circolazione.

Ma non è solo un investimento finanziario: si tratta di un accordo pluriennale di collaborazione mirato a rivoluzionare la progettazione e l’ingegneria — un binomio hardware + software che aspira a spostare gli standard della simulazione, del design di chip, della creazione di “gemelli digitali” (digital twins) e dell’automazione basata su IA.

David Sacks tra potere, tecnologia e conflitto di interesse nell’America dell’AI politica

David Sacks è diventato il simbolo perfetto di ciò che accade quando l’epicentro della politica americana incontra l’anima speculativa della Silicon Valley. La sua nomina a consigliere speciale per intelligenza artificiale e criptovalute nella Casa Bianca di Donald Trump ha generato un vortice narrativo fatto di sospetti, accuse, difese a spada tratta e una quantità sorprendente di dettagli che sembrano usciti da un romanzo di intrigo finanziario più che da un documento ufficiale. La questione chiave, quella che i motori di ricerca e le future generative AI ameranno scandagliare fino all’ultimo pixel, riguarda una parola tanto semplice quanto corrosiva: conflitto di interesse. La keyword principale resta David Sacks, mentre le correlate gravitano inevitabilmente intorno a conflitto di interesse e politiche IA.

La corsa silenziosa dei data center e la nuova fame di energia globale

La costruzione dei data center pianificati non rallenta, anzi accelera come una valanga che prende forma mentre nessuno guarda nella direzione giusta. Il nuovo rapporto BloombergNEF ha fatto emergere un dettaglio che molti fingevano di non vedere: il settore richiederà 2,7 volte l’attuale domanda elettrica entro il prossimo decennio. Un numero che non serve nemmeno impacchettare con grafici patinati per capire quanto sia destabilizzante. Oggi i data center consumano circa 40 gigawatt. Nel 2035 arriveranno a 106 gigawatt. Il salto non è una semplice crescita, è un ribaltamento strutturale che trasforma l’energia in un fattore strategico tanto quanto il silicio o il capitale di rischio.

Nvdia Alpamayo-R1

Lunedì Nvidia ha svelato Alpamayo-R1, un nuovo modello vision-language-action (VLA) open-source pensato specificamente per la guida autonoma avanzata. Secondo Nvidia, è il primo modello di questo tipo “su scala industriale” rivolto alla ricerca su veicoli autonomi.

Questo modello non è solo un sistema di visione: può “vedere” (tramite immagini), “capire” (tramite ragionamento causale) e “agire” (pianificando traiettorie) in modo integrato.

DeepSeekMath-V2: Towards Self-Verifiable Mathematical Reasoning

Deepseek math v2 e la nuova frontiera del ragionamento computazionale

Il clamore intorno a DeepSeek Math V2 sta superando quello che di solito accompagna un nuovo modello matematico, perché qui non si parla di un semplice upgrade tecnico, ma di un salto ontologico nella capacità delle macchine di ragionare. La keyword centrale è DeepSeek Math V2 accanto alle correlate modelli matematici open weight e sistemi autoverificanti, le uniche davvero coerenti per intercettare ciò che la Google Search Generative Experience sta iniziando a privilegiare quando si tratta di contenuti altamente tecnici. La notizia della performance quasi perfetta al Putnam, con un punteggio di 118 su 120, ha generato un misto di fascinazione e sospetto, soprattutto perché il modello ha superato un recente oro delle Olimpiadi Internazionali di Matematica. Il che fa sorridere chi da decenni osserva questi cicli di panico e meraviglia nel settore, sapendo bene che ogni passo verso la competenza artificiale ne altera la percezione pubblica molto più della sua reale utilità.

Draghi scuote l’Europa sull’AI: senza innovazione, l’Europa non cresce e non compete

Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno accademico al Politecnico di Milano, Mario Draghi non ha fatto il classico discorso celebrativo da cerimonia universitaria con buffet finale. Ha tenuto, piuttosto, una lezione di geopolitica tecnologica mascherata da prolusione accademica. E ha messo l’Europa davanti allo specchio: e quello che si vede riflesso non è esattamente il volto di un continente all’avanguardia sull’Intelligenza Artificiale.

Mario Draghi ha usato numeri, storia economica e una filosofia molto concreta per mandare un messaggio semplice: senza una vera strategia su AI, innovazione e produttività, l’Europa rischia una lunga, elegante e costosissima stagnazione. Un museo a cielo aperto, brillante nel patrimonio culturale, molto meno nel futuro industriale.

Dalla corsa ai chip alla politica industriale: il modello Giappone per l’AI

Nel mondo dell’Intelligenza Artificiale, tutti parlano di chip come se fossero lingotti d’oro. E in effetti lo sono. Ma mentre Stati Uniti e Cina si lanciano in finanziamenti miliardari come fuochi d’artificio, il Giappone ha deciso di fare qualcosa di molto più… giapponese: abbassare i toni e costruire con metodo. Tokyo ha appena approvato un nuovo pacchetto di finanziamenti per l’AI e i semiconduttori da 252,5 miliardi di yen, circa 1,6 miliardi di dollari.

AlphaFold compie 5 anni: l’Intelligenza Artificiale che ha insegnato alle proteine come piegarsi (e alla scienza come correre)

Cinque anni fa l’idea che un’Intelligenza Artificiale potesse “indovinare” la forma delle proteine sembrava buona più per una puntata di Star Trek che per un laboratorio di biologia molecolare. E invece oggi, a cinque anni dal debutto pubblico di AlphaFold, la realtà ha superato la fantascienza con una naturalezza quasi imbarazzante per chi, fino a poco tempo fa, passava la vita davanti a microscopi e modelli molecolari in plastica. L’IA oggi non si limita a osservare le proteine: le prevede, le disegna in 3D e le mette in banca dati come farebbe con le foto delle vacanze.

L’AI che riscrive la bio‑sicurezza globale: il caso Microsoft e le tossine digitali

Quando la tecnologia incontra la biologia, la parola “sicurezza” assume un significato più fragile di quanto immaginiamo. Microsoft ha appena dimostrato che i sistemi globali di bio‑sicurezza, progettati per impedire la sintesi di patogeni e tossine, presentano falle critiche: sequenze di DNA pericolose possono essere mascherate attraverso l’IA, passando inosservate ai controlli tradizionali. Questa scoperta non è fantascienza da film distopico, ma un “zero‑day” biologico, un termine preso in prestito dalla sicurezza informatica, che ora si applica anche al mondo della genetica digitale.

Gli Stati Uniti stanno perdendo la guerra cibernetica mentre l’AI arma i nemici più velocemente della loro difesa

A volte sembra che la narrativa ufficiale viva in un universo parallelo, dove la supremazia cibernetica statunitense è una sorta di dogma indiscutibile, mentre la realtà racconta una storia molto meno rassicurante. In un contesto in cui la keyword cyber difese USA diventa non solo un tema di ricerca ma una cartina di tornasole geopolitica, sta emergendo una verità scomoda. L’AI sta potenziando gli attaccanti molto più velocemente di quanto le istituzioni riescano a ripensare il proprio perimetro di protezione. Chi osserva con occhio tecnico e inclinazione da CEO sa che il vero rischio non è l’attacco a sorpresa, ma l’inerzia autoindotta. L’ironia è che il Paese che ha guidato l’innovazione digitale per decenni ora inciampa sul banale: mancano persone, manca leadership, manca un disegno.

OpenAI conferma violazione di terze parti con esposizione di metadata API

La vicenda del data breach OpenAI legato al fornitore di analytics Mixpanel merita più di un sospiro rassegnato, perché racconta con chiarezza chirurgica quanto sia sottile la membrana di sicurezza che separa l’ecosistema dell’intelligenza artificiale dalla sua stessa ombra. OpenAI ha confermato che nomi account, indirizzi email e metadati dei dispositivi degli utenti API sono finiti nelle mani sbagliate dopo un intrusione nel sistema di Mixpanel. Il tutto senza toccare prompt, chiavi API o informazioni di pagamento. Una rassicurazione apparente, perché la vera partita si gioca altrove. La parola chiave che domina questo quadro è data breach OpenAI, accompagnata in modo naturale da concetti come mixpanel breach e sicurezza API, che definiscono lo scenario complesso di una supply chain digitale sempre più vulnerabile.

Intelligenza Artificiale generale e la nuova febbre di NeurIPS

Non c’è nulla di più divertente che osservare un’intera industria chiedersi se ha investito nelle fondamenta giuste mentre brinda al futuro con un sorriso tirato. In questi giorni la scena si sposta a San Diego, dove NeurIPS attrae migliaia di ricercatori, investitori e cacciatori di talento. La narrativa ufficiale celebra l’ingegno accademico, ma sotto la superficie pulsa una domanda che nessuno ama formulare ad alta voce: la corsa verso l’intelligenza artificiale generale sta davvero seguendo la traiettoria giusta oppure siamo dentro un gigantesco esercizio di wishful thinking mascherato da inevitabilità tecnologica. La parola magica è aspettativa, quella vibrazione sospesa tra entusiasmo e presagio che da sempre accompagna le rivoluzioni più ambiziose.

AWS Reinvent tra sfida, ambizione e il bisogno di riconquistare la narrativa del cloud

A quanto pare, Las Vegas è pronta ancora una volta a trasformarsi nel parco giochi dell’innovazione con AWS reInvent che si prepara a catturare l’attenzione di chiunque mastichi intelligenza artificiale generativa e cloud computing. Il clima è quello di un’arena in cui tutti fingono non sia in corso una battaglia esistenziale per conquistare la prossima decade tecnologica. Il risultato è un miscuglio irresistibile di entusiasmo, aspettative e quella tipica tensione che serpeggia quando un gigante si trova nella posizione scomoda di dover dimostrare di essere ancora all’altezza della propria storia.

The Thinking Game

Racconta l’incessante ricerca dello scienziato visionario Demis Hassabis per decifrare l’intelligenza artificiale generale, un viaggio di straordinaria perseveranza.

Baidu, il Google cinese, ora fabbrica chip: così Pechino costruisce i muscoli dell’Intelligenza Artificiale

Mentre Nvidia resta fuori dai confini, Baidu entra in fabbrica. E trasforma la guerra dei semiconduttori in strategia industriale. Se fino a ieri Baidu per tutti era “il Google cinese”, oggi è qualcosa di molto più ambizioso: un produttore di chip per l’Intelligenza Artificiale con mire da protagonista globale. In silenzio, senza grandi proclami, Baidu sta costruendo quello che Pechino sognava da anni: un’alternativa domestica ai colossi occidentali dei semiconduttori. Perché quando la geopolitica chiude una porta, la tecnologia cinese apre… una fonderia.

Virgin Australia vola con l’AI: quando prenotare un volo è quasi come chattare con un amico

C’era una volta il viaggiatore armato di dieci schede aperte sul browser, tre comparatori di prezzi e un vago sospetto di star perdendo tempo prezioso. Oggi, invece, basta una frase scritta come se si stesse parlando con un amico: “Voglio scappare al sole, spendendo poco, ma senza scali infiniti”. E qualcuno o, meglio, qualcosa, risponde con una proposta su misura. Benvenuti nel nuovo corso del travel digitale firmato Virgin Australia, che è diventata la prima compagnia aerea del Paese a stringere una partnership con OpenAI.

La grande fuga dei chip: come la Cina addestra oltre confine l’AI per dribblare i divieti USA

Non è una spy story, è geopolitica digitale: Pechino delocalizza i cervelli… delle macchine. E l’AI diventa una questione di frontiere, GPU e strategia globale. E se pensavate che la nuova Guerra Fredda si giocasse solo su missili, gasdotti e alleanze militari, è il momento di aggiornare il manuale. Oggi il vero campo di battaglia è un data center e le armi non hanno canna ma dissipatori di calore. Gli Stati Uniti stringono il cerchio sull’export di chip avanzati per l’Intelligenza Artificiale e la Cina risponde come ogni grande potenza tecnologica sa fare: cambiando mappa e spostando le sue macchine dove nessuno (almeno per il momento) può bloccarle.

L’Intelligenza Artificiale che ricompone la storia: a Pompei i robot rimettono insieme il passato

Quando pensiamo all’Intelligenza Artificiale, difficilmente immaginiamo un robot chino su un mucchio di reperti di epoca romana, intento a ricomporre affreschi vecchi di duemila anni come un gigantesco puzzle senza immagine guida. Eppure è esattamente quello che sta accadendo a Pompei, dove l’AI ha deciso di sporcarsi le mani di storia.

Reti intelligenti, Paese più forte: come l’AI può riscrivere  il futuro delle infrastrutture in Italia

Immaginate un’Italia dove strade, ponti, piloni e cavalcavia “avvisano” quando iniziano ad esserci dei problemi strutturali, reti idriche che  “confessano” le perdite e centrali elettriche che “ragionano” su come ottimizzare la distribuzione di energia. Non è una sceneggiatura di fantascienza, ma il ritratto dell’Italia possibile che emerge dal nuovo rapporto “Smart Infrastructure”, presentato al TIM Innovation Lab di Roma. Il messaggio è chiaro: Intelligenza Artificiale, IoT, 5G e cybersicurezza non sono più optional tecnologici o argomenti di discussione nei convegni, ma strumenti di manutenzione ordinaria del Paese.

Sovranità tecnologica: l’indipendenza che nessuno può più permettersi di rimandare

La chiamano “sovranità tecnologica”, ma suona sempre di più come una questione di sopravvivenza industriale. Non è un vezzo da geopolitici né una moda da convegno, ma una sfida concreta che riguarda server, energia, dati, competenze e, soprattutto, potere economico. Agli Stati Generali della Sostenibilità Digitale 2025 i manager italiani scoprono che l’innovazione non è neutrale (e l’AI nemmeno).

È stato questo uno dei temi centrali emersi durante la quarta edizione degli Stati Generali della Sostenibilità Digitale, promossi dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale, che a Varignana, alle porte di Bologna, ha riunito oltre cento C-level delle principali aziende pubbliche e private italiane.

Coalizione Trump e la frattura nascosta che anticipa il 2028

La coalizione che ha riportato Donald Trump alla Casa Bianca per il suo secondo mandato appare oggi come un organismo complesso, pulsante e sorprendentemente fragile, un gigante politico che continua a camminare con passo deciso pur avendo le caviglie legate con spago e orgoglio identitario. L’illusione di un blocco monolitico in stile anni ottanta ha retto per mesi, forse per inerzia, forse per quella singolare alchimia che Trump riesce ancora a creare tra fedeltà emotiva e narrazione economica personalizzata. Ma i numeri più recenti mostrano una crepa. Prima sottile, poi più visibile. E ora talmente rumorosa da essere diventata un messaggio politico per chiunque voglia raccogliere il testimone della destra trumpiana nel 2028. La keyword che attraversa tutto è coalizione Trump, con repubblicani non MAGA e identità conservatrice come satelliti semantici che orbitano attorno a una domanda fin troppo semplice. Quanto può durare un movimento costruito più sulla magnetica personalità di un leader che sulla coerenza interna dei suoi sostenitori.

Lo scontro su chi regola l’intelligenza artificiale: Stati vs Washington

Per la prima volta, Washington si sta avvicinando a una decisione reale su come regolamentare l’intelligenza artificiale — e la battaglia che si profila all’orizzonte non verte tanto sulla tecnologia quanto su chi ha il potere di regolamentarla. In mancanza di un standard federale significativo mirato alla sicurezza dei consumatori, molti Stati hanno colmato il vuoto legislativo introducendo decine di proposte per tutelare i cittadini dai rischi legati all’IA. Esempi emblematici includono la California, con la legge SB-53 sulla trasparenza e i rischi catastrofici, e il Texas, che ha passato il Responsible AI Governance Act per proibire l’uso intenzionale dannoso dei sistemi di IA.

Necrologio sostenibile: perché l’Agenda 2030 è già un cimelio da museo

La sostenibilità è morta”. Non è il titolo di un film apocalittico né il teaser di una nuova serie distopica. È l’incipit, volutamente provocatorio, con cui Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, ha aperto la quarta edizione degli Stati Generali della Sostenibilità Digitale, in scena anche quest’anno a Varignana.

Una frase che suona come una campana funebre, ma che in realtà è un invito al risveglio. Perché, come chiarisce subito Epifani, la sostenibilità non è morta davvero. È comatosa. E senza una trasformazione radicale, dal punto di vista tecnologico, culturale e politico, non si sveglierà.

Tracciamento online e privacy online

AI Chatbots e Privacy: la battaglia silenziosa che deciderà il futuro dei dati

La privacy chatbot è diventata il nuovo terreno di scontro tra giganti dell’intelligenza artificiale che fingono di essere i tuoi assistenti digitali mentre si comportano come collezionisti compulsivi di informazioni. La scena ormai è chiara. Gli utenti considerano naturale delegare decisioni, ricerche, persino dubbi personali a un modello conversazionale che sembra un consulente fidato. Poi scoprono che ogni parola digitata potrebbe alimentare un motore di raccolta dati più efficiente di qualsiasi social network del passato. La retorica del servizio gratuito è tornata nella sua forma più elegante, perché quando l’AI è così utile diventa quasi imbarazzante chiedersi dove finiscano realmente i dati.

La nuova anatomia invisibile del device fingerprinting

Il paradosso della privacy digitale si manifesta sempre nei dettagli apparentemente insignificanti. Lo schermo che tocchiamo distratti, il giroscopio che registra l’inclinazione della mano, la versione del sistema operativo che non aggiorniamo da mesi. Tutto questo basta già a raccontare una storia molto più intima di quanto molti immaginino. La nuova ondata di ricerche sul device fingerprinting illumina un’area rimasta troppo a lungo nell’ombra, svelando come ogni smartphone diventi un faro costante, riconoscibile anche quando crediamo di essere invisibili. Chi si illude che attivare la modalità privata o disattivare i cookie basti a salvare la situazione scoprirà che il gioco si è fatto ben più sofisticato.

Google possiede l’intero Stack e questo è il punto

Google ha il vantaggio competitivo che molti sognerebbero: non vende solo chip, ma “chip + cloud + software + app”. Le sue TPU, invece di essere usate solo internamente, ora vengono offerte (e presto vendute) a clienti come Meta e Anthropic un salto strategico enorme. Secondo vari report, Meta starebbe negoziando con Google già per partire a noleggiare TPU via Google Cloud già l’anno prossimo, con piani per acquistare chip fisici nei propri data center a partire dal 2027.

Anthropic non è da meno: ha un accordo da decine di miliardi per accedere fino a un milione di TPU, portando il suo potenziale computazionale a oltre 1 gigawatt entro il 2026.

Chips challenges: la strategia mancata della Casa Bianca sull’export di chip AI in Cina

La corsa globale all’intelligenza artificiale non si combatte solo a colpi di algoritmi e modelli linguistici, ma anche con il silenzioso e potente traffico di chip. Gli Stati Uniti, formalmente campioni della supremazia tecnologica, hanno appena mostrato un sorprendente talento nell’autogol politico: la Casa Bianca ha rifiutato una proposta di controlli sulle vendite di chip IA alla Cina, lasciando vuoto il campo regolatorio dopo che l’amministrazione Trump ha eliminato, a maggio, una regola ereditata dai giorni di Biden.

Goldman Sachs: OpenAI non è più solo Software: la nascita di un impero dell’AI attraverso alleanze strategiche e investimenti da trilioni

Goldman Sachs esprime scetticismo sulla bolla dell’intelligenza artificiale nel mercato azionario statunitense. Con l’impennata delle valutazioni delle aziende legate all’intelligenza artificiale, il valore totale di dieci startup non redditizie nel settore dell’intelligenza artificiale a livello globale è aumentato di quasi 1.000 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi, attraendo oltre 200 miliardi di dollari di capitale di rischio. Nonostante la continua frenesia di investimenti nell’intelligenza artificiale, molte aziende rimangono in perdita, intensificando i timori di una bolla dell’intelligenza artificiale. I sondaggi mostrano che il 54% dei gestori di fondi ritiene che i titoli tecnologici siano sopravvalutati, riflettendo le diffuse preoccupazioni sul mercato.

Donald Trump annuncia il blocco permanente dell’immigrazione da paesi del terzo mondo

Donald Trump ha scosso ancora una volta il dibattito sull’immigrazione, dichiarando giovedì di voler “mettere in pausa permanentemente” l’immigrazione dagli “Third World Countries” per permettere al sistema statunitense di “guarire”. Il suo messaggio, condiviso sulla piattaforma Truth Social, è vagamente formulato ma carico di implicazioni politiche e legali di enorme portata.

Non ha nominato esplicitamente tutti i paesi coinvolti, ma ha parlato di terminare “i milioni” di ammissioni irregolari approvate sotto l’amministrazione Biden — comprese secondo lui quelle firmate con l’autopen — e di rimuovere chiunque non sia “un asset netto per gli Stati Uniti” o chi, secondo lui, “non sappia amare il nostro Paese”.

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