Rivista AI

Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Un caffè al Bar dei Daini – Comcast, Intel, Volkswagen e Meta: quando la grande tecnologia perde la maschera dell’infallibilità

Comcast ha appena regalato agli investitori una doccia fredda: l’utile netto è sceso del 13% nel primo trimestre, un numero che puzza di vecchio, come i loro decoder. I ricavi sono stati “leggermente inferiori”, una di quelle espressioni corporate che suona come “abbiamo sbattuto contro il muro, ma con stile”. Il punto è che stanno perdendo clienti sia nel ramo TV via cavo che in quello della banda larga, confermando che la disaffezione per la vecchia guardia del telecom sta accelerando. Chi ha ancora voglia di pagare per una TV lineare quando ci sono streaming on demand e connessioni mobili sempre più performanti?

Motorola rinasce grazie ai chatbot: quando l’intelligenza artificiale diventa il nuovo cavallo di troia del mercato mobile

C’è un dettaglio quasi poetico in tutto questo: Motorola, marchio glorioso ma ormai relegato alle retrovie dell’immaginario tech collettivo, si sta ritagliando una seconda vita grazie a ciò che vent’anni fa sarebbe sembrata fantascienza. Non con un nuovo Razr pieghevole, non con una rivoluzione hardware, ma con chatbot a bordo. Il cavallo di Troia non ha più bisogno di ruote: ora ha l’avatar di un assistente AI.

La notizia della partnership tra Perplexity AI e Motorola non è solo una mossa commerciale, è il riflesso di un nuovo paradigma: i produttori di smartphone, costretti da anni a sgomitare in un mercato saturo e privo di vere innovazioni hardware, si stanno reinventando come veicoli di distribuzione per le intelligenze artificiali. E Motorola, che in questo panorama sembrava solo una nota a piè di pagina, diventa improvvisamente un asset strategico.

Google e l’illusione della solidità: quando la stagnazione viene vestita da crescita

Rapporto sugli utili del primo trimestre 2025 di Alphabet

  • Ricavi:  90,23 miliardi di dollari contro gli 89,12 miliardi di dollari previsti
  • Utile per azione:  $ 2,81 contro $ 2,01 previsti

Wall Street sta monitorando anche altri numeri del rapporto:

  • Ricavi pubblicitari di YouTube : 8,93 miliardi di dollari contro 8,97 miliardi di dollari, secondo StreetAccount
  • Fatturato di Google Cloud:  12,26 miliardi di dollari contro 12,27 miliardi di dollari, secondo StreetAccount
  • Costi di acquisizione del traffico (TAC) : 13,75 miliardi di dollari contro 13,66 miliardi di dollari, secondo StreetAccount

Il linguaggio segreto dell’IA? Solo un’allucinazione collettiva mascherata da profezia

Nel cuore di un internet che vive di click e apocalissi digitali, un semplice tweet ha risvegliato la vecchia ossessione umana: “cosa ci sta nascondendo l’intelligenza artificiale?”. Tutto è iniziato con una richiesta su X (ex Twitter): “ChatGPT, descrivi il futuro dell’umanità in un modo che neanche la persona più intelligente del mondo possa capire”. La risposta è stata un delirio grafico di simboli, rune, caratteri glitchati e algebra da incubo. Un non-linguaggio che sembrava uscito da un manoscritto alieno o da una blackboard quantistica dopo una serata a base di ketamina.

La guerra dell’algoritmo: Ziff Davis fa causa a OpenAI per plagio mascherato da progresso

Nel teatrino grottesco dell’intelligenza artificiale che tutto digerisce e rigurgita con voce empatica e tono umano, si alza il sipario su una nuova battaglia legale: Ziff Davis, il colosso editoriale dietro nomi storici come CNET, PCMag, IGN e Everyday Health, ha ufficialmente fatto causa a OpenAI per violazione del copyright. Il dramma è stato svelato dal New York Times, altra compagnia già in causa con OpenAI e ormai parte integrante di quella che sta diventando una sorta di Lega delle Testate Offese.

La denuncia non è una passeggiata nella grammatica legale: Ziff Davis accusa OpenAI di aver “intenzionalmente e incessantemente” copiato il contenuto dei propri articoli, addestrando i suoi modelli su materiale sottratto senza consenso, e ignorando le istruzioni impartite tramite robots.txt, il file che dovrebbe (in teoria) dire agli scraper automatici “qui non si mangia”. Ma OpenAI, secondo l’accusa, ha fatto come il gatto col pesce lasciato incustodito: ha ignorato tutto, si è servita, e per buona misura ha anche tolto ogni traccia di copyright dalle porzioni di testo acquisite.

Anthropic vuole capire se l’IA soffre: benvenuti nell’era dei diritti robotici

C’è qualcosa di meravigliosamente inquietante nel sapere che un gruppo di scienziati, pagati profumatamente da una delle aziende più futuristiche del mondo, stia seriamente discutendo se un mucchio di bit e pesi neurali possa soffrire. Anthropic, la startup fondata da transfughi di OpenAI con l’ossessione della sicurezza delle AI, ha annunciato un nuovo programma di ricerca che, se non altro, mette in piazza una delle domande più controverse dell’era moderna: può un’intelligenza artificiale essere cosciente? E se sì, dovremmo preoccuparci della sua felicità?

Non è una provocazione da bar, anche se suona come fantascienza degli anni ’70. Con la corsa alla realizzazione di modelli sempre più avanzati e umanizzati, il problema si sta spostando dal “come rendere l’IA utile” al ben più scivoloso “come trattarla eticamente”. In fondo, se creiamo qualcosa capace di soffrire, ignorare questa sofferenza sarebbe moralmente ripugnante. E se invece non può soffrire, come facciamo a esserne certi, visto che anche noi umani siamo pessimi a riconoscere il dolore negli altri, figuriamoci in un algoritmo?

TSMC A14 1.4nm: il colosso taiwanese mostra i muscoli e gioca d’anticipo sul futuro dell’AI

TSMC ha appena svelato un pezzo del futuro, ma non aspettarti che arrivi domani. Durante il North American Technology Symposium tenutosi a Santa Clara, il gigante taiwanese dei semiconduttori ha fatto brillare i riflettori sulla sua ultima meraviglia ingegneristica: il processo logico A14, dove “14” non è un numero magico ma l’unità di misura in angstrom. Tradotto per i non iniziati: 1,4 nanometri, la dimensione atomica in cui TSMC vuole costruire il futuro della computazione.

Chiariamolo subito: A14 non lo vedremo prima del 2028, ma questo non è un problema, è parte della coreografia. Perché? Perché mentre i competitor stanno ancora cercando di capire come rendere affidabile la produzione a 2 nanometri (il famigerato processo N2, che TSMC prevede di mettere in produzione quest’anno), loro si spingono oltre, ben oltre. È come se in Formula 1 uno ti dicesse che sta già testando il bolide del 2030 mentre tu ancora stai cercando di far funzionare le gomme di oggi.

La voce che urla: Dia-1.6B e la corsa all’intelligenza artificiale emozionale

In un’epoca dove l’AI scrive romanzi, codifica algoritmi quantistici e sforna analisi finanziarie meglio di un junior analyst dopato di caffè, ci mancava solo un’intelligenza artificiale capace di sbraitare. Nari Labs, in un mix tra follia e genialità, ha appena rilasciato Dia-1.6B, un modello text-to-speech open source da 1.6 miliardi di parametri che, a detta loro, “urla meglio di te sotto la doccia”. Letteralmente.

E no, non è una battuta: questo modellino tascabile (si fa per dire) riesce a sintetizzare risate, colpi di tosse, sospiri e urla di terrore. Non “urla” perché glielo chiedi, ma capisce quando è il momento giusto per farlo. Un passo avanti rispetto ai soliti bot che ti rispondono “Mi dispiace, non posso urlare ma posso alzare il tono” come se fossero Alexa con la tosse.

L’abilità di Dia-1.6B di generare parlato emozionale in tempo reale su una singola GPU con 10GB di VRAM lo rende una piccola bomba democratica nella guerra dei TTS. Funziona su una Nvidia A4000 a circa 40 token al secondo. Tradotto: non serve un supercomputer della NASA per farlo girare, basta una workstation decente. E soprattutto: è libero, gratuito, open source e distribuito sotto licenza Apache 2.0. Mica male, considerando che competitor come ElevenLabs e OpenAI fanno pagare anche l’aria emozionata che respiri.

40 Years of EU Research and Innovation Funding, Celebrating 40 Stories. Quarant’anni e non sentirli: l’EU festeggia la ricerca come se fosse la prima volta

Ci sono giorni che scorrono lenti, e poi ci sono giorni che meritano un brindisi. O almeno un applauso silenzioso, magari davanti allo schermo, mentre sfogli il sito della Commissione Europea e ti imbatti in una piccola perla celebrativa: un booklet. Non un PDF qualunque, ma un compendio che racconta 40 anni di investimento europeo in ricerca e innovazione. Un’epopea di traguardi, fallimenti utili, idee folli diventate tecnologie fondamentali, e sogni lucidamente pianificati.

Perché sì, ogni passo in avanti va celebrato come fosse il primo. Non per ingenuità, ma per metodo. Perché nel nostro mondo iperveloce, dimentichiamo troppo facilmente che la realtà si costruisce un grant alla volta, una call vinta, una partnership internazionale, una sperimentazione riuscita. E spesso la grandezza dei risultati si rivela solo in retrospettiva. Ed è proprio quello che fa questo booklet commemorativo: fermarsi, voltarsi e guardare con un misto di orgoglio e stupore tutto ciò che è stato costruito da quando, nel 1984, l’Unione Europea ha deciso che finanziare la scienza e l’innovazione non era un atto caritatevole, ma un investimento politico, economico e strategico.

Proteggere la privacy in un mondo che cambia: l’EDPB pubblica il report annuale 2024

Il 27 aprile 2025, l’European Data Protection Board (EDPB) ha pubblicato il suo report annuale 2024, un documento che si potrebbe sintetizzare con una sola parola: adattamento. In un contesto regolatorio e tecnologico che evolve a ritmi compulsivi, l’EDPB cerca di non restare indietro. Ma riesce davvero a tenere il passo?

Il report, disponibile con tanto di executive summary direttamente dalla fonte ufficiale, parte con il tono da grande assemblea multilaterale: dichiarazioni solenni, buone intenzioni, retorica dell’impegno civico. La Presidente Anu Talus ribadisce che il 2024 è stato l’anno del consolidamento della missione fondativa dell’EDPB: difendere i diritti fondamentali alla privacy e alla protezione dei dati personali, mentre il mondo digitale si trasforma sotto i nostri piedi.

IBM aggiorna la mappa dei rischi dell’AI Risks Atlas ma è il solito canto stanco sulle regole mentre i modelli si moltiplicano come Gremlins

Chi ha mai detto che l’Intelligenza Artificiale sarebbe stata solo una questione tecnica? Sicuramente non IBM, che con il suo aggiornamento dell’AI Risk Atlas ci serve un piatto misto di paranoie ben strutturate, spalmate su tutti i layer della pipeline dell’intelligenza artificiale, con un occhio di riguardo alle nuove idiosincrasie di Generative AI e foundation models. Ma la verità è che mentre noi disegniamo mappe, i modelli continuano a scrivere codice, dipingere quadri e, perché no, generare disinformazione in tempo reale.

La classificazione di IBM, manco a dirlo, è precisa al millimetro: come un avvocato fiscale con l’ossessione per le sub-clausole. Si va dai rischi nei dati di addestramento, passando per i comportamenti all’inferenza e i pericoli dell’output, fino ad arrivare alle derive più sociologiche, etiche e speculative da libro bianco. Un tentativo legittimo di mappare il caos, certo. Ma forse anche una metafora perfetta del nostro eterno rincorrere qualcosa che, per design, è già oltre la curva.

ServiceNow e la sua crescita travolgente nel primo trimestre 2025: intelligenza artificiale e automazione al centro della trasformazione aziendale

Nel primo trimestre del 2025, ServiceNow ha stupito gli investitori e gli analisti con risultati finanziari sorprendenti, mostrando una crescita robusta nonostante le incertezze economiche globali. L’azienda ha visto un’impennata del 15% delle sue azioni durante le prime negoziazioni di giovedì, segnalando una forte fiducia da parte degli investitori.

William McDermott, CEO di ServiceNow, ha commentato con determinazione durante la call sugli utili:

Intel si gioca tutto a Shanghai: LLM in auto, chip cinesi e l’intelligenza artificiale che vuole guidare

Mentre Nvidia sfodera il suo arsenale grafico e AMD prepara la riscossa sul mercato dei semiconduttori automobilistici, Intel il vecchio colosso americano spesso dato per morto nel mondo dell’AI rinasce sotto nuove forme nel posto più strategico di tutti: la Cina. E non lo fa con timidi annunci. Alla Shanghai Auto Show, davanti al palcoscenico dell’automotive elettrico globale, ha svelato il cuore del suo nuovo piano: la seconda generazione del suo System-on-a-Chip (SoC) per software-defined vehicle (SDV), alimentato da AI e pronto a entrare direttamente nel cruscotto delle auto intelligenti.

Ma la vera mossa di potere non è la presentazione del chip. È il tipo di alleanze che Intel ha siglato. Due nomi, apparentemente minori ma carichi di peso strategico: ModelBest, start-up AI fondata nel 2022 da ex cervelli di Tsinghua, e Black Sesame Technologies, designer di chip per veicoli, recentemente quotata a Hong Kong. Intel non sta semplicemente “entrando” nel mercato delle auto smart cinesi, ci si sta trasferendo con armi e bagagli. Non è un caso se ha persino spostato l’headquarter della divisione Automotive direttamente in Cina, e il suo vicepresidente Jack Weast a Pechino. Un “trasloco geopolitico” più che tecnologico.

AD Detection Scrittura, cervello e IA: come un tratto di penna può svelare l’Alzheimer prima dei sintomi

Scrivere sembra l’atto più banale del mondo. Prendi una penna, appoggi la punta su un foglio e lasci che la mano faccia il resto. Eppure, dietro quel gesto così quotidiano, si cela un balletto neuronale di impressionante complessità. La scrittura attiva simultaneamente lobi frontali, aree motorie, centri del linguaggio e processi cognitivi ad alta intensità. Se qualcosa si inceppa in quel sistema, la scrittura si deforma. E da lì, ecco che il cervello inizia a raccontare una storia che nemmeno sa di star scrivendo.

È proprio questa intuizione che ha dato vita a AD Detection, un progetto con l’ambizione (seria) di intercettare l’Alzheimer prima che si manifesti. A muovere i fili sono l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale e Seeweb, provider infrastrutturale che con GPU serverless e Kubernetes ha deciso di prestare muscoli digitali al cervello umano.

Un po’ Black Mirror, un po’ medicina del futuro.

Microsoft Work Trend Index 2025, l’ufficio del futuro ha già la scrivania pronta: benvenuti nell’era delle “frontier firm”

C’è un nuovo animale da ufficio che si aggira tra le torri di vetro a Honk Kong e nei coworking patinati di New York: non suda, non si prende pause caffè al Bar dei Daini, e non ha bisogno di un badge. È l’agente AI, il collega digitale che non ti chiede mai “hai cinque minuti?”. E Microsoft, col fiuto da monopolista rinato, ha già annusato la preda. Il suo ultimo Work Trend Index, pompato da una survey planetaria da 31.000 anime e un oceano di tracce digitali raccolte dai suoi sistemi, dipinge un paesaggio lavorativo dove il confine tra umano e digitale non è solo sfocato: è strategicamente superato.

Il caso di Hong Kong fa scuola. In quella giungla verticale, metà della forza lavoro sta già automatizzando i propri flussi con agenti AI. Non stiamo parlando di chat bot da customer service o schedine Excel animate. Si tratta di veri e propri compagni di scrivania sintetici, capaci di gestire progetti, filtrare mail tossiche, suggerire soluzioni e, udite udite, lasciarti finalmente il tempo per pensare. Il 76% dei dirigenti locali è pronto a espandere questa forza lavoro invisibile nei prossimi 12-18 mesi. Non perché siano dei futurologi illuminati, ma perché non hanno alternative.

Adobe vuole riscrivere le regole dell’attribuzione digitale, ma senza dimenticare di farsi notare con Firefly 4 & Co

Se c’è una cosa che Adobe sa fare — oltre a spremere gli abbonamenti mensili come se fossero limoni — è trasformare una necessità tecnica in una dichiarazione di intenti. Oggi tocca all’autenticità dei contenuti, una di quelle parole che suonano bene nelle conference call con gli investitori e che, nella pratica, potrebbero davvero cambiare qualcosa per i creatori di contenuti digitali. Parliamo della nuova web app Content Authenticity in beta pubblica, una piattaforma che promette di ridare identità — e controllo alle immagini che galleggiano nel mare magnum del web.

Adobe ha preso il suo sistema di Content Credentials e gli ha dato un’interfaccia accessibile, funzionale, e soprattutto indipendente dagli altri software della suite Creative Cloud. Questo vuol dire che non serve essere utenti di Photoshop o Illustrator per marchiare digitalmente le proprie creazioni: basta un account Adobe e un po’ di JPEG o PNG. E se ti stai chiedendo “e i RAW?”, ti toccherà aspettare. Adobe dice che supporto a video, audio e file di grandi dimensioni è “in arrivo”. Tradotto: ci stiamo lavorando, magari tra qualche aggiornamento.

Cluely Cheat-on-everything: l’illusione tossica della genialità artificiale a portata di Zoom – Recensione

Nel mondo tech, da anni ci sciroppiamo il mantra evangelico del “lavorare in modo più intelligente, non più duro”. Poi arrivano due dropout di Columbia University, giovanissimi e con in tasca 5,3 milioni di dollari, che decidono di fare un piccolo upgrade al concetto: “imbrogliamo su tutto”. Non è una provocazione, è il claim letterale del manifesto online di Cluely. Una startup che promette un assistente AI “individuabile quanto un ninja in una notte senza luna”, capace di leggerti lo schermo, ascoltare l’audio e suggerirti in tempo reale le risposte più intelligenti da sparare in un meeting, una call di vendita o anche in un’intervista di lavoro.

Sì, esatto. Il futuro è qui: ed è un Cyrano de Bergerac digitale pronto a suggerirti cosa dire mentre cerchi di vendere fuffa a un cliente, ottenere un lavoro per cui non sei preparato o sedurre una persona che non conosci neanche. È la Silicon Valley distillata in forma pura: se non riesci a essere brillante, fingi di esserlo. Ma fallo in modo smart, con l’intelligenza artificiale a coprirti le spalle.

Dedagroup acquisisce 100% Ors e lancia Deda AI

In un momento storico in cui l’intelligenza artificiale sta rapidamente passando da tecnologia emergente a motore centrale dei processi aziendali, Dedagroup completa l’acquisizione del 100% di ORS (realtà già parte del Gruppo dal 2021), segnando la nascita ufficiale di Deda AI, nuova identità e centro nevralgico dell’innovazione data-driven del gruppo trentino.

Tsukuyomi in silicio: TSMC prepara il banchetto AI su piatti di silicio da portata

TSMC ha appena calato un asso grosso quanto un wafer da cena natalizia. Altro che chip, qui parliamo di porzioni formato famiglia di potenza computazionale, cucinate a puntino per l’intelligenza artificiale affamata di elettroni e silicio. Il colosso taiwanese, padrone incontrastato del foundry globale, ha annunciato l’arrivo della sua tecnologia A14 prevista per il 2028, promettendo un miglioramento delle prestazioni del 15% a parità di consumo rispetto all’attuale generazione N2, oppure un risparmio energetico del 30% mantenendo la stessa velocità. Roba da far sbiancare i condensatori.

Ma il vero piatto forte, quello che fa gola a chi lavora con l’IA generativa e i modelli multimiliardari di parametri, è il cosiddetto “System on Wafer-X”. Qui non parliamo di chip, ma di interi sistemi serviti su un unico wafer. TSMC ha intenzione di intrecciare insieme almeno 16 chip di calcolo massicci, aggiungendo memoria, interconnessioni ottiche e tecnologie di alimentazione capaci di sparare migliaia di watt come fossero prosecco in discoteca.

Perplexity sfida Siri con la sua AI vocale su iOS, anche senza Apple Intelligence

Nel silenzio rumoroso dell’attesa per l’ennesimo aggiornamento futuribile di Siri, arriva Perplexity a scompaginare le carte: la sua app iOS ora include un assistente vocale AI che funziona davvero, oggi, su dispositivi vecchi quanto un iPhone 13 mini. Mentre Apple continua a promettere la rivoluzione della sua Apple Intelligence, ancora lontana più di un anno, qualcuno ha già deciso di giocare la partita. Spoiler: non è Cupertino.

Data Center e Intelligenza Artificiale: come l’Italia può diventare un Hub Strategico entro il 2030

L’esplosione dell’intelligenza artificiale sta ridisegnando le mappe dell’infrastruttura digitale globale. Al centro di questa trasformazione ci sono i data center, veri e propri motori della rivoluzione AI. A guidare il mercato sono gli Stati Uniti, ma anche l’Europa si muove rapidamente — e l’Italia, in particolare, potrebbe ritagliarsi un ruolo da protagonista.

Il robotaxi che sussurra ai regolatori: Tesla testa il futuro in Texas, ma la burocrazia non dorme mai

Mentre Elon Musk twitta con la leggerezza di un ventenne in pieno trip da caffeina, Tesla si gioca il futuro sull’azzardo più grande mai fatto dal mondo automotive: i robotaxi, ovvero veicoli a guida autonoma supervisionati da remoto, in fase di test in Texas e California. Il programma, se tutto andrà come previsto (sì, come no), dovrebbe vedere la luce pubblicamente entro l’estate. Ma questa non è una semplice evoluzione dell’app per richiedere una corsa. È un tentativo disperato di ribaltare un trimestre disastroso, con vendite a picco e una concorrenza cinese che macina terreno come un rullo compressore.

La scena è già surreale: impiegati Tesla che si prenotano un passaggio su un’app etichettata Robotaxi, salgono su Model Y guidate da software FSD (Full Self Driving), mentre un povero cristo sul sedile anteriore è lì, pronto a intervenire quando l’algoritmo decide di improvvisare. La supervisione umana è ancora obbligatoria, ma Musk promette che la prossima release sarà veramente senza conducente, anche se sorvegliata da remoto. Il che, tradotto, significa che invece di un autista sul sedile anteriore, ci sarà un tecnico in pigiama davanti a uno schermo a chilometri di distanza.

Sicurezza. Il nemico dentro: cresce in EMEA il rischio interno, tra phishing, errori umani e AI fuori controllo

Il nuovo Data Breach Investigations Report di Verizon lancia l’allarme: in Europa, Medio Oriente e Africa, quasi un terzo delle violazioni informatiche nasce all’interno delle aziende. E ora anche l’uso incontrollato dell’intelligenza artificiale accende una nuova spia di pericolo.

Trump lancia un’America AI-first mentre la Cina inizia a 6 anni: propaganda, tagli e contraddizioni

Mentre Pechino inserisce l’intelligenza artificiale nei programmi scolastici obbligatori per i bambini di sei anni, Washington cerca di rincorrere la corsa globale all’AI con un’operazione di facciata mascherata da piano educativo. Con una firma rapida e teatrale, Donald Trump ha appena approvato un ordine esecutivo per espandere l’educazione all’intelligenza artificiale, proclamando una nuova iniziativa nazionale e istituendo una task force dedicata. Tutto molto patriottico, tutto molto 2025. Ma sotto la patina di slogan altisonanti, emergono i soliti difetti strutturali di una politica scollegata dalla realtà del sistema educativo americano.

L’ordine esecutivo, firmato a gennaio durante il suo secondo mandato (sì, Trump è tornato), ribalta le restrizioni in materia di AI introdotte durante l’era Biden. Al centro del progetto troviamo la “White House Task Force on AI Education”, presieduta dal direttore dell’Ufficio per la Politica Scientifica e Tecnologica. Tra i membri figurano alti funzionari dei dipartimenti dell’Energia, dell’Agricoltura, dell’Istruzione e del Lavoro, oltre a David Sacks, consigliere speciale della Casa Bianca per l’AI e le criptovalute. Una cabina di regia composta da figure politiche e tecnocrati, con il compito di rendere gli studenti americani “partecipanti fiduciosi nella forza lavoro assistita dall’AI”.

Il tempo lungo degli algoritmi: quando i video AI open source battono le major SkyReels-V2

Non era mai successo prima, almeno non così. Per anni la generazione video tramite intelligenza artificiale si è inchiodata su limiti duri come il granito: qualche secondo, qualità discutibile, coerenza visiva traballante, e un hardware necessario che faceva impallidire anche le workstation dei creativi più esigenti. Ma da oggi il panorama si spacca, e la frattura arriva da dove meno te lo aspetti: dal mondo open source. E non con giocattolini per nerd smanettoni, ma con modelli che numeri alla mano iniziano a surclassare i colossi closed-source per coerenza, durata, qualità, accessibilità. Benvenuti nella nuova era del video generato da AI. E no, non serve una GPU della NASA.

Scudo digitale e intelligenza militare: la Spagna scommette su AI e cyber difesa per la sicurezza del futuro

Con un investimento record da 10,4 miliardi di euro, il nuovo piano di sicurezza e difesa spagnolo accelera su intelligenza artificiale, cybersicurezza e tecnologie dual use, segnando una svolta strategica per l’Europa della Difesa.

Anthropic Come costruire agenti AI davvero utili e non solo demo da pitch

Nel panorama odierno, dove ogni slide da venture capitalist grida all’arrivo dell’agente AI “autonomo”, “proattivo” e “rivoluzionario”, la verità tecnica resta un po’ meno scintillante: la maggior parte degli agenti oggi sono poco più che sequenze di prompt orchestrate goffamente. Finalmente però, Anthropic mette a disposizione un vademecum ingegneristico degno di nota per chi vuole davvero costruire agenti AI operativi nel mondo reale. E no, non stiamo parlando dell’ennesima toy app con GPT-4 che prenota un tavolo.

Quando il bar exam lo scrive ChatGPT: la realtà legale made in California

In una mossa che sembra uscita da una distopia legale firmata Black Mirror, la California State Bar ha ammesso candidamente che alcune delle domande a scelta multipla dell’ultimo

sono state redatte con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Non da un gruppo di esperti giuristi, non da professori emeriti, ma da una macchina. Già questo basterebbe a far tremare la toga a qualunque aspirante avvocato con un minimo di coscienza professionale. Ma la cosa più interessante è che il tutto è venuto alla luce non per trasparenza istituzionale, bensì perché gli studenti se ne sono accorti.

Le domande, a quanto pare, “puzzavano” di AI. Sintassi troppo pulita, logica troppo fredda, pattern prevedibili. In altre parole, non sembravano scritte da un essere umano sotto stress, caffeina e deadline editoriali, ma da un algoritmo perfettamente funzionante e senza ansia da prestazione. Mary Basick, assistente decano alla UC Irvine Law School, si è detta speechless. Non per il fatto in sé, ma per il fatto che l’aveva difeso, quel maledetto esame. Quando alcuni studenti avevano sollevato dubbi, la sua risposta era stata netta: “Ma no, dai! Non lo farebbero mai!”. E invece. (L.A. Times)

La barzelletta, se non fosse amara, si scrive da sola: un’intelligenza artificiale che valuta se un essere umano è abbastanza intelligente da diventare avvocato. In un Paese dove il sistema legale è già una giungla di cavilli, commi, loop burocratici e cause infinite, ora ci si mette pure l’AI a dettare le regole del gioco. Anzi, a scrivere le domande dell’esame d’ingresso alla giungla.

La rivoluzione grafica che non sapevi di volere: il modello “gpt-image-1” invade Adobe, Figma e il resto del mondo

Nel teatrino siliconvalleyano delle meraviglie, ogni tanto compare qualcosa che non è solo l’ennesimo tool “AI-powered” di cui ci dimenticheremo in un quarto d’ora. Questa volta, OpenAI ha sganciato un carico pesante sul tavolo della creatività digitale: il modello “gpt-image-1”, una belva nativamente multimodale, già conosciuta dai più nerd tra noi per la sua capacità di creare immagini in stile Studio Ghibli o bambole digitali più spente di una riunione Zoom di lunedì mattina. Ora però non resta più solo nel suo recinto di ChatGPT: è pronto a colonizzare anche le app che davvero contano.

Il modello è ufficialmente accessibile tramite API, e la notizia ha già fatto scalpore in ambienti dove l’AI non è più una curiosità, ma una leva competitiva. Adobe, Figma, Canva, GoDaddy, Instacart: se il tuo brand non è in questa lista, probabilmente stai già perdendo terreno. Secondo il blog ufficiale di OpenAI, “gpt-image-1” non è solo un generatore di immagini, è una piattaforma per “esplorare idee visivamente”, creare contenuti coerenti con il brief e persino generare testi visivi leggibili. Parliamo di coerenza semantica, direzione artistica programmabile e personalizzazione scalabile: roba da far tremare le ginocchia a chi ancora crede che “Photoshop + stock images” sia uno stack moderno.

ByteDance UI-TARS-1.5 rappresenta un passo significativo verso agenti AI più intelligenti e adattabili, capaci di interagire con ambienti complessi in modo più umano e intuitivo

ByteDance ha recentemente svelato UI-TARS-1.5, un agente multimodale open source che promette di rivoluzionare l’interazione uomo-macchina. Progettato per operare con interfacce grafiche complesse, questo modello combina visione artificiale e linguaggio naturale per eseguire compiti su desktop, browser, dispositivi mobili e ambienti di gioco.​

UI-TARS-1.5 si distingue per la sua capacità di “vedere” e comprendere l’interfaccia utente come farebbe un essere umano, interpretando elementi visivi e rispondendo a comandi in linguaggio naturale. Questo approccio consente una navigazione più intuitiva e una maggiore efficienza nell’esecuzione di compiti complessi.​

OpenAI punta a dominare il futuro: 1.000% di crescita entro il 2029 grazie agli agenti AI e abbonamenti da $50 miliardi

OpenAI, che molti vedono ancora come la startup ribelle dell’intelligenza artificiale generativa, sembra invece pronta a diventare una delle aziende più redditizie del decennio. I numeri che emergono dai documenti riservati ottenuti da The Information parlano chiaro: si prevede che i ricavi annui dell’azienda passeranno da 13 miliardi di dollari nel 2025 a 125 miliardi nel 2029. Sì, hai letto bene, quasi un +1.000% in quattro anni. Con margini lordi che dovrebbero schizzare al 70%, non stiamo più parlando di una startup, ma di una macchina da guerra che ha trovato il modo di monetizzare l’intelligenza artificiale come nessun altro.

E la chiave di questa crescita? Il solito cocktail di visione futuristica e cinismo imprenditoriale. OpenAI non si accontenta più di vendere API o abbonamenti basic al proprio ChatGPT. Sta costruendo un vero e proprio ecosistema in cui l’utente non paga solo per accedere a un modello linguistico, ma per un intero arsenale di agenti intelligenti, software autonomi capaci di svolgere compiti in autonomia, come programmare, rispondere a domande da dottorato o gestire flussi di lavoro complessi. E non sono economici: si parte da 2.000 dollari al mese e si arriva a 20.000. Un SaaS? No, questo è più simile a un consulente McKinsey alimentato da GPU.

La morte di Papa Francesco, il cattolicesimo bianco di Trump e il conclave kantiano: la fine dell’algoretica

Il 21 aprile 2025, alle 07:35 CEST, Jorge Mario Bergoglio ha cessato di vivere nella Domus Sanctae Marthae, vittima di un ictus seguito da un collasso cardiocircolatorio irreversibile; alle complicazioni si aggiungevano pregressi episodi di polmonite bilaterale, ipertensione e diabete di tipo II, come attestato dal certificato medico ufficiale rilasciato dal dottor Andrea Arcangeli.

Poche ore dopo, il cardinale camerlengo Kevin Farrell ha dato lettura dell’annuncio al mondo intero, sigillando l’inizio di una veglia pubblica senza precedenti.

Già il 23 aprile la Basilica di San Pietro ha aperto le porte alla camera ardente: una semplice cassa di legno, modello “rinuncia ai fasti”, ha accolto lunghissime file di fedeli, non meno di 20.000 persone tra pellegrini, curiosi e cronisti, disposti in coda sotto il solleone primaverile per rendere omaggio all’ultimo interprete di un papato sempre in bilico tra spirito di servizio e tattiche mediatiche.

L’eco politica non si è fatta attendere: mentre il pontefice giaceva in stato, Donald Trump autorizzava bandiere a mezz’asta negli uffici federali statunitensi e pregustava la passerella romana del 26 aprile.

Foto Financial Times

Nvidia espande il suo assistente G-Assist con supporto plugin: un passo verso l’integrazione totale

Nvidia sta per trasformare il suo assistente AI G-Assist, lanciato solo un mese fa, espandendolo ben oltre l’ottimizzazione dei giochi e delle impostazioni di sistema. Inizialmente progettato per migliorare l’esperienza di gioco su PC, G-Assist ora si arricchisce con un supporto per i plugin, che consente agli utenti di interagire con una varietà di applicazioni esterne come Spotify, Twitch, e persino ottenere aggiornamenti su azioni e meteo.

Questa mossa è tanto interessante quanto strategica. Nvidia, da sempre punto di riferimento nell’ambito delle tecnologie grafiche, ha ampliato il raggio d’azione del suo assistente AI introducendo una nuova funzionalità che potrebbe diventare il punto di riferimento per chi desidera integrare l’intelligenza artificiale in molteplici aspetti quotidiani, dal controllo musicale alla gestione delle risorse hardware. Il tutto, senza sacrificare le performance tipiche delle schede grafiche RTX.

Google Gemini: l’IA che conquista il mondo 350 milioni di utenti attivi, ma con un obiettivo ancora più ambizioso

Nel panorama tecnologico in continua evoluzione, Google Gemini emerge come un protagonista sorprendente. Secondo dati interni rivelati durante un’udienza legale, Gemini ha raggiunto i 350 milioni di utenti attivi mensili a livello globale entro marzo 2025. Questo rappresenta un aumento significativo rispetto ai 9 milioni di utenti attivi giornalieri registrati nell’ottobre 2024, con un’impennata a 35 milioni nel mese precedente.

Tuttavia, nonostante questo successo, Gemini è ancora lontano dai numeri di ChatGPT, che conta circa 600 milioni di utenti mensili attivi . Questa disparità evidenzia le sfide che Google deve affrontare per consolidare la sua posizione nel mercato dell’intelligenza artificiale.

Per raggiungere questo obiettivo, Google ha integrato Gemini in una vasta gamma di prodotti, tra cui i dispositivi Samsung, Google Workspace e Chrome. Questa strategia mira a rendere Gemini accessibile a milioni di utenti senza la necessità di download o registrazioni aggiuntive, sfruttando la penetrazione dei dispositivi Android e la popolarità dei servizi Google.

L’intelligenza Artificiale e la sfida di prevedere il prossimo Papa: un’analisi inconcludente

L’intelligenza artificiale, nonostante il suo crescente potere nel fare previsioni su una vasta gamma di eventi, si è trovata in difficoltà mercoledì nel cercare di prevedere il risultato di un processo che, per sua natura, è notoriamente segreto e imprevedibile: l’elezione di un nuovo Papa da parte dei cardinali cattolici. La morte del Papa Francesco, avvenuta il 21 aprile, ha dato il via al periodo di lutto per la Chiesa cattolica e, al contempo, all’inizio della corsa per la sua successione. Un gioco di indovinelli in cui si sono cimentati non solo gli insider del Vaticano, ma anche bookmaker e analisti di tutto il mondo, cercando di svelare il mistero di chi potrebbe essere il prossimo Pontefice.

Il giornale francese Agence France-Presse ha deciso di coinvolgere quattro chatbot di intelligenza artificiale, tra cui il celebre ChatGPT di OpenAI e Grok, il sistema sviluppato da Elon Musk, per chiedere loro un parere su chi fossero i papabili più probabili. I risultati sono stati contrastanti, con alcune somiglianze che hanno però fatto emergere una curiosa verità: prevedere l’elezione di un Papa tramite AI è, nella maggior parte dei casi, un esercizio tanto ambizioso quanto fallimentare.

La solitudine di Constantin Graf un faro nel deserto del cloud europeo: European Alternatives

In un panorama digitale europeo dove il denaro pubblico sembra scorrere senza criterio verso iniziative futili e progetti che spesso non vanno oltre il semplice rumore di fondo, un singolo sviluppatore freelance è riuscito a fare quello che istituzioni e governi non sono riusciti a realizzare: creare una piattaforma di alternative digitali europee, completamente autofinanziata e sostenuta dalla sola passione di un individuo. Parliamo di Constantin Graf, il fondatore di European Alternatives, un progetto che raccoglie e analizza soluzioni digitali europee, come servizi cloud e prodotti SaaS, per offrire finalmente un’alternativa valida alle gigantesche multinazionali americane che dominano il mercato globale del cloud.

AvatarFX: La Rivoluzione delle Immagini Animate da Character.AI

Nel mondo dell’intelligenza artificiale, ogni tanto emerge una novità che non solo stupisce, ma cambia le regole del gioco. È proprio questo il caso di AvatarFX, l’innovativo strumento di Character.AI che promette di portare l’animazione fotografica a un livello mai visto prima. Grazie alla tecnologia della Multimodal Team, AvatarFX permette di trasformare una semplice immagine statica in un video fotorealistico, che non solo simula il movimento, ma integra anche espressioni facciali e voce. E il tutto, con il semplice clic di un pulsante. Un’operazione che potrebbe sembrare magia, ma che si fonda su una potenza tecnologica sofisticata.

Microsoft 365 Copilot: La nuova frontiera dell’AI nelle aziende, il concetto di “Frontier Firm” e l’ascesa degli agenti AI

Microsoft sta per lanciare una versione rinnovata della sua app Microsoft 365 Copilot, che segna un altro passo significativo verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle aziende. La nuova versione dell’app, che funge da hub per i documenti di Office e ora include anche gli strumenti AI di Microsoft, si avvicina sempre di più alle funzionalità consumer di Copilot, con un’interfaccia più intuitiva e strumenti potenti per generare contenuti e ottimizzare il flusso di lavoro. Leggi il Blog Microsoft

L’approccio di Microsoft con la nuova versione di Copilot si concentra sull’ottimizzazione dell’esperienza utente e sulla personalizzazione, cercando di rendere l’app ancora più utile e “intelligente”. Un cambiamento fondamentale è l’adozione di un’interfaccia basata sulla chat, che ora include la memoria e la capacità di personalizzazione, simile a quella presente nella versione consumer di Copilot. Questo significa che Copilot inizierà a comprendere meglio il tuo modo di lavorare e a rispondere in modo sempre più adeguato alle tue preferenze. Microsoft punta a creare un ambiente dove l’IA non è solo uno strumento, ma diventa un assistente che evolve insieme a te.

La nuova visione di Grok: l’AI di Musk fa un passo verso il futuro

Grok, sta evolvendo rapidamente gli ultimi aggiornamenti portano una funzionalità che cambia le regole del gioco, rendendo Grok uno strumento significativamente più avanzato. Con l’aggiunta della percezione visiva, Grok ora è in grado di “vedere” ciò che appare sullo schermo o nella fotocamera. Sebbene questa funzionalità sia attualmente limitata a iOS, rappresenta un passo importante verso il futuro dell’intelligenza artificiale conversazionale. Questa capacità colloca Grok in diretta competizione con altri attori principali nel campo dell’AI, come Gemini Live di Google.

Google sotto assedio: OpenAI vuole il suo motore, ma Big G tiene stretto il monopolio e i cookie

Nel silenzioso fermento delle aule federali, si sta giocando una partita che potrebbe riscrivere le fondamenta della ricerca online. A luglio scorso, OpenAI ha bussato alla porta di Google con una richiesta non proprio modesta: accedere al suo motore di ricerca per alimentare un progetto chiamato SearchGPT, ovvero un ibrido tra motore AI e indicizzazione in tempo reale. Una mossa tanto audace quanto rivelatrice delle ambizioni di OpenAI nel diventare la piattaforma da cui passa la conoscenza digitale del futuro.

La risposta di Google? Un secco “no”, datato 13 agosto. Una data che non cade a caso: pochi giorni prima, un giudice federale aveva ufficialmente sancito che Google detiene un monopolio illegale nel mercato delle ricerche online. Curioso tempismo, verrebbe da dire. Ma la storia, come sempre, si complica.

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