Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Nvidia espande il suo assistente G-Assist con supporto plugin: un passo verso l’integrazione totale

Nvidia sta per trasformare il suo assistente AI G-Assist, lanciato solo un mese fa, espandendolo ben oltre l’ottimizzazione dei giochi e delle impostazioni di sistema. Inizialmente progettato per migliorare l’esperienza di gioco su PC, G-Assist ora si arricchisce con un supporto per i plugin, che consente agli utenti di interagire con una varietà di applicazioni esterne come Spotify, Twitch, e persino ottenere aggiornamenti su azioni e meteo.

Questa mossa è tanto interessante quanto strategica. Nvidia, da sempre punto di riferimento nell’ambito delle tecnologie grafiche, ha ampliato il raggio d’azione del suo assistente AI introducendo una nuova funzionalità che potrebbe diventare il punto di riferimento per chi desidera integrare l’intelligenza artificiale in molteplici aspetti quotidiani, dal controllo musicale alla gestione delle risorse hardware. Il tutto, senza sacrificare le performance tipiche delle schede grafiche RTX.

Google Gemini: l’IA che conquista il mondo 350 milioni di utenti attivi, ma con un obiettivo ancora più ambizioso

Nel panorama tecnologico in continua evoluzione, Google Gemini emerge come un protagonista sorprendente. Secondo dati interni rivelati durante un’udienza legale, Gemini ha raggiunto i 350 milioni di utenti attivi mensili a livello globale entro marzo 2025. Questo rappresenta un aumento significativo rispetto ai 9 milioni di utenti attivi giornalieri registrati nell’ottobre 2024, con un’impennata a 35 milioni nel mese precedente.

Tuttavia, nonostante questo successo, Gemini è ancora lontano dai numeri di ChatGPT, che conta circa 600 milioni di utenti mensili attivi . Questa disparità evidenzia le sfide che Google deve affrontare per consolidare la sua posizione nel mercato dell’intelligenza artificiale.

Per raggiungere questo obiettivo, Google ha integrato Gemini in una vasta gamma di prodotti, tra cui i dispositivi Samsung, Google Workspace e Chrome. Questa strategia mira a rendere Gemini accessibile a milioni di utenti senza la necessità di download o registrazioni aggiuntive, sfruttando la penetrazione dei dispositivi Android e la popolarità dei servizi Google.

La solitudine di Constantin Graf un faro nel deserto del cloud europeo: European Alternatives

In un panorama digitale europeo dove il denaro pubblico sembra scorrere senza criterio verso iniziative futili e progetti che spesso non vanno oltre il semplice rumore di fondo, un singolo sviluppatore freelance è riuscito a fare quello che istituzioni e governi non sono riusciti a realizzare: creare una piattaforma di alternative digitali europee, completamente autofinanziata e sostenuta dalla sola passione di un individuo. Parliamo di Constantin Graf, il fondatore di European Alternatives, un progetto che raccoglie e analizza soluzioni digitali europee, come servizi cloud e prodotti SaaS, per offrire finalmente un’alternativa valida alle gigantesche multinazionali americane che dominano il mercato globale del cloud.

AvatarFX: La Rivoluzione delle Immagini Animate da Character.AI

Nel mondo dell’intelligenza artificiale, ogni tanto emerge una novità che non solo stupisce, ma cambia le regole del gioco. È proprio questo il caso di AvatarFX, l’innovativo strumento di Character.AI che promette di portare l’animazione fotografica a un livello mai visto prima. Grazie alla tecnologia della Multimodal Team, AvatarFX permette di trasformare una semplice immagine statica in un video fotorealistico, che non solo simula il movimento, ma integra anche espressioni facciali e voce. E il tutto, con il semplice clic di un pulsante. Un’operazione che potrebbe sembrare magia, ma che si fonda su una potenza tecnologica sofisticata.

Microsoft 365 Copilot: La nuova frontiera dell’AI nelle aziende, il concetto di “Frontier Firm” e l’ascesa degli agenti AI

Microsoft sta per lanciare una versione rinnovata della sua app Microsoft 365 Copilot, che segna un altro passo significativo verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle aziende. La nuova versione dell’app, che funge da hub per i documenti di Office e ora include anche gli strumenti AI di Microsoft, si avvicina sempre di più alle funzionalità consumer di Copilot, con un’interfaccia più intuitiva e strumenti potenti per generare contenuti e ottimizzare il flusso di lavoro. Leggi il Blog Microsoft

L’approccio di Microsoft con la nuova versione di Copilot si concentra sull’ottimizzazione dell’esperienza utente e sulla personalizzazione, cercando di rendere l’app ancora più utile e “intelligente”. Un cambiamento fondamentale è l’adozione di un’interfaccia basata sulla chat, che ora include la memoria e la capacità di personalizzazione, simile a quella presente nella versione consumer di Copilot. Questo significa che Copilot inizierà a comprendere meglio il tuo modo di lavorare e a rispondere in modo sempre più adeguato alle tue preferenze. Microsoft punta a creare un ambiente dove l’IA non è solo uno strumento, ma diventa un assistente che evolve insieme a te.

La nuova visione di Grok: l’AI di Musk fa un passo verso il futuro

Grok, sta evolvendo rapidamente gli ultimi aggiornamenti portano una funzionalità che cambia le regole del gioco, rendendo Grok uno strumento significativamente più avanzato. Con l’aggiunta della percezione visiva, Grok ora è in grado di “vedere” ciò che appare sullo schermo o nella fotocamera. Sebbene questa funzionalità sia attualmente limitata a iOS, rappresenta un passo importante verso il futuro dell’intelligenza artificiale conversazionale. Questa capacità colloca Grok in diretta competizione con altri attori principali nel campo dell’AI, come Gemini Live di Google.

Google sotto assedio: OpenAI vuole il suo motore, ma Big G tiene stretto il monopolio e i cookie

Nel silenzioso fermento delle aule federali, si sta giocando una partita che potrebbe riscrivere le fondamenta della ricerca online. A luglio scorso, OpenAI ha bussato alla porta di Google con una richiesta non proprio modesta: accedere al suo motore di ricerca per alimentare un progetto chiamato SearchGPT, ovvero un ibrido tra motore AI e indicizzazione in tempo reale. Una mossa tanto audace quanto rivelatrice delle ambizioni di OpenAI nel diventare la piattaforma da cui passa la conoscenza digitale del futuro.

La risposta di Google? Un secco “no”, datato 13 agosto. Una data che non cade a caso: pochi giorni prima, un giudice federale aveva ufficialmente sancito che Google detiene un monopolio illegale nel mercato delle ricerche online. Curioso tempismo, verrebbe da dire. Ma la storia, come sempre, si complica.

Tesla tra AI, Trump e tagli: il declino temporaneo del profeta elettrico

Tesla ha appena messo a verbale una delle sue peggiori trimestrali degli ultimi anni, con un crollo del reddito operativo del 66% e un calo complessivo del fatturato del 9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Un bagno di realtà per chi ancora pensava che Elon Musk potesse surfare indefinitamente sull’onda dell’innovazione green. La discesa è principalmente dovuta a un calo del 20% nelle entrate del comparto automotive, il core business che ha reso Tesla ciò che è. E tutto mentre l’azienda spende a piene mani nell’intelligenza artificiale, un settore tanto promettente quanto ancora lontano dal monetizzare in modo solido.

Non bastava la frenata della produzione: Tesla ha anche consegnato meno veicoli rispetto a qualsiasi trimestre dell’ultimo anno. Un dato che puzza di crisi, ma che secondo la narrazione ufficiale è stato causato da una “pausa tecnica” per aggiornare le linee del Model Y. Una pausa che ricorda quelle dichiarazioni da conferenza stampa in cui si tenta di camuffare un naufragio come un atterraggio controllato.

Europa 1, Big Tech 0: la commissione UE umilia Apple e Meta con multe miliardarie

La Commissione Europea ha finalmente deciso di abbandonare la diplomazia e prendere il bastone. Mercoledì ha multato Apple per 500 milioni di euro e Meta per altri 200 milioni, invocando il Digital Markets Act (DMA) come arma di regolamentazione. Per chi non lo sapesse, il DMA è la nuova stella polare dell’Europa nella lotta per arginare lo strapotere delle Big Tech. E questo è il primo schiaffo ufficiale.

Apple è finita nel mirino per le sue famigerate regole sull’App Store, quelle che da anni impongono vincoli draconiani agli sviluppatori, impedendo loro di promuovere canali alternativi per acquisti o abbonamenti. In altre parole, un sistema chiuso stile Las Vegas: quello che succede nell’App Store resta nell’App Store… e ovviamente paga la decima ad Apple. Il DMA, invece, pretende apertura, trasparenza e una concorrenza reale. L’Unione Europea, stanca di essere l’idiota del villaggio globale mentre Cupertino incassa, ha detto basta.

AI al volante, capitalismo al volante: la vera rivoluzione dell’automotive è un modello di business, non un motore elettrico e se è IBM a dirlo

Parlare oggi di paradigm shift come fa IBM nel suo studioAutomotive
in the AI era How AI is turbocharging business opportunities, nel settore auto è un po’ come usare il termine “disruption” negli anni dieci: logoro, inflazionato, eppure (purtroppo per i cinici) ancora centrato. Ma attenzione: qui non si tratta di una semplice evoluzione tecnologica, un’ennesima release da aggiungere al catalogo. Qui si gioca il futuro strategico dell’intero settore automotive, e l’IA non è un accessorio in plancia, ma il motore centrale del cambiamento. Altro che guida autonoma: stiamo parlando di sopravvivenza aziendale.

L’ultima indagine IBM ha acceso un faro sulla reale percezione dell’intelligenza artificiale nel settore automotive. I top executive di USA, UK, Germania e India parlano chiaro: l’adozione dell’IA non è più una scelta di efficientamento, ma un’urgenza esistenziale. Il futuro dell’automobile non è più nella meccanica, ma nel codice. Le auto non saranno più “macchine”, ma dispositivi digitali su ruote, aggiornabili via OTA, pensate come piattaforme e vendute come servizi. Benvenuti nell’epoca delle software-defined vehicles.

Andrej Karpathy Stiamo passando dai transistor ai token: benvenuti nell’era del LMOS Language Model Operating System

La frase di Karpathy suona come una delle solite provocazioni della Silicon Valley: “Stiamo entrando in un nuovo paradigma del calcolo, con i modelli linguistici che agiscono come CPU, usando token invece di byte, e una finestra di contesto invece della RAM.” Il tutto condito da una nuova buzzword, ovviamente, LMOS Language Model Operating System. Ma sotto la scorza da keynote, c’è qualcosa che merita di essere considerato seriamente. Karpathy, come spesso accade, non gioca per il clickbait, ma per la preveggenza.

Nel suo modello mentale, CPU diventa LLM, Byte diventa Token, RAM diventa Context Window, Sistema Operativo diventa LMOS. È una traslazione quasi poetica, se non fosse che sta già accadendo. Non parliamo più solo di software che gira su hardware, ma di linguaggio che gira su contesto, un flusso continuo di simboli che sostituiscono lo spazio fisico e binario del passato. E se all’inizio può sembrare solo un gioco di metafore, è nel dettaglio computazionale che questa rivoluzione diventa concreta.

Oscar al miglior algoritmo: l’accademia benedice l’AI, e Hollywood si prende gli ansiolitici

Sarà un giorno di festa nei corridoi di Netflix e Amazon Studios, ma nei sindacati di Hollywood probabilmente oggi volano i bicchieri. L’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, con la delicatezza di chi finge di non vedere l’elefante nella stanza ma poi lo invita al gala, ha ufficialmente riconosciuto l’esistenza dell’intelligenza artificiale generativa nelle sue linee guida per l’Oscar. Tradotto: non vieta nulla, non obbliga a dichiarare nulla, ma avverte che il “fattore umano” rimane ancora centrale nel decidere chi stringerà la statuetta dorata.

Sì, hai letto bene. L’AI può essere usata nella produzione di un film, e non sarà un peccato mortale agli occhi dei membri votanti dell’Academy. Ma attenzione: la valutazione finale dipenderà da quanto, nel prodotto finale, si percepisce ancora una mano umana. L’autorialità non deve sparire del tutto. L’algoritmo può scrivere, colorare, animare, ma la scintilla creativa deve avere ancora una faccia, possibilmente sindacalizzata, possibilmente umana.

Sam Altman lascia Oklo: scacchi nucleari per alimentare l’intelligenza artificiale

Il solito gioco a incastri tra potere, energia e tecnologia si arricchisce di una nuova mossa: Sam Altman, il CEO visionario (e sempre più ubiquo) di OpenAI, ha appena lasciato la presidenza del consiglio di amministrazione di Oklo, una startup nel settore dell’energia nucleare avanzata. La notizia, riportata dal Wall Street Journal, ha il profumo di quelle mosse silenziose che anticipano un’espansione strategica più ampia, potenzialmente più pericolosa, sicuramente più redditizia.

Oklo non è l’ennesima creatura del tech che gioca con l’atomo per hobby. Sta sviluppando reattori nucleari di nuova generazione, quelli “modulari”, che sulla carta promettono miracoli: più piccoli, meno costosi, trasportabili, in teoria anche più sicuri. Insomma, la versione compatta e siliconata della centrale nucleare classica. L’obiettivo? Alimentare le prossime cattedrali digitali del XXI secolo: i data center. Non quelli dei social, ma quelli della fame di calcolo dell’intelligenza artificiale.

Intel taglia il 20% dei dipendenti: il nuovo CEO dichiara guerra alla burocrazia interna

Ecco il colpo di scena che mancava nella soap opera della Silicon Valley: Intel, un tempo il re indiscusso dei semiconduttori, è pronto a falciare oltre il 20% della sua forza lavoro, con una manovra che puzza di panico e disperazione strategica, ma che viene venduta come “snellimento” e “ritorno alla cultura ingegneristica”. Un taglio che segue i 15.000 licenziamenti dell’anno scorso e che porterà il colosso di Santa Clara a ridursi come una maglietta dopo un lavaggio sbagliato.

L’uomo dietro la scure è Tan Lip-Bu, fresco CEO da meno di un mese, già in modalità bulldozer. L’ex boss di Cadence Design Systems non ha perso tempo: prima ha venduto il 51% di Altera a Silver Lake, e ora affila la lama contro una burocrazia che, a suo dire, ha trasformato un gigante tecnologico in un pachiderma paralizzato. L’obiettivo? Semplificare la catena di comando, eliminare il middle management zavorra e rimettere gli ingegneri al centro del motore.

Huawei e iFlytek riscrivono l’IA cinese con chip domestici, sfidando OpenAI e aggirando l’embargo Usa

Nel cuore della tempesta geopolitica tra Stati Uniti e Cina, una nuova narrativa tecnologica si sta scrivendo con toni orgogliosi e una spruzzata di vendetta industriale. iFlytek, colosso cinese del riconoscimento vocale, ha annunciato che i suoi modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) ora poggiano interamente su infrastruttura computazionale cinese, grazie alla collaborazione con Huawei. Un’alleanza non solo tecnologica, ma politica, che mira a scrollarsi di dosso la dipendenza da chip americani come quelli della Nvidia, sempre più difficili da importare a causa delle restrizioni di Washington.

Dietro le quinte di questa rivoluzione sovranista dell’intelligenza artificiale c’è Xinghuo X1, un modello di ragionamento definito “autosufficiente e controllabile”. Parole scelte con cura chirurgica per rassicurare Pechino e tutti quei settori industriali strategici che vedono in questa svolta l’unica via per non rimanere ostaggio dell’Occidente tecnologico. La narrazione ufficiale vuole che, dopo un’intensa co-ingegnerizzazione con Huawei, Xinghuo X1 sia ora in grado di competere con giganti come OpenAI o1 e DeepSeek R1, secondo un post trionfalistico pubblicato su WeChat da iFlytek.

Se Google dovesse perdere chrome, OpenAI è pronta a comprarlo: il browser diventa il nuovo campo di battaglia dell’intelligenza artificiale

Quando la giustizia statunitense mette una Big Tech all’angolo, il gioco si fa interessante. E questa volta il palco è dominato da Google, accusata formalmente di monopolizzare il mercato della ricerca online, con un processo che potrebbe portare a un evento storico: lo spin-off forzato del browser Chrome. A spingere sull’acceleratore non è solo il Dipartimento di Giustizia, ma anche OpenAI, che osserva la situazione con un certo appetito predatorio.

Nick Turley, il responsabile di ChatGPT, lo ha detto chiaro e tondo in aula: “Sì, saremmo interessati a comprarlo, come molte altre parti”. È la prima volta che OpenAI mostra pubblicamente la sua ambizione non solo di essere presente nel browser più usato al mondo, ma addirittura di metterci le mani sopra. Il contesto? Un’audizione in cui si decide il futuro della struttura industriale del search online. Il giudice Amit Mehta dovrà stabilire entro agosto quali pratiche commerciali Google dovrà abbandonare e, soprattutto, se dovrà separarsi dal suo gioiellino da miliardi: Chrome.

Tesla e l’intelligenza casalinga in stallo: il robot Optimus si arena sui minerali rari cinesi

L’epopea transumanista di Elon Musk si inceppa, e stavolta non è colpa dell’autopilot. Il problema? Non bastano più i tweet visionari o le dirette da Marte: servono magneti, e per farli funzionare ci vogliono i famigerati terre rare, quelle che oggi Pechino tratta come se fossero testate nucleari. Il risultato? Il robot Optimus, quello che secondo Musk dovrebbe salvare le nostre ginocchia dalla fatica di rifare i letti e svuotare la lavastoviglie, resta in standby. A casa, in mutande, come noi.

Durante l’ultima earnings call, Musk ha ammesso che la produzione di Optimus è stata “impattata dal problema dei magneti”, con settimane di ritardo previste. E non si tratta di una semplice catena logistica impallata: il cuore della questione è geopolitico, con la Cina che ha appena blindato sette nuovi elementi della sua lista di controllo all’export, trasformando i magneti in una nuova arma della guerra commerciale con Washington. Con buona pace dell’ottimismo siliconvalleyano.

MIT News La tavola periodica dell’apprendimento automatico

La tavola periodica del machine learning è realtà: il MIT unifica 20 algoritmi con una sola equazione

Il machine learning non è più un collage caotico di tecniche, ma un organismo coerente e simmetrico, una geometria della conoscenza che respira ordine matematico. Al MIT, un gruppo di ricercatori ha ridotto l’intero zoo algoritmico del ML a una sola equazione. Avete letto bene: una sola, dannata equazione. Il nome del framework è Information Contrastive Learning, in codice I-Con, ed è qualcosa a metà tra la meccanica quantistica dell’intelligenza artificiale e una provocazione intellettuale da Nobel.

Kubernetes, GPU e Storage: l’epifania delle aziende che vogliono sopravvivere al futuro

Nel panorama schizofrenico dell’IT moderno, dove ogni giorno un CTO si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del legacy per non restare indietro, l’adozione di Kubernetes è l’equivalente di una sveglia ben assestata. Ma attenzione, non è solo una moda o l’ennesimo feticcio tecnologico da esibire nelle slide del consiglio di amministrazione: è il substrato, la base, il concime tecnico per far crescere davvero un’infrastruttura agile, resiliente e pronta a flirtare con le tecnologie emergenti senza sudare troppo.

Kubernetes, come ben spiegato qui, non è solo orchestrazione, è strategia. È il linguaggio infrastrutturale con cui le aziende intelligenti oggi scrivono il loro futuro. Ed è proprio su questa architettura modulare e scalabile che è possibile costruire ambienti di calcolo dinamici, nei quali GPU, serverless e storage non sono più parole scollegate ma pezzi coerenti di un puzzle ad altissima complessità.

Jensen Huang abbandona la giacca di pelle e si veste da diplomatico per difendere Nvidia tra blackout giapponesi e bavagli americani

Jensen Huang ha capito che la rivoluzione dell’intelligenza artificiale non si fa solo con chip e CUDA cores, ma anche con una cosa molto più vecchia e banale: l’elettricità. In un raro cambio di look via la giacca di pelle nera, dentro l’abito blu e cravatta d’ordinanza il CEO di Nvidia si è presentato a Tokyo per incontrare il Primo Ministro giapponese Shigeru Ishiba. Il motivo? Convincere il Sol Levante che per dominare l’AI serve una nuova infrastruttura energetica. Tradotto: più centrali, più data center, più corrente. Magari anche qualche reattore nucleare in più, se il trauma di Fukushima lo permette.

Secondo Huang, il Giappone è perfettamente posizionato per l’era dell’intelligenza artificiale: ha la robotica nel sangue, una manifattura industriale che è un benchmark globale e una popolazione pronta (anzi, costretta) ad abbracciare automazione e AI, vista la curva demografica da thriller distopico. Ma c’è un problema sostanziale: produrre intelligenza artificiale richiede una quantità di energia paragonabile solo al sogno bagnato di un elettricista con manie di grandezza. E il Giappone, privo di risorse naturali, si trova stretto in una morsa tra la riluttanza a riattivare le centrali nucleari e la dipendenza da combustibili fossili importati a caro prezzo.

Huawei Ascend 920 prepariamoci a un progetto Opphenaimer cinese

uawei si prepara a diventare l’arma strategica di Pechino nella guerra dei semiconduttori contro l’Occidente. A quanto pare, non è solo il creatore di smartphone “proibiti” o l’eterno bersaglio delle black list statunitensi. No, stavolta la compagnia di Shenzhen alza il tiro e si candida a rimpiazzare Nvidia nel suo stesso dominio: l’intelligenza artificiale. Sì, hai capito bene, si parla di GPU AI-ready. E no, non è un’esercitazione.

Secondo Digitimes, Huawei lancerà entro fine anno il chip Ascend 920, costruito su processo a 6 nanometri, pronto per la produzione di massa nella seconda metà del 2025. Questo chip, che promette prestazioni da brividi, punta dritto al cuore delle GPU H20 di Nvidia, le ultime sopravvissute sul mercato cinese dopo l’embargo tecnologico imposto da Washington. Ma ora anche quelle sono finite nel mirino delle restrizioni USA, rendendo il ban totale.

The Washington Post si unisce a OpenAI

Tutti abbiamo un prezzo: come il giornalismo si vende all’intelligenza artificiale

Era solo questione di tempo prima che anche The Washington Post, ultimo baluardo di una certa pretesa indipendenza editoriale, si accomodasse al tavolo dei partner strategici di OpenAI. Non parliamo di una fusione, e nemmeno di una svendita a saldo, ma del più raffinato degli scambi: dati in cambio di esposizione. Più precisamente, contenuti giornalistici in cambio di visibilità all’interno dell’ecosistema ChatGPT, oggi utilizzato da oltre 500 milioni di persone ogni settimana. E, va detto, sempre più dominante nel flusso globale dell’informazione digitale.

La notizia è ufficiale e arriva direttamente da un comunicato stampa del Washington Post che, con tono misuratamente entusiasta, racconta come questa partnership renderà “le notizie di alta qualità più accessibili in ChatGPT”. Nella pratica, gli articoli del Post selezionati, riassunti, contestualizzati verranno presentati all’utente di ChatGPT in risposta a domande pertinenti, con tanto di link all’articolo originale per chi volesse approfondire. Tutto molto ordinato, tutto molto “responsabile”. Ma sotto questa patina di modernità e servizio all’utente si cela una dinamica ben più cinica: quella del giornalismo che, consapevole del suo declino commerciale, si appoggia al cavallo di Troia dell’IA per restare rilevante, e soprattutto monetizzabile.

Google Research Dalle cellule al linguaggio naturale: la nuova grammatica della biologia con C2S-Scale

Sembra un’idea uscita da un laboratorio segreto di Google X, e invece è realtà open source. Prendi una cellula, una qualsiasi, una di quelle che ti porti appresso ogni giorno senza degnarla di uno sguardo. Quella cellula sta facendo qualcosa: produce proteine, si divide, reagisce agli stimoli. Ora immagina di trasformare tutte queste attività, tradizionalmente descritte da migliaia di numeri inaccessibili ai più, in una semplice frase in inglese. Voilà: benvenuti nell’era del linguaggio cellulare, dove le cellule parlano e i Large Language Models (LLM) ascoltano.

Dietro questa rivoluzione semiotica c’è C2S-Scale, una suite di modelli linguistici sviluppata a partire dalla famiglia Gemma di Google, pensata per interpretare e generare dati biologici a livello monocellulare. L’acronimo sta per “Cell-to-Sentence Scale” e il concetto è tanto semplice quanto spiazzante: convertire il profilo di espressione genica di una singola cellula in una frase testuale. Come trasformare una sinfonia genetica in una poesia sintetica. A quel punto puoi parlarci. Chiederle cosa fa. O come si comporterebbe sotto l’effetto di un farmaco.

ANTHROPIC Claude ha dei valori, ma chi decide quali? Values in the Wild

Nel momento in cui affidiamo a un’intelligenza artificiale compiti sempre più delicati, non ci chiediamo più solo quanto è brava a rispondere, ma come risponde. Non parliamo di grammatica, sintassi o velocità di calcolo, ma di etica, priorità, giudizi di valore. Il nuovo studio “Values in the Wild” di Anthropic prende Claude il loro modello linguistico di punta e lo butta nella mischia del mondo reale, per capire se e come interiorizza e riflette quei valori che i suoi creatori vorrebbero veder emergere.

Spoiler: non sempre va come previsto.La premessa è brutale nella sua semplicità: quando interagiamo con un’IA non ci limitiamo a chiederle la capitale della Mongolia.

Le chiediamo come scrivere una mail di scuse, come risolvere un conflitto con il capo, come dire al partner che vogliamo una pausa.

Queste non sono semplici domande; sono dilemmi morali, emotivi, situazionali. Ogni risposta implica una scelta di valori. Puntare sulla sincerità o sul compromesso? Sulla chiarezza o sull’empatia?

Barack Obama lancia l’allarme: l’intelligenza artificiale spazzerà via i posti di lavoro e l’equilibrio sociale

Barack Obama, uno che sa ancora parlare come un Presidente e non come un algoritmo PR di Wall Street, ha sganciato la bomba durante un’intervista al Hamilton College. Nessuna diplomazia da manuale: “Un sacco di lavori spariranno”. Testuali parole. Ma non è solo un’espressione di preoccupazione post-presidenziale. È un monito reale, puntuale, persino disperato. L’Intelligenza Artificiale e non quella dei meme su ChatGPT che risponde educatamente ma quella che già sta fagocitando ruoli interi in aziende globali, è sul punto di mandare a casa milioni di persone. E non ci sarà cassa integrazione che tenga.

Cluely, l’intelligenza artificiale che ti aiuta a barare senza farsi beccare

Se pensavi che la frontiera dell’IA fosse costruire assistenti per ottimizzare il lavoro, scrivere codice o aiutarti a prenotare un volo, è perché non avevi ancora sentito parlare di Cluely. La startup più cinica e arrogante dell’anno è finalmente qui, e non sta nemmeno tentando di nascondere le proprie intenzioni: aiutarti a barare. Sempre. Ovunque. Anche sotto sorveglianza.

Roy Lee, il fondatore cacciato da Columbia per aver costruito un tool chiamato Interview Coder (che, guarda caso, serviva a truccare i colloqui tecnici), ha raccolto 5,3 milioni di dollari per creare un software ancora più audace. L’ha chiamato Cluely. Funziona come una sorta di ChatGPT invisibile, pronto a suggerire risposte in tempo reale durante colloqui, esami, meeting aziendali, persino appuntamenti galanti. Il tutto senza che nessuno si accorga di nulla. Magia nera? No, overlay traslucido alimentato da OpenAI.

Occhiali AI di Google al TED

@tedtoks

Misplace your things often? These AI glasses could help. In this live demo at TED2025, computer scientist Shahram Izadi debuts Google’s prototype smart glasses, powered by the new android XR system — which uses AI to see and think in real time. Visit the 🔗 in ☣️ to see more of what these wearables can do — from summarizing your favorite book to planning your next trip. #TEDTalk #XR #AI #SmartGlasses #Google #Android

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Demo rigorosamente controllata e potrebbe non rappresentare la realtà

Figma si reinventa: l’IA che costruisce app e siti web potrebbe riscrivere le regole del design

Figma non sta solo aggiornando il suo toolkit, sta cercando di disintegrare il concetto stesso di design manuale. La notizia, non ancora ufficialmente confermata ma piuttosto solida considerando la fonte, arriva dalla famigerata ricercatrice di sicurezza Jane Manchun Wong. La sua scoperta? Figma starebbe sviluppando un’app basata su intelligenza artificiale in grado di creare applicazioni partendo da prompt testuali, immagini e file Figma. Una specie di “Codex del design”, ma targato Claude Sonnet, il modello AI firmato da Anthropic.

È come se Adobe, Canva e ChatGPT si fossero ubriacati una sera e avessero partorito un figlio geniale, ma inquietante.

UAE: l’intelligenza artificiale scrive le leggi. ecco come gli Emirati stanno codificando il futuro

Gli Emirati Arabi Uniti hanno appena annunciato un’iniziativa che potrebbe riscrivere non solo le leggi, ma anche il concetto stesso di legislazione: l’introduzione dell’intelligenza artificiale nel processo legislativo. In un mondo in cui la burocrazia spesso rallenta il progresso, gli Emirati puntano a una rivoluzione normativa, affidando all’AI il compito di redigere e aggiornare le leggi.

Il cuore di questa trasformazione è l’istituzione di un “Ufficio di Intelligenza Regolatoria”, un’entità che supervisionerà l’integrazione dell’AI nel processo legislativo. L’obiettivo? Creare un sistema legislativo più agile, capace di adattarsi rapidamente ai cambiamenti sociali ed economici. Attraverso l’analisi di dati in tempo reale, l’AI potrà identificare le necessità di riforma e proporre modifiche legislative con una velocità e precisione senza precedenti.

Dubai AI Week 2025 impone il Chief AI Officer CAIO: quando l’intelligenza artificiale diventa il nuovo petrolio dell’economia digitale

Dubai non si accontenta di giocare in anticipo, lo fa dettando legge. L’ultima mossa? Un decreto che obbliga ogni autorità governativa a nominare un Chief AI Officer (CAIO). Non un suggerimento, non una raccomandazione, ma un diktat ben preciso: o ti digitalizzi o sei fuori. Non è solo una mossa audace, è un manifesto di intenti, una dichiarazione strategica che trasforma l’intelligenza artificiale nel cuore pulsante della sua politica economica.

Per chi non lo avesse ancora capito, il messaggio è chiaro: l’AI non è più un laboratorio per nerd col camice bianco, è diventata asset economico, vantaggio competitivo, e perché no soft power geopolitico. Mentre il resto del mondo discute ancora se regolamentare ChatGPT, Dubai istituzionalizza il CAIO, lo mette al tavolo dei grandi, lo arma di budget e gli affida la transizione digitale dell’intero sistema pubblico.

Anche le big tech cinesi scommettono sugli agenti AI connessi MCP: la nuova USB-C dell’intelligenza artificiale

Le grandi aziende tecnologiche cinesi stanno facendo a gara per colonizzare il nuovo Eldorado dell’intelligenza artificiale: il Model Context Protocol (MCP), lo standard aperto che promette di trasformare gli agenti AI da semplici chiacchieroni in sistemi autonomi connessi, operativi e capaci di interagire con il mondo reale, come se avessero finalmente trovato la loro porta USB-C per agganciarsi alla realtà. Il paragone non è casuale, visto che è proprio Ant Group a usare questa metafora per spiegare MCP.

In pratica, MCP consente agli agenti intelligenti – come il sempre più citato Manus sviluppato da Butterfly Effect – di collegarsi a servizi esterni, fonti dati e strumenti terzi. E non solo per recuperarne passivamente i contenuti, ma per agire in modo autonomo, creare flussi operativi, rispondere ai comandi naturali dell’utente, completare task e ricalibrarsi con feedback continui. Se fino a ieri l’AI generativa era un pappagallo di lusso, oggi comincia ad assomigliare a un assistente reale. Forse troppo.

Modelli Gemma 3 QAT: intelligenza artificiale all’avanguardia per le GPU consumer

Google ha recentemente annunciato l’introduzione dei modelli Gemma 3 ottimizzati con Quantization-Aware Training (QAT), una tecnologia che consente l’esecuzione di modelli AI avanzati su GPU consumer come la NVIDIA RTX 3090. Questa innovazione riduce significativamente i requisiti di memoria, mantenendo al contempo un’elevata qualità delle prestazioni.

Con l’ottimizzazione QAT, il modello Gemma 3 27B può ora essere eseguito localmente su una singola GPU desktop, come la NVIDIA RTX 3090 con 24 GB di VRAM. Allo stesso modo, il modello Gemma 3 12B è compatibile con GPU per laptop, come la NVIDIA RTX 4060 Laptop GPU con 8 GB di VRAM, portando capacità AI potenti anche su macchine portatili.

Questi modelli sono disponibili su piattaforme come Hugging Face, dove gli utenti possono accedere a diverse versioni ottimizzate di Gemma 3, tra cui il modello Gemma 3 27B IT QAT in formato int4.

La disponibilità di modelli AI avanzati su hardware consumer rappresenta un passo significativo verso la democratizzazione dell’accesso all’intelligenza artificiale, permettendo a sviluppatori e ricercatori di sperimentare e implementare soluzioni AI senza la necessità di infrastrutture costose.

Per ulteriori dettagli, è possibile consultare l’annuncio ufficiale di Google

Papa Gallery

Papa Francesco, il primo pontefice latinoamericano, è morto il 21 aprile 2025 all’età di 88 anni.

Nonostante i problemi di salute degli ultimi anni, la sua scomparsa ha colto il mondo di sorpresa. Solo il giorno prima, durante la Pasqua, Papa Francesco aveva percorso Piazza San Pietro a bordo della papamobile scoperta, salutando con affetto la folla in festa.

In 12 anni di pontificato, Jorge Mario Bergoglio ha conquistato i cuori di milioni di persone con il suo stile umile, la sua vicinanza ai poveri e il suo impegno per gli ultimi. Con gesti semplici e parole dirette, ha portato un vento di rinnovamento nella Chiesa, promuovendo un messaggio di misericordia, dialogo e giustizia sociale.

La sua morte lascia un vuoto profondo, non solo tra i cattolici, ma in tutto il mondo, che lo ricordava come un leader spirituale capace di unire e ispirare.

Requiescat in pace.

La Rivoluzione etica e tecnologica di Papa Francesco Bergoglio: un Pontefice tra tradizione e futuro

L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al pontificato il 13 marzo 2013 ha rappresentato l’epilogo di un conclave intenso, carico di aspettative e sorprese. Secondo i resoconti degli scrutini, il cardinale argentino si affermò come figura di mediazione tra le opposte correnti: da un lato i sostenitori del riformista Angelo Scola, dall’altro i tradizionalisti vicini alla Curia. Al quarto scrutinio, Bergoglio raccolse 67 voti, sfiorando la soglia dei 77 richiesti, per poi raggiungere 85 preferenze al quinto scrutinio, superando il quorum dei due terzi. Questa elezione rifletteva l’esigenza di una guida in grado di combinare fermezza dottrinale e apertura verso le sfide del mondo contemporaneo, un tratto distintivo del suo intero pontificato.

La scomparsa di Papa Francesco Bergoglio segna la fine di un pontificato che ha ridefinito il rapporto tra fede ed etica. Primo Pontefice gesuita e proveniente dalle periferie del mondo, Bergoglio ha incarnato una figura di rottura, unendo umiltà francescana a una visione audace sull’innovazione.

È morto Papa Francesco

E’ morto Papa Francesco. Lo ha annunciato Sua Eminenza, il Card Farrell: “Carissimi fratelli e sorelle” le sue parole, “con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.

L’ascesa dei Bot Grigi: l’AI sta rallentando Internet

L’uso di programmi automatizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale sta mettendo a dura prova la stabilità di internet. In un nuovo report della società di sicurezza informatica Barracuda Networks, gli esperti evidenziano l’ascesa dei ‘bot grigi’, software che circolano sul web per estrarre informazioni da siti e applicazioni anche per addestrare l’intelligenza artificiale generativa.

Cybercrime Inc.: l’AI al servizio delle gang digitali. Meno attori, più attacchi e tecniche più evolute

Nel secondo semestre del 2024, i cyberattacchi crescono del +28,3%, nonostante il calo delle gang attive. AI, phishing realistici e Malware-as-a-Service ridisegnano il panorama delle minacce globali. L’Italia resta un obiettivo strategico.

Black Mirror 7: Doom e l’intelligenza artificiale che non sa sparare

Sembra un episodio apocrifo di Black Mirror, ma è semplicemente la realtà: le AI più avanzate del mondo, quelle che promettono di rivoluzionare tutto, dalla medicina all’economia, non riescono a giocare a Doom. Non scherzo. GPT-4o, Claude Sonnet 3.7, Gemini 2.5 Pro… tutti col cervello da Nobel, ma con riflessi da bradipo ubriaco quando si trovano davanti ai demoni digitali dell’iconico sparatutto in prima persona.

Giovedì scorso, Alex Zhang, ricercatore in AI, ha presentato VideoGameBench, un benchmark pensato per mettere alla prova i modelli visivo-linguistici (VLM) su un terreno che li umilia: venti videogiochi storici, tra cui Warcraft II, Prince of Persia e Age of Empires. L’obiettivo? Capire se questi modelli riescono non solo a “vedere” e “descrivere” il gioco, ma anche a giocarlo con una parvenza di intelligenza.

OmiGPT, l’anti-Humane che sfida gli wearable AI da 89 dollari

Nel cimitero degli wearable AI, tra i resti del Humane AI Pin e il semi-congelato Rabbit R1, spunta un oggetto dalle dimensioni di un dollaro d’argento che non ha la minima intenzione di farsi notare per lo scintillio del marketing, ma per la sostanza. Si chiama OmiGPT, e la sua promessa è tanto modesta quanto potenzialmente devastante: un assistente ChatGPT al polso (o al collo) per meno di un centinaio di dollari.

Sì, hai letto bene. Mentre le Big Tech giocano alla “fantascienza per ricchi” con gadget da 699 dollari in su, una startup di San Francisco ha scelto la via spartana, realista e brutalmente ingegneristica. Dietro a questa creatura hi-tech c’è Nik Shevchenko, che non vuole venderti un sogno, ma qualcosa che userebbe lui stesso, se non altro per non doversi più portare appresso uno smartphone anche solo per salvare una conversazione.

Framepack e la vendetta dell’AI da salotto

Chi avrebbe mai detto che il futuro dei video generati dall’intelligenza artificiale avrebbe preso forma su un desktop da gaming? E invece eccoci qui: FramePack, la nuova architettura neurale firmata Lvmin Zhang (con la benedizione di Maneesh Agrawala da Stanford), è il perfetto esempio di quando la potenza di calcolo incontra l’intelligenza progettuale. Il risultato? Video AI da un minuto intero, di qualità notevole, sfornati su una GPU casalinga con appena 6GB di VRAM. Hai presente quelle workstation che sembravano necessarie per l’IA generativa? Dimenticale.

Il trucco non sta nella forza bruta, ma nell’ingegno algoritmico. FramePack reinterpreta la struttura della memoria nei modelli di diffusione video. Invece di accumulare informazioni temporali come un collezionista compulsivo di fotogrammi, li impacchetta in un contesto temporale a lunghezza fissa, ottimizzando il processo come un camionista zen che fa incastrare perfettamente i bagagli nel portabagagli. Questo riduce drasticamente il carico sulla GPU, permettendo di lavorare con modelli da 13 miliardi di parametri senza mandare in fumo la scheda video. Secondo gli autori, il costo computazionale è simile a quello della generazione di immagini statiche. E qui si sente già il tonfo delle vecchie soluzioni cloud, cadute rovinosamente dal loro piedistallo.

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